IL DIRITTO DELLE GENTI o y y ero PRINCIPII DELLA LEGGE NATURALE, Applicati alla condotta ì agli affari delle Nazioni e de' Sovrani- 0 ? E K A SCRITTA NEIL’ IDIOMA FRANCESE DAL SIG: DI VATTEL* E 1UCATA NELL’ ITALIANO DA LODOVICO ANTONIO LOSCHI» TOMO PH1M0. IN LIONE) MDCCIXXXI. CON PURSLICtA viFFR 0 ! .AZIONE ?■ PS1V1LEC10. 5s: ^ihìl e fi enìm Uh princìpi DEO 3 qui cmnem bum munduni rtgtty qitod quidetn in tetris fiat 9 ucceptius > quam con* film emtufquG bomìnum jure fodati , qu* avita tei ap- pcll&ntur . Oc. Som ri- Scipion. ALLE LORO ECCELLENZE l * s lì) 1 ÌV V, JfH . SIGNORI GIOVANNI, JACOPO.; ANTONIO FRATELLI BOLL ANI <1- Girolamo Francesco. Lobo v i c° Antonio Loscmu T 7 \/ lene a [orprender vi » Ornati [funi W _ Cavalieri , o^// voftrì vil¬ lerecci il primo volume del Diricco delle Genti c/r/ A/V. di Vaitelo da me vo/gan\xa- to ; in quella gttija appunto che me pure jor- pre/e la umanità , colla quale Voi di quefii a * gì$r* iv giorni j appaici tornati dellCoLegio di Alo-, dena, benignamente mi avete accolto c col¬ mato a gay a di favori ■ Parlo di V oi due minori Fratelli >. a cui fi c tofto ? m sì gerì-, tùie dijpofixjon d’animo verfo me , aggiunto il maggiore, che accoftatofi alla repubbli¬ ca giu moftra allegarJj in frutti, i fiori dell ’ adolefcenia , c Voi ficcarne coll età , così vi precede coll efempio. Per tal modo VV.EE. che cfjer non vogliono in alcuna co] a fra loro di[cordi , fono fi ancora in quefta accordati dì onorarmi , oltre il merito , della loro gra¬ fia , che fiami pur lecito chiamare col ti¬ tolo di genero fa benevolenza -, tanto ne fono cortefi e foavi gli atti c le parole . Ben per ciò mi cade ora doppiamente in acconcio la pubblicazione dell Opera preferite, c per¬ che più profjìma al recente in (igne voftro be-, ncfìcio , e perche affatto conforme all indo¬ le di quegli fiudi 5 che proprii fono dell Orditi voftro , c che oggi effer deggiono vo- jfri interamente. Hutto lieto adunque e qua fi fuperbo, non che fol coraggio fo , ai Nomi voftri la dedico e confano. Non mi accignerò qui al troppo lungo viaggio di ■nove o dieci fecali addietro , per ifebierarvi davanti la ferie degl illuftri voftri Alaggio- ri c per encomiarli } poiché tutti ve gli ad ¬ diterà ad uno ad uno la Ncnègiana Storia , che pur quella fi c delle preclare loro gc- fie e delle loro virtù, lo fiarommi piutto- fio y Nobilitimi Giovani , purché non fia- ìTìene invidio]a la forte , a Noi fempre vi¬ ci no , f cdel tefiimonio almeno ed ammiratore delle vofire egregie lodi, [e efjerne non potrò degno banditore , ricordandovi di tratto in tratto i Frecettor JVlodanefi e la Ivlo- danefe Infiìtu7^ione , e godendo che la pie- dola 3 ma non ofeura mia Patria , abbia ancor quefia volta , ficcome tante altre , contribuito } colla educandone de * Nette ti Patrizi i, alla gloria di quefia grande ed immortale Repubblica. Vi avvertimento del VOLGARIZZATORE. TT A data della impresone farà aflolvere dai difere- ■ZLjI ù uomini la tardanza di quefto primo volume , che ci è convenuto mandare a ftampa fuori d Ita¬ lia ; ma non abbifogneranno già di limile fcula gli altri due , che lo feguiranno d’ appreffo coll’ interval¬ lo di foli quattro mefi . Veggcndo noi la trilla forte dei vantatori , niente diremo del nollro lavoro > fc non che preghiamo i Leggitori noftri a ricordaci che didafealieo n’ è c dev’ efferne lo ftile , c che il Signor di Fattel non forti i natali fotto il Cielo di Francia , non che fia egli dell’ Accademia dei Quaranta , co¬ me il Signor de la Harpe. Una traduzione clTer non può bella ed elegante che a mifura del fuo originale. Balla bene che l’Opera fia riconofciuta eccellente pel metodo e per la fuftanza delle cole. In fine dell ulti¬ mo volume daremo tradotto l’Articolo Diritto Maturale dell’Enciclopedia, ferino dal Signor d 'Urgia perchè fi vegga in quale ftato ritrovale quefta nobiliflìma ed u ,rt tilillima Scienza ? quando prefe a trattarla il N A. PRE- vi) ! ® & s& €» ® ^ ® & gt %t $ /A n J& ® J® ® ® © # © © © & li |© © © © ©$©€>©©©©'£ . @ » © © $ # © © ©©©”©$ PREFAZIONE DELL - AUTORE. L Diritto delle Genti, una materia sì nobi¬ le ed importante, non è flato finora trat¬ tato con tutta la diligenza che fi richie¬ deva . Però la maggior parte degli uomi¬ ni non hanno del medefimo che una no¬ zione vaga j al fonarne incompleta e IpefTo ancora fal¬ la. La turba degli Scrittori , c gli Autori celebri al¬ tresì, fotto nome di Dritto delle Genti poco più com¬ prendono che certe mafiìme , certi ufi ricevuti fra le Nazioni, e diventati per effe obbligatori! mercè l'ef¬ fetto del loro confcnfo. E* quello un rettrignere entro a ben angu(li confini una Legge sì eftefa, sì interef- fintc per fumali genere; ed è nel tempo fletto un de¬ gradarla, non volendo nconofccrc la vera fua origine. V ha certamente un Diritto delle Genti naturale , poiché la Legge della Natura obbliga gli Stati, gli uo¬ mini unit;i in Società politica , niente meno di quel ch£ obblighi i privati. Ma per conofcerc elettamente que¬ llo Diritto non batta di fapere che cofa la Legge del¬ la Natura preferiva agli gmani individui. L* applica-* zionc di una regola a figgerti divelli non può farli che in un modo conveniente alla natura di ciafcuu fog- a 4 get- vii) Prefazione ettto; donde procede che il Diritto delle Genti Natu¬ rale è una Scienza particolare, la quale confitte in una giufta e ragionata applicazione della Legge naturale a- gli affari e alla condotta delle Nazioni o dei Sovrani. Tutti i Trattati , ne’ quali il Diritto delle Genti ri¬ trovar, mcfcolato e confuto col Diruto naturale ordi¬ nario , fono dunque infurienti per dare una idea di¬ ttata, una feda cognizione della l'acra Legge delle Na- zioni. . . ■ . I Romani fpeffo confiifero il Diritto delle Genti col Diritto della Natura, chiamando Diritto delle Gen¬ ti ( jus gentium ) il Diritto Naturale* in quanto vico nconofciuto e adottato generalmente da tutte le c f *lte Nazioni (a). Note fono le definizioni , che dà PIm¬ pera tor Giuftiniano del Diritto Naturale, del Diritto delle Genti e del Diritto Civile, il Diritto Maturale i die’egli , è quello che la natura infogna a tutti gli a- nimali (b) : definendo così il Diritto della Natura nel fenfo più ampio , e non il Diritto Naturale particola¬ re all’uomo, e che ditccnde dalla fua ragionevole na¬ tura, come pure dalla fua natura animale, il Diritto Civile dice pofeia l’Imperatore, è quello che ciafcun popolo a fe medefimo coftituifce , e che proprio è di eia feuno Stato ovvero Civile Società. E queflo Diritto , che la ragione naturale ha flabilito fra tutti gli uomini , e- gualmente offervato appo tutti i popoli, chiamafi Diritto delle Genti , efsende come un Diritto Jeguito da tutte l? fazioni (c). Nel paragrafo Tegnente pare che l’Impe¬ ratore ( a ) Neque vero hoc / cium n&iura s id cft , iure gentium , dee, Gicer. de ofiic. iib. 111 . c. 5 . ( h ) Jus naturale eft , quod natura omnia ammalia docuit . iÀr flit. Iib. II. tic. 2. (0 Quod guifque populus ipfc fili jus eonfliiuìt 9 - idipftus pro¬ prium DELL 1 AutOKE^ i* ràlore vie più fi accofti al fenfo , che oggi a quell© termine alterniamo. Il Diritto delle Genti » die 1 egli, i comune a rutto il genere umano. Gli affari degli uomini f i loro hi fogni hanno indotto tutte le fazioni a Hi certe redole di Dritto. Sono inforte le guerre e hanno partorito le cattività e le fervi tu » le quali fono c$*n~ trarie al 'Naturale Diritto ; poiché originalmente e in vigore del Diritto Triturate tutti gli uomini nafeevano Uberi ( a ) * Ma ciò ch’egli a g g i ug n e, eh e prejj beh è tu t* xi 1 contratti | quelli di vendita e ili compra, ili loca* 7.:nnc , di foci età , di depofiro ed una infinità d'altri» traggono la origine foro di quella Diritta delle Gen¬ ti; ciò» dico» fi vedere che il pallierò di Giufliniano è fol tanto , che fecondo In (lato t le congiunture » nelle quali gli uomini femofi ritrovati, la retta ràgia- ne hi loro dettato certe mattiniti di Dritto , talmente iondatc lidia Natura delle cofe , che fiate fona per o- gni dove ri con afe iute cd aUuneft* Mi* quello noti è ancora che tì Diruto Naturale , che conviene a tutti gli uomini. Ciò tv n oflintc I Romani mede fimi nconofcevano lina Legge » die obbliga le Nazioni fra effe » ed a mie* ila Legge il Diritto riferivano delle amba feerie. Ave- *van eglino parimente il loro Diritto f ernie , che altro non -* -ÌDLX- 4 *A****- prìum- civitatis efi , vWaturquc jus civile , qmfi propri un* tpjfui civitatis : qmd vero naturati! ratio inier mnts homi nei confittali t id a pud omna peraeque mfiùditur , vocaiurque jus gen- ìuìth % qua fi quo pire omnes gemcs utantur t Ibjd, §, t 0 ( a) Jus autem gentium òmni bum am teneri c immune efi ; nam y.jit exigente quod fidei pulite# mter popuìos pr#erant; nam boi fiebat , ut pifìum conci per e tur bdlum ( & inde dt'fnum ) & ut /cedere fidts p&ris tonftkuereutr. Ex bis mxtiebarA , ante - quam conci pere tur j qui w ripete reni ; & per boi etiam mtnf fit fadui. Varrò , de ling. lat- Lib. IV. Kb) Diritto dei fi guerra e delia pies tradotto Ai Barbeyrac > Diicorio Preliminare i 1 * D e a’ Autore. xi potuto pervenire alle idee diflime , si neccffime nondi¬ meno nelle Scienze. Perfuafo che le Nazioni ovvero le Potenze Sovrane fottopofle fieno all'autorità della Legge Naturale, di cui loro sì fpeflo raccomanda l’ofiervanza, quel dotto uomo riconofceva in foftanza un Diritto Ielle Genti Naturale da lui chiamato non (o dove Di¬ ritto delle Gemi interno ; c parrà forfè ch’egli non (ia fuorché ne’ termini da noi difcorde. Ma abbiamo già offer vato die per formare quello Diritto delle Gemi Naturale , non balla l’applicar fcmplicemcnrc alle Na¬ zioni ciò che la Legge Naturale decide rifpetto a’ pri¬ vati. L d altronde Or ozio , colla (ua diflinzionc me- d clima , e re II fingendo il nome di Diritto delle Gemi alle fole muffirne Ibbilite dal confcnfo de' popoli > lembra dar ad intendere ch<* non pollano i Sovrani fra loro follccitaise, le non fc l’oflervanza di quelle ultime inanime, rilerbando il Diritto interno per la direzione nella loro coibenza. Se, partendo da quella idea, die le Società politiche officilo le Nazioni vivono fra loro in una reciproca independenza , nello Stato di Natura, c cl-.é fono fot top oli e nella loro qualità di Corpi poli- mi, alla Legge Naturale , avelie Grozio di pivi confi- derato che applicar li dee la Legge a quefli nuovi fog- getu in un modo conveniente alla loro natura , un Amor sì giudi ciò fo avrebbe lenza fatica riconofciuro che il Diritto delle Genti Naturale c- una Scienza par¬ ticolare; clic quello Diritto produce tra le Nazioni u- na obbligazione pur cjterna , indepcndentem ente dalli .oin volontà , c che il confcnlo de 1 popoli è folninto li ha fé è la fante d i una fpede particolare di Diritto urite Genti y che lì chiama Diritto delle Genti arbi¬ trario * Gbbefiot, nella cui Opera fi ravvi fa i ma mano peri — ta^ malgrado i luci paratifi e le ftie maiìlme deicida- bLÌi, Obbefio è, per quei che io penio j il piamo che ab- xii P IK E r A z I 6 N E abbia data una idea diftirita , ebbene ancora imperfet¬ ta j del piritto delle Genti. Ei divide la beige Na¬ turale in Legge Tritìimie dell’uomo e Legge Tfaturalc de¬ gli Siati. Qaelì’ùltima, fecondo lui » è cièche fi chia¬ ma comunemente Diritto delle Genti . le muffirne , ei foggiugne, dell' una e dell’altra di quelle Leggi fono ptt- e'fammi e le [ìefjc i ma ficcarne gli Stati ac qui fi ano in qual¬ che modo proprietà perforiteli , Ut me de firn a. Legge , che fi chiama Jfaturale, quando fi parla de' privati , chiameb Diritto delle Genti, allorché viene applicata al Corpo fi cero di uno Stato ovvero di una Kfax.ione fa). Quello Autore ha molto ben ©Servato die il Diritto delleGcn- ti è il Diritto Naturale applicato alle Nazioni . Ma ■ 11 (Iremo nel corfit della prefente Opera eh’ egli ha prefò abbaglio, quando ha creduto , che il Diritto Naturale rem loffi ifle verun cambi intento neceflario in mia tale applicazione ; donde ha conchìtifo che le maflìme del Diritto Naturale e quelle od Diritto delle Genti fi no precifamente le fìcfTc. Puffendorfio dichiara ch'egli fi uniforma afsalutami ■■ te a qttefla opinione dell’Ohbefio ( h)i laonde non ha e- gli trattato a parte del Diritto delie Genti , con¬ fon- -TV'WV ^njt- *4* ■NnjC' *-/-» C a) f&rfus iex natura li $ dividi potefl in naturakm homimm ^ mot fola oh tinnii dia lex natura? * C $ naturale** ci vita rum * quar dici poi e/i Iex gcntium 5 valga antera jus genti un j appetì <2 tur - Praccpia utrìujqnc eddem funi : /ed quìa cipi tatti fernet inflitti- tee ìnduuni proprictaiài bominum per fonala Iex qttam loquenta de hominùm fingulorum officio natiaralem dìcimm 7 applicata to¬ ni cìvitatibus t natìonihm , /yvé gmtìbm > vocatur jus genti uni , De Cive cap, 14. , 4- Mi valgo della traduzione d 1 Earbey* *ac , Puffendorfio, diritto ddia Natura © deli? Genti, litn IL cap- i*, $. i?, {b ) Ibìd deli,* Autore. xiij fondendo! .> dappertutto col Diritto Naturale propria- mente detto. _ Birbeyrie , traduttore e commentatore di Grozio e ni Ptiflcndovfio , lì è affai piu accollato alla giuda idea del Diritto delie Genti. Abbcnchè l'Opera fu tra !c mani di tutti , ricopierò qui per comodo del Leggito¬ re , la nota di quel dono traduttore fopra Grozio , Diritto della guerra c della pace , lib. I. cap, i. 14,, nota 3. 55 Con fé (lo 5 die’egli , che barinoci Leggi co- munì a tutti i popoli 5 ovvero cofc che tutti i po- poh offervar debbono gii uni ver lo gli altri ; e fe vogliali ciò denominare Diritto delle Genti , può far- » ^ otti mi mente. Mi oltre che il confenlo de" popoli ss non c il fondamento della obbligazione , che lì ha m di offervar quelle Legni > nè potrebbe pure aver qui s, luogo io verno conto * 1 principi» e le Leggi di un » tal Diritto fono in f Altari za le lleJTe che quelle del 53 Diritto 1 ^{&turala propriamente così denominato. Tut- to il divario confi (le nell* applicazione , che può far- 5, fi un po' di ver fi mente j a motivo della differenza, che 3> v ha talvolta nella maniera , onde le Società ternai- >3 nano gii affari, chic hanno le mie colle altre. tc L Autore, che abbnm ora inrefo , lì c ben accorto d. L regale c le de ifiom del Diritto Naturale non poflòn.0. applicarli pur niente e lem pi Lee in ente agli Sta- .1 Sovrani 3 c eff effe debbono neccffariamente /offrire illuni cambi.menti , fecondo la natura de* nuovi fetg- 6 tr V > 3 iUi vengono effe applicate. Ma pare che non abbia Uitta lei merci V efìenffonc di quella idea > poiché lem bri che non approvi che fi tratti il Diritto delle Genti feparataincntc dal Diritto Naturale de’ privati. Loda egli foltanto il metodo diBuddfo, dicendo „ che 3ì quello Autore ebbe ragione di legnare ( he' fnoi £~ 33 lamenta pbilof. pretti.} dopo ciafeuna materia del Di- n ritto Naturale V applica zi one, che può fartene a# po~ »> poli XIV Prefazióne poli eli uni relativamente agli altri; per quanto al- , meno la cofa lo permetteva o l’efigeva (*)• “ Era quello un mettere il piede lui buon fendere : ma ri- chiedcvanfi più profonde meditazioni c più ampie vedu¬ te per concepire l'idea di un Alterna di Diritto delle Genti Naturale , che fotte però come la Legge de’ So¬ vrani e delle Nazioni ; per fentire 1 utilità di un O- pera fomigliante c foprattutto per ctterc il primo ad c fenili rii Erane riferbata la gloria al Signor Barone di VVoi- fìo Quello gran Ftlofofo ha veduto che 1 applicazio¬ ne del Diritto Naturale alle Nazioni in corpo , ovve¬ ro agli Stati, modificata dalla natura de’ foggem , non può farli con prccifione e foliditì fc non per via de principi! generali e delle nozioni direttrici, che debbono regolarla; che per mezzo di quelli foli prin¬ cipi! fi può mollrare evidentemente , come , in virtù del Diritto Naturale fletto , le decifiom di quello Di¬ ritto rifpetto ai privati effer deggiono cambiate c mo¬ dificate , quando fi applicano agli Stati ovvero Società politiche, c formare così un Diritto delle Genti Natu¬ rale e neccttario ( b ) donde ha egli conciuufo eh era cori¬ fa) Nota a., fopra PufFendorfio , Diritto della Matura e delle Genti, Ub. II., cap. §• f 5 - Non ho potuto procurarmi 1 ’ Opera di Buddeo , nella quale lolpetto che Barbeyrac avelie attinto quella idea del Diritto delle Genti. (ùy Se non fotte più a proponto , per compendiare , per iD chivare le ripetizioni, e profittare deile nozioni già belle e for¬ mate e ftabilùe nella mente degli uomini; le , dico, per tutte c.ueRe ragioni non fofle più conveniente il fuppor qui la cogni¬ zione del Diritto Naturale ordinario , per farne l’applicazione agli Stati Sovrani , in vece di parlare di quefta applicazione , farebbe più efatto il dire che fìccome il Diritto Naturale pro¬ priamente detto è la Legge Naturale de’ privati , fondata fulla natura dell’uomo , così il Diritto delle Genti Naturale e la Legga dell' Autore, xv ionvcmc'nte rii fare un pirdcolar fifbnu di quefto DÌ _ eiuL C ? Cn r, C 1% 1 rc!iCeteC( ' re ‘frpuiìo. Mi è frn r *' . alcolu 11 S, £‘™ r VV °i£o mcdefinì o nella liu. prelazione. ** Le Nazioni (a), dicagli, non riconofcono fri ]„- ” A°u ^ DlrUtt) die e l l,e110 t ci™ ftabiiiu, è ” dalIa Natl,ra * Superfluo femfcrerà forfè il comporre ” ri n r t T v nit ° t t d D:l ' U , m dd)e 4iftÌMO da! 0i- ” nofi !kl!'o a CJ mi C£,Io r° dìC ccsi pcnfìno, non fo- ” è Ln b 023 !ntCr ” ;iU ndh materia. Le Nazioni, " tre ' r 00 " P ° n ° nn confiJerate fe non come al- ” fa^TdiX, pr,vatc » cKc TÌV °"° inficine nello 3 dl Na ™ r V e per oucfh ragione debbonfi loro » applicare tutti i Doveri e rutti i Diritti, ebe li Ni- - srìs* • 4 r r* wfi# a "ii wijs r^r-' n ?" ti ™* u fr Nini , ni f c non coi foli vincoli della Aef- e le ofoblDazi * tCD ’ cpie na,ce da tale applicazione, ” ouNla l Sr 5 Ch . C ., nC y rulT3I1 °> provengono da ” o rno- ; g P Udata ^ "««a dell' ” UOrn ° ’ ed 111 ™°do il Diritto delle Genti a n- m parrten certamente al Diritto ,'Hln m ' a P nn-,1 r t- /■ lltto Natura : per la ” tllial c . ok dl3amafi D«ntta delle Genti 'Maturi a - « ™ riguardo alla f ua 0r i„ ine . n 7 c lr^T v ì ? ,, mente ilh fin f i ■ i- J 1 3 neCe J Sitr io reianva- a ir il foi 7 1 ob l> [ j j7 a tom r-p.-n. T - x • ■ ^ ?> C ° mUne 1 mtre le N «ioai » c guèìia che noi rifpetta nel- cucite Società Mi r .° ^ Politiche, fondata fella Natura di ho antenol'o Ù ■ tornando queiti du; metodi alla cofa lìeila, turale ali ti co ' 11 Pendioj(>. EHendo li irò il Diritto Na¬ omi ragionan” 11 tr f ctato ’ e Piti breve il farne (empiicernente t a ì TT vr ap|lll0aziOne *Us Nazioni . ? lìtica itUepeSeS 6 * ^ ^ SraL ° Sov " i101 Una Societa Po- *vì Prefazione „ nelle fue azioni , viola il Diritto comune di tutti ì ^ P °fvU }< Nazioni ovvero gli Stati Sovrani effondo „ «rf.me m ralt c L fogK«ti delle obbigazioni r del Dò-irti rifilinoti , in virtù de Diritto Naturale > JaU'atro di a (foci azione , che hi format il Corpo ” politico 1 la natura e la clTeim di quelle pcrfouc ” „ ora ;i differì 1 cono neceff.i ria me r.u-, e per molta c< u- ” t ;' j 2 |pj natura e dalla effenza. degl’ individui fii. ’. ” cioè degli uomini , che le compongono. Allrrcbè dunque applicar lì voglialo alle Nazioni i Doveri , che la Legge Naturale preferive a culaio uomo ni particolare j e ì Diritti eh’ctfa gli attribuì lo , affinchè nofTa adempiere a’ fuoi Doveri , non potendo quelli ” Diritti c quelli Doveri «fiere punto diverfi da quel¬ lo che la Na ura de* foggettì comporti) deh forno nc- ” ceffi riamente l-offrire nell' applicazione un cambiamen- ” to conforme alla Nanna de’ nuovi (oggetti , a cut ’ vengono cOi applicati. Quindi fi raccoglie che il Diritto delle G-nti non rimane m ogni cola Io itel- ” f Q che il Diritto Naturale , in quanto quello regge ” * e 3Z ioni de’ privati. Perchè dunque non iì avrà a ” trattarlo (Separatameate ficcarne un Diritto proprio ” alle Nazioi ì “ Convinto io medefìmo della utilità di una fimi le O- _ er;1 , io afpetrava con impazienza quella del Signor Wolfio ; e rollo che elfa comparve alla luce , formai il dilegno di agevolare a un maggior numero di Let- tor ; l a cognizione delle idee luminofe, ch’egli preten¬ ta. U Trattato del luicfifo di Ha Ila fui Diritto delle Genti , è dipendente da tutti quelli dello Redo Autore (opra la Filófdfia e il Diritto Naturale. Per leggerlo e intenderlo bi fogna avere lludiati fe-dici o di ci a Rette vo¬ lumi in 4. che lo precedono, D' altronde effo è fcrit- to nel metodo cd anche nella forma delle Opere di Geo- XVII dell' A vto ja e, Geometria ; oftacoli tutti > che Io rendono poco mai die inutile alle perfone, in cui la cognizione ed il gu¬ fi^ dei veri pr incipit del Di ritto delle Genti fono piti importanti c de fiderà bili , Penisi a principio che non mi occorrcfi'c che di fiaccare, per così dire, quello 1 rat tato dal fìftcmi intero , rendendolo iTuleprndente àa quanto lo precede appo il Signor VVulfio > e rive- iiirlo di ima finita piu dilettevole, più aera ad apri r— gn 1 adito nel mondo gemile. Ne feci alcuni faggi; ma tolto mi avvidi che le io voleva procurarmi Lettori nell ordine delle pedone > p C r le quali io avea dileguo ui feri vere , e produrre qualche frutto, io doveva far un opera aliai diverfa da quella , che io aveva da vanti agii occhi e lavorare ui pianta. Il metodo dal Signor \Vulfio fluitato Iia fparfo l’aridità nel Tuo libro", e 1 lii reto per molti riguardi ineomplcro. Le materie inno ivi diiperfc in una maniera faticofilHma per 1’ at¬ tenzione > e fiecome l’Autore avea trattato del Diritto Pubblico univcrfale nel fuo Diritto della Natura, cg lj li contenta^ iptffo di rimandarvi , allorché, nel Diritto dene Genti , ci parla dei Dovéri di una Nazione ver- ib fe medefìma, Sortomi dunque iilrrerto a prendere nell’Opera del Signor Wolfitì ciò, che vi ho trovato di meglio, fo* prattutto le definizioni e i principii generali"; ma ho m attinto. con difce.rni mento in qutlia fonte , ed lio , accomodati al mio piano i materiali , che io ne veni¬ va eltraendo . Quelli che avranno i Trattati del Dirit¬ to Naturale e dei Diritto delle Genti del Signor Wol- ’ vedranno quanto io abbiane profittato. Se avelli voiuro avvertire in ogni luogo quello che io ne togli«- s 1 > le mie pagine li troverebbero ingombre di Citazio- m imitili egualmente e rìncrefcevoli "al Leggitore . Me- gin> è riconofceve qui uni volta per ferra pre le obhlj- gazioni, che ho a quei gran Mac (irò. Sebbene l’op £ra b mia. xviii Prefazione ' fircamc vedranno v um > che vorramo darfi I* i\ farne il confronto. Ha di ver fillima dalla ina * Sff ì Ì non avrà mai VtoJ, P™ r-< , in uni si vafta carriera, fe ri celebre Filofefo di Ibi la non mi avelie portata davanti li * ; cc. , .. Ho nondimeno ofito di allontanarmi t,. Ira * '- 1 mil guida ed oppormi a' Itici feriti menu : neitrecl.r S qui alcuni eleni pi. Il Signor VVoifio , fucinato forfè dalla turba degli Scrittori , confa era molte prop° foconi (a) a trattare della natura de Kepi patri vidi , lenza rigctrarc o correggere una idea si >"?>£ riofa all" umanità . Io non ammetto ne pure _ la denomi r-’7icnc , die trovo egualmente oflenfivi , «mpropus pei icolofa ne fimi effetti, nelle .mpreiUom che dar pm il Sovrani ; e mi Infingo che in quello otterre i if fngiò A *ógni uomo ragionevole e ienfibiU» nè abbartanza fe¬ da per dedurne le regole di un Diritto delle Genti u- 1.iverbale e ncceffaria mente ammefio fra gli Stati Sovra¬ ni. Altra Società Nattirale fra le Nazioni non ricono- ico che quella rteffa, che la natura ha fra tutti gli uo¬ mini (labilità. È’ della eflenza di ogni Società civile ( clvitatis) che ciafcun membro abbia ceduto una par¬ te de' fiuoi Diritti al Corpo della Società ; e che, (lavi Un’autorità capace di comandare a tutti i membri , di promulgar loro Leggi , di collrigner quelli , che ri cu— (crahno di ubbidire. Non fi può nulla concepire , ne luppor nulla di fomigliinte tra le Nazioni • Ciafcuna Stato Sovrano fi pretende ed è in effetto da tutti gli altri independente. Debbono rutti , fecondo il Signor \ Voi fio medefimo , edere confidenti a gùifa di altret¬ tanti liberi particolari , che vivono inficine nello flato di natura, e non conofeono altre Leggi che quelle del¬ la natura ffeffi o del fuo Autore . Ora la natura ha bene ftabilito una Società generale fra tutti gli uo¬ mini, quando tali gli ha fatti, che hanno eglino affo- Ultamente merticri del foccorfo dei loro fintili , per vi¬ vere fìccome ad uomini viver conviene; ma non ha lo¬ ro un precifo obbligo importo di unirli in Società ci¬ vile propriamente detta? c fe tutti feguitaffero le Leg¬ gi di quefta buona madre, loro farebbe inutile il fog- gettarfi ad una civile Società. Vero è ch’cffendo gli uomini ben lontani dall* offervare volontariamente fra loro le regole della Legge Naturale, ebbero ricorfo ad una politica affociazione , ficcome al folo rimedio con¬ veniente contro la depravazione del maggior^ numero , al iolo mezzo di afficurare lo Stato dei buoni e di con¬ fi - tene- Prefazione tenere i malvagi: e li fteffa Legge Naturale approva irti fimile rta bili mento. Ma agcvol co fa è il comprendere che una Società civile tra le Nazioni non è di gran lunga sì neceflaria , ficee me fu tra i privati. Non può dunque dirli che i 1 natura la raccomandi ' < talmente , molto meno poi che la preferiva . I privati fono tali » ed hanno per fc fttOì unsi piccini potere, che non f,- prebbero far fenza dcll’ajuto e delle Leggi della civile Società. Ma torto che in un ragguardevol numero fonofi eglino uniti Orno uno fteflb Governo , trvovanli in gra¬ do di provvedere alla maggior parte dei loro bifogni ; e il fnccorfo delle altre politiche foci età non è loro tanto neediario, quanto quello de’ piivan. Quelle fo¬ ci età hanno inoltre, è noto, grandi morivi di comuni’- ciré e di commerciare tra cfìc T cA anzi a ciu fono Idi gate ; non potendo alcun uomo fenza buone mg toni negare ad un altro uomo il fuo aiuto. Ma può ballare U Legge Naturale per metter ordine a un tal gpmmcieio, ad ima tale con ifpoii de fissa . GU Stai! li conducono a altra guifa clic i privati. Non il capriccio per fiordi- r.ario o il cieco impeto di un Ldo ne forma Jc ul ini¬ zio,,i o determina le pubbliche direzioni, nelle quali fi arreca più configlio, più c ea “ icl * J f. "f contri i pinoli ed importanti fi accomodano gli aflan e fi compongono le controverf.e mediante , i fattati. ÀR- giugnete che la inde pendenza e pur necci; ina a ditti¬ no Stato per adempiere dammene a ciò clic dee a fc in ed e lìmo, a ciò che dee a Cittadini, , c [Wr governarrt nella maniera a lui più confacente, Iurta dunque, ir¬ retiamolo una volta ancora , eoe le Nazioni fi confor¬ mino a quanto efige da erte la Società Naturale c gc- lì era te fra tutti gli uomini fta biUta.» ^ Ma, dice il Signor Wolfio , il rigore del Naturato Diritto effer non può fempre feguitato in quello Com- jnercìo C in quella Società de’ popoli) è d'uopo farvi eam- dez.1.’ Autore, xxi Cambiamenti , i quali voi dedur non faprefte.die dai'- idea di una fpeclc di grande Repubblica delle Na- L V 1 s dj ^ a iana ragione dettate e fon- ri ' , P ra ? a necei bta, regoleranno tai cangiamenti da irli al Diritto Naturale e neceffario delle Genti; fi CC o- ne le Leggi civili determinano quelli, cui far bifogr.i i uno Stato al Diritto Naturale de’ privati. La necef- i non comprendo di una limile eonfeguenza ed ofo ,Zeir tcr T i - J ‘ rirni ' n “«'«zSc £ iiame niT f a210m ’ T- Ic reftrizioili ’ '™i i can- delD x ■ f ° in T a » ClU bllo K na introdurre negli afeli Jc le Nazioni, fendo al rigore del Naturale Diritto che tu 'ne°m POnC , 11 DÌrUt ° ddle Genti volontario ] libertà 9 ? cambiamenti, dico, s’inferifcono dalla nn naturale delle Nazioni, dagl’ intereffi della co¬ ri fponden za a , v ’ e , zza natura della mutua loro cor- zi onidrn/irm 1 • rCClprOC1 ] Io T° doveri , e dalle diftin- °nt di Di tto interno ed ejìerno, perfetto ed imperlo t- fi* / a S lon ? ndo appreffo a poco fi eco me il Signor Wol- ££££ ^^jm*** «** ■ inefTr n d u ' ru elici debbono am- *"■!,•* ricfo « *£££>£- diftimruenfl^ it tMn " 3 C Nazioni, c l’infognai* 1 oro, t 0 c a*r'i * ] !^ Glltcmenre Diritto interno dal Dirit- XfZn y Z OCl[ ? ,rm ° delle Genti neccJs,rio dal Di- ciò ri lC f . C, ii 1 ' vo ^ ontari ° > a non creder fi lecito tutto p r 3 - :c . dì poffono impunemente, fe non l’an- cofcicnxa^ ^°mutabili dei giu Ilo e la voce della tcr ^^ nd °r* e Nazioni egualmente obbligate ad ammet- c elle quefie eccezioni e quelle modificazioni ap-? b 3 por- marna xxii Prefazione XAU ' r f portare al rigore del Diritto nccefsano , oh dentano Se dalla idea di una ««ndc Repubbl.ca ,dt cu. li .con- dk dalla r- oli fono membri , o li derivino cX fornì , ove io ? J propongo di rintracciarlei mente „ c i n j,- rn i il Diritto ciré ne ritolta , £>t C ' ro Ic-ll/Xn- volontario , per diftinguerl» dal Diritto I I rLì n erico, interno c di cofdc.ua. I m r.i delle Genti , ciò ^ ÌBtportl J, vero e ri J n i° pr c muro fa mente quelle duo fpccic di Dm- » affine di non mai confondere una cofa gratta e bu¬ ttatone rolleràta falcamo per ncctiìm. Pi in le con a» > . nece f sar io e il Diritto delle dalla natura » ó ] e Nazioni c i Sovrani liccomc una Legge Ijc a » " ^ avtoun ri ,penar detono e fcguita e in c b U , U fecondo , « ad ammettere negli alini , vezaa comune gir obb i Di itto nece fsarto procede che hanno eglino ,n g™ • 1 ‘ f u fb ^drc comune immediatamente dalla n - a aa pirmo della degli uomini accomanda ^ ■ fbit , , i„ cui Genti vantano in tt altre, e P l bene le Nazioni li trovano - D ; r ; tcr ,, fondato fu i>rin- dei loro af&ri. QuG^, P| teEt - ib - le aa nKLO j 0 dim- opti certi e co ; nu 5 , jj principale argomento della Arative? 9 e formerà euo i i mn Opera. ai Diritto delle Genti, clic gli Havvi un alt.a ! . hè vìen effa dalia ve- Autor, chiamano arbu jw . 1^ Gli S[at i, in lenta ovvero dal co ‘‘X cola n , acquea r poflbno Dirit- quelli guiu cElc ’ ^ - j WlU è accordi'efpliciti, pat- u e contrarre obb tg^ - adir Genti c„- u c trattati 9 ^ baioni poi- venxionale, particolare, ai con , ,, \ ancora obbligati, mediarne un tanto cu.UlIo , fa (al dell' Autore, xxiii di clic fi fonda arto ciò cItc \ enfiami hanno fi' 1 i popoli introdotto 5 e clic forma l i conjuctudinc delle N i- zlom, ovvero il Diruto dell r Genti conCucrudinario . I;/ cola evidente che un ni Diri a > non può ingiù .;nci e e bb! ì% a zi on e ve ni n a fii t » e li e alle f o i e N i zi : ni > e h e ni el¬ ee un lunga ufo ne hanno d unte le muffirne. L‘que¬ llo un Diritto particolare non meno .he il Diritto cm~ vcwzJwale. L'uno t lòiltro urivano rutta la loro (òr¬ zi dal Diritto Nau , ik , che preferì.ve alle Nazioni V ollcrvama dei loro impegni i (plichi ovvc:o taciti. Lo ItefTo Naturale Diritto re^ r dee la condotta degli Sci¬ ti relativamente ai 1 rateati per loro erudì iufi > alle u- iinze per loro adottate. Debbo reftrignerim a dire i principi! generali e le re ; < de 5 che la Leppo Naturale iorominiftra per li direzione de 1 Sovrani a Tal uopo: la minuta eipofrzionc ài vani Tramati e delle di ver fé con- fu e e udini de popoli ippirdenc alla Sl rii , e non a un Trattato fiftcnmico del Diritto delle Gemi. Un limile I rateato cordiI ut dee prìncipaimente , fic¬ carne noi abbiami già ofiervato , in una ragioniti, e giudici afa applicazione de 1 principi! deha Legge Natu¬ rale agli affari e alla o adoni delle Nazioni J 1 So¬ vrani, Lo audio del Diritto delle Gemi fuppone dun¬ que una cognizione preliminare del Di ritto Naturale or¬ dinino . Suppongo dunque in effetto, almeno a un certo iegno , ne’mie! Leggitori una tale cognizione. Ciò non odante, ficcarne non fi ama di andar altrove in cerca del- le pruovc di quello che im Autore a fieri ice, ho prefi cura u* (tabiore in poche par.-'e* i più importami principii del Diritto Naturale, di cui fare io dovei l’applicazione alle Nazioni • M i non lio creduto che per dimoiarli bifo- p,nal]c riL j lir tempre fino a' primi loro fondamenti , ^ fr>nopai talvolta contentato di appoggiarli a verità co- numi, riconbfeiute ,| a ogni Lettore di buona fede, fon* za inoltrar 1 anali lì vie viaggiar in ente. BafUnù di per- b 4 f*a- xxiv Prefa zione fuaderc; c per tal effetto, cii non affermar nulla ficco principio, che noti fìa facilmente ammdlo da ogni per-* fona ragionevole. 11 Diritto delle Genti è la Legge de’ Sovrani • per loro principalmente dee fcriverfi c pei loro Mini-* flri. Intereffa il medefìmo veramente tutti gli uomini» c lo Audio delle fue maflìme conviene, in un paefe li¬ bero, a tutti i Cittadini; ma poco importerebbe di arn- maeftrarne foltanto uomini privati, che non fono chia¬ mati ai Configli delle Nazioni, e che di quelle non de¬ terminano le rifoluzioni. Se i condottieri de’ popoli ,, f 6 tutti coloro , che fono impiegati ne’ pubblici negozi! , fi degnaffero fare uri ferio Audio di una feienza , chi efi'cr dovrebbe la loro Legge e la loro buffola , qual frutti afpettar non fi potrebbero da un buon trattato del Diritto delle Genti? Sentonfi tuttodì quei , che fi raccolgono da un buon Corpo di Leggi nella civile So¬ cietà : il Diritto delle Genti è tanto ftipertore al ritto civile nella fua importanza, quanto le operazioni delle Nazioni c de* Sovrani fuperano nelle loro coni- guenze quelle de’ privati. Ma una funcfla elperienza prova pur troppo quanto poca briga coloro , che fono alla tefla degli affari , fi piglino del Diritto, laddove fperino di trovare il loro vantaggio. Contenti di applicarli ad una politica, il più delle volte falfa , poiché ipeflo è ingiufla , la maggior parte credono di aver tatto abbaftanza , quando Tbana¬ no bene (indiata. Nondimeno può dirfi degli Stati ciò che da gran tempo è flato riconofciuto rifpetto ai par¬ ticolari, che non v’ha migliore e più ficura politica di quella fondata (opra la virtù. Cicerone , sì gran mac- ftro nella condotta di uno Stato, come nella eloquenza, e nella Filolofia , non pago di rigettare la maffima vol¬ gare, che non fi può governar felicemente la Repubblica fenza commettere ingiustizia , giugne fino a ftabilire d con- i>ell’ Autore. xxv contrario ficcome una cortame verità; e forticnc che am- ‘miniftrar non fi pofsono faltitannerite i pubblici affari fi non J’e attenendoli alla pià efatta giuflizia (a). La Provvidenza concede di tratto in tratto al mondo Regnanti e Mìniftri penetrati da quella grande verità. Non perdiamo la fperanza che fi moltiplicherà quando che Ila il numero di quelli làpienti Conduttori ; e frat¬ tanto ciafcuno di noi cooperi nella fua sfera a far eh» fpuntino giorni sì fortunati. Artine principalmente di far gufiate quell’Opera a quelli, da cui più importa che venga letta e guftata , ho io talvolta accoppiati alle malìime gli efempi ; a lqno flato confermato nella mia idea dall’approvazione di uno di que’ Miniftri , amici rifehiarati dell’ uman genere, e che fo t entrar dovrebbero nel Configlio dei Ke; ma ho io ufato con riferbo di un tal ornamento. i>cnza mai cercare di far una vana pompa di erudizio¬ ne , ho voluto foltanto ricreare di quando in quando i.l mio Leggitore, ovvero rendere la dottrina più falli¬ bile m un efempio ; talora far vedere che la pratica delle Nazioni è conforme a’ principio c allorché r’ho trovata l’opportunità , fonemi più che tutt* altra cofa propello d’il pi rare l’amore delia virtù, inoltrandola sì bella, si degna de noftri omaggi in alcuni uomini ve¬ ramente grandi, ed anche sì fedamente utile, in alcuni tra tu lumi noli della Storia. Ho prefo la maggior par¬ te de miei efempi nella Storia moderna ficcome i più mtereffanti, e per non ripetere quelli che hanno accu¬ mulati Gì ozio, Puffcndorfio e i loro comcntatori. De! oJU AAal. ( a) Nihil eft quod adhnc de republica futem diftum , & gin pcjjim longius progredì , nifi fit confimi ai um , non modo faljum ejje ijiiid. , fine infima non pofie , jed hoc rveAjfimwn , fine Jum~ ma j ufi iti a rempublicam regi non pojj'e . Cicer. i'rasm. ex lib, iepublica * Prefazione deli aui* Del rimanente e in efempi e ne' mici raziocie r.ìi , fononii (tediito di non offendere alcuno , propo¬ nendomi dì re li "in facente «flcrvwre il ri {petto dovuto alle Nazioni e alle Potenze Sovrane. Mi fononi! fatta uni Leg-e più inviolabile ancora eli ri.fpettare la ven¬ ti e rinterrile dell* umm genere. Se vili adulatori del de {'poti fino i nforgeranno controdi me, avrò per me ab uomini vi mi oli, le per fon e di coraggio, gli amici del' le Leggi, i veri Cittadini, Mi appiglierei al partito del fienaio , fe non potefii re ' miai 1 ertiti i lumi feguilare della mia colcicnaa . Ma nera vi ha cola che ritenga la mia penna, nè io Omo capace di proftituirla all'adulazione. Nato io f no in un picfe, di cui la libertà è l'anima, il ecfora t la Leg¬ ge fondamentale ; pollo efiere ancora per >a mia n -ci¬ ta L'amico di tutte le Nazioni. Quelle propizie circo- fbnze hannomi animato a tentare di rendermi utile agli uomini con quell'Opera. Io fentiva la fortezza de-iU mie cognizioni e de’ mìei talenti ; ha veduto clic io mi acci-xneva ad una un prefa ardua fa dcoi a ; ma faro pago, fc Leggitori pregevoli riconofcono nella mìa ia¬ ti ca 1’ uomo dabbene c il Cittadino . C O M- XXVI i COMPENDIO D J5 L L jt VITA DEL SIG: DI VÀTTEL, Contìgiicr privato di S.M- il Re di Polonia, Elcttor di Sa€òtiia e fuo Minierò appretto la Repubblica di Berna. L Signor Itmzr dì fatteli figliuolo del Signor Tfi* dì Vai- tei e della Signora Ti. di lUnttmllin , nacque nel Triti- clpiHo dì %{euchatel titoli Svìzzeri nel mìfie d'*Aprìfe. 1714. Da' Ju&i pià teneri anni egli rnanifeftò rari talenti e un a- itizr appalesato per le Scienze. Dedicate fi da principia a idi T e ofagia fece ì faci primi fi udì in Umanità e in Filo] ti¬ fa nella Vniverfita di Bufile a - Di ritorno nella fitta Tatti a /' sfatile ordinario j ucr n-' r fic due Facoltà nella ma¬ rne* a più difiìnta , e fi recò a Ginevra con animo di occu¬ pai fi di [c lenze pi à direttamente relative al fino defi ino . Ma ti fio y tra [por tato dal fuo gufi q per lo fitédio della Vt lofio fa > abbandonò ogni altra mira 3 e quefia Scienza divenne la fina principale occupazione . Le fi e e meditò profondamente le Ope¬ re di Lcibmzio e di Wolho y e diede al pubblico fa fitta Di- fefa dei fi tic. ma del primo; Opera che pale fa ma dtfiìmìfi- [ma cognizione delle più affa atte materie della Metafifica y c nella quale trova/ s oltre P e fatta fiptegazlone de' principi* del li lofio fo Te de fico 5 fa rìfipofia alle obbiezioni dì quelli t fhe non gli approvavano , e un Trattato chiaro non muto che fiodo della umana H&erta* In xxvliì Compendio della Vira In tal guìja 'coltinMdo let Scienza più atta a per fi z'otar T intelletto, il Signor di lattei proi. celata d; me tur fi in £ fli do di fio fi è» t re qu<be impiego d-.JÌinto . I fuai talenti V permettevano di afpirarxi , e la tenuità fallafu a fortuna' gh 1 ’ lo rendeva mee/fario • ^alo fu ddito di $* Al. T? ruffiana rt; ' ctjfi a Berlino nel 1741* P* r offrire i fimi fervici ni ta Fi/ofefo > che allora per t Appunto fa Ut o era fui trono ^ 1 ! Signor dì Fatte! de fi de fava dì occupare un poflo > che l x de firn affé a/maneggio degli affari politici . Alcuno , per Jv ; mala forte 5 non trova? afene aliar vacante* lo fi caffo f tu fa tri mento non gli confizittiva dì affittar lungamente una certa apertura y e gli fu j fatta fperare un incontro men loti- inno alia Corte dì Drefda , Egli vi pafsò nel 1 74ì,, e 1 $ dì fìnta accoglienza ottenuta dal Signor Conte di Bruhi ? fin* tno Mìnfro dì $- AL Volaci-* > lo determini neFa fu# /celta 0 vivendolo affari privati richiamata nella fu a T atri a t f r tormffem a Drefda nel 1746. 3 ottenne il titolo di Configlkt d'ambafeiatd con una ptttifone , « fu fpedho a Berna iti qualità dì Minìflro di £. AL il Ile di Teloni a prefio quella Repubblica . Giunto al luogo del fuo deli ino feppe topo far fi flimare e confi derare dai Capi dello Stato , e felice metile ejc- g u ì U vdf h co mm ìfftùni , c he gli fu reno add (fi a t c . Ma ficco me t ufficio fuo non èfigeva una continua refi de ti' za 7 il Signor di Fatte/ paffava una parte dell'anno nel fi ' J no della fitta famìglia ^ ed allora confiaerando alle lettere T ozio conce/fogli dagli affari , diede al pubblico molte c 0 mp 0 * /doni difiaccate di morale , di grave e d' amena letteratura ? che fono/t fiotto varìt titoli raccolte : ma foprattutto fi plico fermamente alla grand' Opera 5 dì cui ave a da gfetti lem- del Sig. di Vdttel o — .. • xxix: tempo formato il piano ; al fuo immortai Trattato del Di- lkt0 Genti , che fiampato primieramente a Jfeucba- t£/ > e P°f cia in luoghi, tradotto in più lingue , adoU tnt0 da tutie le Comunioni, ricevuto favorevolmente 'in tut- U . sli Stati > & lì “cquiflù a giuflo titolo la maggiore riputa. Z,0nc > e gH conciliò i fu fragri de' Volitici non meno che VaelU dei Letterati. Vuò dirft in ef etto che il Sig. di Vat - ha Rogato in quefta intere fante produzione tutta l' am- P’ezza del. fuo genio e la Solidità de' fu ci lumi, a mifura v , fi ritrova l'impronta delle virtù , che formavano l' cjjenza del fuo carattere. Tutto nel mede fimo è chiaro, giu- yczofo e fiflematico ; ed i precetti fono confermati da efem- CUÌ 6 PP° rtun ^a è la fcelta. Ogni cofa vi annunzia Cittadino virtuofo , l'amico degli uomini , della liberta , " vera £ 1 °™* ■ Il fen limento vivo e profondo, da cui e- ‘-* utare Parato, da al fuo ftile un calore, una ener- *'*! Che n ° n iìnc °™ra nelle Opere puramente didafcaliche ; ” '""/'“ritto delle Genti di Mattel farà fempre riguar , d*to dagl'intendenti ficcome un'Opera di un mafrno merito defi,nata ad illuminar le fazioni intorno ai loro intere}, effe ™ ah - Ma Per quanta applicazione l'autore ave [Te Pffia nella comporne di queflo Trattato, l'idea della fu* 'ZTT! 0 m ,ndono n rìveder!o ancora e " d b rio di alcune note , i cui materiali fono fiati rinvenuti ?' fUOt man ^ritti, ed a cui numerofe occupazioni ed un* ° rt l gn hanno permefo di dar egli medefì. >na lefiremo compimento. Sonofi quefii raccolti colla maggio- igeaza nella prefente edizione , che diventa per ciò fu^ tenore a tutte quelle > che l'hanno preceduta . i lealmente un ultimo frutto delle letterarie vigilie Si- xsx Compendio della Vita . ìgnor di Mattel comparve fotta ti titolo di Quelli uni JiN* turale Diritto , ovvero oflervar ioot fui Trattato del 1>* ritto della Natura del Signor 'rollìo. L'autore , atte»» menti leggendo l'Opera di quel gran Filofofà , era fi accorti dì dietim devia,muti rifptttù al metodo, ed anche di alci' 11 * ine fiat tozze nelle dimoile azioni ; difetti inevitabili in un la¬ vorò lunghi fimo e tanto /minuzzato . Temi egli che il ri¬ fritti eziandio » end'era pieno verfo lui , g? impone(fe il *• vere di fare fparire quefie lievi macchie . C off tale idea j Signor di patte/ ha raccolte affkijfime intereffami qui fioro concernenti il Diritto Maturale ; brevemente le difeute in #- mt maniera chiara e precifa, e le dìmofira coi veri principit di quefia Scienza . Simile Opera e' neceffnria per chiunqM legger voglia con frutto quella acl Signor l / o/fio . Ma i talenti del Signor di Vaitei sì erano conofciuti alla Corte di Setffonia , e tanto fuperiori alP oggetto della fui milione negli Svizzeri, che no» potè dimorarvi a lungo , e noi: effer in cofe più rilevanti adoperato - liffendofi allora aci€jit la guerra in Germania , fu egli richiamato nel 17CS. e domi¬ nato ad applicar fi nel gabinetto . Giunto per fine allo feofo, cui erafi prefiffo > e trovando/ in grado dì manìfefiare il fito genio pel maneggio degli affari politici , il Signor di Paini tutto intero fi abbandoni alle fue gravi ìncumbenze . Il nume- fù $ la importanza de' fu&t fervivi furono toflo rie ùmpèfrfatì dal pojìò di Configger dì S, *//. E, di Sajfcnia * Ma Io ze¬ lo 2 offri'era animalo per gl'intere ff del jtio padrone j e h continua fu a applicazione ad una fatica , che le circo fi anzi rendevano ancor più f indebolirono a poco a poco il ro* bufo tempera mento * che aveva egli fori ito dalla natura ^ f fui vigore del quale forfè troppo contava* La fu a fa luti fi feon* del Sig* di Vattel* xxxi fi (concertò a fogno che fu obbligato d interrompere le fue occupazioni e di refiìmhfi in Vairia nel ij 66 . s per tentare di riabiliti a rtfpirandp l'aria natid e gufi andò qualche ri- po/o. Se mirandogli che qiufii foce or/ e l'ufo di alcuni rh *mdì gli befferò fatto ricuperare le forze ? affrettò il f uo ritorno a Drefda ne IP autunno dell* anno jìe(Jo , e riprefo le jue funzioni con tale ajfuluitk ^ che non potè reggermi la fisa tutta via imperfetta convahfcerna * Un violento attacco della ftejfa malattìa lo cojlrìnfo t anno fogliente a far dì nuovo il viaggio dì Ifettchatel y r[Coluto dì concedere alla f u a fallite tutto il tempo neceffarìo per un intero rifi abili mento j ma non che riufoirvì 5 // morbo refifii a tutti / foccorfi dell' ar- Te * e H Sgnor dì Fatte/ fog^i acque finalmente il porno 20. 1 >il ombre 1767* 5 pieni Iafeiandò di rammarico la fua fami- glut * ? fu01 amici % i foci concittadini s i Letterati ^ f i come pur quelli della Corte , al cui forvìgìo orafi confo crato . béveva egli fpofoto a Drefda mi 1764. Madamigella Ma¬ rtano. dì C ulne ; e da quefio Matrimonio è nato un figlio f thè fobben tenero d’unni porge lufinghiere fperanze, Il Chi voglia ch'ei calchi le pedate dì un padre , che la morte gli ha troppo tefio rapito per la fua folte Hai Ci fermeremo mi qui a njfor l'elogio del fu Signor di lattei. Ter quanto conforto recar ci ponjfe lo Spargere alcuni fiori falla tomba dì un compatriota sì degno della nofira ammirazione e della noflra filma , la voce pubblica dee àifpenfarcì da un tal penfiero , Ognuno ja ch'egli riuniva * n un S ra do raro le qualità dello fptrito e quelle dii etto- re > ch * accoppiava alla giufiez%a 3 alla e fi enfio# e del genio > ig P m e ffenzÌa/i v ir r ù , il candore , la 1 e mtftd. in e > la gs n e- rojtta 3 i Pentimenti nobili e /ubimi . Invariabile ne* faoì prin- *xxii Comp. della Vita ec. principe U eoli fcmpre buon Cittadino , amico fedele, folle- àto ad operare il bene . D'altronde bufano per farlo cono - feere le Opere fue, nelle quali ei fi dipinge con lineamenti , che caratterizzano t anima più bella. Quel che noi vi aggi #- gnejfimo non potrebbe che illanguidire un ritratto , che ram¬ memorandoci tutto ciò eh' ei fu, onora la fu a Tatria inferni e l'umanità . IL hi u IL DIRITTO ELLE GENTI, PRELIMIN A RL Idea c principii generali del Diritto delle Genti. §. I. Cofa fia una Trazione , ovvero uno Staio E Nazioni ovvero Stati fono corpi politici , Società d’uomini uniti infoine, affin di pro¬ curare con forze riunite la loro falvezza, e il loro vantaggio. $• -• Zfl* è una pcrfona morale Una limile Società ha i fuoi affari e i luoi interéffi,- delibera e prende rifoluzioni in comune, e divien quin¬ di una perfona morale, che ha il f uo intelletto e la ^dritti P1 '° Pria * C Che è Capace di obbli S azioni e §. 3. Definizione del Diritto delle Genti. ì pP era è detonata a ftabilire fodametite le ob¬ bligazioni , e i Diritti delle Nazioni, il Diritto delle Genti è U feienza del Diritto , che ha luogo tra le Tra¬ zioni ovvero Stati , e delle obbligazioni a tal Diritto corrifpondenti. Si A ) r 11 Diritto Si vedrà nel prcfentc Trattato in clic maniera gl< Stati, ficcome taii, regolar debbano tutte le loro azio¬ ni . Noi peferemo le obbligazioni di un popolo , tanto verfo di fé medefimo, quanto verfo degli altri, e ver¬ remo con ciò a feoprire i Diritti , che rifultano da limili obbligazioni. Imperocché altra cola non eflendo il Diritto, faIvo che la facoltà di fare ciò che moral¬ mente è poflibile, vale a dire ciò che e bene, ciò che è conforme al dovere , e manifcfto che il Diritto na- {cc dal dovere, ovvero dalla obbligazione partiva, dal¬ la obbligazione, in cui alcuno lì trova di adoperare m quella o in quella maniera . L' dunque necelfario che una nazione s'iftruifca delle obbligazioni lue, non foto per fuggire di peccare contro il ilio dovere, ma anco¬ ra per metterli in iftato di conofcere con certezza t fuoi Diritti , e ciò che può erta legittimamente efigere dalle altre. §. 4 . Come f confederino in cjjo le 'fazioni, ovvero gli Stati. £ (Tendo le Nazioni coni pofte d’uomini naturalmente liberi e independenti, e cbé avanti lo ftabilimento del¬ le Società Civili viveano infieme nello flato di Natura, le Nazioni ovvero gli Stati fovrani efler debbono con¬ federati ficcome altrettante perfone libere, che vivono fra loro nello flato di Natura. Si pruova in Diritto Maturale > che tutti gli uòmini hanno ricevuto dalla Natura una libertà ed una inde- pendenza, che non poffono perdere, fe non vi predano il loro afTenfo . I Cittadini non godono di e fifa piena¬ mente, ed a doluta mente nello Stato, perchè l’hanno eglino fottopofta in parte al Sovrano ; ma il corpo del¬ la Nazione , lo Stato , rimane a fTo] ma mente libero e independente rifpetto a tutti gli altri uomini, alleNa~ zio- delle Genti . 3 zioni ftnnicre , finche non (i lottornettc a quelle vo- lonraria mente . §. 5 . jt quali Lezzi le Trazioni fieno fottopode. £ (Tendo gli uomini fogge t ti alle Leggi della Natura, e non avendo la loro unione in Società Civile potuto fottrarli da IL obbligazione di o {ferva r quefte Leggi , poiché in fimile unione non celiano di cller uomini , la Nazione intera, la cui volontà comune non è che il rifultato delle volontà riunite de* Cittadini , rimane foggetta alle Leggi della Natura , obbligata a rifpet- tarlc in tutti i luoi andamenti . L poiché il Diritto nafee dall*obbligazione , flccomc abbiamo offervato , L ^.5 la Nazione ha parimente gli fleffi Diritti , che a Natura dà agli uomini per adempire i loro doveri. §. 6. In che conffla originariamente il Diritto delle Genti . Convien dunque applicare alle Nazioni le regole dei Diritto Naturale, per ifcòprire quali fieno le loro ob¬ bligazioni, e quai fieno i loro Diritti: per confeguen- za il Diritto delle Genti non è originalmente altra co- fa che il "Diritto della Tintura applicato alle J^ax^ioni . Ma ficcome V applicazione di una regola non può effer giufta e ragionevole, fe non fi fa in una maniera con¬ veniente al {oggetto , non bifogna credere che il Di¬ ritto delle Genti fia precifamcnte e dovunque lo fteflo che il Diritto Naturale, falva la differenza de’ Agget¬ ti , dimodoché non abbiali che a foftituir le Nazioni ai privati . Una Società Civile , uno Stato, è un log- getto ben diverfo da un individuo umano : donde pro¬ cedono y in virtù delle Leggi Naturali medefime , ob¬ bligazioni e Diritti ben diverfi in molti cafi > non po- A * tcn- 4 11 Diritto tendo li fletta regola generale applicata a due foggi¬ ti , operare decisioni fìmili , quando fono differenti 1 foggetti ; ovvero ima regola particolare, giu (Ultima per un fo7getto,non offendo applicabile a un fecondo fog- getto di tutt* altra natura. Hannoci dunque affai cafi > in cui la Legge Naturale non decide da Stato a Stato, ficcome deciderebbe da privato a privato. Bifogna fa" per farne un’applicazione accomodata ai foggetti : c 1* arte di applicarla in tal guitti , con una gitiflezza fon¬ data fulla retta ragione, fa del Diritto delle Genti u- na Scienza particolare ( a ). 5 - Xa) Lo ttudio di quella Scienza fuppor.e la cognizione del Diritto Naturale ordinario , di cui gli umani individui fono gli oggetti . Ciò non ottante, in grazia di quelli che fatto non hanno uno ttudio ttttematico di tal Diritto , non lara inoppor¬ tuno il porgerne qui una idea generale : Il Diritto Naturale C la Scienza delle Leggi della Natura , di quelle Leggi che la Na¬ tura impone agli uomini , o alle quali fono foggetti perciò fletto che fono-uomini ; lcienza di cui il primo principio è quetta ve¬ rità di fentimento , quello incontrattabiie attìoma : ii gran fine d 7 ogni Ente dotato d' intelligenza e di fèntimento è la felicita . Col folo defiderio di quetta felicita fi può legare un Ente penr fante , formar i vincoli della obbligazione , che dee a qualche regola fottometterlo . Ora , fludiando la Natura delle cofe e quella dell 5 uomo in particolare , fi poffpno dedurne le regole, che dee V uom feguire per giugnere al fuo gran fine , per otte¬ nere la più perfetta felicita , di cui fia capace. Noi chiamiamo quelle regole le Leggi Naturali ovvero le* Leggi della Natura . Sono ette certe, obbligatone e facre per ogni uomo ragionevo¬ le , prefeindendo da tutt’ altra confiderazione efie quella della Natura , e quando pur lo fupponeffimo nella totale ignoranza di un Dio. !Ma la fublime confiderazione di un Ente fempiter- no , necettario , infinito , autor di tutte le cofe , aggiugne il maggior pefp alla Legge della Natura , e tutta le da la fua perfezione. L Ente necettario in fe riunifee «ecefTariamente o- gni delle Genti. Ì §. 7. Definizione del Diritto delle Centi neceffario. Noi chiamiamo Diritto delle Genti neceffario quello, che .confitte nell’applicazione del Diritto Naturale alle Nazioni- Elio è neceffario , perchè le Nazioni fono af- folutamcntc obbligate ad offervarlo . Quello Diritto contiene i precetti , che la Legge Naturale dà agli Stati , per cui quella Legge non c meno obbligatoFfa che *“*"*■ * *>> ^n Per ^ 210ne dunque egli fovranamente buono , e lo di- poltra formando creature capaci di felicita . Vuol dunque che ti,p^ e creature fieno tanto telici, quanto comporta la loro Na- in LV, e 1 PC , r COnfes “ enza , la fua volontà è , eh’ elleno fieguano tura ?J a Jr condotta le regole , che quella medefima Na- Un^il?^ d,ta llcc0mc Ia Piò certa via della felicità . La vc- dicaai^,'I S r !f t0 M e coincide cosi perfettamente colla femplice in- 1 a2 ’° e r de a ^ atura i e producendo quelle due fonti ia della ri ;f8 ’ 1 r *unucono a formare la detta obbligazione . Tutto rnorna al primo e gran fine dell’uomo , cioè alla felicita . Per guidarlo a ta 1 fine tono fatte le Leggi Naturali ; e il defiderio della felicita forma 1 obbligazione di feguire le llelfe Le<~i Uomo pero non v’ha , di qualunque forte fieno le lue idee intorno teo S il eu ' a r fs ’ es , H Ia dif S razia d’ efler A- rl che nSr," r d bbl n a e Les§1 fottom ^terlì della Natu- bVcrif 1 rane i° no ? lla COmune felicità degli uomini . Co- con b £ n rigettati? r c ^ e . altamente le difprezzafTe, verrebbe rkereLbe di°efr d,Chiarar ‘ 1 H " emic0 del1 ’ ^ genere . e 2- rae verità d et ff e r at ,° fi ccome tale . O.a una delle pri- mentp difre i' 6 C J n C0P r e °,, T ^ u d' 0 dell’ uomo, e che neceffaria- non verrehl'p 6 da c ^ Ua ^?- tUTa » e che g d i Colato egli to V npr bb a conseguire il fuo gran fine, la felicità, che fat- <4,, * P nV^ ere C ° n UO c ’ m 'fi ln Società. La Natura delia ha vJJ «abilita quella Società , di cui il gran fine è il comune n;inr^P 0 membri ; e i mezzi di giugnere a un tal fine for- fino e regole , che feguir dee ciaicun individuo in tutta la • v c °ndotta . Cotali lono le Leggi Naturali dell’ umana So- 1 l * D °po averne recata quefta idea generale , baite voie per « A ett0re ^telligenite, e che trovali efpofta in più di un’ ope- a itimata 3 torniamo all’oggetto particolare di quello trattato, A 3 6 11 Diritto che per li privati ; P crd,è gU Stati fono comporti & m mini , perchè fono da uomini prete le loro deh be' razioni , e perchè h Legge della Natura obbliga tutti „iì uomini, fotte quillivogl,a relazione per loro fi opc ri Quefio e pur il Diritto , che Grozio e i 1?' ffI ,aci di lui chiamano Diritto delle senti interno, ™ quanto obbliga le Nazioni in co fetenza -Molti lo chia¬ mano ancora Diritto delle Genti Maturale. 8 . Fffo è immutabile. Poiché dunque il Diritto delle Genti necdTario _con¬ file nell' applicazione , che li la aeli Stati del Dinttn Naturale , il qual è immutabile , fccome fondato fili¬ li Natura delle cofe, ed m particolare fu la Natura dell’ uomo, quindi f, deduce che il Diritto delle Genti nccd&rio è immutabile* ^ Lr Azioni non vi poffeno cambiar nulla , uè difpenfarfi dalle obbigazioni, che il mede ft trio loro impone . per e fiere qucfto Diritto immutabile, c per cfTere la obbligazione , ch'effo impone, neceffam e imbfpcnfa- bilc , non poiTono le Nazioni apportarvi colle loro convenzioni vermi cambiamento , nè dilpenfarfene el¬ leno medesime, ovvero furia l’altra reciprocamente. r’ quefto il principio, mediante il quale diftinguerc f| pofTono le convenzioni olile no Trattati legittimi da l]j c ] lC tab non fono, e le confuetudini innocenti t ' n gionevoli da quelle, che ingitifte fono o condaii'- " Hi nuoci cofe gì ufi e e pcrmeffe dal Diritto delle Gemi nc re f fa rio , delle quali pn iTo n o le Nazioni conve¬ nire fra loro, o ch'elleno poffoim confaeme e fortifi¬ care delle Genti . 7 care mercè i collumi e la confuetudine . Hmnocénc d v indifferenti , intorno alle quali i Popoli pollo no acco¬ modarli come loro piace con Trattati, o introdurre li confuetudine, c l’ufanza, che loro torna più in accon-. ciò. Ma tutti i Trattati, tutti gli ufi, che vanno con¬ tro ciò che il Diritto delle Genti ncccffario preferivo o divieta , fono illegittimi . Vedremo nondimeno che non lono fempre tali fuorché fecondo il Diritto inter¬ no , c di cofcienza , e che in forza di ragioni , che faranno ai loro luoghi dedotte , quelle convenzioni e quelli trattati fpeffo non lafciano di avere validità pel Diritto efterno . E (Tendo le Nazioni libere e inde- pendenti , {ebbene le azioni dell’una fieno illegittime e condannevoli fecondo le Leggi della cofcienza , le altre lono obbligate a fopportarle, qualora tali azioni non offendano i loro Diritti perfetti . La libertà di quella Nazione non fi manterrebbe intera , fe le altre li arrogaffero una ifpezione e Diritti fopra la fua con¬ dotta 5 lo che farebbe contro la legge Naturale , che dichiara ogni Nazione libera e independente dalle altre. 10. Della Società Jlabilità dalla J^atura fra tutti gli uomini . L’uomo è tale di fua Natura , che non può ballare a fe medefimo, ed ha neceffariamente bifogno del foc- corfo e del commercio de’ fuoi limili, o per confer- varfi, o affine di perfezionarli c vivere nel modo con¬ veniente ad un animale ragionevole ; lo che abbafhnza è comprovato dall’efperienza . Hannofi efempi d’uo¬ mini crcfciuti fra gli orfi , e che non aveano nè Un- guaggio, nè ufo di ragione, unicamente riftretti, licco- me i bruti , alle facoltà fenlìtivc. Scorge!! di più che la Natura ha ricufato agli uomini la forza c Ir armi Naturali, di cui ha provveduto altri animali $ loro ac- A 4 cor- g 11 Diritto cordando , in vece di tai vantaggi j quelli delia paroi 11 e della ragione , o almeno la facoltà di acqui fta rii nel .ommereio de’ loro firn ili - La parola li mette in gra¬ do di comunicar inficine, di aiutarli a vicenda, di per¬ fezionar la loro ragione e la loro cognizione ; e dive¬ nuti cosi intelligenti trovano mille mezzi di confervarii f . L fj provvedere ai loro Infogni. Ciafeun di loro Ten¬ ie ancora in fc fleflo che vìver non potrebbe felice ed applicarli alla propria perfezione fenza il foccorfo ed il commercio altrui . Poiché dunque la Natura ha fatto gli uomini tali , è quello un patente indizio eh' efia li difìina a convcrfar inficine e a foccorrerfi fcain- bievolmente- . . Ecco donde fi deduce la Società Naturale fiatili ti fra tutti gli uomini. La Legge generale di quella So¬ cietà è clic ciafcuno faccia per gli altri tutto ciò , di che hanno eglino bifogno, e clic può fare lenza trafciir rar ciò , di che a fe medefìmo è debitore : Legge che tutti gli uomini debbono olfervare per vivere conve¬ nientemente alla loro Natura 3 e per conformarfi alle mire del comune loro Creatore ; Legge che la propria no (Ira falvezza , La noftra felicità , i nofln vantaggi più preziofi render deggiono facra a ciafcim di noi Tal' è la generale obbligazione , che ci lega ali’ofler- vanza dei noftri doveri : adempiamoli premu cofani ente , fe vogliamo faviamcntc applicarci al maggior noiho bene . Agevol cofa è il comprendere quanto farebbe felice il mondo , fe tutti gli uomini otfervar voi effe ro la re¬ gola , che abbiamo flabilito . All'oppolìto fe ciafeun uomo penfar non vuole che a fe unicamente ed im¬ mediatamente , fe non fa nulla per gli altri, tutti infic¬ ine faranno infeliciflimi. Occupiamoci dunque del ben «Aere di tutti ; tutti fi occuperanno del noftro , e noi flibiliremo fu i più fedi fondamenti la noftra felicità . 5 - 11. delle Genti * e §. li. £ fra le fazioni* Eflendo la univerfale Società dell’ uman gèneri uni' s/fituzione della Natura fleffa , vale a dire una necef- Aria conseguenza della Natura dell’uomo , tutti gli uomini , in qualunque flato fi ritrovino , fono obbli¬ gati a coltivarla e a compierne 1 doveri 5 nè pollone dlfpcnfarfene per alcuna convenzione , per alcuna par¬ ticolare affociazione. Allorché dunque eglino fi unifeo- no in Società Civile per formare uno Stato , una Na¬ zione a parte , poffono bene fìrignere patti particolari con quelli , a cui fi affociano j ma continuano ad effe- re fempre gravati dei loro doveri verfo il rimanente dell uman genere. Tutta la differenza confifle in ciò, eh effendo convenuti di operare in comune, ed avendo rimeffi i ioro Diritti e fottopofta la loro volontà al corpo della Società, in tutto quello che intereffa il ben comune, tocca d allora in poi a quel corpo, allo Sta¬ to c a fuoi conduttori 1 adempiere i doveri dell’uma¬ nità verfo gli ftranieri 5 e tocca allo Stato particolar¬ mente l’offervarli cogli altri Stati. Abbiamo già vedu¬ to ( al §• 5 * ) che uomini uniti in Società rimangono foggetti agli obblighi , che la Natura 11 fri a na loro im¬ pone. Quella Società , confìdcrata ficcome una perfona morale , poiché ha efsa un intelletto , una volontà ed una forza , che le fono proprie , è dunque obbligata a vivere eolie altre Società ovvero Stati, fecondo le Leg¬ gi della Società Naturale riabilita nel genere umano j offervando le eccezioni, che nalcer paiono dalla diffe¬ renza de* Soggetti, £ iz. Il Diritto > §. ii. Qual fi* lo fcopo di quefta Società delle 'fazioni . Lo feopo della Società Naturale (labilità f a tutti pii uomini e (Tendo eh’ eglino fi predino una fcam bie¬ tole afliftenza per la propria loro perfezione , e per quella dello Stato loro i c le Nazioni , . confidente a guifa di altrettante perfonc libere , che vivono infieme nello Stato di Natura, effendo obbligate a coltivar fra effe quefta umana Società , lo feopo della grande So¬ cietà (labilità dalla Natura fra tutte le Nazioni , è al¬ tresì una fcambievole afliftenza, onde fe medefime e lo fiato loro perfezionare. 13. obbigazione generale , eh* ejfa impone. La prima Legge generale, che lo feopo ftelTo della Società delle Nazioni ci difeopre , c che ciascuna Na¬ zione contribuir dee alla felicità e alla perfezione delle altre in tutto ciò, che da effa dipende (a), §. 14. Spiegazione della obbligazione Ma prevalendo incontraftabilmcnte i doveri verfo fe medefimo a quelli verfo altrui , una Nazione è pri¬ mieramente e di preferenza a fe II cfla debitrice di tut¬ to ciò , che può fare per la propria felicità e perfe- zio- (a) Senofonte indica la ragion vera, e'ftabililce la neceflìta di quello primo dovere nelle leguenti parole ; „ Se noi veggia- ,, mo , die’ egli , un uomo ardente tempre a cercare il fuo „ particolare vantaggio, lenza darli penfiero nè dell’ onella , nè ,, dei doveri dell amicizia , perchè gliela perdoneremo noi all' ,, occalìone? > cìel/e Genti. i1 zione. Dico ciò ch’ella può , non folo fiocamente , ma ancora moralmente * vale a dire ciò che far può legit¬ timamente , con gìuftizia ed oneftà . Allorché dunque ella non potette al bene di un’ altra contribuire , fenza nuocere ettenzialmcnte a fé medefima , il fuo obbligo ceffa in quella particolare occafione, e la Nazione vieti riputata nella impoflìbilità di prcflare un tal uffizio. §. 15. Libertà e independenza delle Trazioni: feconda Legge generale. Lttcndo le Nazioni libere e independenti le unc dal¬ le altre , poiché gli uomini fono naturalmente liberi c independenti, la feconda Legge generale della loro So¬ cietà è , che ciafeuna Nazione etter dee lafciata nei pacifico godimento di quella libertà , eh* efsa tiene dal¬ la natura. La Società Naturale delle Nazioni non può In {filiere , fc i Diritti , che ciafeuna ha ricevuti dalla Natura , non vi fono rifpcttati . Non vuole alcuna ri¬ nunziare alla fua libertà , e romperà ella piuttollo o- gni corrifpondcnza con quelle, che tenteranno in que¬ lla parte di recarle pregiudizio. 16. Effetto dì qucfla libertà . Da quella libertà e independenza s’ infcrifcé chè fpctta a ciafeuna Nazione il giudicare di ciò, che la fua cofcienza da lei efigé, di ciò ch’ella può o non può , di ciò clic le conviene o non le conviene di fa¬ re > e per confcguenza 1* efaminare e il decidere , s’ ella prellar può qualche offizio ad un’ altra fenza ve¬ nir meno a nulla di quanto va a fe jnedefima debi¬ trice. In tutti i cafi adunque, in cui appartiene ad u- na Nazione il giudicar di ciò, che il fuo dovere da lei elige, non può un' altra attignerla ad operare «cl tale o nei it 11 Diritto o nel tal altro modo 5 pofeiachè *e f efifTe ella * P rp,r giudicherebbe alla libertà qe\lc Nazioni . li piritto di coazione contro una perfona libera , non ci app ar ' tiene fuorché ne’ cafi , in cui fa qucfta perfona verfo noi obbligata a quilche cofa di particolare , per u nl ragione fpeciale, che non dipende del fuo giudizi 0 » ne* cafi in fomma, in cui nei abbiamo un perfetto D 1 ’ ritto contro di lei. »$. 17. Dillitizione della obbligazione c del Diritto interi ed ejlerno, perfetto ed ijnperfetto. Per ben Intènder ciò * è neceflario offervarc che fi dipingile la obbligazione e il Diritto, che vi corri- fponde , o eh’effe produce , in interna ed eflerna • I- 1 obbligazione è interna in quanto lega la cofcienza > ed è defunta dalle regole del noftro dovere ; è poi e ~ flerna in quanto la confideriamo relativamente agli al¬ tri uomini 5 e produce efTa tra loro qualche Diritto • La obbligazione interna è Tempre la fteffa nella Natiti ra, benché varii ne’ gradi; ma la obbligazione efterna fi divide in perfetta ed imperfetta. Il Diritto perfetto * quello , a cui trovafi congiunto il Diritto di aftrigncr quelli , che foddisfar non vogliono alla obbligazione, che vi corrifponde ; e il Diritto imperfetto è quello ? che non è accompagnato da quello Diritto di coa-zio- ne . La obbligazione perfetta è quella , che produce M Diritto di coazione ; la imperfetta non conferifcè al¬ trui che il Diritto di domandare. Si comprenderà ora fenza difficoltà , perchè il Di' ritto Tempre fi a imperfetto * quando la obbligazione ? che vi corrifponde , dipènde clal giudizio di colui >■ in cui la medefima fi ritrova : pofeiachè fe in tal cafo fi aveffe diritto di coftrignerlo, non dipenderebbe più da lui il rifolvere ciò che far dee per ubbidire alle Leg¬ gi delle Genti % ? dclli fui cofcienza . La noilra obbligazione è fcra- prc imperfetta relativamente ad altrui , quando ci è nferkto il giudizio di ciò, che a far abbiamo e quello giudizio e a noi riferbaco in tutte le occafionì, sn cui dobbiamo cllcr Uberi. §■ i*:. Uguali anx.it delle frazioni. Poiché gli uomini fono naturalmente eguali, c i lo¬ ro Diruti e le loro obbligazioni fono le fleffc , come procedenti esimente dalia Natura , le Nazioni com- poitc d uomini, e confidavate come altrettante perfone iiucre, c e vivono inficine nello flato di Natura , fo¬ no naturalmente eguali, e tengono dalla Natura le ft e f- j i obbligazioni e gli fteffi Diritti. La potenza e la debolezza non producono a tal uopo alcun divario . Un nano c immo del pari che un gigante; ed una piccola icpubblica è uno Stato Sovrano nulla meno dei pm potente regno. T 9- Effetto di quefìit eguaglianza . Ver una neceffaria confeguenza di za ciò che lecito è ad una Nazione a qualunque altra ; e piò che non non lo è pè pur all’altra. quefla eguagliata- j lo è parimente é lecito all'una. _o, Ciafeuna è arbitra delle fue operazioni , quando efje non intereffìno il Diritto perfetto delle'altre. Una Nazione è dunque arbitra delle fue azioni , tinche^ non intereffano quelle i Diritti proprii e perfetti di un altra , finché non è vincolata che da una obbli¬ gazione interna , fenza venuta obbligazione efterna per¬ le t- , 4 11 Diritto fetta . 5'ella abuia della lui libertà , pecca ; mi le al- tre debbono fopportarlo , non avendo alcun diritto V comandarle. §* ii. Fondamento del Diruto delle Centi ^volontario - E (Tendo le Nazioni libere, independénti , eguali, < dovendo ciafcuna in fua coscienza giudicare quello , ebe far dee per adempiere ì fuoi doveri , 1’ effetto «J tutto ciò è di operare , almeno eternamente c tra «J altri uomini, una perfetta eguaglianza di Dritti tra c Nazioni , nel maneggio dei loro negozi! c nel _‘ aI valere le loro pretenfioni , fenza riguardo alla giu* fTjzia inrrìnfeca della loro condotta , di cui non ap par tiene agli altri il giudicare definitivamente % dimo do eh c ciò che all'uno è permelTo , ancora è permeile all'altro , c debbon elleno venire con fiderà te nella li¬ tuana Società, ficcome di uri egual Diritto poffeditrici, Ciafcuna pretende in effetto di avere la gtufhzia la canto fuo nelle controverfie , che p o 0ono inlorgere ; t non appartiene nè all’uno, nè all'altro degl’imcrclfoti, nè alle altre Nazioni, il giudicar la quiflione. Quelli che ha il torto, pecca contro la fua cofcienza; ma ficco- me potrebbe darfi ch'ella avelie la ragione, non fi può accularla di violare le Leggi della Società. E' dunque neceffario, in molti incontri, che le Na¬ zioni tollerino certe cofe , avvegnaché ingiufte e con¬ dannabili in fe fteflc , perchè non potrebbero oppor- vifì colta forza fenza violare la libertà di alcuna , t fenza diftruggCre i fondamenti della loro Società Na¬ turale . E poiché fon elleno obbligate e coltivare que- fta. Società, fi prefume di dritto , che tutte le Nazio¬ ni abbiano confentito al principio , che abbiamo noi ^abilito. Le regole, che ne difeendono, formano quel- delie Gemi. lo chti il Sig. VVolfio chiama il Diritto dell: Genti volontario ; c niente otta clic non tifiamo dello fleffo termine , febbene abbiamo creduto di doverci frollare dal parere dì quel valentuomo nello ftabilire il fon¬ damento di un tal Diritto. §■ Diritto delle s{anioni contro ì violatori del Diritto delle Genti. te Leggi della Società naturale fono di mia tale importanza alla faivezza di tutti gliStati, che fe ci av- vczzattcro gli uomini a conculcarle, vcrun Popolo non potrebbe lufìngarfi di confrrvarfì c d‘efter tranquillo m caia propria , per quante mifure fi potettero da lui prendere di Capienza , di giuftizìa c di moderazione CO- Ora tutti gli uomini e tutti gli Stati hanno un perfetto Diritto alle cofr , tolte le quali non pottono confervarfi » P olc 1C . tt u 5 fto corrifponde ad una inoifpenfabile obbligazione . Dunque tutte le Nazioni fono in Diritto di reprimete colla forza quella' che viola apertamente le Leggi della Società , che la Na¬ tura ha (labilità fra elle e che attacca direttamente il bene e la Ditate di quella Società. §■ -3- Regola, di queflo Diritto. Ma convicn guardarfi dal non ampliare quello Di¬ ruto con pregiudizio della libertà delle Nazioni. Tut¬ te ione libere e independenti , ma obbligate ad ofser- vire le Leggi della Società , che fra cfse ha ilabilite h (a) Elenim fi bxc ( le Le^i ) perturbare omnia & pernii- lieve ■' Vùlumus , lotam virata peri culo] am , infidiefam > V*? reddemus , CICERO in Vcn\ atf. 2- f- jj. r <* // Diritto la Na ora » e talmente obbligate clic le altre fiatino diritto di reprimere quella , che tnfgrcdifee quarto Leggi i nè tutte interne barino ver un diritto fe non in quanto vi fi trova intercisala la naturale Società * Il Diritto 'reneràle e comune delle Nazioni filila con¬ dotta di ogni Stara Sovrano > decfi naturare lui fi llC della locietàj che pafsa fra efse. §. 14. Diritto delle Genti convenzionale , ovvero Diritto dei Trattati- I di Ver fi impegni , ne 1 quali le Nazioni pofsono en¬ trare , producono una nuova fpccic di Diritto delle Centi j che fi chiama coni nxiortal: , ovvero di Tratta¬ ti. Siccome c tofa evidente, che un trattata non ob¬ bliga fé non le parti contraenti, il Diritta delie Genti convenzionale > non c un Diritto uni ver tale, ma im Di- ritto particolare . Tutto ciò che può f^rfi fu tale ma¬ teria in un Trattato del Diritta delle Genti è eli da¬ re le regole generali , dm le Nazioni ofservar debbo¬ no rifpetto ai loro Tettati. La minuta elpofizione de' varii accordi, dm fi fanno tra certe Nazioni, dei Di¬ ritti e delle obbligazioni , che nc riftìltano* è materia di fatto, ed appartiene alla Storia, zj. Diritto delle Gemi confuetudinario. Certe maifime, certe pratiche, da un lungo ufo con¬ fa era te , e che le Nazioni ofserva.no ba Use ernie una fpecie di Diritto , formano il Diritto delle Genti con - fuetudinario * ovvero il Codice municipale delie 'Unzioni. Quello Diritto è fondata fui tacito confenfo, 0 fe pur vogliafi , (opra uni tacita convenzione delle Nazioni , che Tofiervano tra loro; dal clic appari Ice ch’elsa non obbliga fuorché le Nazioni , che fhanno adottato , c che delle Genti • i y cne non e univcrfale niente piu del Diritto convenni e* naie* Bifogna, dunque dire ancora di quello Diritto eonfuctudinario , che V offrirne la minuta efpofizione non appartiene a un Trattato fiftematico del Diritto delle Gen-’ ll > ma che dobbiamo rcflrignerci a porgerne una teoria generale, cioè le regole, che debbono e (fervi offervate tanto per li fuoi effetti, quanto rifpetto alla fua mate- uà fteffa : c per queiT ultimo conto fìffatte regole fer- viranno a diftinguere le confuetudini legittime cd inno¬ centi dalle illecite cd ingiufle . 26. Regola generale intorno queflo Diritto . Allorché una confuetudine , un ufo è generalmente uabillto , o fra tutte le Nazioni incivilite del Mondo, o foltanto fra tutte quelle-di un certo Continente, dell’ Europa per cagion d’efempio, o quelle che hanno in- ueme un commercio più frequente ; fe quella confue- tudinc e indifferente in fe , e maggiormente fe utile e ragionevole , diventa obbligatoria per tutte quelle Na- zioni , che riputate vengono avervi predato l’afTenfo loro ' Sono elleno tenute ad oflervarla le une colle al¬ tre, finattantochè non abbiano efpreffamente dichiarato di non voler più fluitarla . Ma fe tale confuetudine racchiude qualche cofa d* ingiufto o d’illecito, non ha effa veruna forza , ed anzi ogni Nazione è obbli¬ ga* ad abbandonarla , non elTendovi cofa che polla nè obbligarla , nc permetterle di violare la Legge natu¬ §• -J. Diritto delle Centi pofitivo. Le di vi fa te tre fpecie di Diritto delle Genti, volon- tari9 > convenzionale e consuetudinario , inficili compon¬ gono U Diritto delle Genti pojìtivo : dante che tutù procedono dalla volontà delle Nazioni ? i 1 Diritto vo¬ lontario dal loro confenfo prefunto 5 il Diritto conven¬ ir %io- i.g 11 Diritto zdonale da un ccnfcnfo cfprcffo ; e il Diritto confile- tudinaario da un conlènfo tacito . E ficcomc non r u0 darli altra maniera di dedurre qualche Diritto dalla volontà delle Nazioni, non hannoci che quelle tre forti di Diritto delle Centi pojitivo. Avremo noi cura di fepararli diligentemente dal Di¬ ritto delle Genti naturale ovvero necejjario , lenza pe¬ rò trattarli a parte . Ma dopo avere llabilito fopri ciafcuna materia ciò che il Diritto nccelfario preferi- vc, immediatamente dopo foggiugneremo come e per¬ chè faccia d’uopo modificarne le decifioni col Diritto volontario', ovvero, ciò che in altri termini torna al¬ lo Hello, (piegheremo come, in virtù della libertà del¬ le Nazioni e delle regole della loro naturale Società > i! Diritto efterno, che dee ofiervarfi tra elle , diverfifi- chi in certi incontri dalle maffime del Diritto interno , Tempre nondimeno obbligatorie in cofcicnza . Quan¬ to ai Diritti introdotti dai Trattati , o dalla confue* tudine , non è a temere che alcuno li confonda col Diritto delle Genti naturale. Formano citi quelli fpe- cie di Diritto delle Genti , che gli Autori chiamane. arbitrario « §. Mafjima generale circa V ufo del Diritto neceffario e del Diritto volontario . Per dare fin per tutto ciò può i n te~ B z reità- » 20 11 Diritto re (lare il ben comune . Il Diritto di tutti fopra eia- i'cun membro appartici! dunque cflcnziaimemé al cor¬ po politico, allo State s ma l'eff-rcizio di quefto Di- fitto può effere rimeffo in diverte mani , fecondo che he avrà ordinato la Società. §. _j, Diverfe fpecic di Governo. Se 11 corpo della Nazione per te ritiene l'Impero ? ovvero il diritto di comandare, c un Governo popola¬ re, una Democrazia: fe lo rimette a un certo numero di Cittadini , ad un Senato t ftabilifce una repubblica ^nftùcraticd i per ultimo fc affida V Impero ad uit W* lo, diventa lo Stato una Monarchia, Quelle tre fpecic di Governo dfer pollone variamen¬ te combinate e modificate. Non entriamo qui ne' par¬ ticolari , che fono 1 oggetto del Diritto pubblico uni* verfale ( a ) . Allo feopo di quell’opera balla che fi fta bili tea no i principia generali , uccellarli per la deci* fione (*0 Ne pur Smineremo quale delle accennate diverfe for¬ me di Governo fìa la migliore, Baficra il dire che il Governo Monarchico fembra da anteporli a qualunque altro , purché il potere del Sovrano ha limitato e non aliomto . Qut ( princL pai us } tum demani régim e fi * fi intra modefii* c ^ ie un’ alleanza ineguale in cui f P U ^°| CUt ? 5 m cicè dì <*..« dà a. pia t:i r h :ir~ itr piu ioccorfo. 1 c al piu debole Le condizioni di quefle allean** ; ,• riare all’infinito. Ma di qualunque fiorar ' P ° ff ° n0 , M» alleato inferiore fi rifierbi h cv.? • , te fieno, purché:1 ruertu la Sovranità , ovvero il Dirà- CO lebbene avels’ ella ^diretta la 1 fu ° Cap ° ‘ m °° d ‘ R %' confini Queflr, r “ la lua autorità entro molto anguffi va dalla mù r? ap ° e T C ° ed ereditario , e lo Stato porta- rivoluzione di 10ta n nt ' C r lta 11 tlC0l ° di ReS"?- °SS\ P-~r una sii Svezia l . cut flati damo i telfimonii, 1 autorità del K.p SveZia e am Pla guanto lolTe giammai. B 3 fe ji 11 Diritto to di governali! da fé niedefimo , cffcr dee riguardate 1 ficco me uno Stato indepcndentc , clic negozia cogli al¬ tri fotto l'autorità del Diritto delle Genti. §. 6. Ovvero dei Trattati dì protezione. Per confeguenza uno Stato debole , che per la pro¬ pria Scurezza fi mette fiotto la protezione di un più potente , e fi obbliga in via di riconofecnza a molti doveri equivalenti a tale protezione , fienza però fpo* gliarfi del tuo Governo e della fitta Sovranità, un tal; Stato, dico, non ccffa per ciò di figurare tra i Sovra¬ ni , che altra Legge non rìconofcono che il Diritto delle Genti. 5 . 7. Desìi Stati tributarli. Nè punto maggiore difficoltà \* ha rifpctto agli Stati tributarli i pol'ciachè 1 ebbene un tributo pagato ad una Potenza ftraniera feemi alcun poco della digni¬ tà di fintili Stati , una confezione dlendo della loro debolezza, la (eia interamente fuififtere la loro Sovra¬ nità, Frequenti flfimo era a tempi andati 1 ufo di pa¬ gar tributo : i più deboli redìmevanfi con tal mezzo dalle vefTazioni del più folte , ovvero procuravanfi .1 tal prezzo la fua protezione , lenza ceffar d’e/Tcre So¬ vrani . §. 8. Degli Stati Fetidatarii. Lé Nazióni Germaniche introduflcro un altro ufo , quello di^efiger l’omaggio da uno Stato vinto, ovvero impotente.! a re fi fiere . Talvolta ancora una Potenzi conccffc Sovranità in Feudo, ed alcuni Sovrani fi refe- 10 Feudatari! di un altro- AI- delle Genti , AMcrcTiè r omaggio , Ulcianuo fuffiftere F indetteti- demi e la fovran-a autorità nell' amminiftrizipne dell . Suro y imporci iolcanto certi doveri verfo il Signore dei Feudo > o pure una (empiice onorifici riconofcen- 21 , non toglie che io Stato o il Principe Feudataria non iìi veramente Sovrano. Il Re di l^sipoiì fa omag¬ gio del fuo Regno al Tap& ; nè però c men cornato fra ì principali Sovrani dell’Europa. $. 9. Di due Stati /oggetti al medefmt "Principe. Due Srati Sovrani potici no altresì efferc fogge t ti allo itctlo Principe , fenza veruna dipendenza dell’ uno vcr- f° [ altro ; e ciafcuno ritiene tutti i funi Diritti di Nazione libera e Sovrana . Il tic di Tru 0 tt è Princi¬ pe Sovrano di Igeuckatel negli S'uix.Z.e'ri , fenz’ alcu¬ na riunione di cucirò Principato a’ fuoi altri Stati , dimodoché i 'ìfeucbatelefi , in virtù delle loro franchi¬ gie» frrvir potrebbero una Potenza ftraniera , che fotte m guerra col Re di Pruffià , purché la guerra non fi facetTe per cagione del loro Principato. $. io. Degli Stati, che formano una Repubblica federativa . Finalmente molti Stati Sovrani e indepcndenti pof- fono unirli infieme per mezzo di una perpetua confe¬ derazione , fenza ceflar d’effere ciafcuno in particolare uno Stato perfetto . Formeranno etti inlleme una Re¬ pubblica federativa : le comuni deliberazioni non re¬ cheranno alcun prcgiudicìo alla Sovranità di cialcmi membro , avvegnaché ne pollano incomodare l’ eferci- zio per certi rifpctti, in virtù di patti volontari]. Una perfona non cclfa d’cfTer libera e independenre, quando B 4 è ob- £4 // Diritto è obbligata 3II' adempimento d* impegni , cui hi ella voluto a fio merli* Tali erano amicamente !c Città della Grecia ^ c tali fono le Trùvincit Unite de' Taeft Baffi 3 tali ì membri del f orpo Elvetico . x §. ii f Di uno Stato pacato /otto il Dominio di un altro m Ma un Popolo T pafiato fi tro il Dominio di un al¬ tro ? non fa più tino Stato 7 e non può più valerfì dì- rettamente del Diritto delle Genti . Tai furono i Po¬ poli e i Regni, clic i Romani fiottoni ilero direttamen¬ te al loro Impero ; la maggior parte pure di quelli , ch’eglino onorarono del nome di amici e di alleati , non formavano più veri Stati « E 1 governa vanii nell 1 interno colle proprie loro Leggi c coi loro Magi fora¬ ti } ma al di fuori obbligati a fegati rare in ogni ceda gli ordini di Roma , non olivano fare da fe mcdefi- inì nè guerra j nè alleanza 3 c trattar non potevano colle Nazioni* §\ i2. Oggetti di quefio Trattato . Il Diritto delle Geliti è la Legge de 1 Sovrani : gli Stati liberi c inde pendenti fono le perfonc morali 5 di cui ftabilir dobbiamo i Diritti c le obbligazioni iti quello Trattato, C,4- delie Gemi, CAPITOLO IL *-S Principii generali dei doveri di una Nazione vedo fe medefima. 13. Una 't^az.iune operar dee convenientemente alla ffi a natura * Q L , S ‘iì una Mizionc nafeono dalle fuc ob- ^ k h Ràbidi i, j. j.,cìò avvien principalmente di quel- di cui ella medefima e l’oggetto. Vedremo però c ic 1 iuoi doveri verfo le altre dipendono moiro da’ fuoì doveri verfo fe medefima, da’quali effi debbono pren- utr tegola e mi fura . Avendo dunque a trattare delle obbliga.,™ c de’ Diritti delle Nazioni , l’ordine do¬ manda clic incominciamo dallo fhbilir quello, di che va ciaicuna a fe medefima debitrice. .. T „ J generale c fondamentale de’ doveri verfo le nefTo e che ogni Ente morale debba vivere in uni maniera conveniente alla fu a natura , natura conve- menter vivere Una Nazione è un Ente determinato uà luci eficnzialj attributi; die ha la fui propria Na- tuia, e che operar può convenientemente a quefh Na- tura • Hannoci dunque azioni di una Nazione, ficco- mC fa c 5 ^ne la concernono nella fui qualità di Nazio- ? n ■ ° -r ^ Ono convenienti ovvero opporti a ciò che . a co'tluntce tale; dimodoché non è indifferente eh 1 cl- la commetta alcune di quelle azioni e che airre ne o- metti* La Legge naturale doveri le preferiva a tal uo¬ po. Vedremo in quello primo Libro quale fia la con¬ dotta, che una Nazione dee tenere per non venir meno a le medefima . Coirne» torto abbozzarne una idea gc- nenie * '£■ 14* Il Diritto 2*6 14. Della confermazione , e dilla perfezioni di una fazione. Non fonoci più doveri per chi più non efittc, e un Ente morale non è aggravato di obbligai ioni ve rio le medeGmo fuorché in vi (ha deila fua perfezione e della fua felicità . Confervarfi c perfeziotiarfi è la fomma di tutti i doveri verfo fe fletto La confermazione JÌ una Nazione confìtte nella du¬ rata dell'aflocìazione politica , che la forma. Se que- fla affociazione viene a terminare, la Nazione ovvero io Stato più non fulBfté , avvegnaché tuttavia elidano gl' individui, che lo componevano. La perfezione di una Nazione ritrova fi in ciò che la rende capace dì ottenere il fine della Società Civile ; e lo Stato di una Nazione è perfetto , allorché nulla vi manca di tetto ciò, che ad cfTa è necettario per arri¬ vare a un tal fine . E noto che la perfezione di una cefi confitte generalmente in un perfetto accordo di ciò , che cottituifce quetta cofa per tendere allo detto fine . Ettendo una Nazione una moltitudine d* uomini uniti inficine in Società Civile , fe in quetta moltitu¬ dine tutto colpirà ad ottenere il fine propottofi for¬ nendo una Civile Società , la Nazione è perfetta; c tale farà più o meno , fecondo che più o meno fi accode¬ rà a quefto perfetto accordo. Nella fletta guitti i! fuo Stato efterno farà più o meno perfetto , fecondo che etto concorrerà colla intrinfcca perfezione della Na¬ zione . §. ij. Qt(dl fta io feopo della Società Civile Lo feopo o il fine della Società Civile è procurare ai Cittadini tutte le cofe, di cui. hznno eglino metticri per delle Genti . %y per le «ceffi tà , la comodità c te giocondità della vi¬ ta > c in generale per la loro felicità ; far per modo die ciafeuno polla godere tranquillamente del fuo e ottener giuftizia con fìcurezza * per ultimo difenderti inficine contro ogni cfterna violenza. Agevol cofa è ora il farti una giuda idea della per¬ fezione di uno Stato o di una Nazione : bìfogna che unto vi concorra allo feopo * che abbiamo accen¬ nato * §- iti* Una 'ì^aZiionc è obbligata a confervarji . Nell' atto dì affociazìonc , in virtù de] quale una moltitudine di uomini formano inCeme ano Stato , u- na Nazione , ciafcun particolare fi è obbligato verfo tutti a procurare il ben comune , e tutti fonofì ebbii- giti verfo ci a leu no ad agevolargli i mezzi di prov ve¬ dere a filai bifagni , a proteggerlo e a difenderlo. E 1 rna ni fello che quelli impegni reciproci non pollano a- dempierfi ccccttochc mantenendo l'afTociazlone politi* ca. La Nazione intera è dunque obbligata a mantener quella allocuzione ? c ficcarne nella lua durata con lì Ile la conferva2Ìone della Nazione, quindi procede che o- gni Nazione c obbligata a conici vari!, Quella obbligazione , narurale agl 1 individui che ha Dio creati , non viene alle Nazioni ircimediatameme dalla Natura , nia dal patto , onde la Soci era Civile è formata : però non è della affoluta , ma ipotetica > va¬ ie a dire che fuppone un fatto umano , cioè il [latto dì Società E ficco me i patti pofibno romperli di un comune confenfo delle partii fe i particolari che com¬ pongono una Nazione confentiffero unanimemente a fpezzare ì nodi, che gli uniformo, farebbe loro permei- io il farlo j e diflruggcre cosi lo Stato o lì Nazione £ ma eglino peccherebbero certamente 5 fc a un tal palla li re- II Diritto fi reca (fero fé* zi granai c gì ulte ragioni , pofdache le Società Civili il ivi approvate dalla Legge Naturale 5 che agli uomini le raccomanda ficcarne il vero mezzo di provvedere a tuta i loro hi fogni , e di promuovere efficacemente la propria loro perfezione * Ma v’ ha di piti : la Società Civile è sì utile , sì ncceflam anzi 2 tutti i Cittadini , che fi può ben riguardare Occorri e moralmente imponibile I 1 unanime confenfo di romper¬ la fertza ne ce Alti - Quel che far poffano o debbano ì Cittadini, ciò che polla ri fol-vere la moltitudine, in certi cali di necdEeà o di urgenti bi fogni , fono qui- fiioni , che troveranno luogo altrove , non potendo^ deciderle fedamente fenza alcuni priucipii , che non abbiamo ancora (labili ti. Biffi al predente l'aver pro¬ vato che in generale, finche la Società politica fu ili fi e > la Nazione intera c obbligata di applicar fi a mante¬ nerla , §, 17. E a confermare i fttoi membri. Se una Nazione è obbligata a confcrvar fie mCdefi- tni, non è meno obbligata a confermare con ogni ftu- dio tutti i fu mì membri. Ella n è a fc medefima de¬ bitrice j poiché il perdere alcuno de s fuoi membri è un indebolirli e nuocere alla fua propria con fervali o- ne. Ciò inoltre è da lei dovuto ai membri in partico¬ lare, per un effetto deiratto ffeffo d f affòciazione ì po- feiachè quelli che compongono una Nazione , fonofi uniti per la loro difefia e pel comune loro vantaggio > uè alcuno può effer privato di quella unione c del frutti che ne afpetta , finché dal canto fuo ne adempie le condizioni. 11 corpo della Nazione non può dunque abbandona¬ re una Provincia, una Città , né pure tm particolare , che uè fa parte, qualora a ciò noi coftringa la necel¬ fità , citile Genti. i « fetà, o che non gliene facciano una Legge le più forti ragioni, tolte dalla pubblica falute. $. ifi. Una fazione ha diritte a tutte ciò ì che nere far io è alla fu. a eonfervaxione. Poiché dunque una Nazione è obbligata a cònfcr- vaili, ha ella diritto a tutto ciò, die n eccita no è al*, la propria confervazionc , p otte ia che la Legge Naturale ci dà diritto alle cofc tutte, fenza le quali i'oddisfar non polliamo la noftra obbligazione» altramenti efta ci K: ignerebbe all imponibile , o piuttofto farebbe! feco medefima in contraddizione , prefcrivendocì un dovere e inibendoci nel tempo fteflo i foli mezzi di adempierlo. Del rimanente ben il comprende fuor di dubbio , che tal mezzi efler non debbono ingìuftì in fe ftelfi , e di quelli che la Legge Naturale proferì ve attolutamenre, Siccome e imponibile cb’ elfi permetta giammai limili mezzi > le in qualche occalìonc particolare non fe ne preferitine altri per foddisfare una obbligazione gene¬ rale , la obbligazione dee pattare in quello particolar calo per impedibile c confeguememente nulla . §■' 1 9- dee fcliivare tutto ciò , che può cagionare la fua dif fusione. Per una con foglie n za ben evidente di ciò clic è /la¬ ro detto, una Nazione dee fc hi va re con premura c per quanto e ad etta pottibile , tutto ciò che cannonar po¬ trebbe la fua diftruzione , » quella dello Stato, che è la cotta ilefla. j ■ " *> ; • , n §■ 20, Il Diritto §* io . Del fra diritti a tutto ciò , che può fcrvire a tal fine * La Nazione , ovvero lo Saro ha diritto a tutto quello* che può fervide a rimuovere un imminente peric olo e ad allontanar cofe opaci di cagionar la fo rovina y e ciò per le ragioni fìcffe 3 che ftabilifcM'O d fuo diritto alle tofe neccflaric alia fìia corife rvazion* > §, ii # Una fazione dee perfezionar fe medefma e b fiato fuo r 11 fecondo generai dovere di una Nazione verfo ft fteffa è di applicarli alla fin perfezione e a quella del fuo flato. Quefta doppia perfezione rende una Nazio¬ ne capace di arrivare allo feopó della Civile Società farebbe a (fardo u-n ir fi in foci e ti , e con tutto ciò non applicarli a con legni re il fine > per cui i\ fa una cafa unitine* Qui il corpo intiero della Nazione y c ciafcuri Cit¬ tadino in particolare trovarci legati da una doppia oh- tubazione ; ì f una che procede immediatamente dalli Nitu-a , c l'altra che ri fu Ita da 1 reciproci loro patti * La Natura obbliga ogni uomo ad attendere alla fui propria perfezione, e con rio già attende a quella della Società Civile s che non potrebbe a meno di effere floridiifima, fe non folk comporta che di buoni Citta¬ dini , Ma trovando quell' uomo in imi ben regolata Società i piu potenti leccarli per fottortare al pefo , che la Natura gl' impone relativamente a luì ftefFo , onde diventar migliore ed in confegucnza più felice , è certamente obbligato a contribuire con tutte le fue forze a render perfetta quella Società . I Cittadini che fermano una Società politica > s’ìm- - pegoa- delle Genti 31 ' Tonano tutti recìprocamente a promuovere il ben co¬ mune e a procurare, per quanto farà poflìbiJe,iI van¬ taggio di eiafeun membro. Poiché dunque H perfezio¬ ne lidia Società è ciò che li rende atta ad aflìcurare egualmente la felicità del corpo e quella delle mem¬ bra , l’applicarli a quella perfezione è il grand’ogget¬ to degl’impegni e de’ doveri di un Cittadino. E’que- fta l'oprattutto 1 itici!mbenza elei corpo intero, in tut¬ te le deliberazioni comuni , in tutto ciò eh' egli fa fic- comc corpo. -a. £ fcbi'vare tatto ciò , che è contrario alla fua perfezione. Una Nazione dee dunque prevenire altresì c fchìva¬ re premurofamente tutto ciò, che può nuocere alla fua perfezione c a quella del fuo flato, o ritardarci pro¬ gredì dell una e dell’altra. r '$■ a Di Diritti , che le danno qucfle obbligazioni t Conchiudiamo ancora, in quella guifa che fattò ab¬ biamo d L fopra relativamente alla confezione dello Stato, §. i 8 ,, che una Nazione ha diritto alle cole tut¬ te , lenza le qual. non può ella perfezionare fe mede- ima e lo flato tuo, nè prevenire e rimuovere tutto ciò, che e contrario a quella doppia perfezione. §■ 14. Efempi . Ci Inglefì ci porgono fu tale! matèria un efempìo t ben degno di attenzione . Quella illurtre Nazione fi di!Hngue in una maniera luminofa colla fua applica¬ zione a tutto ciò , che può rendere florido Io Srato , Una 3 Ì , Il Diritto Una mirabile Coftituzione vi pone ogni Cittadino i" ìftaro di concorrere a quello gran fine , c diffonde P £r ogni dove quello fpirito di patrioti f'mo , che fi occupa con zelo del pubblico bene. Vi fi veggono fempUct Cittadini formare imprefe ragguardevoli per la gloria e pel bene della Nazione j e mentre che un cattivo Principe vi avrebbe le mani legate, un Ile l'aggio e mo¬ derato vi trova i più potenti foccorfi pel buon efito de 1 tuoi gl or lofi dilegni . I Grandi c i Rapprefentanti del Popolo formano un vincolo di confidenza tra il Monarca e la Nazione ; e cooperando con lui a tutto ciò , che conviene al ben pubblico , lo follcvano in parte dal pefo del Governo , a (lodano il fuo Pote¬ re e gli fanno preftare una obbedienza tanto pm perfetta, quanto erta è più volontaria. Ogni buon Cit¬ tadino vede che la forza dello Stato è veramente il bene di tutti c non quello di un fola. Beata Cortitu- zionc ? a cui non fi è potuto in un tratto pervenire, la quale colto , è vero , torrenti di (angue , ma che non li è però a troppo caro prezzo accjuiflata . Deh il lufloj quella pelle fatale alle virtù mafehie e panimi- che, quel miniftro di corruzione sì funefta alla liber¬ tà , non abbatta mai un monumento onorevole all 1 u- manità , monumento capace d’ mlegnare a Re quanto fia gloriofo il comandare a un Popolo libero! V’ha un’altra Nazione illuftre pel fuo valore c per le fue vittorie. Una nobiltà valorofa e innumerabile, valli e fertili territori! potrebbero renderla ragguardevo¬ le in tutta 1 * Europa : è in fuo potere il diventar flo¬ rida in poco tempo . ^ vi C oppone la fila Corti tti¬ zi one i e il fuo attaccamento a quella Caftituzionc è tale , che non fi ofa fperare di vedere che fi apporti¬ no ad erta i rimedii convenienti . Tn vano un Re ma¬ gnanimo, efalrato dalle fue vi mi al di l'opra dell'ani* biziong c della jn&rurtizia , concepirà j difesni più ' falu- delle Genti . 33 falutan al firn Popolo, in vano li farà egli guftare alli più fan a , alla puf numerofi parte della Nazione i un folo deputato o flauto o venduto a una Potenza {tra¬ ili era , io ('penderà ogni co fa > e romperà le più fog¬ ge t le piti tiece& ri e mi in re . Ecceffiva mente gdofa della fai libertà , qtiefta Nazione ha prefe cautele che mettono certamente il U,c fuor di flato di nulla intraprendere contro la pubblica libertà : ma non vedefi per avventura che quelle mifure partano il fegno > che legano le mani del Principe più giudo e più faggio , c gii tolgono i mezzi di alficurare quella libertà me- A e 11 ma contro gli attentati delle Ararne re Potenze d di rendere la Nazione ricca e felice? (a) Non vedefi che la Nazione (teda fi c polla nella impotenza di opera¬ re , c che il fuo Cordìglio è abbandonato al capriccio o al tradimento di un folo membro? ^ 5 * Una l$jt%ÌQne dee cenofeere fe fìejja . Ofserviamo finalmente, per terminare quefio Capito* io, che una Nazione dee conofccre fe medefima. Sen¬ za quella cognizione non può ella applicarti con buon dito alla fu a perfezione . Bi fogna che abbia una giu- ita idea dello dato tuo , affin di prendere mifure clic vi fieno convenienti 5 che conofca i progredì già fatti e quelli ,hc a far le rimangono , ciò che ha di buo¬ no, ciò che 1 acchiude ancora di difettofo, per confervar 1 uno e corregger altro . Senza queda cognizione li¬ na Nazione fi conduce alla ventura j prende fpdTo le più {a} L evento ha pur troppo dimoftrato la gniflezea di que^ na oifervazione. La Polonia, feofla anch 'osti, nel 1776., da v agitazióni , dee fentìre che t mali ch'eia prova e qnelh che la minacciano 5 fono una contenenza della fuq Co¬ iti cui ione . 1 + C 34 11 Diritto più falle mifure -, creile operar con molta faviezza y imitando la condotta dei Popoli riputati avveduti i e non fi accorge che un regolamento , una pratica Talli¬ ture ad una Nazione , è fpeflo perniciofa ad un’altra, i Ciafcuna cofa efler dee condotta fecondo la fui natu¬ ra : i Popoli effer non pofTono ben governati 5 fe non li prende norma dal loro carattere , e perciò bifogna conofccrlo. CAPITOLO III Della Coftituzione dello Stato, dei Doveri e dei Diritti della Nazione a tal uopo. C 16. Della pubblica autorità. N ON abbiamo potuto fchivare nel primo Capitolo di anticipare alcun poco della materia del pre¬ ferite. Si è già veduto che ogni Società politica dee ne- ceffariamcnte ftabilire un’autorità pubblica, che ordini affari comuni , ebe preferiva a ciaf'cuno la condotta , cui dee tenere ir. villa del ben pubblico , c «he abbia i mezzi di far fi ubbidire . Quell’ autorità appartiene effenzialmente al corpo della Società ; ma può eferej- tarfi in molte maniere ; e fpctta a ciafcuna Società c - fegger quella s che meglio le convenga. 27. Cofa fin la Coflituzione dello Stato. . Il regolamento fondamentale , che determina la ma- il ni era 3 con che l’autorità pubblica effer debba cfercita- \ ta , delle Genti . 3 j ta , c ciò che forma la Cufiitunione dello Stato . Scor- geli in elTa la forma , fotto la quale la Nazione opera in qualità di corpo politico , come e da chi il P. polo Hi governato, qual fieno i Diritti e i Doveri dei Go¬ vernanti Simile Coftituzioné non è in fullanza altra cofa che lo flabilimcnto dell’ordine, in cui una Nazio¬ ne fi propone di applicarli in comune ad ottenere i vantaggi , in grazia de* quali fi è ftabilita la politica Società. §. a 8. La fazione dee [cogliere il meglio: La Coftituzioné dunque dello Stato decide della fua perfezione , della lua attitudine per adempiere i fini delia Società ; e per confegucnza 1 ’ interefle maggiore di una Nazione, che forma una Società politica , ii primo Ilio e più importante dovere verfo fe fteffa , è di fccglierc la migliore Coftituzioné pollibile e la più conveniente alle cifcoftanze . Allorché fa ella quella fceka , viene a pofare i fondamenti della fua confer- vazione , della fua falvezza , della fua perfezione e della fua felicità; nè mai foverchie effer polfono le fue applicazioni per confolidarli. $■ - 9 - D dle Leggi politiche fondamentali e civili . ^ Le Leggi fono regole ftabilìte dalla pubblica autori¬ tà per effere olfervate nella Società. Tutte debbono ri¬ ferirli al bene dello Stato é dei Cittadini. Le Leggi , che fono fatte direttamente in villa del ben pubblico , fono Leggi politiche ; e in quella claffe quelle che' con¬ cernono il corpo Hello e la effenza della Società , la forma dei Governo , la maniera , onde l’autorità pub¬ blica e (Ter debba efercitata ; quelle in fomma , deile C * quali 3 6 11 Diritto quali il concorfo forma la Coltituzionc dello Stato , fono le Leggi fondamentali. Le Leggi civili fono quelle, che regolano i Diritti c-la condotta dei privati fra loro. Ogni Nazione che mancar non vuole a fe medefima, dee tutte rivolgere le fuc cure a ftabilire quelle Leggi, e principalmente le fondamentali, a fta bi li rie, io diceva, con fapienza c in un modo confaccente all’ indole de’ Po¬ poli e a tutte le circoftanze, nelle quali eglino fi ritro¬ vano; dee ben determinarle ed cnunziarle con precifione e chiarezza, acciocché ferme clTe rimangano, venir non pollano delufc, nè generino, fe pur è polfibile, veru¬ na dilTenfione ; acciocché da un canto quegli o quelli, a cui farà 1’ efercizio affidato delia fuprcrrta podeftà , e i Cittadini dall’ altro conofcano egualmente i loro Diritti. Non è qui luogo di confiderare a parte a par¬ te quali effer debbano quella Cqftituzione c quefte Leggi ; una tale difculfionc appartiene al Diritto pub¬ blico e alla politica. D’ altronde le Leggi e la Cotti-' tuzione dei diverfi Stati debbono neceflariamer.te va¬ riare giuda il carattere dei Popoli e le altre circcftan- ze. Convien reftrigncrfi alle generalità nel Diruto del¬ le Genti, nel qual fi confiderano i doveri di uria Na¬ zione verfo fe medefima, principalmente per determi¬ nare la condotta , ch’effa dee tenere in quella grande Società, che la Natura ha fra tutti i Popoli ftabilita . duelli doveri le danno Diritti , che fervono a regola¬ re e a Ha bili re ciò eh’ ella può efigere dalle altre Na¬ zioni, e reciprocamente ciò, che le altre gfpcttar pof-, fono da elfe. itti éUL delie Genti . 37 §. 30. Del mantenimento della Cogitazione , e della ubbidienza alle Leggi. La Coftituzione dello Staro e le fue Leggi f on o la bafe della pubblica tranquillità , il piu fermo fo'llegno dell’autorità politica e il pegno della libertà dei Cit¬ tadini. Ma quella Coftituzione è un vano fimulacro , e le migliori Leggi fono inutili, fe non vengono reli- giofamente oflervatc . La natura dee vegliare inceflan- temcntc a farle per egual modo rifpettarc e da quelli, che governano , e dal Popolo dellinato ad ubbidire , Attaccare la Coftituzione dello Stato , violare le lue Le S8 1 1 è un delitto capitale contro la Società ; e fc coloro , che te ne rendono colpevoli , fono perfonc di autorità riveftite, aggiungono al delitto in fc Hello un perfido abufo del potere loro affidato. La nazione dee coltantemente reprimerli con tutto il vigore e con tut¬ ta la vigilanza , che richiede la gravità dell’oggetto . iva do avviene che fi veggano urtar di fronte le Leggi e , Coftituzione di uno Stato : contro però gli attacchi clandellini e lenti ftar dovrebbe particolarmente allerti la Nazione. Le lubitance rivoluzioni ferifeono la immagi¬ nazione degli uomini : fe nc feri ve la Storia , fe ne dichiarano le cagioni., c fi tralcurano i cambiamenti , che accadono 1 nfenfibiImente per una lunga ferie di gradi mal didimi . Prefterebbefi un rilevante fervi- gio alle Nazioni , inoltrando colla Storia quanti Stati abbiano cosi cangiata totalmente natura e perduta la prima loro Coftituzione. Rifveglierebbefi l’attenzione de Popoli, che d’ora innanzi pieni di quella eccellente maflima , non meno elfenziale in politica che in mo¬ rale, principiis obfla , non chiuderebbero più gli occhi ad innovazioni poco notabili in fc ftefife 5 ma che fer~ vono di gradini per condurli ad imprefe più audaci e più perniciofe. C 5 Il Diritto 3 8 §. 31. Diritti della Trazione rifpetto alla fua CoSlituzione , e al fuo Governo . Effondo di una tale importanza le confeguenze di una buona o di una mala Coftituzione , c trovandofi la Nazione Erettamente obbligata a procurarfi , per quanto è in fuo potere , la migliore e la più conve¬ niente , ella ha diritto alle cofe tutte , fenza le qua¬ li adempiere non può quefla obbligazione , §. 18. E’ dunque manifefto che la Nazione ha ur pieno Di** ritto di formarfi da fe medefima la fua Coftituzionc 5 di mantenerla , di perfezionarla , e di regolare a fuo talento tutto ciò , che concerne il Governo , fenza che alcuno poffa con giuftizia farvi ofiacolo . Il Governo è Inabilito per la Nazione in grazia foltanto della fua falutc e della fua felicità. §. 32. Ej[a può rifermare il Governo . Se dunque accade che una Nazione fi a milconten- ta della pubblica amminifrazione , ella può mettervi ordine , e riformare il Governo . Ma fi noti che io dico la Nazione; pofciachè fono ben lontano dal voler autorizzare alcuni malcontenti o alcuni fediziofi a tur¬ bar quelli che governano , fufcjtando mormorazioni e tumulti. Il corpo unicamente della Nazione ha dirit¬ to di reprimere conduttori ? che abufano del loro po¬ tere . Quando la Nazione tace ed ubbidìfcc 5 fi dee giudicare che approvi la condotta de’ fuperiori 5 o che la trovi almeno tollerabile; e non appartiene a un pic¬ co! numero di Cittadini il mettere lo Stato in perico- \ lo fotto pretefto di riformarlo. / delle Genti. 39 jj. E catnbiar'’ la Cofììtuziotie . In virtù (lenii fleflà principi! è certo clic fe la Nazio¬ ne jì trova mal faci di sfatta della fua Coflituzìonc ft e f- fa, ha diritto di cambiarla Non v’ ha fu ciò alcuna difficoltà , cafo che la Nazione fi rechi d’unanime confenfo a un tal cam¬ biamento; ma fi dimanda cofa debba offervarfi, qualo¬ ra di (cordi fieno le opinioni ? Nell’ ordinaria condotta dello Stato il Sentimento della pluralità deefii riputare fenza controversa quello della Nazione intera ■ altra- memi farebbe come imponibile che la Società pren¬ dere mai alcuna riibluzione . Sembra dunque che per la ffefTa ragione una Nazione può cangiare la Coftìcu- xionn dello Stato mercè la pluralità de’ fuffragii ; ed ogm qual volta niente faravvì in quello cambiamanto, che riguardar fi polla come contrario all' atto Hello dell’ a (Toc razione Civile , alla intenzione di quelli che fon olì uniti, tutti faranno tenuti a conformarfi alla ri- fuluzionc del maggior numero . Ma dove fi trattale di abbandonare una forma di Governo, alla quale fo¬ la appariffe che i Cittadini hanno voluto fottometterfi, legandoti coi vincoli della Società Civile ; fe la mag¬ gior parte di un Popolo libero ad efempio de' Giudei al tempo di Samuele , f infallidiffe della fua libertà , e vnlefìe lottuporla all impero di un Monarca, i Cit¬ tadini piu gelofi di quella prerogativa si preziofa a quelli , che I’ hanno guferà , obbligati a non opporli al maggior numero > nol farebbero in vcrtm conto a. fottonfctterli al nuovo Governo : abbandonar potreb¬ bero una Società , che fembrerebbe difcioglierfi da fe medelìma , affine di riprodurli Torto un’ altra forma ; direbbero in diritto di ritirarli altrove , di vender le loro terre e dì trafportare tutti i loro beni, C 4 % 54 - 40 Il Diritto §. j' 4 . Della, podeftà legislativa , e fe può effd cangiare la Ccflituzione. Ancor qui prefentafì una quiftione importantiflìme. Appartiene effcnzialmcntd alla Società il far Leggi fub la maniera , ond' ella pretende di dTere governata , - fLilla condotta dei Cittadini : qucfto potere fj chianti padella legislativa . La Nazione può affidarne 1’ eferd* zio al Principe , ovvero ad un’alTemblea , o a quefe affemblea e al Principe congiuntamente ; i quali fotte allora in diritto di far Leggi nuove e di abrogare le amiche. Si domanda fe il loro potere fi eftenda finti alle Leggi fondamentali , fe poflan eglino cambiare li Coflìtuzinnc dello Stato. I pii nei pii da noi {Ubiditi ci guidano certamente a decidere > che tant’oltre non giu- gne l’autorità di quelli legislatori, c che le Leggi fon 1 - «lamentali eflcr debbono per loro facrc, fe la Nazione non ba loro conferito ne‘ termini più efpreffì il pote¬ re di cambiarle . La ragione fi è eh' efier dee ftabil; la Cofliiuzionc dello Stato i e poiché la Nazione 1'hi primieramente {labilità , ed ha pofeia affidata a certe perfone la podeftà legislativa , le Leggi fondamentali fono eccettuate dalla loro commi filone . .Scorgefi che U Società ha foltanto voluto provvedere , che lo State femprc foflfe munito di Leggi convenienti alle congiun¬ ture e conferire per tal eflctto ai legislatori il potere di abrogare le antiche Leggi Civili e le Leggi politi¬ che non fondamentali e di farne di nuove ì ma niente muove a penlare che abbia ella voluto fottometterc la fua Coltituzione fteffa alla loro volontà . Finalmente dalla Coflituzionc riconofeono i legislatori il loro po¬ tere , e come potrebbero cambiarla fenza diftruggeré il fondamento della loro autorità? In vigor delle Leg¬ gi fondamentali dell' Inghilterra le due C Camere del Par- de Ih Genti. 4i‘ Parlamento d‘ intelligenza col Re, efercitano la podeftì legislativa - Se venifle talento alle due Camere di fòp- primerfì da fe medefìme, e di riveflire il Ke deli 1 im¬ pero pieno ed a fisima , la Nazione certamente noi permetterebbe- B chi oferebbe dire ch'ella non aveffe il diritto di opporvi!! ? Ma fe il Parlamento delibe¬ ra (Te di fare un sì notabil cambiamento , e che la Na¬ zione intera offervafie volontariamente il filenzio , fi giudicherebbe che approvale il fatto de 1 fuoi apprc- fintanti * §■ 3 La fazione dee in ciò operare cautamente. ^ Del rimanente * trattando qui del cambiamento della, Coftituzione, non parliamo che del Diritto? ciò che è i pcdiemc appartiene alla politica . Contentiamoci di oilervare in generale eh' effendo ì gran cambiamenti operazioni delicate ? piene di pericoli , ed effendo per le ftcfTa dannofa la frequenza de’ cambiamenti , ur\ Popolo dee andar circofpcrta fu tale materia , c non recarli mai alle novità , fenza le ragioni più urgenti c lenza ne ceffi tà . Lo fpi rito volubile degli ^tenie fi fu fempre contrario alla felicità della repubblica, c fatale per ultimo ad una libertà, di cui erano sì gclofi fenza ìapcr goderne, §. 3 6 . Effa è giudice di tutte le contr&verfie intorno al Governo. Conchiudiamo ancora da ciò che abbiamo fiatilito a r D* > che fe ìnforgeflero nello Staro dibattimenti intorno le Leggi fondamentali, intorno la pubblica am- mniifiiazione > intorno ai Diritti delle varie podcftà , che vi hanno pam, apparirne unicamente alla Nazione ìl Diritta il giudicarne e il terminarli conformemente alla polf- ti ca fu a Corti tuzionc ^.37. Menna (IranieraTotenza non ha diritto d'ingerircene . Per ultimo non intereflando tutte quertd cofe c^c lai Nazione, alcuna ftranicra Potenza non ha diritto ci ingerirfene , e non dee intromettervifi altramenti che co’ fuoi buoni officii , purché non fianc richiefta , 0 che a ciò non la invitino ragioni particolari. Se alcu¬ na s’ingerifcc negli affari domertici d’un’altra, le ten¬ ta di violentarla nelle fue deliberazioni , efla le fa in¬ giuria . CAPITOLO IV ; Del Sovrano» delle fue obbligazioni e de’ fuoi Diritti. 38. Del Sovrano . N I {Timo certamente fi afpetta di trovar qui una lun¬ ga deduzione dei Diritti della Sovranità e delle funzioni del Principe > cofe che cercar bifogna nei Trat¬ tati del pubblico Diritto Ci proponghiamo foltanto in quello Capitolo di far vedere , in confeguenza dei grandi principi), del Diritto delle Genti > cofa fia il Sovrano, e di porgere una idea generalo delle fue ob¬ bligazioni c de’ fuoi diritti. Abbiamo detto clic la Sovranità è quella pubblica auto- delle Genti. 4$ autorità, clic coimn .ella Società Civile, che ordina c dirige ciò che ciafiuno dee farvi per cònfeguirne il fine. Quella autorità appartiene originalmente ed effen- zialmente a! corpo delia Società , a cui ciafcun mem¬ bro fi e f ttomed . e ha ceduto i diritti, che aveva dal- !a natu'3, di condurfi in ogni cofa fecondo i fuoi lu¬ mi, c-lia lua pr pria volontà, c di farli giuflizia da le medetìmo . Ma il corpo della Stìcietà non fernpre in le ìitiene quella Sovrana autorità, fpeffo appiglian¬ doli al partito di affidarla a un Senato o a una fola perdona. Quello Senato, o quella perdona , è allora il Sovrano . ^ 39* Egli non è coflituito che per la fallite l e pel vantaggio della Società . k , c ° fa , C ! u ' cnte che gli uomini non formano una oocieta politica e non fi fottopongono alle fue Leggi fc non pel proprio loro vantaggio e per la loro falu- te . L automa Sovrana non è dunque flabilita che pel ben cornee di tutti i Cittadini ; c farebbe afTurdo il peniate eh ella polla cambiar di natura, palfando nel¬ le mani di un Senato o di un Monarca. L’adulazione non può dunque negare , fenza renderfi egualmente ri¬ dico a e odiofa , che il Sovrano è unicamente flabilitq per la falute e pel vantaggio della Società. fin buon Principe , un faggio conduttore della So- cieta effer dee ben impreflo di quella grande verità , che la luprema podellà non gli è affidata che per la ialine dello Stato e per la felicità di tutto il Popolo ? che non gli è permeilo di cercar fe medefimo nell’am- minmraaione degli affari , di proporli la fua propria fqddisfazione , o il fuo particolare vantaggio! ma che riferir dee tutte le fue mire, tutti i fuoi andamenti al mag- ^ Il Diritto maeeior bene dello braco e de' Popoli (oggetti ( a j' ! Quanto è bello il vedere un Re d’ Inghilterra renate i conto al Tu’ Parlamento delle Tue principali opcrazK-l ri , afliciirarc quello Corpo rapprclentativo della N J ' zione , ch’egli altro feopo non fi propone che la g l c ringra¬ ziare affettuofamente tutti quelli , che feco lui concor¬ rono a mire sì falutari! Al certo un Monarca, che tir quello linguaggio , c che ne prova la finccrità colla condotta, è il folo grande agli occhi del fapientc. AL da lungo tempo una rea adulazione ha fatto dimenti¬ car quelle mafiimc nella maggior parte dei Regni. Una turba di vili cortigiani non dura fatica a per-, fuadere a un orgogliofo Monarca che la Nazione è fatti per lui , c non egli è latto per la Nazione. Colini ce¬ llo riguarda il Regno ficcomc un patrimonio , che g.l è proprio, e il Popolo ficcome una greggia di armen¬ ti, da cui trar dee le fue ricchezze, e della quale pus difporre per adempiere i fuoi fini e foddisfare le Aie pai (ioni. Quindi le guerre funefìe intraprefe per ambizione, per inquietudine, per odio, per orgoglio. Quindi le gra- vofifUme impofizioni > i cui danari difUpati vengono di un ludo rovinofo o verlàti in le no a concubine ci favoriti . Quindi finalmente i porti importanti accorda¬ ti al favore, negletto il merito verfo lo Scato , e tut¬ to (a ) Ultime parole di -Luigi il Groffo a Luigi VII. fuo fi¬ glio. Ricordati , figliaci mio , che la regale dignità non è cht un pubblico pefo, di cui tu renderai un conto rigorofo a colui,cbt folo difpone degli Scettri e delle Corone. Storia di Francia, dell’ Abate V^lly , Tom. IH. p. 6j, Timur-bec dichiaro , liccome 1 avea già fatto in limili occa- fioni , che 1’ applicazione , che un Principe dà al Governo dei fuo Stato per un’ ora fola , è più utile e più importante del culto, eh’ ei prefla a Dio, e delle Orazioni che facelie per tut¬ to il corfo della fùa vita . La cofa Fella ritrovali nell’ Alco¬ rano. Storia di Timur-bee, lib. il. cap. 41 . delle Genti, ^ ^ to ciò clic non tntcreffa direttamente ì) Principe , ab¬ bandonato ai Mini fi ri e ai fubalterni . Chi mai ^ico- nofeerebbe in quello feiagurato Governo un’ autor iti ftabdtta pel pubblico bene ? Un gran Principe Ilari pw all’erta contro le fue virtù. Non diciamo con al¬ cuni Scrittori che le virtù de’ privati non fieno le vir¬ tù dei Re : mafiima di politici fuperficiali o onco e- Utti nelle loro efprefiìoni . La bontà, l'amicizia la rt conoscenza , fono ancora virtù fui Trono ; e al Ciel piacene che ivi Tempre fi ritrovafTcro! Ma un Re f ag - non li abbandona fenza difccrnimento alle loro impreffioru. Le ha egli care, le coltiva nella fua vita lavata s e tofio che opera a nome dello Stato, non Perchè f 1C h ?? ftl2,a C h fana P olitica • E perché ? ne de l/V ì lm ^? . non *>' è ‘te Pd be¬ ri eli ufo cLr lC f a \Y h r n ° n dee cercar fe raca£limo bontà mU h f f ‘ d€lh fU1 , Potenza - Tempera la fua ri dom?ft ; P,enZa ’ iC r 0 n da all ’ amicizla 1 Iboi favo- n donaeflici e privati; d.ftnbuifce gli offici! e R P j ra _ legb, al memo, le pubbliche ricompenfe ai fervei prC , fta " ail ° _ St3to ; in Zinnia non ufa della pubblica Padella che in villa del pubblico bene. Tutto ciò ù c ? mprefo rei bel detto di Luigi X1L A P ° a non vendica le ingiurie di un Duca d'Orleans. §. 40 . Del fuo carattere rapprefentativo ; U Società politica è una perfona morale ( pretine. li - ) , ln f* Cfia , tm imelIe ttO è mia volontà , 2 CU \- ur pe T la Contiotta de' fuoi affari , ed è ca- L ? dl obbligazioni e di Diritti. Allorché dunque la e,u f a conferìfee ad alcuno la Sovranità, in lui ri- pane il fuo intelletto e la fu a volontà, in lui trafpor- u lc lue obbligazioni e i f u oi diritti , in quanro ■terifcono all’anumniftrazione deilo Staro, all 1 eterei- ZIO I ■ // Diritto Zìo della pubblica autorità? e il a idtittore dello $ ta# to 5 il Sovrano» diventando cosi il 1 reo - in crii rf ' ledono le obbligazioni e i diritti p ivi al Gì■ verno; in lui ritrovati la morale pedona, c In za trilare ab fdutemente di efifiere nella Naziori non opt’-;* qu jn ; di innanzi che in lui e per mezze lui Tale li ? la origine del carattere rappresiti 7 die fi nttrj* bui Tee ai Sovrano. Teli rappreiert j fui Nazione m tutti gli affari » che può avere u Sovrano Non è un avvilire la dignità del mai r Monarca l’attri¬ buirgli quella carattere rapp r auro; nulla per 1 oppofito la rialza cori più f u>*e ; con ciò il Mr narca riunifee nella Tua pt : i > i uà la maeflà > chf appartiene al corpo intero ,a Nazione, 41, £' incaricato cJlc obbligazioni deliri fazione 5 e r - sfitto àc juoi Di* i - il Sovrano » in tal guìfa riverito della pubblica au* Borita , di tutto ciò che ù la per Tonalità morale delh Nazione , trovafì quindi a; errava delle qbbligaziohi di quefta Nazione c munito de' fusi diritti 42 , ì 7 ég dovere rif petto alla confervazione c alla perfezione della fazione . Tutto ciò j che détto abbiamo nel Capitolo IX, dei do¬ veri generali di una Nazione verfo fe mede firn a » ri* guarda particolarmente il Sovrano Depoficario dell'im¬ pero 1 del poter di comandare tutto ciò che conviene al pubblica bene 3 egli deve da Padre tenero e faggio*) da fedele a m mi ni Aratore » vegliare per la Nazione, af fumerfi la cura di con ferva ria s di renderla piu perfet¬ ta ^ di saiglioraré lo flato fuo » e di preferva ria » per quan- mmAii delle Genti, 47 SJtlfa fcìjr' cid chc "’ inac “ ff ' h & « 4 >- Suoi Diritti a. tal uopo ,ììfenSLnl ‘““V D!, itti ; che 11 ottBg.riMX «V» ai uni nAìoT. TS r i * ^ defi “ = lo Sta, “ {ut r in Di? ‘ ui - >“’• -&£ S>- 44. Tf/j dee conofcers la fm fazione. "LaS t: V cft° t- ° gnì Nl2Ì0M d " Sovrano , poiché a "luì ? ^ obbligazione ricade fui con fervanone e alia rerf L^aTJ ,nvi g ìlarc alla vere, che la uZ ^TZ ' N ? 2,0ne * 11 *>- Celle Nazioni ¥ di S,4 P ■' qUl 31 «Ettori foni ma eilenfione n c S ertl '' rni importanza e di una re 'Utto il p a ef e W et °" eoamente conofee- qualità, i Tuoi uifetfi^ autonca » le l«e iu2 rifpecto ai vicini ; debb^ n - V ' am2ggl l ^ fruizione cognizione dei collii mi c A II P rt5e “ r2I A una perfetta flIQ1 talenti e c . Tutti au*fti I r d , V1ZI1? dc per ben governare. ” mi ^ ono ìoro necdìari? * del fuo p ome , Diritti di maefià . e ne hi r ^ c ^^°^ ce ^ autorità dalia Nazione j' 1,1 prcaiaméme rama parte -, quanta ha tfla VO" // Diritta Voluto affidargliene (a). Se la Nazione gli !ia rimefla puramente e lemplicemente la fovranit'a , fenza limita¬ zione e fenza divifìone , fi giudica che 1 abbia rivetti- j to di tutti i Diritti, fenza cui il fupremo cornando ci T impero efìer non può efercitato nella maniera pm conveniente al pubblico bene. Quelli Diritti fono quel¬ li , c he fi chiamano Diritti di maeftà , ovvero Diritti regii. §. 4 6. Il "Principe dee rifpettare e mantenere le Leggi fondamentali . Ma quando la fuprema podeftà è limitata e règola- ta dalle Leggi fondamentali dello Stato , quelle Legg Legnano al Principe la eltenfione c i limiti del fuo po¬ tere , c il modo di efercitarlo . Il Principe e dunqrn an* icic j c il muuv u # Uretra mente obbligato non folo a rifpettarle , ma cora a mantenerle. La Coftituzione e le Leggi o n i mentali fono il piano , fu cui la Nazione^ ìa ri o uro di applicarli alhTfua felicità: al Principe n e affidata li elocuzione. Segua egli religiofamente un tal P'anoi ri¬ guardi le Leggi fondamentali ficcome regole inviolabili c facre , e fappia che dal momento eh egli le ne al- lontana , diventano ingiulli i fuoi comandamenti , t non fono più che un reo abufo della confidatagli pò- de¬ fa) Ncque enim [e Princeps Rcipublicar & fingulorum domi - num arbitrabitar , quamvis affentatoribus id in aurem injufur- rantibus , {ci rekorem mercede a civibus deftgnata , quam ali¬ gere nifi ipfis volentibus nefas exiftimabit . Ibid. eap . V » Si de¬ duce da quello principio , che la Nazione è fuperiore al So¬ vrano. Quod caput eft , fit Principi per[uctfum totius ReipM - c<£ majorem quam ipftus unius auctoritatcm effe ; ncque peffim bominibus credat diverfum affimi antibus gratificandi fluito ; magna pernicies eft . lb . delle Genti. , !9 deità. L' in virtù di queita podeità il cuftode , il di- f»f r delle Leggi .' obbligato a reprimete cf ,i„ nq „ e oiera violarle , potrebbe mai egli medelimo concul¬ carle? (a ) U1LU1 §■ 47. S’egli cambiar poffa le Leggi non fondamentali. tJ C i Pr j nci f e r ri r cftit ° deIla P 0deftà legislativa , fuo fecondo la fua fapienza , e quando il bene dello fan é ? n § * ’ -1 f**# no " fondamentali e " u ° vc : Vedi ad chc dctto abbiamo fu tale materia al Capitolo precedente> •§. 48 . idbafo'SrSiem'' 5 ' t"™ 11 .. tra le altre cote' c „ d “ G '“» ■ » che lotto il precedo aliai volgare del h? fe flo potentatl , ” no difficolta di rompere le t § r o proiUffe r ^ tan " „ tal inconveniente, iiabilirono apjo loro una fiffanf^f 2 " n « che mai n f on ammettono .1 loro Principe af D ÒlT-> ( a a tV ’ verno , fe prima non hanno ^ i ■ >. ai P°lielio dei Go- >> guente : che ogni qual volta -li d u b Spulato il patto fe- » ^1 Paefe , rimeranno Ultfda’ di - vi °}?“ fc >, dienza , che gli avevano eh,„ m Q c vincoli dell ubbi- 9» gli oitraeei totalmente rmo S Uat V’ ^ natt antochè fiati iieno .. coir r fl ? c °f mi 99 delia forati j _ 11. * enori , che fervironfi già utilmente durre nella vi 6 d ‘ 7 uelia de ’ decreti , onde ricon- Slfin ‘ d , eI d ° Vere ‘ loro Principi , che fe n’ erano ciò def L° pr ° P r a l0r0 Regolatezza , o per l’artifi- di nnpft ° r ° ac ^ ato v n > Eccome accadde a Giovanni, fecondo fucrpflr. 0 - n0l ? e ì> nC vo * cro far pace con lui , nè co’ Tuoi ” ZS 1- hncbe non ebber « que’ Principi religiofamente Paefi Baffi , ad cffi 1 ,oro P^'eg. . „ ylnn. de D Il Diritta 50 48 . Dee mantenere ed enervare quelle y che fuffiflono . Mi finche le Leggi fufiiftono > dee il Sovrano man- tenerle ed enervarle reUgiofamente . Sono e ite il fon¬ damento della pubblica tranquillità ed il piu ferirà appoggio dell 1 autorità fovrana . Ogni cola c Incerta, violenta y foggena alle rivoluzioni, in que 1 miferi Sta¬ ti , ove regna un arbitrario potere. E* dunque vero, m- tcreffe del Principe s ficcome fuo dovére 3 il mantenere e il rifpettar le Leggi > a cui egli pure dee fotromet- terfi . Troviamo noi quefh verità ^abilita in uno fcrit- to ( * ) divulgato per un Principe de’ piu affo luti, che l'Europa abbia veduto regnare 3 per Lodovico XIV 3, Non fi dica che non fia U Sovrano loggetto afe 55 Leggi 5 poiché la propofizione contraria c una véri- jj tà 5 che 1 T adulazione ha talvolta attaccata * e che i 7J buoni Principi ha lino Tempre di le fa come una divi- „ nità tutelare dei loro Stati - ec- §. 49. in qual [enfio fia [oggetto alle Leggi Ma è uccellano fpiegare queffo fammi filone del Prin¬ cipe alle Leggi - Primieramente egli dee ? ficcarne ab- biamo veduto 3 foguirne le difpofiziom in tutti gli atti della fua amminifirazione In fecondo luogo egli me- defimo è foggetto ? ne 1 funi privati affari 7 a tutte le Leggi 3 che concernono U proprietà . Dico oc 1 fuoi pri¬ vati a fia ri ? pofciachè qualora opera ficcarne Principe e a nome dello Stato 7 non è foggetto che alle Leggi t " i (*) Trattato de 1 Diruti delia Regina fopra i diverii Stati «ella Monarchia Spomicia, j667. in u. Parte JL pas* 191. dille Genti . j » fondamentali e a quelle del Diritto delle Genti . In terzo luogo il Principe e fottomeffo a certi regola¬ menti di generale buon Governo , riguardati fìccome inviolabili nello Stato, purché non fìane eccettuato o clpreOamcnte dalla Legge , o tacitamente per una con¬ fluenza necefTaria della fui dignità . Voglio parlar qui delle Leggi , che concernono lo flato delle perfo- ne , e fo-prattntto di quelle che regolano la validità de Matrimonii . Quelle Leggi fono flabilitc per affi- curare lo flato delle famiglie . ora la famiglia reale è quella fra tutte, di cui più importa che lo flato fia certo . Ma 4. offerviamo in generale fu quella qui— nione , che fe il Principe è riveflito della Sovrani¬ tà piena , afibluta e illimitata, egli è fupcriorc alle > che da lui falò derivano tutta la loro forzai e può da fe medefimo difpcnfarfcnc 7 ogni qual volta g icl permettano la giuftizia e la naturale equità. 5. Quanto alle Leggi 5 che riguardano 1 cortami e il buon ordine , il Principe dee certamente rìfpettarle c 10 [tenerle col fuo c (empio . Ma 6 . è i n dubita rame n- te fu peri ore ad ogni Legge Civile penale. Non fof- 11 e la maeftà del Sovrano eh egli La punito a guifa da un privato; e tanto fubllmì fono le fue funzioni , che non può edere turbato fotto preteftò di ima col¬ pa ^ che direttamente non intereffa il Governo dello Stato . 5 °. fu& perforiti è fdetti ed iwvioUìbile * Non bafta che il Principe ha fu peri ore alle Leggi penali ; andiarn più oltre per finterdfe medefimo del¬ le Nazioni. Il Sovrano è fanima della Ibcieta ; s’egti non è Popoli in venerazione ed in una perfetta fi- curczza 5 l a pubblica 3 la felicità e la làlute dello Stato lono in un continuo pericolo . La la Uh e (Iella D 2 del- j2. Il Diritto della Nazione efige dunque nece {Tari a mente die la per- fona del Principe fia facra ed inviolabile . Il Popolo Romano avea conferita quella prerogativa a’ fuoi tri¬ buni , affinchè poteffer eglino invigilare fenza olla colo alla lua ditela , cd affinchè verun timore non li tur- bade nelle loro funzioni . Le follecitudini , le opera¬ zioni del Sovrano fono di una maggiore importanza che non erano quelle dei tribuni , e non meno piene di pericoli 5 s' egli non è munito di una poderofa di- fefa . E’ impoffibile che il Monarca Predo più giufto e più faggio non faccia de’ malcontenti : dovrà forfè lo Stato rimanere cfpofto a perdere quello buon Prin¬ cipe per mano di un furiofo ? La moftrtiofa e pazza dottrina , che lecito è ad un privato V ammazzare un Principe malvagio, privò la Francia, al principio del fccolo padato, di un eroe, che era veramente il Padre del fuo Popolo, (rt) Qualunque fa un Principe, è un enorme attentato contro una Nazione il toglierle con violenza un Sovrano , a cui ella trova a propofito di ubbidire, (b) Ma (a) Erano già fcritte quelle cole , quando la Francia ha ve¬ duto rinnovarli quelli orrori . Ella geme di aver prodotto un moùro capace di violare la regale madia nella pedona di un Principe , che per le qualità del fuo cuore merita l’amore de’ fudditi fuoi e la venerazione degli (Lanieri. (b) Trovo nell’ Opera di Mariana precedentemente citata > cap. Vii. verfo il Eoe , un efempio infigne degli errori , ne quali ci getta una vana iottigliezza (provveduta di buoni prin-- cipii . Qued Autore permette di avvelenare un tiranno , ^ anche un pubblico nemico , purché fi avveleni in modo , che non venga collui indotto nè per forza , nè per amore o P er ignoranza a concorrere egli fedo all.’ atto che gli dà la morte , come farebbe!! , per efempio , presentandogli una bevanda av- v*lenata « Imperocché , die’egli, inducendolo a dadi la morte aa fe medefimo , avvegnaché lo faccia per ignoranza , li fa a . Vlolare la Legge naturale , che vieta di toglierli colle pro¬ prie mam la vita ; e la colpa di colui , che fi avvelena cosi feti- dille Genti. Ma quello eminente attributo del Sovrano pero non olla che la Nazione reprimere non polla un tiranno ìnfopportabile, giudicarlo pur anche, rifpettando nella Tua perfona la madia del fuo grado , e (durarli alla Aia ubbidienza . A quello incontra ftabil Diritto una potente Repubblica è debitrice della fui origine . La tirannide efercitata da Filippo IL, ne’ Piedi Badi , ri¬ bellar fece quelle Provincie : fette di elle ftrettamente confederate, mantennero coraggiofamente la loro liber¬ tà , fotto la condotta degli eroi della Cala d’ Orange 5 C ^ a . Sp a § na , dopo vani e ruinolì sforzi , gli ha rico- uofeiuti per uno Statto Sovrano e independente . Se 1 ’ autorità del Principe è limitata e regolata dalle Leggi fondamentali, il Principe , ufeendo dai limiti , che gli fono preferìtti, comanda fenza alcun diritto, fenza "ti¬ tolo ancora : la Nazione non è obbligata ad ubbidir— gli, e può refi fiere alle fue ingiufte intràprefe . Torto eh egli attacca la Conduzione dello Stato , il Principe rompe il contratto, che legava il Popolo a lui j il Po¬ polo. diventa libero pel fatto del Sovrano , e non v'ede più in lui che un ufurpatore , che vorrebbe opprimer¬ lo. Quella verità c riconofciuta da ogni fenfato Scrit¬ tore, la cui penna fchiava non fìa del timore, o ven- duta alfintcreffe. Ma alcuni celebri Autori foftengono che le il Principe è riveftito delfimpero fupremo , pieno ed afldhuo , ninno ha diritto di reiì(bergli , molto meno di reprimerlo ? nè altro efpediente rimane alla lenza faperlo , ricade fopra il fuo vero autore , fopra la perfo- na che ha propinato il veleno . Me cogatur tantum [cìens aut ìmprudens /ibi conjcificere mortevi, quod ejfe nefas judìcamus ve- neno in potu ani cibo quod hauriat qui pe/imendus efl , aut fimi li f a' r£ imperalo . Beila ragione ! Si è forte Mariana fatta befia de’ fu 0 i leggitori , Oppure ha egli voluto (blamente un poco inorpellare ciò , che ha di orribile in queflo Capitolo la f'ua dottrina ? D 3 y4 11 Diritto alla Nazione che fopportar con pazienza ed ubbidire, j Il fondamento loro è , che non è un limile Sovrano tenuto a render conto a chicchera della manièra, con che governa , e ebe fc la Nazione cenfurar potette le fue azionile refiftergli, quando effa le trova ingiuttc? non farebbe più affolutamente Sovrana la fua autori¬ tà; lo ebe farebbe contro l’ipojtefi. Dicono ebe il So¬ vrano affoluto pofsiede pienamente tutta l’autorità po¬ litica della Società , a cui niuno può opperfi ; ebe fc egli ne abufa, fa male sì ed offende la fua cofcienza ? ma ebe i fuoi comandi non fono però mèno obbliga- torii ficcome fondati fopra un legittimo Diritto di co¬ mandare ; ebe la Nazione conferendogli l’impero affo¬ llilo, non fe n* è riferbata alcuna parte, c fi è rimcf- fa alla fua diferezione cc. Potremmo contentarci di ris¬ pondere ebe così offendo non può dunque darli alcun Sovrano pienamente affoluto. Ma per far che fvanifea- no tutte quefte vane fottigliezze , richiamiamo alla memoria lo feopo effenziale della Civile Società. Non è detto per avventura V applicare concordemente alla co¬ mune felicità di tutti ? Non fi è forfè con quella mi¬ ra ogni Cittadino fpogliato de’ fuoi Diritti , ed ?ia refa foggetta la fua libertà ? Potrebbe mai la Società tifare della fua autorità per abbandonarli una volta per fempre con tutti i fuoi membri alla diferezione di un infuriato tiranno? No certamente ; poiché deci¬ derebbe ella medefima da ogni Diritto , fe opprime¬ re voleffe una parte dei Cittadini . Allorché dunque ctta conferire 1 ’ Impero fu premo ed affoluto , fenza reflazione efplicita , il Sovrano neceflariamente ne ti¬ ferà colla tacita ridava pei la falute del Popolo c non per la fua rovina . S’ egli fi rendè il flagello dello Sta¬ ro , degrada fe medefimo 5 non è più che un pubblico nemico, da cui la natura può e dee anzi difenderli : c le ha recato all’eccetto la tirannia, perchè la vita fteS fa delle Genti. 55 fa di un nemico si crudele e sì perfido farà rifparmia- ta ? Chi oferà biafimare 1 ’ atto del Senato Romano , che dichiarò Nerone nemico della patria? Ji. Ciò non vftante la fazione può reprimere un tiranno , e fottrarfì dalla ftta ubbidienza ■ Ma è ina portati àttimo l’ofTervare che un tal giudicio efler non può pronunziato che dalla Nazione o da un Corpo che la rapprefenu , e che !a Nazione fletta non può fare attentato contro la perfona del Sovrano fuor¬ ché in un cafo di cftrcma neceflità,e quando il Prin¬ cipe tutte violando le regole e minacciando la fallite del fuo Popolo, fi è con lui pollo in imo flato di guerra . La perfona del Sovrano diU’interette medefi- rao della nazione è dichiarata inviolabile e facra , e non già quella di un tiranno fnaturato, di un pubblico nemico. Si veggo» di rado mottri tali, qual fu Nero¬ ne. Ne cali più ordinarli , allorché un Principe viola Te Leggi fondamentali , allorché attacca le libertà e i Diritti de’ fridditi s o s’egli è affohuo, allorché il fuo Governo , fenza venire alle violenze eftreme , tende manifettamente alla rovina della Nazione, etta può re¬ fi ttcrgli , giudicarlo , e fottrarfi alla l'uà ubbidienza ; ma ripetali anche una volta , rifpettindo la Aia perfo¬ na, c dò pel buie Biedefimo dello Stato, (a) Già più d* un ( & ) Dijjlmiil&ndttflt cenfeo tquatenus fatui publica patì&tur T pri~ \mtimque corruptis mori Oh i principi contingat ; nlioquìn fi rem pMuam in peri cui um votai , fi patria religioni* coni empio? e* ncque medkìmm ullam recipit , ah die andar* fadito > alium fùbftìtuendum : quod in Hifpania non fcmcl fuiffc faefum fa- Mits ; qua fi fera irritata omnium telis peti debet , cum b umani - tate abdicata iyrannum ìnduat - Sic Paro rege oh immanìtaUm ckjecÌQ puhiicù , Henrieu* tjtts frate? , qaamvit ex ìmpari ma- D 4 m. 3 11 Diritto cTun fecolo gl* Inglefi ribellaronfi contro il Re loro? , e lo fecero difccndcre dal Trono. Uomini audaci, for¬ niti di capacità e divorati dall’ambizione , profittarono di una terribile fermentazione , cagionata dal fanatis¬ mo e dallo fpirito di partito , e la Gran-Bretagna Sof¬ frì i tre , regnum obtinuit . Sic Henrico , hujus abnepote ob ignavia^ pravojque mores abdicato , procerum fuffìragiis , primum Aìpbon' fus ejus frater , reale an fecus difputo, fed tamen in tenera reta- te rex eft proclamatus : deinde defungo Mphonfo y Elifabetb , ejus forar , Henrico invito , rerum Jummam *d fe traxit , regio tantum nomine abftinens dum ille vixit . Mariana , de rege & vegis inflit . Lib. I. c. 3. Aggiugnete a quella autorità della Spagna quella della Scozia, provata colla lettera de’Baroni al Papa, in data del giorno 6 , Aprile i?20. per chiedergli che inducete il Re d’Inghilterra a defifiere dalle lue intraprefe contro la Scozia . Dopo aver par¬ lato de’ mali, che avevan eglino (offerti per parte fua, proiìe- guono dicendo : Jl quibus malis innumeris , ipj» juvante qui poft vulnera medetur & fanat , liberati furnus per Sereniffimum Principem regem & dominum noflrum , dominum l{obertum , qui prò populo & beer editate Juis de mani bus inimicorum li- berandis , quafi alter Maccabscus aut Jofue , labores & tczdia , ine' dias pericula lezio fuflinuit animo . Quem etiam divina di - fpofltio juxta leges & confuetudines noflras , quas ufque ad mortem fuftinere volumus juris fucceffo debitus noflrorum con - fenfus & a(j'enfus noflrum fecerunt Principem atque regem . Cui tanquam illi per quem falus in populo facia eft , prò noftra liber¬ iate tuenda , tam jure quam meritis tenemur , & volumus in omnibus adhatrere . Quem fi ab ìnceptis defiftet \ regi ^Anglorum, aut cingiteli ncs , aut regnum mfirum volens f,ubjicere tanquam immuum noflrum , & Jui nofinque juris fnbver/orem ftatim ex- pellere niteremur & al,um regem noflrum , qui ad defenfionem noftram fuffiaet faciemus . Quia quamdiu centum viri remante- rint , nunquam Anglorumdominio aliquatenus volumus tubi ma¬ ri. Non emm propter glonam , divitias , aut honores , Jedpra- pter hbertatem Jolummodo, quam nemo bonus nifi fimul cumzn- ta amittit. „ L’anno ij 8 i. , dice Grozio , yg nn ub m , p r(w - ” confederate de Paefi Baffi , dopo aver foftenuta la Guerra » pel corfo di nove anni contro Filippo 11 . , fe„ 2a ce(Iar J • >) delle Gemi . 57 in .; ]:e 11 , fuo Sovrana penile indegnamente fiora un patibolo. La Nazione m fc medefìma rientrata conob¬ be il fio accecamento . S’elfi ne fi ancora ormi an¬ no una folcane e frazione , la fa non filo perché e fi. dica che fi 1 ver,turato Carlo I. non meritava una fir- si euidele ; ma certamente perchè inoltre è convinta che per la fa Iute ftcffi dello Stato la per fon a del So- intera dee 1 ^ eil _ ,nvioIabi!e » e che la Nazione tea dee tendere quella ma filma venerabile, rilret- P- p a £ r cfr’ quaodo £lid p — & piopna ina con le r va z ione, a ’\ COra pugniamo intorno la biOin- filuto* Chi qlU 010 :1 m hvme di UI1 Sovrano afi ° ■ f. UUn ^ e . «ri ben pefaca tutta fi forza de- vinto fi b ' 1 pn j 1Cip P 5 chc abbìa mo Inabiliti, farà con¬ vinto che quando li tratta di refihere a un «tP ^ trjp è fi >• nemeuce dellà^deflk da™, 1 ”avuta’^t"^*?^ Éne foIen ' „ violato le Legai e i Privile-! «V a OI ?’ pcr avernc ” fi Francia , la Spagna fìeila V lÌhd«rra ^ C J C ” Danimarca lo incoi ni titano efempii m Re UpnAiv 3 ,t S 7f zla ’ a » pob ; dimodoché hannoci atto ilmente n ? ^ " ° r ° r „ topa , di cui il ni rimi allo P 01 ^ 1 Sovrani in Eu- ” lo , che Z, ; V , ° ru,1J non fi fondato fu quel- pe che nr P aTf C " / ■ 1!0< ì ’ dl ievaie il potere al Priiici- ieetere emHifirJ 1 * ’ ■ j ei ° - ' Statl delle Provincie Unite in pero , f ' llhc ^'ve .ndmzzace a tal uopo ai Principi dell' J m . del Re di Sn. dl J? anlmarc * > ^°P° aver efpofìe le venazioni fieli] ' P a £ na i dicevano : ,, Allora per una via , che i Popoli ” r a i' “ e oggi vivono lotto i Re, hanno aliai fpeflo feguita- !T r-stm ln * 0 11 Pfincxparo a colui , del quale tutte le azioni e*.-no contratte ai dovete di un Principe. ‘‘ Itìd. jg Jl Diritto c b Legge Suprema (a). Ma le la difUnzione, di cui parliamo , è murile relativamente al Diritto , cale ella non è nella pratica , rifpetto alla convenienza . Si cec¬ ine è diSìci liffimo l’opporli a un Principe a Soluto, « il può farlo fenza fufcjtar grandi tumulti nello Stato , inori violenti e pericoiofi, non fi dee però tentarlo fd' vocf.è ne’ cafi cftremt , quando ì mali fono giunti a! fegno , che può dirli coti Tacito , miferam paca® vii bello bene mutavi, che meglio è Pel porli ad una guer¬ ra Civile che fopportarli. Mi le l’autorità del Princi¬ pe C limitata, s’egli dipende per certi conti da un Se¬ nato , da un Parlamento rapprefentante la Nazione, hannoci mezzi di refifìergli , di reprimerlo, fenza ri¬ porre lo Stato a feofie violenti : nè v’ ha ragione gì afpettate che i mali Seno eflremi , qualora lì pufliiW applicarvi rimcdii blandi ed innocenti. $. ji. Comprometto tra il Trincipit, e i fadditi [noi. Ma , per quanto limitata ha F autorità di un Prin¬ cipe , egU n’è comunemente molto gelofo ; quali rasi non addiviene ch'ei foffra pazientemente la refiftenza, e che placidamente al giudi ci o del fuo Popolo li fot- cornetta. Al dilaniatore delle grazie mancheranno p« av- (a) Pepali patroni non panciera ncque minora pra:lidie ba¬ leni. . Certe a repuf lica aride orilim batc-t regia potefias , rcbiu cxigentibus, re getti in jui vocari poffe , & fi janttatem refpnat , primi paia fpotiari ; ncque ita in principem pira potè fi aia trai- fiulit , ut non [ibi major e m refervarit poie/iatem . Ifa c ap. V.' E fi tamen [aiutane cogitatiti , titfit principìiui perfuajum ,/ rempubiicam opprefjerini . Si mi iti tir ((editate itttoierandi f runt , e a co nàti io ne vivere ut non pure tantum [ed Cttm laude Ì7 gloria per imi pojfint • Ibid, delle Genti. 19 avventura gli appoggi ? Par troppo fi veggono anime hattamente ambiziofe , per cui lo ftato di uno {chiavo ricco e decorato ha più. attrattive che quello di un Cittadino modello e virtuofo . E* dunque Tempre ma¬ lagevole che la Nazione relitta al Tuo Principe e pro¬ nunzi! fopra la Tua condotta, lenza che lo Stato ven¬ ga cfpotto a turbolenze pericolofe, a feotte capaci di ab¬ batterlo . Quelle confìdcrazioni hanno fatto prendere talvolta il partito di ftipulare un Comprometto tra il Principe c i fudditi , per fottomettere al giudicio di una Potenza amica le contefe , che itiforgeffero tra lo¬ ro. Così i Re di Danimarca deferirono anticamente a quei di Svezia , con folenni Trattati , la cognizione delle controverfie , che poteflero nafeere tra loro e il loro Senato $ ciò che i Re di Svezia hanno pur fatto rifpetto a quei di Danimarca . I Principi e gli Stati di Ottfrifia, c i Cittadini d’ Emden, hanno nella ftef- fi guifa coftituita la Repubblica della Provincie Unite giudice delle loro differenze. Il Principe e la Città di Neuchatel ftabilirono nel 1406, il Cantone di Berna giudice ed arbitro perpetuo dei loro dibattimenti. Per cgual modo ancora , giuda lo fpirito della confedera- zione Elvetica , il corpo intero prende cognizione del¬ le turbolenze, che inforgono in alcuni degli Stati con¬ federati , avvegnaché ciafcuno di loro fia veramente So¬ vrano c in dependente. §• 5 3- Ubbidienza dai fudditi dovuta al Sovrano . Tofto che la Nazione riconofce un Principe per fuo legìttimo Sovrano , tutti i Cittadini debitori gli fono di una fedele ubbidienza . Non può egli governar lo Stato e foddisfarc a quanto da lui afpetta la Nazio¬ ne , fe non viene efattamente ubbidito. I fudditi non fono dunque in diritto , ne’ cali fufcettibili di qualche dub- il mgmm m So 11 Diritto dubbio, di pelare la fapienza o la giuftizh de’ coman¬ di fupremi : quello efame appartiene al Principe; 1 fudditi debbono fupporre, per quanto fi può, che tut¬ ti l Puoi ordini giudi fieno e fa luta ri ; cd egli folo c colpevole del male, che può rifiatarne . §. 54. In quai cafi a lui fi pofftt refifiere * Ciò non oftanté eflfer non dee a doluta mente cicca ir na tale ubbidienza . Alcun patto non può obbligare , nè meno autorizzare un uomo a trafgredire la Legge naturale . Tutti gli autori , che hanno qualche co faen¬ za , o qualche pudore , convengono che niuno obbedir dee a comandi, che offendano evidentemente quella fi¬ era Legge . I Governatori di Piazze , che ricusarono coraggiofamcnte di efeguire gii ordini barbari di Cai lo IX. , nella famofa giornata di S. Bartolommeo , £ feoffero le lodi univerfali > e la Corte non^ ofò ga 1 garli, almeno apertamente . Sire, fcriveva il biavo a Òrti, Comandante in Bajona, ho comunicato il coman¬ do di V.M- a fuoi fedeli abitanti e militari della guar¬ nigione : non ho trovato tra ejji che buoni Cittadini e bra¬ vi foldati , ma nè pur un carnefice . Ter la qual cofa si eglino che io applichiamo umiliffimamente V. M. che a- doperar voglia le noftre braccia e le nofire vite in cefi pojjìbili , per quanto grave fané il rifehio , e noi famo pronti a verfare per /ino /* ultima Jlilla del noflro /an¬ gue. (a) Il Conte di Tenda , Charny cd altri, a co¬ loro, che recavano ad e (lì gli ordini della Corte, rifpcv- fero, che tanto ricettavano il Re , che non potevano credere che da lui partilfero sì barbari comandi . L più. difficile il decidere in quai cafi un fuddito polla non (a) MezeraC Storia di Francia , Tom. II. p. 1107* delle Genti . £1 non falò negar ti’ubbidire , ma refifiere inoltre al So- vrano ed opporre la forza, alla violenza* Subito che il Sovrano la torto ad alcuno, opera fenz'alcun vero Di- Yìrro > nia non bì fogna immediatamente conchiuderne clic il i addito pofL rcfiftergli . La natura della Sovra¬ ni rd c il bene dello Stato non permettono che ì Citta- aini fi oppongano al fuperiore, ogni qualvolta loro par¬ ranno ingiù iti o pregiudizievoli i funi coma ndi * Sa- rebbe quello un ricadere neiio Staro di natura e reti- de] e imponibile il Governo. Un fuddito foffrir dee con P 1 utenza , per parte del Principe , le ingiù Ibi zìe dubbio fé e le ingiù ftizie fopportabili : le prime per la ragione che^ chiunque fiali a un giudice fottomeffo , uon può piu egli me de fimo giudicare delle fue pretén- * 10nl : ingiuftizie fopportabili dTcr debbono fagrifi- a [ .e alla pace e alla fallite dello Staro, in grazia de 1 iommi vantaggi 5 che fi ricavano dalla Società. Si pre¬ dirne di dritto , che ogni Cittadino fiali tacitamente obbligato a quella moderazione , poiché fenza di ella filili fiere non porrebbe laSocietà, M.a quando fi tratta d’ ingiurie manif'efle ed atroci, quando un Principe, fenza veruna ragione apparente , voicfTc toglierci la vita , a ^pirci cofe, la cui perdita ci rende il vivere acerbo , cui vorrà contenderci il Diritto dì refiftergli? La cu¬ ra della no {Ira confervazione è non Polo di’ diritto na¬ turale ; è una obbligazione importa dalla natura : al¬ cun uomo non può rimmziarvi interamente ed alfolti- tamente . E quando poteffe ri iìu oziarvi , lì giudicherà uu-fc die l’abbia fatto in virtù degl’ impegni fimi po- 1 iti ci 3 mentre che entrato egli non è nella Società Ci¬ vile che per i(tabilire più fedamente la propria futa fi cu rezza ? Il bene ftefTo della Società non efige un li¬ mile fagrifido ; e fìccome dice egregiamente Barbeyrac nelle Aie note fopra Grozio , „ fc vuole il pubbli- » co in t creile che quelli clic ubbidifeono , fofìra- ,i no li ^ co qualche cola € Z j, co che quelli che comandano , temano di ftancnit s> la loro pazienza (a), t£ Il Principe che viola tutu i le regole , che non ferba più in i fu re , c che vuole à; ibr fermato privai di vici un innocente , fi ipoglia tiri fuo carattere j non è più che un nemico ingiufto ej violento, contro cui è lecito difenderli. La perfoni dei Sovrano è inviolabile e facra* ma colui che dopo a véri tutti perduti ì feriti menti di un Sovrano , ne fvelie perfino fapparenza e l'efterna condona, colui degrada ic meclefimo : non fofticne più la perfona di Sovrano,.! e ritener non può le prerogative annette a un carattere 1 sì fublime. Ciò non ottante, le quello Principe noni un moftro , fe non è furiofo che contro noi c peri) effetto di un trafporto o di una violenta paffionc 5 h d’altronde è foppombile al rimanente degli nomini j riguardi, che dobbiamo alia tranquillili dello Stato fono tali , il rii petto della Sovrana maéfia è si poteri' le 3 che fiaxno fìrettamente obbligati a cercare ogni ai’ tro mezzo di pre ferva rei pi ut co fio che a pericolo et porre la lua perfona. E’ a tutti noto J'efempio & Davide, che fi volfe in fuga > fi tenne occulto 3 pt: fottrarfi al furore di Salile, e perdonò piu d' una vol¬ ta la vita al Uio per fecu rare . Allorché un funeifo ac¬ cidente refe dVini prò vvj fo mentecatto Carlo VI-, R c ji Francia, egli uccife nel fuo furore molti di quelli, ck gli davano d J attorno - al amo di loro non penso a metter in falvo la propria vita a cotto di quella del Principe ? non atte fero eglino che a di Tannarlo e a renderli di lui padroni, fecero il loro dovere da uomi¬ ni valorofi , da ludditi fedeli , che efponevano la loro vita (<*) Diritto della guerra e della pace , lib» i* cap* rv. il nota i. delle Gènti* 63 per quella dèi Monarca fve murato , dovuto ciren¬ ei o un tal 1 agri fi ciò allo Stato e alla fovrana maeflì - Furente per Io {concerto de 1 fuoi organi, Carlo non c- ra colpevole j ricuperar egli poteva la farcita e ritorna¬ re un buon Ke , §. SL Dz Mlniflri , Fcconc quanto bada per lo feopo delia noftra Ope¬ ra : veder li pofTono tali qui Rioni piu ampiamente trat¬ tate iti molti libri già noti . Finiamo lu queRa mate¬ ria con una .importante oflervazione , E* certamente permeilo a un Sovrano il prender Mi ni (tri per farli ibi le va re nelle fue faticofe incombenze > ma egli non dee mai loro abbandonare la fua autorità . Quando ta¬ na Nazione elegge fi un conduttore , noi fa perche la confegni egli ad altre mani. I Mi ni Uri efTer non deb¬ bono che 1 lenimenti nelle mani del Principe : bifogna dfei li diriga cottantemente, e che fi applichi del con¬ tinuo a conofceie le da loro fi operi fecondo le fue intenzioni* Se la debolezza dell età o qualche infermi¬ tà lo rende incapace di governare , nominar déclt un reggente , giuda le Leggi dello Stato 3 ma finche il Sovrano può tener le redini 3 fi faccia ftfvire, nè mai altri in fuo luogo foftituifea . Gli ultimi He di Fran¬ cia della; prima ftirpe abbandonarono il Governo e V autorità ai prefetti del Palazzo,, Divenuti vani fumila- cri perdettero con giùfUzia il titolo c gli onori di u- na dignità 5 di cui rinunziare avevano le funzioni. La Nazione fa un ottimo acqui (lo coronando un Mini Uro onnipotente., il quale coltiverà d'indi in poi, ficcoihe ino retaggio ,, il fondo , cui Taccheggiava , mentre che avevane ibitanto il precario ufufrutto. C ^4 // Diritto CAPITOLO F. .Degli Stati elettivi , fucceitivi ovvero ere¬ ditarli 3 e ài quelli che fi chiamano patrimoniali . §. 5C>. Degli Stati elettivi, S I è veduto nel Capìtolo precedente , che appartiene originariamente alla Nazione il conferire 1 “ autorità fuprema, T eleggere chi debba governarla. Se ella non gli con fe ri fee la fovea n irà die per la fua per fona fol“ tanto 3 ri fer bando fi il diritto di eleggere > dopo la jnorte del Sovrano * chi debba fucecdergli , lo Stato è eiet tivù . Subito che il Sovrano vien detto fecondo le Leggi, egli entra in tutti i diritti » che le fi effe Leggi attribuì freno alla fui dignità, §. 57. Se i Re elettivi fieno veri Sovrani. Si è polio in quiftione fe i Re c Princìpi dettivi fieno veri Sovrani. Attaccar*! a tale cìrcoftanza è non avere che una idea ben confida della Sovranità * Ln maniera , onde un Principe afeende alla Aia dignità , non fa nella affatto per determinarne la natura . Bifo¬ gna con lì de rare t* fr Nazione fìeffa forma una So" cietà inde pende 11 ce (Vedi il Capitolo primo.) 1, Quale fia la cffcenfione del potere 5 che ha ella affidato al fuo Principe . Ogni qual volta il Capo di uno Stato inde" pendente rapprefenta veramente la Aia Nazione* deci! confiderà rio ficcarne un vero Sovrano, §. 40,^ quando pur fi trovaffe per diverfi conti li mutata la fua auto¬ rità * àelk Genti „ &5 §. 58. Degli Stati fucceffìvi ed ereditata : origine del Diritto di fuccefjìone. Quando la Nazione vuole fcanfare le turbolenze , da cui la elezione di un Sovrano quali mai non lafcia d’edere accompagnata, ella fa quella feelta per una lunga ferie d’anni, flabilendo il Diritto di fuccefjìone, o ren¬ dendo la Corona eredicaria in una famiglia, fecondo 1’ ordine e le regole , che le fembrano più convenienti Chiamali Stato ovvero Regno ereditario quello , il cui fucceffore è deftinato dalla della Legge , che regola le fucceffioni de’ privati : il Regno fucceffivo è quello , a cui fuccedefi fecondo una Legge particolare , fonda¬ mentale dello Stato. In tal guifa è dabilita in Francia la fuccefiìone lineare e per li foli mafehi. §■ 59. filtra origine, che torna alla fleffa. Il Diritto di fuccefiìone Tempre non è primitivamen¬ te ftabilito aalla Nazione : può elfervi flato introdot¬ to per concezione di un altro Sovrano , ed anche per ufurpazione . IVI a. quando fodenuto lia da un lungo poffeffo, ii giudica che il Popolo vi acconfenta; e que- fto tacito confenfo lo legittima , avvegnaché viziofa né loffie l’origine. Si appoggia allora allo fteffo fondamen¬ to lodo ed mconcuffo, a cui bifogna che fempre fi ri* torni. '§■ 60. lAltre forgenti, che tornano ancora alla fleffa. Il medefimò diritto può ancora , fecondo Grozio é la maggior, parte degli Autori , difendere da altre fonti, ficcome dalla conquida o dal diritto di un pro¬ li prie- 66 II Diritto pri erario , il qual trova ndofi padrone di un Paefe Vi chiamaffe abita cori , e loro dtftribuiffe terreni 3 a con- i dizione eh* eglino lui riccnofceflcro e i funi eredi per loro Sovrani. Ma ficcome è aflurdo che una Società d' uomini polla altrimenti fot cornette r fi che in vi fi a delia fua fallite c del fuo bene 5 e più ancora ch'ella obbli¬ gar potè Ite in altro flato di cole là fua polle riti, tut¬ to al fine ritorna allo fteffo > c bifogna Tempre dire che la fuccelììone è ftabiliti colla efprcfTa volontà o col tacito confenfo della Nazione > pel bene e per la Calure dello Statò. §, 61 . La 7 S [azione può cambiar V ordine di fficcefftone. Rimane però trottante che in tutti jl cali la fucccf- fìone non è fhbilita o ricevuta che in vitti del ben pubblico c della comune fallite * Se accadere dunque die bordine fìabilita a tal uopo diventaffe dittnittivo delio Stato 5 la Nazione avrebbe certamente il diritto di cangiarlo con ima nuova Legge. Salus peculi fupre- mtt Ux , la balate deL Popolo è la Legge fuprema > c quella Legge è della piu efatta giuftizia y non clien- dofi U Popolo legato co 1 vincoli della Società fc non in vitta della i ua fallire e del fuo maggiore vantag¬ gio ( et >. Quello prete lo diritto di proprietà > che ai Principi fi attribuifee 3 è una chimera nata da un a bufo ? die far vorrebbefi dette Leggi circa le eredità de* privati. Non è lo Stato *■ nè può efiere un patri mordo > póichè i _ __ **' WP**_ Tì ^ ^ , ^ (a) Nmirum , quod publk# /aiuti: caufa & Colini Coir ftn/u jìatuium eft , eadtm MftiWi»,, 'voiuntate , r( bu f« Ubm, immutar: quid ebjlat * Mariana, ifc. c a p ty g delle Genti. 6~i i! patrimonio è fatto pel bene del padrone , laddove che il Principe non è fhbilito che pel bene dello Sta- to (a). La conf'eguenza è mahifelfa : fe la Nazione ve¬ de certamente che l’erede del f U o Principe non fareb¬ be per elfa che un Sovrano perniciofo, ella può efebi- derla . Gli Autori, che noi combattiamo, accordano quello diritto al Principe difpotico , mentre che lo negano alle Nazioni. Ciò vuol dire ch’eglino conhderano que¬ llo Principe lìccome un vero proprietario dell’impero ■> e non vogliono riconofcere che la cura delia fu a pro¬ pria fallite, il diritto di governarli, appartiene cflen- iialmente alia Società, avvegnaché l’abbia ella affida¬ to. r , {a > Allorché Filippo IL cedette i Paefi Baffi ad Label!* Mnara Eugenia fua figliuola , dicevafi, fecondo Grozio : „ cV era un introdurre un perniciofo efempio per un Principe il 77 voler annoverar tra le frie rendite e. far pafiare in commer- 3 , CIO le porfone libere a griifa degli ferravi dòriiéfiici ; che per ” la venta i Barbari praticavano talvolta quefia novità di ce- 37 der< r,§ 1 Im P er / I Per via di teffanbenti o di donazioni , perchè ” giudicar non fapevano la differenza, che trovali tra un Prin¬ cipe euri padrone ; ma che quelli che erario ritratti nella » cognizione di ciò che lecito è od illecito' , abbaftànza vede* 57 va , no cl , le 1 amminiflrazione di uno' Stato è il bene del Po- P^°i (per ^ qual colagli vien dato ordinariamente il no- 3 ’ A, re P u bblica ) e che ficcome in ogni tempo fi videro nazioni , che governavanfi o per mezzo di afiemblee popola- jz ri o di un Senato , fc ne trovarono parimente , che ira le mani de Principi ripofero la condotta generale delie loro’ 77 * 0rtune . «mperocctie non bifògna credere , dicevafi , che i ” legittimi principati altramenti incominciafièro che pel conien- ?> lo de Popoli, che tutti davanfr ad una fola per fon a ; owe- 5» *0, per fichi vare le brighe delle elezioni , ad una intera fa- ” e coloro , a cui davanfì in tal guifa , non erano in- ^ dotti che dalla fperanza dell’onore a ricevere una dignità , >> che obbligavali ad anteporre il comune vantaggio dei loro yj Cittadini alla privata loro utilità. “ Grozio , Storia delle turbolenze de' Paefi Baffi, lib. VUL 68 11 Diritto to > anche fcnza cfioretta ri ferva , a un Monarca ed a’ fuoi eredi * Àgli occhi loro il Regno è fi eredità del Principe, fìccomc ì fuoi campi e le fu e greggie. Mai- fi ma ingiuriofa al fi u mani rii , e che non avrebbe pfato produrli in un fecole vifchiarato, fe fiancheggiata non fotte da appoggi troppo fpeffo piu forti della ragione e della giuftìzia 6z. Delle ri'ftunZ'ic. La Nazione può, per la fletta ragione, obbligare a rinunziare una linea, che altrove fi tbbilì 3 una figlia che fnoù un Principe {Laniero , Quelle rinunzie vt^ Iute y o approvate dallo Stato , fono validifiìmé , pei' che fono equivalènti ad una Legge , clic lo Stato fa* celle per c (eludere le perfori e medefime , che Iranno ri¬ nunziato e la loro polle r ha , Cosi ti Legge d Inghit- ter a ha rigettato per tempre ogni crede Cattolico Ro¬ mano » „ Cosi la Legge di Rullìi , fatta al principio „ dei Regno di Elifabctra , delude prudentiflimamen- „ te ogni crede , che poffedeffe un' altra Monarchia i così la Legge eli Portogallo rigetta ogni Urani-ero , „ che fotte per diritto di fan gite chi innato alla Coro- „ na. tc (rt) ^ Autori celebri , dotti ili mi d' altronde e giudi ciò fifli* mi , hanno dunque sbagliato nei veri princìpii , trat¬ tando delie rinunzie - Hanno cglintf molto parlato dei diritti de 1 figli nari o da rtafeere , delia trafmiffinne di quefti diritti cc. Rifognava confiderare la fucceiGo- ne non tanto come una proprietà della famiglia re¬ gnante, quanto come una Legge dello Stato. Da que¬ llo principio luminate ed incentra (labile difeende con fa- (O Spìrito delle Leggi 7 lib. XXVL cap. XX : H M fono vedere ottime ragioni politiche di tali di Ipofisi ove fi po ioni * delle Genti. facilità tutta la dottrina delle rinunzie . Quelle , che lo Stato ha volute^ovvero approvate, fono valide e Ca¬ ere j fono leggi fondamentali 2 quelle ehe non fono au¬ tenticate dallo Stato , non poffono effere obbligatorie che pel Principe che ie ha fatte . Le medefime poi nuocere non potrebbero alla fua pofterità, ed egli me- defimo può ritrattarle , eafo che lo Stato abbifogni di lui e lo chiami $ pofciachè va di fe debitore ad un Popolo , che gli avea commeffa la cura della fua fa Iu¬ te * Per la fteffa ragione i .1 Principe non può rinunzia¬ re fuor di tempo ? con pregiudizio dello Stato_, ed ab¬ bandonare nel pericolo una Nazione > che rimetta e rad tra le lue mani (<2)0 63• L'ordine di fucceffione dee ordinariamente efjere offervato . Ne' cali ordinarli , quando lo Stato può legni re la regola (labilità , fenza efporfi a un pericolo gravidimo c manifefto, è certo che ogni difendente dee fuccede- re , quando lordine di fucceffione lo chiami, qualunque fii la fua incapacità di regnare da fe medefimo. Ef que¬ lla una confeguenza dello fpirito della Legge, che ha fta- bilito la fucceffione 5 pofciachè non fi è ad effa fatto ri- corlo che affin di prevenire le turbolenze, che fenza ciò farebbero quafi inevitabili in ciafcùna imitazione. Ora .non faremmo di molro inoltrati verfo un tale feopo , fe alla morte di un Principe fotte lecito efaminare la capacità del fuo erede , prima di riconofcerlo^ „ Che 3, porta aperta agli ufurpatori o ai malcontenti !...... Per ifcatifare Amili difordini fi è llabifito 1 ordine „ della 70 lì Diritto „ della lu e ce.(Ij on e $ e non potevafì far nulla di pìu „ faggio, poiché per ciò non fi tratta che ci’ effe r 'fi- ,, glio de! Principe , e d’e fiere tra i vivi , lo che non „ va foggetto a contefa > laddove che non v’ha rego- la ftabile per giudicare della capacità o della inca- „ pacità di regnare . cc ( a ) Abbenchè la fuccefilone non fia ftabilita pel particolare vantaggio del Sovrano c della fua famiglia , ma per quello dello Stato, il ftìcceflore prefuntivo non laida di avere un diritto, a cui la giuftizia vuole che fi abbia riguardo. Il Ino diritto è fubordinato a quello della Nazione , alla fa¬ llite dello Stato 5 ma fortir dee il fuo effetto-, quando il ben pubblico non vi fi opponga. §• 64. Dei Reggenti . Quefte ragioni hanno tanto maggior forza , perchè, la Legge o lo Stato può fupplire alla incapacità del Principe, nominando un Reggente , ficcome ciò fi prati¬ ca ne’ cafi di minorità . Quefto Reggente è ri ve dito , per tutto il tempo della fua amminiftrazione , della regia autorità; ma la cfercita a nome del Monarca . ■§. 6 5. Indivifibilità delle Sovranità , I principi! > che abbiamo ^abiliti fui diritto fiicceff fivo ovvero ereditario , fanno vedere ma nifefta mente che un Principe non ha. diritto di partire il Tuo Stato* fra i Tuoi figliuoli. Ogni Sovranità propriamente detta è di fua natura una e indivifibile; poiché feparar non fi poffono loro malgrado quelli, che fonoiì uniti in Socie¬ tà . delle Genti. 7r tì . Quede divifìoni , sì contrarie alla natura della So* yranità e alla confervazione degli Stati , furono affai, in ufo ; ina terminarono dovunque i Popoli e i Prin¬ cipi ftefiì aprirono gli occhi fopra i loro maggiori in¬ tere Ili, fopra il fondamento della loro fallite. Ma qualora un Principe ha riunite fotto la fua po¬ tenza molte diverfe Nazioni, il fuo Impero è propria¬ mente allora un compleffo di varie Società fottopode al medefimo Capo; nulla offa naturalmente ch’effe non pollano venire tra’ fuoi figli divife : egli potrà loro diftribuirle , fe non v’hanno leggi, nè convenzioni in contrario , e fe ciafcuno di que’ Popoli aderifee a ricevere il Sovrano , che gli avrà egli deftinato . Per quella ragione la Francia era divifibile fotto le due prime fchiatté (a). Avendo prefa finalmente una inte¬ ra confidenza fotto la terza , è data riguardata come un folo Regno; è divenuta indi visìbile , tale dichiara¬ ta da una Legge fondamentale . Provvedendo que- fta legge fapientemente alla confervazione e allo fplen- dore del Regno , uniteti irrevocabilmente tutti gli ac¬ qui di dei Re alla Corona. §. 66. %A chi appartenga il giudicio delle contefe intorno la fucceffìone ad una Sovranità. Gli defiì principi! ci fomminiftreranno ancora h fo- luzione di una celebre quidione. Allorché in uno Sta¬ to fucceffìvo ovvero ereditario diventa incerto il dirit¬ to di fucceffìone , e prefentanfi due o tre pretendenti alla Corona 5 domandali chi farà il giudice delle loro pre- ' (a) Convien anzi offervare che tali ci ivi foni non fi faceva* no fe non colf approvazione e coll* affenfo «egli ocau nipec* rivi * E 4 ; iì, II mamm i 72 . lì Diritto preterì Goni? Alcuni dotti fondandoli fui non riconofo' l re j Sovrani altro giudice che Dia j hanno affermato che i pretendenti alia Corona , finché incerto è il loro diritto 5 debbono o accomodarli all'amichevole > q tran-* figere fra loro 5 o fcegfierfi arbitri , ricorrere pur an¬ che alla force , o alla fine terminar la cauteli per mezzo delle armi , e che i fudditi non pollano deci¬ derne in venni conto. Avrebbe!! motivo di fìupire che celebri Autori abbiano infegnata una fienile dottrina - ma poiché in materia ancora di filofbfia fpeculativa ; non v'ha cofa tanto afliirda, che fiata non fìa fofienu- , ta da qualche Filofofo ( a )* che dobbiamo noi afp®t F tare dall'intelletto umano {edotto dall' in ter effe o dai timore? £ che! in una quiftfone, che non interefla ab cuno quanto la Nazione , che concerne un potere ih* bilito unicamente in vifia della fina felicità ; in una, controvei (la ? che deciderà forfè per ferripre de 1 fuoi più cari intereflì > della fua falli té ni ed ef ma ? fe nt rimarra ella non altro che fpettatrice tranquilla? E {offrirà per avventura che firainerì , ovvero la cieca forte delle armi le deftinìno un padrone , fìccome una greggia dì pecore affettar dee che fi decida > fe ab¬ bandonata farà al macella jq o rimeffa fotta la enfio dia del fuo Pa fior et Ma j dicefi, la Nazione fi è fpogliata d'ogni giurif dizione* dedicandoli a un Sovrano 5 fi è fcrctopofta al li famiglia regnante ì ha dato a quelli che ne difeendono un diritto* che niuno può loro più levare : gli ha el¬ la ftabilin fopra di fo* né può più giudicarli,, E bene non toccherà forfè alla Nazione ftefia il riconofcere la perfora, a cui la firigne il Aio dovere * l’impedire di non Ca) Me [ciò qumtdo niml tam ab/urde dici poi c/i quod nm dkaiur ab aliquo pbìkjophorptm. Cicer* de divinata lib. JI. dalle Genti. ^ non effe ré ad un altro conlegnata ? E poiché ha ella Itabili co la Legge di iucceflìone , chi meglio di lei e eon più diritto nominar può colui, che trovali nel ca¬ lo dalla Legge fondamentale preveduto ed efprefTo? Di¬ ciamo dunque fenza efitare , che la decifione di m,eft a grande controversa appartiene alla Nazione e alla Na¬ zione fola . Se in oltre i pretendenti hanno manfano La loro, ovvero eletto arbitri , non è la Nazione ob¬ bligata a raffegnarfi a ciò, che farà flato così regola¬ to, purché non abbia acconfentito alla tranjax,ìone ov- vero al compromeffo : non potendo in vertm conto dif- Jflorre de la Ina ubbidienza Principi non riconofciuti , e de quah incerto è il diritto. Non riconofce la me- defima alcun giudice fopra dì fe in un affare , dove pre^ioh de ' fLl01 P1Ì faCd d ° VC " C dC ’ fuoÌ diritti Grozìo e Puffendorfio non molto, in fuftanza fiat- lontanano dal noftro fentimcnto; ma non vogliono che f. chiami una iemenza giuridica ( judkium \ ) la decifione del popolo o degli Stati . Sia purco- n ™ d 1 lf P unamo de’ termini . Ciò noa oflame v’ha qm piu che un lemplice efame det diritti , per l'otto- metreih a quello de pretendenti, che avrà il migliore C ? n ] t i Cla * Sr H1ÌOrge neIla Socictà > effer die giu¬ dicata dalla pubblica autorità . Toflo che il diritto di fucceffione trovali incerto , l’autorità Sovrana ritorna per un tempo al corpo dello Stato, che dee esercitarlo da le medefimo o per mezzo de’fuoi rappresami , hnche ha il vero Sovrano riconofciuro- „ Sofpendcndofi ” dalla conteftazione di quello diritto ie f Bnz j on j ncJ _ w z pei fona di un Sovrano 7 rauturicà ritorna ai fud- ?> dui naturalmente j non perchè da loro fi ritenga * ina *> per mettere in evidenza a chi dei pretendenti fia \ gramamente devòluta 5 e rimettergliela pofda nelle > mani , Non farebbe difficile il confermare con una a* in- 74 11 Diritto „ infinità d’efcmpi una verità sì collante pei femplice ” lume di ragione ; rna balìa ricordarli che dagli Sta- t i del Regno di Francia fi terminò , dopo la morte „ di Carlo il Bello , la famofa contefa tra Filippo m ,, yalois e il Re d’Inghilterra Odoardo IIIi e chegli ,, Stati medefimi, tutto che fudditi di colui, in favor „ del quale pronunziarono , non la fidarono però d’&f- „ fer giudici della caufa (a). “ Guicciardini , lib. XII , attefta parimente che gli Stati d’Aragona giudicarono della fucceflìone di quel Rcsno , ed antepofero Ferdinando , avo di Ferdinando marito d’Ha bella, Regina di Cartiglia, ad altri paren¬ ti di Martino Re d'Aragona, che pretendevano cheli Regno loro appartenclle ( b). Gli Stati altresì , nel Regno di Gerufalemme , giu¬ dicavano dei diritti di coloro , che vi pretendevano, ficcome è giuftificato da varii efempi nella Storia poli¬ tica d’Oltremare (c). Gli Stati del Principato di Neuchatel fpeflo pronun¬ ziarono , in forma di fentenza giuridica , intorno la fuccelfioné alla Sovranità . Nell’anno 1707. giudicaro¬ no tra moltiilimi pretendenti; e il loro giudizio infa¬ vore del Re di Frullìi fu da tutta F Europa ricono¬ sciuto nel Trattato di Utrecht, §. 67. Che il diritto alla fucceflìone non dee dipen~ dere dal giudicio di una ftraniera ‘Potenza. Per aìfic urar vie meglio la fucceflìone in un ordine cer- ( a ) Rifpoft a P e/ Madama di Lon^avilla a una Memoria per Madama di Nemours » (£) Jyj 0 (c) Vedi la fleflà Memoria , che cita il Compendio r sfile del P. Labbè, p. joi. e feg. àtlh Genti * f c rto ed invariabile, è oggi iìabiluo in tutti gli Stati Criftlatii 5 eccettuato il Portogallo, che non può alcun difendente del Sovrano fuccedere alla Corona, fe nato non è da un Matrimonio conforme alle Leggi delpae- E ficcome la Nazione ha ftabiiita la fiTccdlione, a lei fola fpetta pure i! riconofccre quelli, die fono nel calo di fuccedere ? e per confeguenza dai fuo giuditio 1 ° 1 q e dalle fue Leggi dipender dee la validità de] Ma- tl'i monio de’Tuoi Sovrani c la legittimità de da loro ^feita, Se U educazione non avelie li forza di rendere allo fpirito familiari le maggiori aliurdità , v'ha forfè un uomo affermato , che attonito non rimaneffe veggendo tante Nazioni fofirire che la legittimità e il diritto dei loro Principi dipendano da una Potenza flranicra ? La di Roma ha immaginato una infinirà dMffipedi- ment ì e di nullità ne’Matrimoni! , e nel tempo ilelfo fi e arrogata il diritto di giudicare della loro validità, e quello di togliere gl’impedimenti ? di modo che tui 1 J incipe della fua Comunione non farà libero, in cer- 11 cafì j a contrarre ina Matrimònio uccellano alla faly- Tc del ino Stato (*). Giovanna, unica figlia di Arri¬ go IV. Ke di Cartiglia, ne fece la crudele efperienza. Al- *&+ ^ ^ Qpà h feorge un Protefìante , e un Precettante niente _ che paria lecondo i principi! della Ina (erta, lacuale delude il Matrimonio dal numero dei Sacramenti. Noi Cattoli- ^ , che V ammettiamo per un Sacramento non Iole » ma per ìn £ ran Sagrameli to , lappiamo che non la Corte di Roma ha immaginato una infiniti £ impedimenti e di nudità ni- Mairi- wonn , ne iì b delia punto arrogato ti diritto di giudicare ddU toro validità ? bensì che la Chidà ebbe liti dai primi tempi la podefra di Uabilire impedimenti dirimenti del Matrimonio , e per confeguenza la lacolta di accordarne la di/penfu ■ Sappiamo ctje tali impedimenti derivano parte dai diritto divino naturale* Parte dal diritto umano , coniìderato i| Matrimonio o come Sa- amento , o come contmto civile - Sappiamo che Tertulliano ( /;>• 7 s 11 Diritto Alcuni ribelli divulgarono ch’ella era debitrice de’fuol natali a Bertrando de la Cueva , favorito del Re J « malgrado le dichiarazioni e il teftamento di quelPw cipe, che riconobbe coftatìtemente Giovanna per fuah- gliuola, e la nominò fua erede, eglino chiamarono al¬ la Corona Ifabella» forclla da Arrigo e moglie di Fer- di- ( lìb. de coron. miliu cap. i?. ) S. Bafilio ( Epift. t. can 21 4®. ) riconofcono impedimenti d ordine, di voto, di rattu> di affinità e di condizion fervile ; che Sincio ( in Epift. ai v' arie. Kotbomag. Tarae. cap. 4- & .<• ) fa menzione del ® cedimento del voto e della pubblica oneita ; che 5 . neo® ( Epifi . 84. & 99. ) coftituifce tre forti d’ impedimenti , cn , Concilii d’Ancino ( can. u. ) di Cartagine IV. ( cali. I0 4; di Agata ( can. 9. aj. & 61. ) e d’ Odeans 11. flabilifcono « rii impedimenti , intorno a quan può leggerli il Cerbero n trattato : De Poteft. Eeelef. & ?•?”*?:, J"P er e che vai per tutto lappiamo 1 infallibil decreto del Sag Concilio Tridentino : Si qui* dixerit Ecclefiam non potuijje f" fliiuere impedimento. Matnmonii dirimentia ydjn ns con /1 dis errajfe , anatbema fit . Sejf. 24. can . 4. de Sacram. ' Lo Hello anatema nel Can. 3 - vien lu minato contro coloro, che ne^a'Tero alla Chiela 1 automa della dilpenla negl imped* menti da ella «abiliti. A chi più competa 1 autorità di dilj» lare non è determinato nel diritto Canonico ; ma la conlue»- dine” invaila univerfalmente 'e che dove fi tratti d’ impedirne*' ti dirimenti e di un Matrimonio o da contrarli o già contrat¬ to con tali impedimenti , ne fpetti al folo Romano Pontefice la difpenfa, qualora i Vefcovi non provino di averne ricupera- to il diritto o per un ufo fpeziale o in forza di privilegio e quanto agl’impedimenti che diconfi impedienti , infegnano per lo più i dottori che poffono i Vefcovi generalmente difpenfarne * \ due foli eccettuati, quelli cioè degli Sponfali e del Voto* Vedi * Rieger Inftit* JuriJpr* Ecclef . Par. iv. §. 180. Checche ne fia, è indubitato , che pendendo la quiflione indecifa , e permettendo» tollerando i Velcovi e i Regnanti, che s’abbia ricorfo a Roma per le difpenfe dagl’ impedimenti dirimenti, fi prefume de’ primi io rinnovi 3 dei fecondi 1’ alfenfo . onde valido e diventa la rinunzia e dei fecondi V alfenfo , onde valido e legittimo dive»» nel Romano Pontefice i’ efercizio di una facoltà , che ancora* per aflòluto diritto a lui non competette , finche quella flOn venga rivendicata* Noia del Traduttore • delle drenti . yy tlinando , erede dì Aragona . 1 Signori del partito dì Giovanna aveano tentato di procacciarle un potente fa- ftegno , trattando il Tuo Matrimonio con Alfonfo Re di Portogallo ■ Ma (iccome quello Principe era Zio di Giovanna , rìchiedevafì una difpenfa del Papa i e Pio ** , tutto propenda a Ferdinando e ad Ifabella , ricu¬ rva di accordare la difpenfa, fotto pretelle che trop¬ po era grande la prolFuriità, febbene follerò allora cq- muniflimi limili parentadi. Quelle difficoltà rallentaro- r o il Monarca Portogliele e lo zelo rattiepidirono de ledeli Gattigliarli : tutto ninfei ad Ifabella ì c la {Ven¬ erata Giovanna prete il vedo dì Relìgiofa , per a ili- cura re con quello eroico fagrifìcio il ripofo della Ca¬ viglia (a). Se il Principe palla oltre e fi ammoglia , malgrado le ripulfe del Papa, efpone il fuo Stato alle più fune¬ re turbolenze . Che farebbe avvenuto dell 1 Inghilterra, le la riforma non li folle ivi felicemente (labilità, quan¬ do il Pontefice osò dichiarare illegitima la Regina Eli- fabetta ed incapace di portar la Corona? Un grand’imperatore, Lodovico il Bavaro , feppe ben a tal uopo i diritti rivendicare della fua Corona . Veggonfi nel Codice Diplomatico dei diritto delle gen¬ ti di LeibnÌ2Ìo ( b ) , due Atti, ne’ quali quello Princi¬ pe l * ) Prendo queflo tratto ifiorico nelle Congiure , del Signor céi Porto dì Tertre, ai qual me ne rimetto ? non avendo io al- ie mani gli Storici originali , Dei rimanente non entro nella quittione della naicita di Giovanna ; quitìione inutile al mìo ar¬ gomento . La Principe Ha (lata non era dichiarata baitarda fè- tondo le Leggi ; il Re la riconolceva per fua figliuola ; e d’ al¬ tronde 3 ÌqJs e j| a legittima o no , gV i neon venienti , che rifui- tarono dalle negative del Papa, rimangono tempre gli ftefìj per lei e pel Re dì Portogallo, (£) Pag, 154, Forma di divertii MairimonidU wUrJémnem fi- 'mito p C condanna lltcome attentatori* all 5 Imperiale autori» j a dottrina , che attribuifce ad altra Potenza clic a^ 1 fua li diritto di concedere difpenfa e di giudicare del¬ la validità de’Matrimonii , ne’luoghi di fui ubbidii* za . Ma non fu egli nè ben fofteruto ai ilio tempo, nè imitato da’Tuoi fucceffori (*). §■ & fiiuw Regu Bohemi & & Margaretham dudffam Karinthìa f Imperatore è quegli die da quello divorzio lui fondamento dei- impotenza del marito y per auffa rii ai em , did egli 3 nèh rfi dttiìàm V conceam P. ijG Ferma dìfpenfalieni sjuptr iat* confangui niiziìs inter Ludovici**# Marchiorem Brandahm , C/ Margharetam Dudjfam Karinibii ; nec nm tegìtimàlio Hlsw rum procrea ndorum , faffar per Dom. Lddouk IV „ Kom, Irnptp Un a legge umana s dice l’ Imperatore . e quella che impedifa tai matrimoni!, infra gradui affinitelii [angui ni* preferirmi ufo frattes & forerei » De cupa kgìs pr^ceptis difpmjare folum mfr do permei ad aufforìtaUm Imperatòri* jcu Pnndpii RomM rum . Combatte egJf pofeia e condanna Ja opinione di coloro, che ofano dire che tilt dfipenle dipendano dagli hccicha/hcs - Queff atto 'e delibano*? *H r . Pocome pure il precedente.- (*) Qpede ultime parole batterebbero quali da le fóbincw fu razione delle precedenti - Per cinque (eco li oggimai i Regna¬ ci , tra i quali certamente molti (aggi e $doU dei toro diritti , hanno conienti to' che la Chiefa conceda le dii pelile e' giiidA della validità de T matrimoni! , ne hanno però temuto la /òv- verfion dei loro Regni T ed ora vorrà il N, A. che, vada jf mon¬ do a foqquadro per una tale connivenza dei Sovrani ? Fa reo fa che ficco me non può negarli allaChiefa la facoltà iopra del Mr Crimonio in quanto Sacramento, cosi non può Ja med clima con- tenderli al Principi fecolariin quanto contratto civile, Fa con¬ tendono sì bène, la ciurma de'putidi Decretai itti T ma f accor¬ dano i più ili ufi ri Teologi , un Pietro Col le t ( Tom. XP. ari. S. §< x ), un Teodoro R tip rechi* deli 1 Ordine de 1 Servi di Ma¬ ria ( ATVf. hi fi. ad Tu. de Spon/af n. 73. feq. ) , che ampia¬ mente d'imofìrano che i Principi ne lonofi arrogato 3 nc hanno dalla Ghie!a ricevuto il potere di (labili re impedimenti di Ma- trimomo - A qudio fi aggiungono con S, Tommafò ( Lìb IY* eonin z geni. c. 78, ) un Sanches ( 4? fìiairimon. Uh . VlL dijp- 3 - ntm. ì* ) un Pietro Soto ( Seff. IV. de Matrim. ) e tutta quanta V antichità . Scorrendo il Corpo del Diritto Canonico delle Genti §. 68. Degli Stati chiamati Tatrimoniali 79 Hannoc 1 Stati finalmente , il cui Sovrano può eleg¬ gerti H fuccefTore cd anche trasferire, vita fuadurante, 12 Corona ad un altro: fi chiamano quelli comunemente ìù- v a 0 ro e no n d a ,| he Pr ^° ch / g l™e^memr d ™e™r^ audio del Voto si a vi ctTfi'Z < '£'•.{*•.«& ) wfcii'«*■ 5 “ ) ,„eUo dei S f,' ( /» Ih éWr&BB z/M- > f l - d=«"/?y » no ec ec ec a„,; £ 6 .? pltoI ? r * d Incmaro , dr CarloM?- ?”• p " e podefia , che ha la' Chiefa di ft/hii?- vT a ^r Crag ? a r 9 r *§^ e la Vedi Benedetto Oberhaufen BeneHpr-f- 1 l tì P^ | u ien tt dirimenti. vifarum potefi. ) nS™S t !?T&* ti P 0 C ^°M ¥* «*• <** Agottiniano ( i„ D,lfen I VJ ( u P rac "-) Crifiùno Lupo «1 .) dov’ egli coli SionJfiTi I0 - ^ IJL * Cbriflianum Sacramenti™ Crd % ■ m . avnmonlum non [ohm e fi melila impèd^^Skriil^ Contr ^ > ™de diri ANTIQUI PATRES CT A rANn^^^ P °T £ STAT£M; IMPEDlMENTORUM E; nTDnTc ON r? S ISTORUM TEME NON SPFCTant^S° TE AD SLJAM POTESTÀ - RUNT Afoni NT i JM ’ w PROFESSO MEM1NE- I. P, U ; s% i tT yu ulu ®°J 1 Van-Efpen ( I. * * Eccitila A i 2 * I2# ) a lequaquam dubiiànius , vroui per lenii % a “^° rl ! atern firmila ìmpedimenta inducer,di y Cortei lium C h T / ,d -J efinltum 'fi • /«* V Aef efi, S *, TO de fini vi fi e , ut rum ex GHRISTi iNSTJTUTiO- Imrèfia L u ”i ex PPJNCIpfJ M INDULGBNTIA «pto ri™un + au ^ Y ttas inducendi impedimenti dirimentia Eccle - " / « Ma conchiiidiamo una volta che ficcome è fuori ogni gtf II Diritto Regni ovvéro Stati Tatrimoniali . Rigettiamo una sì poco giufta e sì impropria efprelfione , che non può fervire che a far nafeere in mente ad alcuni Sovrani idee molto oppofte a quelle , che deggiono occupati/ . Abbiamo fatto vedere , §. 61 , che lo Stato non può e fiere un Patrimonio. Ma può accadere che una Nazio¬ ne , o per effetto di una intera fiducia nel fuo Princi¬ pe o pei qualche altra ragione , gli abbia confidata la cura di deflinarfi il fucceffore, e di più che abbiacon- pentito a ricevere da lui, s’ei lo trova a propofito, un altro Sovrano. Abbiamo veduto Pietro I, Imperatore di Ruflia , nominar fui moglie per fuccedergh , febbene avcfs’egli de’figli. 5^. Ogni vera Sovranità è inalienabile. Mi quando un Principe fi elegge il fucceffore, « quando cede a un altro la Corona , non fa puopria ^ mente che nominare , in virtù del potere confidatogli, o eforeffamente o per un tacito confcnfo , non fa , di¬ ro, che nominare colui, che dopo di effo governar d« lo Stato. Non è quella, ed effere non può un’aliena¬ zione propriamente detta . Ogni vera Sovranità è ina¬ lienabile di fua natura. Facil co fa è il convincetene, facendo attenzione all’origine e allo feopo della Socie¬ tà politica e della Sovrana autorità . U .a Nazione fi forma in corpo di Società , per applicati al ben co¬ mune , eTcrni controversa il diritto ann Ilo alla Sovranità di iar co¬ gnizione intorno agl’impedimenti [Matrimoniali , così non cor- r ella verun rifehio di lalciarne pacificamente godere la Chie¬ da , ioprattutto ai nollri giorni, in cui tanto è quella lontana daT poterne abusare ; onde tutte cadono a voto le invettive Signor Vattel, che quanto e dotto , far e b beli facto moito ono¬ re mollrandofì altrettanto fpailìonato , Nota del Traduttore • - 1 — delie Genti. Si nume , ficcomé lo giudicherà conveniente, per vivere fecondo le fue proprie Leggi. Ella ftabilifce con ome¬ lia mira una pubblica autorità. Se confida quefta au¬ toma a un Principe , con potere eziandio di trafmet- terb in altre mani, quello non può mai effere f en2a un confenfo efpreffo ed unanime dei Cittadini, col di- mto di alienarla veramente o di fottomettere lo Stato a un altro Corpo politico : pofciachè i particolari , che hanno formata qneto Società , vi fono e„,„,i f * tv UnoStat .° mdependente, e non mai per effervi fbttopo#! a un g.ogo ftraniero . Nè ci venga oppodo conouiL a̰”" di “"e «"» > P" U Ile vatfe f„ A , bb o m °i ° vtder '> 5 - 6»., che que¬ lle vane fonti fi riducono finalmente ai veri principii tar'lf ? ft ° GOV "i° «"«tantoché il vbd^T tratta la fua conquida fecondo quelli principii , fu di- to ch - ,Th h rt„ n ’ 0d0 Stlt ° d ' 1 del m„“- diritti r -r P Y crame, « e nello Stato Civile, i fuoi diritti fi mi furano fu i principii di un tale Sta». o che parecchi, Grozio fra gli altri (a), ci danno lunghe enumerazioni di alienazioni di Sovranità Ma g . efempt ,1 più delle volte non provanoTe f ab“ù del potere , e non il diritto . E poi i Popoli hanno fatto 5 avrebbe" ’TV ^ ^ all ’ alien «ione? Che delk cTrtmi g 1 "a 1 ' 3 "" d ‘ Per S amo > della Bitinia, {lamento i n*’ q , Ua " do 1 Re loro 11 lafciarono per te- flamento al Popolo Romano ? Altro partito loro non eva . c ^ e . f° ttome tterfi di buona grazia a un sì ,() Cn 5 e e gatario. Per addurre un efempio capace di far automa , bifognerebbe citarci quello di alcun Popolo iemtente ad una finule difpofizione del fuo Sovrano, e con annato generalmente ficcome ingiufto c ribelle . Se y _ ^ ^ ^ ( „-.- r X m j—;~c > Ii'y. (a) Diritto della guerra e della pace , lib. I. cap. III., §. j \z m F Il r ; W fc) •V h M i ■ n*m nf fi Il Diritto Se lo fieffo Pietro t, che nominò h Moglie per fu* cedergli , avete voluto (aggettare il firn Impero al Gran Signore , o a qualche altra Potenza vicina , cre¬ diamo noi che i KuDi 1’ avrebbero jofìerto ; e la.lo » reliftenza farebbe forfè fiata tenuta per un atto J* ri¬ bellione 5 Non vergiamo in Europa grande Stato, ck riputato fi* alienabile . Se alcuni p cctoH fiati fono come tali riguardati , ciò lignifica che aon vere Sovranità . Dipendevano efli dall’ Impero , con piò o meno libertà : i loro padroni trafficalo j diritti, che avevano fu que’ territori!, ma fottrarlinonj potevano alla dipendenza dell’Impero . Conchiudiamo dunque che avendo la Nazione m il diritto di fottometterfi ad una Potenza «camera, diritto di alienar veramente lo Stato non può mai ap¬ partenere a! Sovrano, fe non gli viene efprefTamen dal Popolo intero conferito O) • Quello di nomin un fuccefforc, o di rimettere lo femro in altre mm r.i pur elio fi prefu me , ed efler dee fondato fopra » confcnfo efpliciro , fopra una Legge di Stato * o Io£ lungo ufo giulUficato dal tacito coflienfio de Hr poli. §■ !*■ (a) Opponendo*! il Papa ali' inersprefa di Lodo vico, %| l£ di Filippo Auguro> fui Regno d Inghilterra * tocco pmctio che il Re Giovanni erafi reio feudatario della Santa Sede , j? tra le altre cofe rii petto s che non aveva un Sovrano almi è- ritto per di [porre de' fuoi Stati fenza il conjenjo de [mi Baw m obbligati fono a difenderli Allora i 5%non Friuli tutti ad una voce efclamarono, che 1 iofìerrebbeto lino alia di or* ice quella venta : che alcun Prìncipe non può , colia [ola [u4 ionia, dare il j ho Regno o renderlo tributario , e far così J affli' la nobiltà, Stona di Francia di YeJly, Tom . Ili- p. a delle Genti. 70. Dovere del Trincipe, che può nominarfi¬ nn [ucceflore. Se il potere di nominarli ii fuccefforc è confidato ai Sovrai-.G, altra mira egli aver non dee, nella fua fcel- ta , che il vantaggio e la fallite dello Stato Non è fiato egli medefimo ftabilito che per quello fine, $.59.5 la libertà di rimettere la fua Potenza in altre mani non può dunque fc non colla ftefia idea effergli fiata confidata . Sarebbe affurdo il confiderarla ficcome un diritto utile del Principe , di cui tifar polla pel fuo particolare vantaggio. Pietro il Grande non fi propofe che il bene dell’impero, quando lafciò alla fua fpofa ìi Cotona . Conofceva egli quella Eroina per la piu capace di feguire le fue ville, di perfezionare le gran¬ di cofe da lui incominciate ; laonde 1’ antepofe al fi¬ glio fuo ancor troppo giovane . Se fpefio fi vedefiero lui Trono anime sì fublirai come quella di Pietro, li¬ na Nazione piender non potrebbe più. fagge mifur?, per aificurarfi di effere fempre ben governata , che af¬ fidare al Principe con una Legge fondamentale il po¬ tere di déftinarli il fuccefiore. Quello mezzo ben farebbe più ficuro che l’ordine della nafeita. Gl’Imperatori Ro¬ mani, che non avevano figliuoli mafehi, davanfi un fuc- ceffore per adozione. Roma fu ad un cotal ufo debitrice di una ferie di Sovrani unica nella Storia : Nerva, Tra- jano, Adirano 11 e fio, Antonino, Marco Aurelio, quai Pi in ci pi | La nafeita ne colloca forte con frequenza di flmiglianti fui Trono?" §• 71. £‘ a ciò necejjaria la ratificazione almeno tacita dello Stato . Andiamo piu oltre 5 e diciamo arditamente 5 c£.e trattandoli, in un atto sì importante, della falute del- F 2 la • • X . 8 4 11 Diritto la Nazione intera , richiedefi di ncceffità il confenfo e la ratificazione almeno tacita del . Popolo o dello Sta¬ to , per car ad elTo un pieno ed intero effetto . Se un Imperatore di Ruffia fi avvifaffe di nominarfi per fuc* ceflore un fuddito notoriamente indegno di portar la Corona , non è probabile che quel vafto Impero cie¬ camente fi fottometteffe a una sì perniciofa difpofeio- ne B chi oferà biafimare una Nazione , perchè non vuole correre alla Tua rovina per condifcendenza agl* ultimi ordini del fuo Principe ? Torto che il Popolo fi fottomette al Sovrano, che gli è rtato dertinato, ra- | tifica tacitamente la feelta , che ne ha fatta. l’ultimo • Principe ; e il nuovo Monarca entra in tutti i diritti del fuo Predeceffore. CAPITOLO VI. Oggetti principali di un buon Governo, i. Provvedere ai bifogni della Nazione. §. 72. Il fine della Società fegna al Sovrano ì fuoi ioveri- 1. Egli dee procurare V abbondanza . D Opo quefte ofTervazioni fulla Coftituzioné fteifo di uno Stato , venghiamo ai principali oggetti di un buon Governo. Abbiam veduto di (opra , §. 41. e 42., che il Principe, una volta riverito della Sovrana autorità , è incaricato dei doveri della Nazione relati¬ vamente al Governo . Trattare degli oggetti principali di una f 3 ggia amminiftrazione c dunque un cfporré • . nel delle Genti. de ^7 quelli defsovì * Un \ Ha .f™ é verf « f^ntó- ’ . 4 U ^L> “Cl Sovrano verfo il f uo Potalo i. %sr t ssr*s: s t T" 1 - “ « :i **■ l e neceffirì Per modo che ciafenn ^imcn K V°* ^ Nazione, ovvero il fuò e^T < $■ cheti dunque nrim£ * conduttore, fi applj. del Popolo\ a f ar re(In tC * P ,ovvcder e ai bifogm WanL di tmtef^Y m Stat « ** *K« ab- ^ comodi e de’ piaceri in aM , a VÌta > ancora che una vita agiata fenza mnT’T C IodevoJi ■ Oltre Mà* acg,i uLiniV ruSJS’f r n ? uife aila f 0!1 P ld «tenta cura e con SetL^S* n apphcarfi loro perfezione j lo che fi è il frante 2 3 P . ro P ria d «verc, e J una dell ; * ZÌI ^ C .P n, * tì P (l1 P-fi, quando fi uni (co no in fede* egh "° pr °~ 5 - 75 - ^ver cura che favi un [ufficiente numero ài Operaj. te le cole ^ H pro . clI _ ra ^ quaft'abbondanza di tor¬ vi un fufficie-ir^m a PP icarfi a far p er modo, che fi a - profe(Itone u ri le” inier ° di valenti artefici in eiafeuna Governo f ° ne “ffana.Le vigili follecitudini dd Produrranno a f gl f^* aracnt ‘ > foccorfi ben di (tribuni vi 0 i e “ fin,"'? nè farà nteftieri d’ufarc una tempre firnefia a IP induih ia. £ _ 74 - Il Diritto U $. 74 . Impedire la fortita di quelli, che fono utili . Si debbono ritenere nello Stato gli opera) , che gl* fono utili : e certamente la pubblica automa e » £ ; V Are fe fa d’uopo, la forza per venirne a ca IT Ogni Cittadino è obbligato alla lua patria > e J" ? g ': n narticolare , alimentato , educato, m ritt0 nel S fuo feno , legittimamente no» può abbandonar^ rr^re in pacle ftraniero una induftria. , che h. a da lei ricevuta, purché la patria non ila h F*»» * ,__i: oc l egli non poffa raccogliervi il guato tu fo delle fùeltil e J fuoi talenti . Convien ^ JX ‘lùwo Jfo . hlcffe abl,a,,a«; onelto yud & : a ] ia diritto di ritenerlo . M IfaVfzTTee ’molto febeamente di unni dnùto^ SI ^nta’XXtrràdb 1 indù fi ri a ’fp* J operaio , un arrida , dopo avere affai viaggiato , e a chiamato nella fu a patria da un naturai femi mento, torna più efperto e più idoneo a fervida utilmente. Se eccettuiamo certi cali particolari, il miglior.elpe- tìiente in tal affare è di non adoperare che mezzi del- c j ( a protezione , gli eccitamenti ec. e ripofarfi pel rimanente fu quell’ amore naturale ad ogni uomo pei li luoghi-, che nafeere l’hanno veduto. jy Degli Emiffarii , che li feducono. Quanto agli Emiffarii , che vanno in un paefe P sc indurre a cambiar fuolo fndditi utili , il Sovrano ha diritto di punirli feveranmne , ed ha un giufto moti¬ vo di doglianza contro la Potenza, che f; vale del lo' ro miniftero. 'Tra- delie Genti , g 7 Tratteremo altrove più elpreffa-mentc la quiftion-c ge¬ nerale > fc lecito fi a a un cittadino Y abbandonare la Società , di cui è membro. Ci ballano qui le ragioni particolari, concernenti gli opera] utili alla Società. ' 7 6, Si dee animare il travaglio e la indufìria. Lo Stato dee incoraggiare il travaglio , animar la induftria, eccitare ì talenti, propor guiderdoni, onori, privilegi, far in grufa che ci a fermo trovi da vivere del fuo lavoro. L' Inghilterra merita ancora d 1 effe re qui propaga per efempio. Il Parlamento veglia del conti¬ nuo a quelli importanti oggetti* non la perdona a fol- lecitudini, nè a fpefe . E non veggiamo noi una Socie¬ tà di eccellenti cittadini , formata con tale idea , con¬ fa era ivi ragguardevoli fonarne ? EiTa d litri bnifee pre- mii nell’Irlanda agli opera;, che fonofi maggior jnente diftinti nella loro profusione ? milite gli fenierì , che * vi fi trasferìfeono, c che non hanno i mezzi di fbbi- lirfi* Un limile Stato può forfè a meno u'cfìere poten¬ te e felice? CAPITOLO VII. Della cultura delle terre, §. 77. Utilità dell' qgricultura. F Ra tutte le arti il lavoro della campagna olfia V agricoltura è certamente la più ur ^ c e ^ phì ne- ceffaria* Ef quella la madre c nutrice delio Staio, La cultura delle terre ne moltiplica infinitamente i prò- F 4 dotti * 8 8 // Diritto dotti ? forma efia il più lìcuro capitale , il fondo più fodo di ricchezza è di commercio per ogni Popolo ? che abita un clima felice. j $. 78. Regolamento necefjario in tal propofito: per la diflribuzione delie terre. Quell’oggetto merita dunque tutta 1 * attenzione del Governo. Nulla trafcurar non fi dee dal Sovrano, ora- j de procurare la miglior cultura delle terre a lui fog- gette . Non bifogna permettere che le Comunità 0 i 1 privati acquiftino ampie tenute per lafciarle incolte . j Quelli diritti di comuni , che tolgono a un proprieta¬ rio la libera difpofizione del fuo fondo , nè gli per¬ mettono di chiuderlo e di dare ad tifo la cultura più .vantaggiofa , quelli diritti, dico, fono contrarii al bene dello Stato, e debbono elfcre foppreflì, o ridotti entro 2 giudi confini. La proprietà introdotta fra i Cittadi¬ ni non toglie che la Nazione non abbia diritto di f prendere efficaci mifure per far in modo, che la totali¬ tà del fuo terreno produca la maggiore e la più pro¬ fittevole rendita poflìbile. $. 79. Ter la protezione dei lavoratori . Il Governo fchivar dee premurofamente tutto quello? chi e può di fgu Ha re l’agricoltore o difiorlo dal fuo lavoro. Le gravezze, le impofizioni eccelììve e mal proporziona¬ te, che cadono quali totalmente addotto ai coltivatori, le angherie de* gabellieri dàtteri tolgono all’infelice con¬ tadino i mezzi di lavorare la terra e fpopolano le campagne. La Spagna è il paefe dell’Europa più fer¬ tile e men coltivato . La Chiefa vi pottiede troppe terre, e gli appaltatori de magazzini regii, autorizza- 11 a prendere a vii prezzo tutto il frumento, che tro¬ va fi delle Genti ; * vafi in cafa di un padano , oltre quello elle deftìnato e alla fua iuififienza , difanìmano per modo il lavora¬ tore s eh’ ei non fermila precìfamente che la quantità di grano necefiario per fc c per la fua famìglia , Quindi le frequenti. careftìe in un paefe, che alimentar potreb¬ be i luoi vicini. §■ So. Sì dee mettere in onore V Agricoltura. ,.d" Tn ^ tro a hufo nuoce ancora alla cultura 5 ed è il uijpt-egK) , che li fa del lavoratore. I femplici abitanti . e .^* tta 5 gli artefici ancora più fervili , i Cittadi¬ ni o2iofi , riguardano il coltivatore con occhio fdegno- . ’ * umiliano e lo feonfortano : ofano coftoro aver a vile una profeffione , che ciba fumati genere, ed è la naturale vocazione dell'uomo. Un mercamuzzo di mo- . * un fattore , confiderà di gran lunga alla fua pro¬ pria inferiore la occupazione prediletta de’ primi Con¬ iche Dittatori di Roma. La China ha Capientemen¬ te declinato un tal abufo ; è colà in onore la colti¬ vazione ; c per mantenere quella bennata maniera di perda re, ciaf cun anno in un giorno falena e, l’Impera¬ tore hello, da tutta la fua Corte accompagnato , met¬ te mano all’aratro , e femina un tratto dì terra. Però la China è il paefe meglio coltivato del mondo , ed a lu.uìta un Popolo ìnnumerabile , che per lo fpazio c egh occupa , lem bri a prima giunta troppo grande al viaggiatore. Si, Obbligazione naturale di coltivar la terra. cultura della terra non è Colamenti un ogget¬ to filmabile agli occhi del Governo per la efirema fua utilità , effendo in oltre una obbligazione impofha all uomo dalla natura . La terra intera è deftinata^a pa- - --JT- 5 >° Il Diritto rafcere i fuoi abitimi : ma ella non può ballarci, (e quefH non la coltivano . Ogni Nazione è dunque ob¬ bligata dalla Legge naturale a cavare il peifc ,^toc¬ catole in fui porzione , e non ha diritto m «Renderli o di ricorrere all’affi (lenza degli altri, fc non in quan¬ to la terra che abita non può fommmi tirarle il necel- fario Que’ Popoli , ficcome gli antichi Germani ed alcuni Tartari moderni, che abitando fertili cpntrade, fdeenano la cultura delle terre, e viver voghdno pmt- tofto di rapine , vengono meno a fe medejuni , lamio ingiuria a tutti i loro vicini , e mentano d eflere fer¬ minati a guifa delle beflie feroci e nocive . Altri ce n * ha , che per fuggire la fatica , viver non vogliono che della loro caccia e delle loro greggio. Ciò poteva praticarli fenza oppofizione , nella prima età del mon¬ do, quando era la tetra più che/ufficiente per le Ite!' fa al picciol numero de’ fuoi abitatori . Ma oggi / il genere umano è tanto moltiplicato , non potrebM fu lft fiere , fe tutti i Popoli viver voleffero in tal ma¬ niera - Quelli che ritengono ancora quello genere di vivere oziofo, ufurpano più terreno di quel che avreb¬ bero meftieri con un ondi» lavoro! e non pedono doler- fi , fe altre Nazioni P m laboriofe e troppo nftrep vengono ad occuparne una parte. Quindi, mentre che la conquida degl’ imperi inciviliti del Perù e nel Mei- fico fu una iniqui fi* 1 », ufurpazione , la fondazione di molte colonie nel Continente dell America Settentriona- le, poteva , contenendoli ne giuiti limiti, non aver co- facili fe che non (offe fommamente legittima. I V°~ poli, di quelle vafte contrade le trafeorrevano piuttofto che eflerne abitatori - £ 82, ****** delle Genti ■ ) r 82 . Dei pubblici Grana.). L» ftabilimento de pubblici grana) è un eccellente ripiego del Governo , onde prevenire la careftia . Ma bifogna ben guardarfi dall amminiftrarh con u"° I 1 ' rito mercantile e con mire di profitto : cadre„oeh al¬ lora in un monopolio, che non farebbe pe;o men il¬ lecito , per venire efercitato dal Magi tirato . Q uC grana) fi riempiono ne’ tempi di grande abooncanza , e foravano il coltivatore de’ grani, che gli lcuCre e ro , o che palerebbero ne’ Paefi ftranien m troppo grande quantità : fi aprono elfi , quando rincara il frumento , e lo mantengono a un giufto prezzo . Se nell’ abbondanza impedirono che quella si neceflaria derrata nort cali facilmente a un prezzo aliai baflo , quefto inconveniente è più. che rifarcito dal Imbevo , che apportano ne’ tempi penuriofì ; o piuttofio non v Ira in ciò il menomo inconveniente. Allorché il grano fi vende così a buon mercato, 1’ operajo è tentato per ottenére la prelazione , di mettere le fue manifatture a un prezzo, ch’egli pofcia è obbligato di aumentare, lo che ne difordina il commercio ; ovvero fi avvezza, ad una vita agiata, che non può fo{tenere in tempi più fcabrofi. Sarebbe di vantaggio alle fabbriche ed al commercio , che la fuffiftenza degli opera) potette con- fervarfi a un prezzo modico e Tempre appretto a poco lo fletto. Finalmente i pubblici grana) ritengono uc ■ o Stato grani , che ne ufeirebbero a prezzo vi e > e bifognerebbe far poi ritornare conjrave «Ile 1 per h Nazióne' '"clóó.li ft.Wli«>enti non odano per altro al commerc o de- grani. ^ a ^ duce un anno per 1 alno pui fca^i- meritarne gli abitanti, 11 iupci car £ ?=- Il Diritto i / Carli al di fuori ; ma vi pafferà a un prezzo più fodt- mito e più giuflo. capitolo vm Dei Commercio §. 83. Dd Commercio interno ed cflcrno . M Ed Jan te il Commercio i particolari e le Nazioni poffono procurarli le cofe , di cui hanno medie- I 11 j r CÌlC - 11011 trovano Ìn cafa P rc pria - Dividefi il meuefimo in Commercio interno c Commercio ederno; “ P rllal P è quello che li efercita nello Stato fra i di- ! raJj abitanti; il fecondo li la coi Popoli firstnkrl. $• 84. Utilità dd Commercio interno ■ Il Commercio interno è di una grande utilità; fom- nunìftra a tutti i Cittadini il mezzo di procurarli le co¬ le , di cui hanno eglino bifogno , il n e cella rio , l'uri¬ te e il dilettevole; fa circolare il danaro , ccc ira p ; n _ duftna , anima il travaglio 9 e dando la fulftdenza a T grandiflimo numero di Aidditi , contribuifce a ren- dere il Paeié pju popolato e più potente lo Stato. $ S J. Utilità dd Commercio eflcrno. Le ftcffe ragioni dimoftrano 3 'utilità Ad e derno , ne , qual fi trovano * *1^1^011, memo d cr mezzo del fuo Commercio n , Ue C ° e ’ Nazmne fi procura le cofe, che la natml « p 1 '"' naturi o i arte UQn prò- ■ÉÉU ■ delle Genti '. yj producono nel Paefe da Iti occupato. 2. Se queflo Com¬ mercio è ben diretto , aumenta le ricchezze delia Na¬ zione , e può diventar per cita una fonte di abbondan¬ za c di tefori. L’efempio de' Cartaginefi appo gli an¬ tichi, quello degl’ Inglefi e degii Olandefi appo i mo¬ derni , ne fomminidrano pruovc Iuminofe . Cartagine equilibrò colle fu e ricchezze la fortuna , il coraggio e la grandezza di Roma. L'Olanda ha accumulato fom- me immenfe nelle fue paludi: una Compagnia de’ Tuoi Mercatanti poftiede Regni nell’Oriente , e i] Governa¬ tore di Batavia comanda ai Re delle Indie. A qual grado di potenza e di gloria non è giunta l'Inghilter¬ ra ! Anticamente i fuoi Re e i fuoì Popoli guerrieri aveano fatto fplendide conquìde , eh'ella perdette di poi per gli avveri! colpi sì frequenti nella guerra: og¬ gi principalmente il Commercio in mano fua ripone la bilancia dell’ Europa ■ §■ 86 . Obbligatane dì coltivare il Commercio interno. Le Nazioni fono obbligate a coltivare il Commer¬ cio interno ; 1. perchè fi dimoftra in Diritto Naturale clic gli uomini debbono aflidcrfi reciprocamente , con¬ tribuire quanto pnffono - alla perfezione calla felicità dm loro limili ; donde rifiliti , dopo la introduzione della proprietà, la obbligazione di cedete agli altri, a un giudo prezzo , le cole dì cui abbifognano , e che non definiamo noi al noftro ufo . 2. Stabilita ciTendo la Società col fine che cìafcuno polla procura rii le cofe neceffarie alla fua perfezione e alla fua felicità, ed ef- fendo il Commercio interno il mezzo di ottenere tutte qtiede cole , la obbligazione di coltivarlo deriva dal patto deffo , che ha formato la Società. 5. Per ul¬ timo eden do un tal Commercio utile alla Nazione, el¬ la ? 4 // Virino !a è a fe médefijna debitrice delia cura di renàccio fiorente. §. S 7 . obbligazione di coltivare il Commercio eflerno . Per la fletta ragione tratta dal bene dello Stato , ed ancora affine di procurare ai Cittadini tutte le enfe > di cui hanno eglino bifogno » una Nazione è obbliga¬ ta ad cfercitare e a promuovere ìlCommerdo diepc Tra tutti gli Stati moderni 1 ' Inghilterra è quello , tire a tal uopo maggiormente fi dìftingue . 11 Parla mento ha fcrnpre gli occhi aperti fopra un sì importante og¬ getto ; protegge efficacemente la navigazione de’ tuoi mercatanti ì Yavoriice con gencrofe gratificazioni 1’d- fonazione delle derrate C delle merci fuperflue . _ Ve¬ der fi polfono in un’Opera molto buona C a ) 1 Imm preziofi 5 che quel Regno ha raccolto da un si fagg lc tegola ni e rito - ■§.■ 88, Fondamento del Diritto di Commercio* Del Diritta di comprare . Yeggìam ora quali fieno le Leggi della Natura e quai fieno i Diritti delle Nazioni nel Commercio, eh’ eie reità no le medefime fra dì loro . Gii uomini fono obbligati ad affi/ter fi fcambievol mente s pei quanto pof- lono farlo , a contribuire alla perfezione e alla feliciti dei loro Umili (prdim. io. )s donde fiegue, ficcarne abbiamo detto> §* 8 e in tal cafo di querelacene . Ma difficilifììmo le riu- feirebbe il giudicare con ficurezza che quello Stato non aveffe avuta alcuna ragione foda o apparente d* indurli a una cofiffatta proibizione. $. 91. Tintura del Diritto di comprare . Dalla maniera , con che dimoftrato abbiamo il di¬ ritto , che ha una Nazione di comprare appo le altre ciò che le manca , agevol cofa è il vedere che quefto diritto non è di quelli, che fi chiamano perfetti > e che fono accompagnati dal diritto di coazione. Efponghia- mo più diftintamente la natura di un diritto, che può dar luogo a ferie quiftioni. Voi avete diritto di com¬ prar dagli altri le cole che vi mancano , e di cui non hanno eglino per fe medefimi hi fogno 3 voi v’indiriz¬ zate a me • 10 non fono obbligato a venderveie , fe a me delie Gemi . 97 me occorre riadoperane - In vinu della liberta natu¬ rale, che a tutti gli uomini appartiene, tocca a me il giudicare , fé ne abbi fogno , e fe io fono in grado di vemiervcle $ c a v« i non appartiene il decidere , fé io giudichi bene o male , perchè non avere voi fopra dì me alcuna autorità , Se Io ricufo mal a proposto, e fenza alcuna buona ragione, di vendervi a giudo prez¬ zo ciò che vi abbi fogna , pecco io contro il mio do¬ vere; voi potete doiervene * ma dovete fopportarlo , e non potrete proporvi di sfor2armìvi fenza violare la mia libertà naturale e farmi ingiuria , Il Diritto di comprar le cofe , di cui fi abbi fogna , non è dunque che un Diritto imperfetto , fimi le a quello che ha un povero di ricevere la limofina da un ricco ; fe quelli gliela niega, il povero ha fondato titolo di querelarli, ma non ha Diritto di pigliarfda per forza. Se ricercali ciò che una Nazione avrebbe Diritto di fare, nel cafo di una eftrema neceflìd , una tale qui- filone troverà luogo nel libro feguente , al cap. IX. §« 92, Tocca a etafeuna Trazione il vedere com % ej}a voglia e [ere ilare il Commercio . Porche dunque una Nazione non può avere natural¬ mente alcun Diritto di vendere le fue merci ad im altra , che !un Diritto che e(Ti ha medi cri ; poiché apparrien a quefte il giu- dica re , s* elleno fono in grado di vendere, o fic non vi fono ; e poiché finalmente il Commercio confifte nella vendita e nella compra reciproca d* ogni forte di mercati ozi e ; è mani fello che dipende dalia volontà di cialcuna Nazione V efercirare il Commercio con im 1 altra , o il non cfercitarlo. E s'ella vuol permetterlo ad alcuna , da effe dipende ancora il permetterlo fotte non voglia comprarle; poiché non ha che imperfetto di comprare dalle altre ciò, dì 4,% Il Dir ino ) e condizioni, che giudicherà piò opportuno. Impera- ! che permetterdole i, Commercio, le accorda un Diru¬ to i ed è eia felino iti libertà di apporre la condizione, che gli piace a un diritto da lui volontariamente ac- cordato. §. 9 $. Come fi acquitii m Diritto perfetto a un Commercio [ìraniero. Gli uomini e gli Stati Sovrani pollo no obbligarli perfettamente gli uni verfo gli altri colle loro pretnef- fe, alle cofe s a cui la natura non obbliga vali che im¬ perfettamente . Non avendo una Nazione naturalmente un diritto perfetto di e fe rei tare il Commercio con un altra, ella può procurartelo con un patto ovvero Trat¬ tato ' Quefto Diritto non fi acquila dunque fe non merci dei Trattati , e fi riferifee a quella fpecie di Dritto delle Genti , che noi chiamiamo convenzionai' (prelim. £24.) U Trattato che dà un Di ritto di Com¬ mercio è la mi fura c la regola dello fteflb Diritto. 1 l §. 94 . Della [empiice permiffionc del Commercio. Ùna feflspHcè pcrnùffione dì fare il Commercio noa dà venia Diritto perfetto a quefto Commercio, Impe¬ rocché fe io vi permetto puramente e fem pii cernente di far qualche cofa * non vi do alcun Diritto di farlo in procreilo mio malgrado j voi potete tifare della mia condìfeendenza per quanto fpazio effa durerà 5 ma niente ofta che io non cambiì volontà , Siccome dun¬ que compete a ciafcuna Nazione il vedere, s 1 ella efer- citar voglia il Commercio con un'altra , q s ella noi voglia, e a q^aU condizioni il voglia , §. 92., fe trna Nazione ha perni effe per qualche tempo che un altra veniffe a trafficare nel lue paefe * rimane in iuo arbi¬ trio delle Genti, Trio l'inibire un tal traffico, quando le piacerà, il ré- ftrignerìo, il fono porlo a certe condizioni? e il Popo¬ lo eoe 1 cfercitaVa > non può dolerli che gli venga fiuta una ingioili zi a , Offerviamo Ibi latito che le Nazioni, ficcarne ì priva¬ ti, fono obbligate a trafficare infame pel comune van¬ taggio deU'ufrian genere, a motivo del bifogno , che gli nomini hanno gli uni degli altri (Trel $§.io. u, 9 e lib. I. $.88,); ma ciò non toglie che a ciafcnna non rimanga libero il cnnfiderare , ne 1 cali particolari , fe le convenga di coltivare o di permettere il Commer¬ cio j c ficcome i doveri ver Co le medefirno la vincono fopra i doveri veffo altrui, felina Nazione ritroviti in tali circofhn^e, che giudichi il Commercio cogli fìra- hicri pericolalo per lo Stato , ella può rinhniiarvi ed inibirlo. In ul griìfa diportarono per lunga {bigione i C'hinefì , Ma dicali ancora una volta , conviene che ì 1 noi doveri verfo fe me defila le preferivano quella ri- ferva per ferie ed importanti ragioni : al trameni 1 ! non può ella fot tra rii ai doveri generali dell'umanità. §• 95 * 1 Diritti intorno al Commercio vadano foggetti alla predizióne. Abbiamo veduto quii fieno i Diritti , che le Na¬ zioni tengono dalla Natura rifpettó al Commercio , e com elleno puffi no altri procurar lene per mezzo dì Trattali : veggiamo fe poffano fondarne alcuni fopra una lunga confuetudine . Per decidere fedamente una fi mi le qui filone , bi fogna primieramente offerire che ha nuoci Diritti, che confiftono in un femplice pota? : chiamami! in Latino pira méne facuitati* ; Diritti di femplice facoltà. Sono e 111 tali di loronatura, che que¬ gli che lì poffiedc può ufarne , ovvero non ufarne , fecondo che gli fe rubra opportuno, effendo affollilamen¬ ci à tc 100 Il Diritto te libefo da ogni coazione a tal uopo » dimodoché l e azioni , che fi riferifeono all’efercizio di quelli Oirir- ti , fono atti di pura e libera volontà , che far fi poi' fono od ometterli a piacere. £’ manifesto che i Dirit¬ ti di quella fpezie non poffono preferìverfi dalla de- fuetudine , poiché la preferizione non è fondata che fopra un confenfo legittimamente prefunto , c che fe io poffiedo un Diritto tale di fua natura , che io pof- fa tifarne o non ufarne , fecondo che io troverò con¬ veniente , fenza che alcuno abbia nulla da preferiver- mi intorno a ciò , non può prefumerfi , dall' elfermi lungo tempo aftenuto dal farne ufo , che Hata fia m 11 intenzione di abbandonarlo . Quello Diritto è dunque impreferittibile , purché non fiami flato vietato o i™* pedito di farne ufo, e purché io non abbia ubbidito con fufficienti indizi! di confenfo . Supponghiamo , per e* fempio , che a me fia libero il macinare il mio grano a qual mulino più mi piaccia , e che per un temp 0 notabilillìmo,per un fecolo, fe volete,fiami fervito dell 0 flelfo mulino ; ficcome ho fatto in ciò quello che ho trovato conveniente, non può prefumerfi da quello lun¬ go ufo dello fteffo mulino , che io abbia voluto p rl * varmi del Diritto di macinare in ogni altro , e p er confeguenza non può preferiverfi il mio Diritto. fupponghiarno ora che volendo fervirmi di un 3 l tr ° mulino, il padrone del primo vi fi opponga, e W* 1 faccia intimare un divieto; fe a queflo ubbidifeo fenza necelfnà e fenza niente opporgli , benché io fia in ar¬ bitrio di difendermi, e conofca il mio Diritto, un tal Diritto fi preferive , perchè la mia condotta dà moti¬ vo di prefumere legittimamente , che io abbia voluto abbandonarlo . Facciamo di quefli principii 1 ’ applica¬ zione . Poiché dipende dalla volontà di ciafcuna Na¬ zione r efercitare il Commercio con un’ altra non efercitjirlo , e di regolare ia maniera on di d’ella delle Genti , 2ga vuole frenarlo , $. 92., il Diritto di Commercio « ma nife Ira ni ente un Diritto di pura facoltà , mera tHltatis, un templi ce potere; e per confegueuza è im- prelcrattibile. Però, quand anche due Nazioni avellerò traf¬ ficato anfieme. fenza interruzione * pel corfo di un fe- colo 5 quefìo lungo ufo non dà verun Diritto nè all 0 \! n ?. ? all a i tra s e p una non £ obbligata per ciò di foffrire che 1 altra venga a vender le fue merci o a comprarne da ella : entrambe confervano il doppio Di¬ imo e d inibire 1’ introito delle merci fìraniere , e di vendere le loro dovunque fi vorrà riceverle < Siene gl’ Inglefij da un tempo immemorabile, nell’ufo di eftrar vini dal Portogallo s non fono quindi obbligati a con- unuare quello Commercio , e non hanno' perduta la libertà di comprar altrove i loro vini . Vendano egli¬ no parimente s da un lunghillìmo tempo in poi , j lo¬ ro panni in quel Regno 5 non fono però meno i p } - droni di portarli altrove •• e reciprocamente S Porto¬ gli non faranno obbligati > in forza di quello Jun cui pretendano allontanare , a gabelle d entra¬ ta capaci di (vogliirne gli abitanti ■ Così i vini il Francia fono caricati dall* Fnghi!terra di pravo(>i£me impofiaioni , mentre che ne pagano di affai difcmc quei di Portogallo , pofdacbé F Inghilterra vende poco | delle fue produzioni in Francia > laddove che ne verfi | abbondantemente in Portogallo . Niente v h ha che ff* J 'vittimo e giufliiOmo non ira in tale condotta ì e la Francia non può dtlerfene, effendo ogni Nazione arbi¬ tra delle condizioni, a cui» vuole ricevere le merci (la¬ niere, e potendo ancora deluderle totalmente* delle Genti. CAPITOLO IX *o s Della cura delle pubbliche Strade e dei Diritti di Pedaggio. 100. Utilità delle Strade maejlre , de * canali ec „ L ’Utilità delle Strade maeftre > de’ ponti, de* cana¬ li , in fornirla di tutte le vie di c municazione fi- cure e comode , non può efiere dubbiofa . Agevolano effe il Commercio da un luogo all’altro, e rendono il trafporto delle merci mcn difpendiofo , più fpedito c più ficuro . 1 mercatanti trovanfi in grado di vendere a miglior prezzo, e di ottenere la prelazione; s’invi¬ tano gli flranieri, e le loro merci vengono dirette pel paefe, e diffondono danaro per tutti i luoghi, ove paf- fano . La Francia e 1 ’ Olanda ne fanno tuttodì la fe¬ lice cfperknza* §. ioi. Doveri del Governo a tal uopo 9 Una delle principali folleciftfdini, che dee il Gover^ no al ben pubblico, al Commercio in particolare, ri¬ guarderà dunque le firade maeftre , i canali ec. Elfo non dee trafeurare nulla , onde renderli egualmente co¬ modi e ficuri. La Francia è uno degli Stati del mon¬ do , ove fi adempia quello pubblico dovere con più attenzione e magnificenza . In ogni luogo numerofe Compagnie a cavallo vegliano alla ficurezza de’ viag¬ giatori ; magnifici argini , ponti , canali, facilitano la comunicazione d'una ad altra provincia. Lodovico XIV. ha unito i due mari con un’ opera degna dei Rot mani. & 102; §. ioi. Dei fuoi Diritti fullo fiejfù particolare . La Ni zinne intera de£ certa mente contribuire a ca* fc j che U fono dì tanta utilità * Allorché dunque la. corruzione e la riparazione delle Strade luaeftre, de' ponti, de 1 canali, foffe di troppo aggravio alle rendi¬ te ordinarie dello Stato > il Governo può obbligare i popoli a lavorarvi , o a concorrere alle fpefe . Scnofi veduti paefani di alcune Provincie della Francia mor¬ morare a cagion de" lavori 3 che loro impone vanii p la coftruzione degli argini ; mi non hanno eglino tarda* to a benedire gli autori deli 1 imprefa torto che la «1' perienza gli ha illuminati intorno a 1 loro veri intt - relfi (a)* §, ioj . Fondamento del Diritto di Vedasi io* Eligendo grandi fpefe la coftruzione e il mantelli* mento di tutte quelle opere, una Nazione può giulUf" flrna mente farvi contribuire tutti quelli , che partecipa* no alla loro utilità : è quella la forgente legittima ^ Diritto di Pedaggio* E' giufto che un viaggiatore? c foprattutto un mercatante , clic profitta di un canale , di un ponte o di un argine , per far fuo cammino ? per tra fportare più comodamente le fue merci * entri con una modica contribuzione a parte delle fpefe di quelli utili llabìliinenu i e le uno Stato giudica a pio* P°- (a) Ma debbono alìenerfi i Sovrani dal comandar la voli pubblici per leivtre follante alla loro vanita, e 1: cui tmmenie tpele iieno di V n 'unga lpropors oriate al profitto , che r-C può mai ritrarre lo Suto» N, del J* ■ ri delle Genti. 107 pofitó di efimerne i cittadini , alcun motivo non fi ob¬ bliga a gratificarne gli ftranieri. 104. jt bufo di quefto Diritto. Ma un Diritto sì legittimo nella Tua origine fpetto degenera in grandi abtifi . Hannoci paefi , in cui non pigliali veruna cura delle Strade, e dove non fi lafcia di efigere pedaggi ragguardevoli. Un Signore, che a*rà una lingua di terra , che mette capo a un fiume , vi fta- bilifee un Pedaggio * quantunque non ifpenda un pic¬ colo al mantenimento del fiume , e alla comodità del¬ la navigazione. Una patente eftorfione è codetta * e contraria al Diritto delle Genti Naturale; pofciache la divifionc e la proprietà delle terre non ha potuto le¬ vare a chicchelfia il Diritto di patteggio, allorché non fi nuoce in verun conto ai padrone del territorio , per cui fi patta. Ogni uomo riconofce un tal Diritto dai» la natura , nè fi può con giuftizia farglielo comprare « Ma il Diritto delle Genti arbitrario , ovvero la con - fuctudine delle Nazioni > tollera oggi quefto abufo 3 finché non giunga ad un eccetto capace di diftruggere il Commercio . Ad ogni modo non fuolfi al me- defimo fottometterfi lenza difficoltà falvochè per li Diritti ftabiliti da un ufo antico : la impofizioae d i nuovi Pedaggi è fpetto una Porgente di litigi . Gli Svizzeri fecero anticamente la guerra ai Duchi di Mi¬ lano per angherie di limile natura. Si abufa inoltre del Diritto di Pedaggio, allorché fi efige dai pattegge- ri una contribuzione troppo forte , e poco proporzio¬ nata a quello, ch$ cotta il mantenimento delle pubbli¬ che ftrade. Oggi le Nazioni fi accomodano tra di loro a tal uopo con Trattati, per ilcanfare ogni veffazionc ed o- gni difficoltà , Il Diritto io S CAPITOLO X Della Moneta e del Cambio, §. 105. Stabilimento della Moneta. N E’ primi tempi dopo la introduzione della pro¬ prietà gli uomini permutavano le loro derrate e à loro effetti fuperflui con quelli , di cui aveano bifo¬ gno. L’oro e l'argento diventarono pofeia la comune mifura del prezzo di tutte le cole} e affinchè il Popò- lo non vi folle ingannato, s’immaginò d’imprimere a nome dello Stato fu pezzi d’oro e d’argento, o l’im¬ magine del Principe o qualche altro impronto , che folte come il fuggello e il fegno del fuo valore. Que¬ lla illituzione è di un grand’ ufo e di una infinita co¬ modità. E’ facile il vedere quanto erta agevoli il Com¬ mercio . Le Nazioni o i loro conduttori non potreb¬ bero prcrtare foverchia attenzione ad una sì importante materia. iUU. ri/petto alla Moneta. L’impronto, che vedefi folla moneta , dovendo effe- re' li fuggello della finezza del metallo e del fuo pe- fo, comprende!! rollo che non può clfer lecito indiffe¬ rentemente ad ognuno il fabbricarne . Le frodi in ciò dtverrebbero troppo comuni , perderebbe erta torto la pubblica ronfi en te farebbe quello un annichilare ' £TEZ-£. “T e r Pr ? n Ub '“\ r co- delle Genti. E09 coniare in quantità fufficiente per li bifogni del paefe* e vegliare affinchè fia fatta di buona lega , cioè affin¬ chè rintrinleco fuo valore fia proporzionato al fuo valore eftrinfeco e numerario. Vero è che in una urgente neceflìtà lo Stato avreb¬ be Diritto di prelcrivere ai Cittadini di ricevere la Moneta a un prezzo fuperiore al fuo reale valore. Ma ficcome gii ftranieri non la riceveranno a un tal prez¬ zo, niente lucra la Nazione in una fimile operazione: è quello un palpare la piaga fenza guarirla . Quello foprappitx di valore, aggiunto arbitrariamente alla Mo¬ neta , è un vero debito che il Sovrano contrae verfo i privati : e per offervarc una efatta giuftizia, paflata la cri fi > deefi ricuperare tutta quella Moneta a fpefe del¬ io Stato, pagandola in altre fpecic al corfo naturale; altramenti quello genere di gravezza importa nella ne- ccffità , ricade fu coloro foltanto , che hanno ricevuto in pagamento una Moneta arbitraria 5 lo che è ingiù- ilo. D’altronde Tefpcrienza ha moftrato che un fi fiat- ro efpedicnte è rovinofo pel Commercio , perchè di- ftrugge la confidenza dello rtraniero e del Cittadino , fa crefcere in proporzione il prezzo di tutte le cofe , c obbligando tutti a rinchiudere negli fcrigni,o a fpe- dire al dt fuori le buone fpecie vecchie , fofpende la circolazione dei danaro , in guifa che è dovere di ógni Nizione e di ogni Sovrano l’artenerfi, per quan¬ to fu poffibife , da una si pericolofa operazione , e ricorrere piuttofto ad impofizioni e a contribuzioni ftraordinaric per fovvenire agli urgenti bifogni dello Stato. ( a ) § io 7 - 0 -*-*^*~ Q) Trovanfi in Bgizart , Trattato delle Monete , le offerva- j?ioni feguenti : ,, E’ da notarli che quando i nortri Re altera-* „ vano le Monete , tenevano occulta ai Popoli quella altera* „ zio* Il Diritte 107. Dei fuot Diritti a tal uopo ■ Poiché lo Stato è mallevadore della Moneta e del fuo corfo, alla pubblica autorità fola appartiene il far¬ la fabbricare . Quelli che h contraffanno , violano i Diritti del Sovrano , tanto alterandola , quanto facen¬ dola dello ftelTo valfente. Coftoro fi chiamano falfatm di Moneta , e li delitto loro paffa con ragione ptr tira de' più gravi : ji< feiachè fe fabbricano una moneta di biffa lega, rubano al pubblico ed al Principe, e le la fan- p zìom . Siane ceiUmòrnò l’editto di Filippo di Valois » ,, anno 1550, , co ! quale adendo egli comandrifo che U «cei- „ fero doppie torneai a due danari cinque tram e un tciio «-i lega , lo che propriamente era alterar U Moneta ,dice „ Tuo Mandamento , parlando arii Officiali delie aeccht :/f f j, // giuramento , che vi Mh%a ai Ae * tenete qùefta coja jfcrt * „ ta piU che vi / ara pofifale , affinché da voi ne i cambimi^ jj nè altri non pojjano nulla japerne o jentime : pojciache J* fr f colpa vofìra ne jarè [par[a la n tizia r ne farete puniti in a 3, maniera f che ne prenderanno e] empia tutti gli altri - u Hello autore riporta ancora altri timrh editti dello llefKJ K£ cd uno del Delfino Reggente del Regno, in t mpo della prigio¬ nia dei Re Giovanni , in data de 17. Giugno 1570 , in virtù del quale ì Generali Intèndenti delle Monete T ordinano agh Officiali della zecca il fabbricare Monica bianca a un danaro e dodici grani di lega , loro comanda dpr? li amen te di tener quefto editto fegretp ; e fe alcuno domanda a quanto e t, ^eui moneta bianca ) foftenerc che è a due danari di lega ■ Cap> XXfX, Ricorrevano i Re a un ù Urano efpediente in cafì à' urgen¬ te necefTìch T ma ne leni: ivano la ingi uffizi a ♦ Il mede limo auto* re , parlando dei calo o de vani mezzi dì alterar le Monete t dee : „ Di rado li ha rico Ho a tai mezzi , perche danno effi >7 occalione al trai porto e alfa fuiione delle buone Ipecie , alla „ introduzione e al corio delle Ipecie foreffiere, al rmearamen- }J to di tutte le tofe > all" impoverimento de 3 particolari T all* tr diminuzione delle rendite , che lì pagano con Monete altera' iitc,c talvolta alla collazione del Commercio . Quella venta iì delle Genti . lM fanno buona , «furfanti il Diritto del Sovrano Non s' indurranno mai eglino a farla buona , purché non fiavì un profitto (opra la fabbrica; e allora rubano al¬ lo Stato un guadagno t che gli appartiene . In tutti ì cali fanno una ingiuria al Sovrano ; poiché e fendo 'a fede pubblica maìlevadrice della Moneta, il Sovrano folo può farla fabbricare. Quindi fi annovera il Dirit¬ to di batter moneta fra i Diritti di M.ufìà ; e Badino (a) rifenice che aVcn io Slgifmondo Auguffio , Re di Polonia , concerto quello privilegio a! Duca eli Pntffia nel M 4 Ì-» gli Stati del paefe fecero un decreto, in cut Iti interno che il Re non avea potuto concedere un tal Diruto, effendo infeparabile dalla Corona. I.o Hello Autore oOerva che febbene anticamente molti Si¬ gnori e Vefcovi di Francia avellerò il privilegio di far battere moneta , giudicava fi fiempre che forte fabbricata coll autorità del Re , che ha finalmente rivoeati tutti quelli privilegi! a motivo degli abuii. §■ iog.- » ^ ‘ S ?‘ tem ?? "«“Hjfauai . ebe ì Principi che prati- s ’ “ fon o alcune di quelle alterazioni ne’ tempi fcabrclì, cella- „ rono di praticarle nell atto , in cui celsò la uccellila Ab- „ Diamo a tal uopo un editto di Filippo il Sello , del mele di ” Magg,o che porta che trovandoli il R e in Parigi , a - » * end0 f n falche pane alterate le Monete di pélo c dì le- ” gai credendo di alterarle ancora, per fovvenire a’ tuoi b.io- gm e conokendo d’ edere tenuto in conlctenza a rifa reme il „ canno , Che avea latto e farebbe portare alia Tua gepnbbli- " ca: * _ ^ fuocivo di tale al ter azione , il Re Ji obbliga con au- ,, cernirò diploma al FopoJo del ino Regno , che p a fiati i fuoi biiogm , rimetterà la Moneta in buon ordine e valore , alle ?7 side proprie lpele , e prenderà la perdita e il danno fopra di 3J !e , hd oltre quefia obbligazione , Madama Giovanna , Resi¬ li na di Francia e di Navaria , obbliga le lue entrate e prov^ u vilioni alle condizioni iopraddette . <^J DfUa T&pvbbiica lib. 1. 3 cap, X* Il Diritto 111* $. ioS, Ingiuri*y che una fazione può far all'altri in propt/fito delia Moneta . Dii principi! flabiliri agevnl copi e il cnncHlWerr j che le una Nazione contraffa fa Minerà di un dira, e fe foffee e protegge Ì monetarli fallì , che ofano intra¬ prenderlo , ella le fi ingiuria . Ma comunemente i «' t!i quella clatfe non trovano alilo in veruni parte, q* fendo tutti i Principi egualmente interelTari a ftcrmi* narli. §. 109. Del Cambio e delle Leggi del Commercio. V’ ha un altro ufo più moderno e non menu Ufi» al Commercio che lo Ihbilimenro della M 'neta i q uc ' fio è il Cambio, ovvero il negozio de’ banchieri , pj mezzo del quale in mercanre rimette da un capo che i Sudditi non trafeurino di profittarne ; è quella una deik Genti. a $ una vii {fura per formarli eccellenti Cittadini . Quan¬ to era maravigliala la educazione dei Romani ne' lo¬ ro bei feco li , e coin’ era naturale che le fi vedettero formare grandi uomini! I giovani {j attaccavano a un ìiluft re personaggio > reca vanii appo lui > accompagna- varilo per ogni dove, e profittavano delle Tue ifti uzio- ni e de f Suoi e Tempi : i loro giuochi , i loro diverti- menti erano efereizn a formar Tolda li , La co fa fletta videfi a Lacedemone, c fu quefta una delle più figge istituzioni dell' incomparabile Licurgo* Quello legislato¬ re Fi lofio fo entro nelle più minute particolarità intorno la educazione della Gioventù (tf), pcrl’uafo che quindi la profiperità dipendeva e la gloria della fui repub¬ blica , $. 113* Della Scienza e delle Urti. Chi dubiterà che un Sovrano , che la Nazione inte¬ ra, favorir non debba le Scienze e le Arti? Senza par¬ lare di tante utili invenzioni , che colpiscono gli occhi di tutti, le Lettere c le Belle Arti ri fichi arano lo Spiri¬ to, ingentiliscono i collii mi 5 e fe lo lludio non ifpira Sempre Tamar della virtù , ciò vuoi dire che per ma- la forte incontra talvolta c pur troppo Spetto un cuore perdutamente viziofo. La Nazione e i fu01 conduttori debbono dunque proteggere i dotti e i grandi Ardili , ammire 1 ralenti cogli onori e colle neompenfe . De¬ clamino pure i partigiani della barbarie contro Je Scien¬ ze c le Belle Arti ; lenza degnar di ri Spalla i vani loro difcorfi, contentiamoci di appellarne alla esperien¬ za* Paragoniamo V Inghilterra , la Francia , LOlanda, molte Città degli Svizzeri e di Germania, a tante re- gio- *A> ♦ • ***-* ■*** (a ) Vedi Xitnophentis Laccdtemo>i. rcfpubht* * H z r 16 Il Diritto gioni , che fono in prema ali’ignorami > e veggiamo 1 dove fi trovino in maggior copia gli onefti uomini e i buoni Cittadini . Sarebbe un error madornale J op¬ porci r efcmpio di Sjs^rta e quello dell antica Roma. Vero è che colà trafcuravanli le curiofe fpeculazioni, le cognizioni e le Arti di puro piacere \ ma le Scienze fo àc c pratiche, la morale, la giureprudenza , la politica, la guerra, vi erano coltivate, in Roma principalmente, con più applicazione che non fono fra noK . Molto generalmente è oggi riconofciuta V utilità.cel¬ le Lettere e delle Delle Ani, e la neceflità di animar¬ le. L* immortai Pietro I. non credette di potere, Pnzi il loro foceorfo , incivilire totalmente e render florida la Ruflìa . Nell* Inghilterra la feienza c i talenti con¬ ducono agli onori e alle ricchezze . Newton fu ono¬ rato , protetto , ricompenfato in vita , e dopo morte collocato nel fepolcro dei Re . La Francia merita *n eh’ e fifa a tal uopo lodi particolari : alla magnincenzi de' fuoi Re la medelìma c debitrice di molti Ita 1,1 menti non meno utili che gloriofi. La Reale Acca t mia delle Scienze diffonde per ogni lato la luce e 1 defideno d’iftruirfi . Lodovico XV. le ha fommmiftra- ti i mezzi di fpedire a cercare lotto l’equatore c fon- to il cerchio polare la prova di una importante veri¬ tà ; ora fi fa ciò che prima credevafi fulla fede dei cal¬ coli Newtoniani . Felice quello Regno , fc il troppo generale del leccio non gli fa trafeurare le fe¬ de cognizioni per abbandonarfi a quelle di pu™ letto , c fe coloro che paventano la luce , non ottei> gemo di fpegnervi il feme della feienza ! $• 114 . Della, libertà di filofofare . Parlo della libertà di fìlofofarc , che l'anima fi t della letteraria repubblica . Che produr mai può un 6 «- delle Genti. x 17 genio impiccolito dal timore? E il maggior uomo del mondo illuminerà egli molto i fuoi concittadini , fé veggafi mai Tempre il berzaglio d’ ignoranti ed ipocri¬ ti cavillatori> Te obbligato fia a dar continuamente all' erra per non edere accufato dai tiratori di confeguen- zp d'offendere indirettamente le opinioni ricevute? So che la libertà ha i fuoi giudi confini 5 che una favia politica vegliar dee fopra le (lampe , e non permettere che fi divulghino opere fcandalofe , che attaccano i coflumi , il Governo ovvero la religione dalle Leggi flabilita ì ma bifogna ben guardarli altresì dall* e- lluiguere un lume , da cui lo Stato può raccoglie¬ re i più preziofi vantaggi . Pochi uomini tener fanno un giullo mezzo , e le funzioni di cenfore letterario efler non dovrebbero affidate che a uomini egualmen¬ te fìggi ed illuminati . Perchè mai cercare in un libro ciò che non apparifee che abbia voluto inferirvi l’Au¬ tore? E quando uno Scrittore non fi occupa e non par¬ la che di Filolofia , dovrebbonfi forfè afcoltare avver- farii maligni , che vogliono metterlo alle prefe colla religione ? Non che moledare un Filofofo intorno le fue opinioni , il Magidrato dovrebbe gadigar quelli , che V accufano pubblicamente d* empietà , quando ha egli rifpattato ne* fuoi ferirti la religione dello Stato . Sembra che i Romani fodero fatti per porgere e Tempi all* universo t quel Popolo faggio manteneva con at¬ tenta cura il culto e le cerimonie religiofe dabilire dalle Leggi, e lafciava il campo libero alle fpccula zio-a¬ zioni dc*Filofofi. Cicerone , Senatore, Confole, Augu¬ re , fi fa beffe della fuperdizione j 1 *attacca, la didrug- ge ne’ fuoi fieri tri filosofici > credcfi con ciò di trava¬ gliare al proprio fuo bene e a quello de’ fuoi concit¬ tadini : ma ofTerva che ,, didruggere la fuperdizione „ non è rovinare la religione5 pofciichè, dm egli, pro- ,, pilo è di un uom affennato rifpettare gl idituti , le H ? » ce- iiS li Diritto t cerimonie religiofe de’ migliori; c bafh confiderai* la bellezza del mondo e 1' ordine mirabile degli a- tiri per dovere la efiftenza riconofcere di un Erre lem pi cerno c pt rf.-rti .limo , che merita la venerarlo* ne dell'urnan genere (rt). “ lì ne’ fini» dialoghi fó* pra h natura degli Dei egli introduce I' Accademico Cotta , il qual era pontefice, e clic attaccando liberi¬ meli re le opinioni degli Stoici, dichiari, che farà fem¬ ore difpoff 1 ’ a difendere la religione (labilità , da cui vede che la Repubblica in ricevuto grandi vantaggii che rie dotto , r.è irrorante non potrà fargliela alban- d-nnre i intorno a che dice al firn avverfari > : » Et' co quello che io penfo e fi eco me Pontefice e ^co¬ me Cotta . Ma voi in qualità di Fi Info fo , riduce¬ temi al voftro ferri mento colla forza delle ragioni . Imperciocché un Fih fofo dee'provarmi la rclietonf, eh’ci vurdc che io abbracci ; laddove che ir 1 w uopo d«bb6 credere , ambe lenza prove, ai iwftn „ maggiori (&)■ “ (a) Nam y ni vere toqttamur , jupaflttio fufa pfr geniti prefjit omnium fare animai atque bùmimm imittiltitatefa ° m ~ pa^tt .. multum cm*n & noli} n£t ipfif , Ù~ n&jhis fW*\ iur j vidibamur , fi eam funài tu s jufimiffemus * ^ r on f Jr enlm diligente? intellìgi veto ) juperfattone tollenda rehgw td(i m iur , Nam & mafarum ìnfiìtulà Uteri facris , carremomtjq^ r( ‘ tinendii , japicnUs ejf : (7 effe preeffanUm aliquam Hai [tram y £7 e am fuffici e ndàm t àdmìran'damqur homìkufn & nt rt j pulòhritudò mundi ordoque rerum culefìtum api Confitti jj)g div j iid cionc j lìb* II. ( b ) Harum ego rtligitmum nullam mqmm contmntndm pittavi : mihiquff itti pcrjttafi , aujpiciis , ftjttmam fa 1 tris confi t tutu fmdamenta jeciffe iwftret avi tatti , qvtf nmQMft profeci v fumm a placai fùrie d forum immortaliti??* tanta (\l- potuiffet . lldbes ? Balte , quid Cotta r quid Ponti/ex fanUat * Fti nunt ergo mirlligam quid (h Jpntia\ : a te enìm Pbìhjopho fa f i r> n. m acci pe re d • beo r e hg i ùn ti ; m a p r i bus a ut nn no fìtti ^ Ctiffl nulla rat ione reddiU credere . De Natura Deornm * "lìk IH delle Genti . jij Aggiiingiam ora 1’ esperienza a quefti efempi e a quelle autorità. Non mai Filofofo turbò lo Stato o la religione colle (uè opinioni. Non farebbon effe alcun rumore fra il Popolo, e non ifcandalizzerebbono i de¬ boli, fc la malignità, ovvero un zelo imprudente non fi sforzaffe di feoprirne il pretefo veleno. Turba lo Sta¬ to ed cfpone la religione a pericolo colui , che fi ap¬ plica a mettere le opinioni di un grand’ uomo in oppo¬ sizione colla dottrina e col culto ftabilito dalle Leggi . ii 5. Si dee ispirare V amor della virtù , e V orrore del vinio . Non batta ammacttrar la Nazione; è più neceffario ancora per condurla alla felicità 1’ ifpjrarle amore alla virtù ed orrore al vizio. Coloro che hanno a fondo inveftigata la morale , fono convinti che la virtù è il vero e folo fentiero , che guida alla felicità : dimo¬ doché le fuc malfime altro non fono che Parte di vi¬ vere felice ; e bifognerebbe edere ben ignorante neila politica per non fentire quanto una virtuofa Nazione farà più che un’altra capace di formare uno Stato fe¬ lice , tranquillo , fiorente , faldo , rifpettato da tutti i Puoi vicini e temuto da’ Tuoi nemici. L’jntereffe del Principe dee dunque concorrere co’ fuoi doveri e co’ movimenti della fua cofcienza per indurlo a vegliare attentamente fopra una sì importante materia. Adoperi egli tutta la fua autorità a far regnare la virtù e a reprimere il vizio ; delfini a un tal fine i pubblici Arabili menti > diriga ad eflo la fua condotta, il fuo e- fempio , la diftribuzione delle grazie , degli efficii e delle dignità , e sbandifea dallo Stato, tutto ciò, che non è fe non acconcio a depravare i coftumi . Tocca alla politica P infognargli a parte a parte tutti i mezzi di giugnere a quello defiderabile feopo ? P additargli H 4 quel- no II Diritto quelli eh’ei dee anteporre, e quelli cui dee fcanfare i motivo de* pericoli, che gli acc< mpagnano nella efertt' zione, e degli abufi, che potrebbero introdurvi. Of- fervi amo fultanto in generale , che il vizio (fiere può repreffo dai gaflighi , ma che i mezzi blandi fono fo¬ li capaci di fublimar gli uumini fino alla virtù , cht s’ilpira e non fi comanda. §. 116. Lei fazione conofeeri in ciò la intenzione di quelli che la governano . E* innegabile che le virrù dei Cittadini fono le più felici difpofizioni , che aver poffa un favio e giudo Governo. Ecco dunque un indizio certo, a cui la Na¬ zione riconofceri le intenzioni di quelli che la gover¬ nano : $* eglino fi applicano a rendere i grandi e fi Popolo virtnofi, rette e pure fono le loro mire» tene¬ tevi certi che afpirano unicamente al gran fine del Governo, alla feliciti e alla gloria della Nazione. Mi fe corrompono i coitami , fe diffondono l’amor del luffo , la morbidezza , la fmania de* piaceri fregola»» fe infiammano i grandi a un fa fio rovinofo i Popoli, guardatevi da tai corruttori , che cercano di comprar degli febiavi per dominare fu loro arbitrariamente. Per poco che un Principe fia moderato , egli non ricorrerà a mezzi sì odiofi . Pago del grado fublime c della potcftà , che tiene dalle Leggi , fi propone di regnare con gloria e ficurezza 5 ama il fuo Popolo e defidera di renderlo felice . Ma i fuoi minifiri per io più foffrir n< n poflono la refifienza , la menoma op- pofizione; fc loro egli abbandona l’autorità , fino più arroganti c più intrattabili del loro Padrone i non hanno pel fuo Popolo quell’amore , ond*cgli è anima¬ to : fia la Nazione corrotta, purché ubbidifea ! Temo¬ no il coraggio e la fermezza , che s’ifpira dalla vir¬ tù, defle Genti . 1*1 tù j tì fanno che il aiti i olii or ac 11 e grazie dominai & fuo talento fopta gli nomini * di cui è Li cuore aper¬ to alfa cupidigia. Così una mi fera bile 3 che efercita il più infame di tutti i meftieri , perverte le inclinazioni di una giovane vittima del fuo traffico odiofo t U f D _ fp!?ne al luffe e alla ghiottoneria i la riempie di mor- bidtzz3 e di vanirà , per abbandonarla più ficuramente a Un ricco fcdmrore . Quella indegni creatura viend talvolta ofligata dal Governo ; e il mtniftro, infinita- mente più colpevole , nuota nell 1 opulenza , è riverito d onori c di autorità. La podericà farà giuflizia , e dcteflcrà il corruttore di una Nazione ragguardevole* §. li7, Lo Stato ovvero la perfona pubblica dee particolarmente perfezionare il fuo intei * letto ^ e la [uà volontà . Se coloro che governano fi applicherò a foddisfar 1 obbligo 7 che U Legge Naturale loro impone ver fa fc medefimi e nella loro qualità di conduttori dello Stato, farebbero incapaci d'incorrere giammai nell* o- diofo a bufo 1 di cui abbiamo parlato. Sin c]uì con fide* rara abbiamo V obbligazione , in cui trovali una Na¬ zione di acqui fi ir lumi e virtù * o di perfezionare il fuo intelletto c Li fui volontà} abbiamo s dilli 5 confi¬ derà ta quefla obbligazione relativamente ai privati , che compongono la Nazione : ma efTa cade parimente ed in una maniera propria e {ingoiare fopra i condut¬ tori dello Stato, Una Nazione, in quanto opera in co¬ mune o in corpo * è una perfona morale ( Trel. §> J. ) che ha il fuo intelletto e la fua propria volontà , e che non c meno obbligata d* ogni u^rno in particola- le ad ubbidire alle Leggi Naturali ( lib. I- §- 5. ) e a perfezionare le fue facoltà (Uk L Quefta mo¬ rale perfona rifiede in quelli w che rivettiti fono della pu- uà 11 Diritto pubblica autorità , e du va\k * entano la Nazione in* tera . Sia quello il comune C nfiglio della Nazione , ovvero un corpo Ariftocratico > o pure un Monarca> quello conduttore e rapprefentanre della Nazione, que¬ llo Sovrano, qualunque efìer polla, è dunque indiTpen- fabilmente obbligato a procurarfi tutti i lumi , tutte le cognizioni necefTarie per ben governare , c a formarli alla pratica di tutte le virtù convenienti ad un So¬ vrano. E ficcome in villa del pubblico bene gli è importa una tale obbligazione, egli diriger dee tutti i luci lu¬ mi e tutte le fue virtù alla falute dello Stato, al fin* della Civile Società. §. 118. E dirigere al bene della Società i lumi e le virtù dei Cittadini . Egli dee inoltre dirigere , per quanto gli è polir¬ le, a quello gran fine tutte le facoltà, i lumi e le vir- tù dei Cittadini > dimodoché non fieno utili foltanto j ai privati , che le pofTeggono , ma ancora allo Stato- E’ quello uno de’ più gran fegreti dell’ arte di regna¬ re . Lo Stato farà potente e felice , fe le buone quali¬ tà de’ fudditi paffando 1* angu(la sfera delle virtù ùei privati, divengono virtù di Cittadini . Quella bennata difpofizione foilevò la Romana repubblica all’apice deb la potenza e della gloria . 119. i/j Crnor della Vatria Il gran fegreto per dar alle virtù de’ particolari li¬ na tendenza sì vantaggiai^ a ilo Stato, è d > ìfpivare ai Cittadini un vivo amore per la Patria . Accade talora affatto naturalmente , che ciafeuno fi sforzi di fervirc •allo Stato , di rivolgere a prò e. gloria della Nazione ciò delle Genti . ciò eh'ci poffiede eli forze e di talenti * Quefto amar de i la Patria e a tutti gli uomini naturale . 11 buono e |apiente Autor della Natura ha prefa cura di renderli affezionati * per una f peci e d inflinto , ai luoghi y c hc gli hanno veduti iufcerc>ed egli]io amano la Loro Na¬ zione ficcome una coli, a cui fono intimamente uniti. Mi fneffo malnate caule illanguidifcono e diflruggono quella naturale imprellione . L* ingiuflizia 5 h durezza del Governo la cancellano troppo facilmente dal cuor de* fudditi : 1’ amor di fe fleffo renderà mai un parti¬ colare premurosi degli affari di un Paefe, ove tutto fì faccia in villa di un uomo folo ì Veggonfi alfincon- tro tutte le Nazioni libere appilìionate per la gloria e perula felicità della loro Patria . Riduciamoci alla memorii i Cittadini di Roma ne* bei giorni della repubblica* con (idem m oggi gli Svizzeri e gl* Inglefi. §* ito. 3 ^?’ privati , L’amore e l'affezione di un uomo per In Stato, di etti è membro, è ima neceffana icori feguen za. dell 1 a mo¬ re illuminato e ragionevole, ond* egli è a fe medefimo debitore , poiché la propri* di lui felicità è congiunta 2 quella delia fui Patria. Quello (entimento ri fallar dee altresì dagli obblighi per lui afflimi verfo la So- ci era , Egli ha promclfo di procurarne la fallite ed il vi maggio , per quanto farà in fuo potere r come la fervirà mai con zelo* con fedeltà , e con coraggio, fe non Fama veramente? §. iti. Tediti fazione ofjìa nello Stato fttjjo e nel Sovrano, v, i 4 ^ , v . • f * 11 g rr • - ,, ■ -1 La Nazione in corpo , in quanto Nazione, dee cer¬ tamente amar fe medefima e defiderar il fuo proprio bene ii 4 11 Diritto bene. Non può ella venir meno a quella obbligalo* nc ; il fentimento è troppo naturale. Ma quello dove¬ re fpetta per modo fpecialifiìmo al conduttore, al So¬ vrano, che rapprefenta la Nazione, e che opera a no¬ me fuo. Egli dee amarla come ciò che ha di più ca¬ ro , anteporla ad ogni cofa ; pofciachè dclTa è iL folo oggetto legittimo delle fue follecitudini e delle fue a- j zioni in tutto ciò , ch’egli fa in virtù della pubblica autorità . Il moflro , che non amaffe il fuo Popolo > non farebbe più che un odiofo ufurpatore , che meri¬ terebbe certamente d’efifere balzato dal foglio. Non v ha Regno , che tener non doveffe davanti al palagio del Sovrano la fiatila di Codro . Quello magnanimo Re di Atene diede pel fuo Popolo la vita. Un s) gran Principe e Lodovico XII. fono illnflri modelli del te¬ nero amore, ond’ è a’ fudditi fuoi debitore un So¬ vrano . §. 122. Definizione del vocabolo Patria .. Il termine di "Patria , è, per quanto fembra,a tut¬ ti abbaftanza noto. Ciò non oflante, liccome prender in varii fenfi , non farà inutile il definirlo qui con e- fattezza . Significa comunemente lo Stato , di cui mo membri : in quello fenfo V abbiamo noi adoperato ne’ paragrafi precedenti , fd effer dee prefo nel Diritto dtlle Genti. In un fenfo più riftretto e più dipendente dall’eti¬ mologia > quello tèrmine lignifica lo Stato ovvero piu particolarmente la Città , il luogo, ove i noftri geni- l tori avèano loro domicilio nell’atto della noltra nafei- ta . In quello fenfo dicefi C o n ragione, che la Patria non può cambiarli, e rimane fempre la ftelfa, in qua¬ lunque parte pofcia noi ci trafportiamo . Un uomo ferbar dee gratitudine ed affètto per lo Stato , al qual è de- delle Genti. it; e debitore della fua eolicaiione, e di cui membri era¬ no i fuoi genitori , allorché eli dieder eglino la vira* Ma ficcome diverfe ragioni legittime poflono obbligar¬ lo a fceglierfi un’altra Patria, cioè a diventar membro di un’altra Società , quando noi parliamo in generale dei doveri verfo la Patria , fi dee quello termine in¬ tendere dello Staro , di cui un uomo è membro attua¬ le i poiché quello fi è , a cui dee confecrarfi tutto in¬ tero ed anteporlo a qualunque altro. ixj. Guanto fia cofa turpe e rea il nuocere alla propria T atrio ,. Se ogni uomo è obbligato ad amar finceramènté la fui Patria e a procurarne, per quanto da lui dipende, la felicità , è un delitto ignominiofo e detedabile il nuocere alla Patria (lefTa . Collii che fe ne rende col¬ pevole , viola i fuoi patti più facri , e cade in una vile ingratitudine; fi difonora colla più nera perfidia , poiché abufa della confidenza de’ fuoi concittadini , e tratta da nemici quelli , che aveano giudo motivo di non afpettar da lui che foccorfi e fervigi. Non fi veg¬ gono traditori alla Patria che fra quegli uomini unica¬ mente fcnfibili a un fordido intereffe , che non cerca¬ no che fe medefimi immediatamente , e che hanno un cuor incapace d* ogni affettuofo fentimcnto per altrui. Son eglino però con giudizia defedati da tutto il mon¬ do , ficcome i più infami di tutti gli fccllerati. §. 124. Gloria de' buoni Cittadini , efempi. All'oppofito fi colmano d’onore e di lodi que* ge- nerofi Cittadini, che non contenti di non mancare alla Patria , recapfi in prò di ella a nobili sforzi , e fono capaci di farle i maggiori làgrificii. I nomi di Bruto, di M I hi j Hi i tzó li Dira tu di Curzio , dei due Detti vivraano quanto quello ih Roma, Gli Svizzeri non dimenticheranno mai Arnol¬ do dì Winkolried , quell'eroe > la cui azione meriraro avrebbe di ettere da un Ti co Livio rra mandata alla pofternà * Egli fi confacrò veramente per la Patria ; ma fi confacrò da Capitano > da intrepido Soldato, e ik»b da fu perizialo * Veggendo quello Geotiluoirso £ del paele d’ Undervald ) alla battaglia di Scmparfu che i fuoi compatrioti non potevano sbaragliare gii Auttriaci > perchè armati quelli di tutto punto avendo metto piede a terra e formando un battaglione ferra¬ to 3 preferì t a va no una fronte coperta di (erro , ingom¬ bra di Lucie c di picche , formò egli il generofo dile¬ guo di lag rifica r fi per la fui Patria - ,, Amici mfj y 7 difs* egli agli Svizzeri, che incominciavano 2 difani- >5 mar fi , oggi do la mia vita ariìn di procurarvi la „ vittoria 1 vi raccomando fulnnto la mia famigli; „ Seguitemi ed operate in conformità di quel che nai j, vedrete efeguirc : “ A tali parole ci gli fchiera m quella guifa che i Romani ©tramavano cansus » o&api la punta del triangolo , marcii al centro de nemioì cd abbracciando quanto maggior numero di picche potè prender colle mani , fi getta a terra aprendo così a quelli che lo feguivano un lènti ero , onde penetrare in quel de ufo battaglione - Da quel punto meffi m rotta gli Auftriaci , furono vinti , diventando loro fu¬ ne fto il pefo delie loro armi , c riportarono gli Sviz¬ zeri una compiuta vittoria (a). t (a) V anno 1386- L ejmìu Jlnfiriaco era di quattro milk mminì fedii y fra 1 quali trvvavan/i afai fi mi Principi* Conti , ed una di fi ini a nobiltà armati tutu da capo a piedi - Gli SvL* zeri non erano piu di mille trecento uomini mal forniti d 1 ar¬ matura » Il Duca d Au-itia peri in qugiia battaglia con due mille ii7 deile Genti. CAPITOLO XII. Della pietà e della religione. $. xzj. Della pietà. L A pietà e la religione influifcono effenzialmenté filila felicita di una Nazione , c meritano per la loro importanza un Capitolo particolare . Alcuna cofa non è sì acconcia come la pietà a fortificare la vir¬ tù , c a darle tutta l'ampiezza , cui ella dee avere. Intendo per quello termine di pietà una difpofizione dell'anima , in virtù della quale fi riferirono tutte le fue azioni a Dio , e fi ha per oggetto, in tutto ciò che fi fa, di piacere all’Ente fupremo. Quella virtù è una obbligazione indifpenfabile per tutti gli uomini • è la più pura forgente della loro felicità j” c quelli che fi unifico no in Società Civile, non fono quindi che più obbligati a praticarla . Una Nazione dee dunque effer pia. 1 fuperiori , incaricati de’ pubblici affari , fi pro¬ pongano collantemente di meritare 1’ approvazione del divin loro Padrone : tutto ciò ch’eglino fanno a nome dello Stato effer dee regolato fu quello gran difegno. La premura di formare tutto il Popolo alla pietà farà fempre uno de' principali oggetti della loro vigilanza , e lo Stato ne riceverà fommi vantaggi. Una feria at- ttnzione a meritare, in tutte le fue azioni, Tapprova- 2ÌO- mille de’ Tuoi , ed in quefto numero fecento fettantafei Gentil** uomini delle primarie cafe di Germania . Stona delia Confede¬ razione^ Elvetica del Signor di Watteville , Tom. 1 . pag. 183. e i'eg. Tlchudi, Etterlin, Schodeler, Racbmann. 1 ii8 // Diritto xìone di un Effere imi., jmcuie raggio» non puoi meno dì produrre eccellenti Cittadini. Li piai il'umi¬ liati j ne* Popoli , è il piu fermo appoggio di un? le¬ gittima autorità : pel cuor del Suvnpo etti c il pegno del li ficurezii del Popolo * c produce la fin confiden¬ za. Padroni della terra , voi rmn ricontarne fuperrori quaggiù : quale cauzione f! avrà delle voflrc intenziiv ni , fc non fi crede che fine {tenermi da rifpetto pel Padre e comune Signore degli uomini * cd animati da! dcfidcrio dì piacergli? f. iz6 . Ha da effere illuminata. >JoÌ abbiamo già infirmato che la pietà ha da rifa* il fu minata. In vano ri proponghiamo dì piacere a BiOj fe ne ignoriamo i mezzi. Mi quii diluvio di tnilii fc uomini infiammati da un *>ì potente motivo lì ap - pigliano mai a mezzi filli t pernici olii Li cieca pitti non fa che de" fuperlUziofi , de* fanatici e dei porleru- tort , mille v< he più de’ libertini pericolali c funedt alla Società f Si videro barbari tiranni non parlar che della gloria di Dìo 7 mentre che cofioro opprimevano i Popoli e conculcavano le più fante Leggi della M' tura, N >n per altro che per un raffinamento dipi™ gli .A "•itatiIh del recitlt» decimofefto negavano og nv i° lal; ile , come a ile ri ice il N. A., perchè f e tal lolle , ripugnerebbe ciò all’ altro fuo principio eh’ è all' tm- I mo il Diritto 150 §. 129. PttW/iVo yìafcf/mfwfa Jrfif/oBfi Ihvnl c Diritti della 7{azìont . Mi bi fogna ben guarii a rfi dal non ampliare ouc/M libertà oltre i Cuoi giufH confini * Un Cittadino ha foltanto il Diritto di non effer arretro a ecs’alcuni iit materia di Religione ; ms non ha quello in vcrun con¬ fo di far e (ternamente tutto ciò che gli piacerà , chec¬ che ri fu Ita r ne polli rHpetto alla Società. Lo [libili- mento delia Religione voluto dalle Leggi , ed il fco pubblico efncUioj fono materie di Stiro, c neceffiria* mente dipendono dalf autorità politici. Se tetti gli ^ mo impofla dulìa, fi offa di Itti natura f cibi inazione di, applica * animo a coftòfccr Dio , a fervi rio e ad onorarlo ee. L’ uomo non 'e libero ad elter Arco, a non ammettere la Religion N^turae, a cui lo guidi! la Ina raeionC , aita quale non c a lui libero ci reMere T anzi obbligaci; egli e a coltivarla : dunque ralla e la proporzione m termini adottiti dprella che la libertà di fetenza è dì Dritto Naturate cd inviolabile . Se I uomo ha «0 biro di cercar la verità , e lo ha 1 [giuntogli dalla natura , fl 0lì può aver Diritto di perfifler udì'errore. Ora la Rdigi&n ni- turale, ch'egli c tenuto ad ammettere , lo conduce a coiioltò* re l eJìftenza ót Dio , i (noi attributi e ie lue perfezioni s 2 fentir V obbligo di adorarlo , di vivere rallegriate alla videnza d'impetrar i lumi , che gli fono neceffarii . non gli pollo no mancare , ch ; cPi die fieno con umiltà e con vi¬ va fiducia, e tra effi il maffìmo e quello della Rehgien rivela¬ ta - Poi fi quelli innegabili p ri nei pii , come vorrà iTì flabifre un afìoluto Diritto della libertà dt cojcicnz* ? fiù , come Sue - jfto Diritto conciliarli in un privato Cittadino col perverta Di¬ ritto , che ha la Società lopra la Religione ì in tffà è t'fteyna e pubblicamo^te fi abilita , foconi? tale anche dd N.A, riconoiauca per un aflàre di Staro ? Queftì due Diritti fa reb¬ bi ro tra loro contraddittori] , e fi deluderebbero a vicenda- Se non h dà il Diritto della libertà dì cote lenza intd biecamen¬ te j poiché farebbe aflurdo un Diritto di leoitaril dalla nonna della delie Genti . 151 iriìni debbono fevvìr Dio, la Nazione intera, in quan¬ to Nazione, è certamente obbligata a fervi rio ed ono¬ rarlo ( Trelim. $\ 5.), E ficcorr.e ella dee foddisfare u sì imporrante dovere in quella guifa , che le fcmbra migliore , tocca ad effa il determinare la Religione , cui vuole fcguitire , ed il culto pubblico , che trova opportuno di ftabilire, ( * * ) 1 3 °* della ragione in cofe Toprattutto non indifferenti, molto meno fi dara poi queflo Diritto aif ellrinfcco , in offefa del pofitivo Diritto della Società. Ben c vero che non efércitandolì quedo pretelo Diritto che ne’ Ioli atti interni , non potrà giudicarne la Società , ridotta a IT impoffibiie di farne la cognizione , e allora TufTìdera , dirò cosi , nel fatto un fìmigiiante Diritto . Se di cosi poco è contento il N. A., abbiadi egli pure.una chi¬ mera per un Diritto , che non damo noi per fargliene veruna contefa . £’ quello il Diritto d’impunita , che hanno tutte le malvage azioni arcane ed impenetrabili . Ma dee rimaner Tem¬ pre l'aldo , che V efercizio di un tal Diritto in menoma parte non. apparifea negli atti edemi , ne’ dilcorli del Tuo legittimo polìedore. Tutta la quiflione però del Diritto della libertà di cofeienza negl’ individui, che non difìrugga il Diritto e il dove¬ re rifpettivo della Juprema cura della Religione nel Corpo Civile, fi riduce a dabilire una l'aggia maffima di Governo , che non conviene tormentare alcuno con troppo rigorofo findacato, per indagare la fua credenza , quando egli tifa prudente contegno , e Ti conforma alle pratiche ederne del culto dominante , onde non abbiano a nafeerne Icandalo o imitazione dal Tuo efempio . Cosi il vantato Diritto della libertà di cofeienza non Tara altro che il Naturai Diritto, che ha ognuno di cudodire in petto i proprii legreti , che occultati niente nuocono alla Società , e che rivelati farebbero a lui perniciolì . (**) Certamente Te tutta una Nazione , per un calo metafi- fico ed impòffibile , feguitar Voleffe una Religione , c trovaffe un pubblico culto opportuno . mai non può toccar ad altri il determi¬ narlo e lo ft abili rio ; e Tara in luo arbitrio il Tarlo, lenza però che ne abbia il Diritto v le quella Religione, e quefto culto non e quell’ unico vero voluto da Dio , perche non elìde Diritto contro ragione ;• e la ragione , quando fi tratta di predar o- rnaggio all’ Autor della natura, non e altro che la delia di lui i 3/ t li Diritto '$• Qiiando non flavi ancora Religione antcntic ammte r iccvttta. Se non v* ha per .indie Religione ricevuta per pub- hlica autorità , dee la Nazione rivolgere tutte le fue attenzioni a conoicerer c fhbilire la migliore, Quelli che avrà V approvazione del maggior numero, farà ri¬ cevuta > e pubblicamente dalle Leggi (labilità* diverrà efla la Religione dello Stato. Ma fe tini parte notabile della Nazione fi oftinaffe a feguirne un*altra , fi do¬ manda cofa preferiva il Diritto delle Gemi in i ifflH calo t Ricordiamoci primieramente che h libertà di cofciima è di Dritto naturale : nìiTtma violenza pero a tal uopo* Non rimangono dunque che due partiti da abbracciare j o permettere a quefta parte di Citta¬ dini l f dercizio della Religione, cui vogliono profclTi* re y o fe pararii dalla Società , li fidando loro i lor be¬ ni e la lor parte de’paefi comuni alla Nazione * e fot* mar così due nuovi Stati invece di uno. L’ultimo par¬ tito non fembra conveniente per verno modo , poiché fermerebbe le forze della Nazione , c farebbe quindi contrario alla cura * eh' effa aver dee della fu a cunfet- vazione. E' dunque vantaggìofo i! prendere il prinn^ partito, e Abbilir cesi due Religioni nello Stato, Che fé quefle due Religioni fono troppo mal compatibili » s egli volontà * Soprattutto poi guardiamoci dal confonder «ri liN*- ^one col Principe Capo di ellà che reo farebbe della piu de«- Aabjte tirannide > le preiuiiefle di prelcrivere colla forza a’ fadditi uoi una nuova Religione ed un nuovo culto, che dove pur folle il verace non ha egli a | tro DirU[Q che dl farlo pre . e lafaar che la grazu oper, mediante la pMuaTiODC dell’ intelletto e la mozione del cuore, i v r delle Genti . I33 S ‘egi; è a temere clic non gettino effe la difoordia fra 1 C ! ttaa ‘ ni c }°.Scompiglio negli affari, v’iu un terzo partito , un favio temperamento tra i due primi di ait la Svizzera ci porge gli efempi. I Cantoni di Ql a - ns e Qt Appenzel fi divi fero l'uno e l'altro, in due m,- “* nel fecolo XVLs l’una rimafe nella Chiefii Roma¬ na , 1 altra abbraccio la Riforma. Ciafaina parte ha “ r Go , VC ; no ie P 3r “° P cr l'interno i ma fi riunifeo- no le medefime per g, a ff ari effe mi , c non formano che una fteffa Repubblica, uno fteffo Cantone. Finalmente fe il numero de’ Cittadini , die pmfof- S r vogliono una Religione diverfa da quella che h Nazione ha fetali» , fc quello numero, i ico è 0 ragguardevole , e che per buone e giuffe ragioni fi trovi a prò polito di foffrirc l’efercizio di mobe Re¬ ligioni nello Stato, quelli Cittadini hanno Diruto di vendere le loro terre , e di ritirarli colfo loro fami- llC » tcco . UlttJ Portando i loro beni) pofciachè i fo¬ ro impegni verfo la Società , e la loro fommiflione allapubblca automa non po'Inno mai valere in pre- giudmio de Ila foro cofacnza. Se la Società non mi permette novi li Jet in- rra prenderla lei»gemente, fenai ncccfliù o itnzi Eravil- limc ragioni. Tocca alla Società, allo Stato, alla Na- jjouc intera, il pronunciare filila neceflità o h eon«- rfienza di ni cambiamenti , e non appartiene ad alcun articolare il tentarli di fuo capo, ne per confrguenu il predicare al Popolo una nuovi dottrini. Egli F*' nonga le fue idee ai conduttori della Nazione , e « ibttoroetta agli ordini, che ne riceverà. Ma fe una nuova religione li Ipargc t fi itabiui« nello fpi rito de Popoli, ficcope per lo più W inde pendentemente dalla pubblica nitomà e lena il- cuna deliberazione comune; farà d uopo ragionare i.- lora ficcomc fitto abbiamo al paragrafo precederne \ , pel cafo in cui fi tratta di fceglicre una religione; b? attenzione al numero di quelli , che fegunno te . vi li oppone , ellcndn la Religione uni cofj ? inW' no la quale ninno può le^ re U fua liberti her & porre con chiarezza qiufti Doveri e quelli 13‘fitti del Prìncipe -, e per i ftabihrli lodi mente , balta rammentar qui U diltinzionc, che fatti abbiamo nc’ due paragrafi prc- delie Genti . precedenti : fe trattali dì dare una Religione ad uno Staro , che ancor non abbiane alcuna , il Sovrano può certamente favorir quella, che gli fembra la vera o la migliore, farla annunziare, ed applicarli con ir •tot dolci e convenienti a ftabilirla. Egli dee anzi f Jr ju per la ragione che obbligato è a invigilare fu tutto ciò, che interelfa la felicità della Nazione. Ma non ha alcun Diritto di ufare in quello l’autorità e la for¬ za. Poiché non eravi Religione riabilita , quando egli ha ricevuto l’impero, non gli fi è conferito a tal uo¬ po alcun potere ; il mantenimento delle Leggi intorno la Religione non entra nelle funzioni , nell’autorità , che [ornigli fiate affidate. Numa fu il fondatore della Religione appo i Romani : ma perfuafe al Popolo di riceverla. Se aveCTe potuto comandare, non avrebbe a- vuco ncorfo alte rivelazioni della Ninfa Egeria. Avve¬ gnaché il Sovrano tifar non poffa l’autorità per jftabi- lire uni Religione dove non fe ne trova, ha Diritto, cd anzi è obbligato dì tutto adoperare il fuo potere per ovviare , che non fe ne annunzii una , che da lui fi giudichi perniciofa ai cofìumi, e pericolofa allo Sta¬ to : pofciachè rimuovere egli dee dal fuo Popolo tut¬ to ciò , che potrebbe nuocergli ; e non che una nuova dottrina verga eccettuata dalla regola , effa n’ è uno degli oggetti più importami . Vedremo nc* paragrafi fe gii enti quai fìano i Doveri e i Diritti del Principe rìfpetto alla Religione pubblicamente ftabiiita. §. ijj. cafo , in cui fi avi una Religioni: dalle Leggi fabilita. Il Principe , il conduttore , a cui la Nazione affida la cura del Governo e l’cferciz'lo del fupremo potere, è obbligato a vegliare alla conferva zinne della Religio¬ ne ricevuta, del culto ftabilito dalle Leggi , c ha Di- I 4 l i E- ijS 11 Diritto iim> di reprimere coloro , che prefumono dift rii feerie à turbarlo. Ma per adempiere un tal dovere in no mo¬ do egualmente gì itilo e faggio, non dee mai perder di mira la qualità , che a ciò lo chiama , c la ragione che glielo ingtugne. La Religione c di una importanza cftrema pel bene e per la tranquillità della Società , e il Principe è obbligato a vegliare fu tutto ciò ? che in- tereffa lo Stato - Ecco tutta la fua vocazione ad inge¬ rirli della religione, a proteggerla e a difenderla. Non può egli dunque intervenirvi fc non fc a quello tito¬ lo ; e per confeguenza ufar non dee del fuo potere fuorché contro quelli , di cui la condotta , in fitto il Religione, è nociva o pcricolofa allo Stato, e non per punire prctefi falli contro Dio , li cui vendetta non appartiene che a quello fupremo Giudice, fcrutatorc de 1 cuori, Ricordiamoci che la Religione non c affare distarò le non in quanto eia medefima eflerna e pub¬ blicamente riabilita : nel cuore non può dipendere che dalla referenza. Il Principe non ha Diritto di puni¬ re fe non quelli clic turbano la Società ì einiquHU- in a mente fulminerebbe pene contro alcutio per le fu* particolari opinioni , quando quelli non afpin ne a divulgarle, nè a farfi de' feguacL E' un principio fa¬ natico , una Porgente di mali e di crudeli ingiuftfi lc T immaginarli che deboli mortali debbano incaricarli della caufa di Di® , loflener la fua gloria colla forza c vendicarlo de’ fuoi nemici. Diamo /aitante ai Sovra¬ ni j dice un grand uomo di Stato e un eccellente Cit¬ tadino (a), diamo loro per f utilità comune il P^ere di punire ciò che offende U carità nella Società- Vpn appartiene alla giufiiùa umana Veriger/ in vendicatori di ,.<>) rt ^ u 'l y v Vdi ,e ‘^"Memorie compilate dal j^nor dei). licitila • toro. V, * pasg. c 13 6 delle Genti *37 di ciò eh: fpetta alla caufa ai Dio. Cicerone sì verfa- to , sì grande negli affari di Stato che nella filofofia è nella eloquenza, penfava ficcome il Duca di Sully. Nelle Leggi , ch’egli propone intorno alla Religione dice in propofito della pietà e della Religione interna: Se alcuno _ in effe pecca , Dio ne farà il vendicatore i dcorum injuriat diis cura. Tacito, ninnai, lib. I. c. 7^" Ma dichiara egli capitale il delitto , che potrebbe!! commettere contro le cerimonie religiofe , ftabilite per gli affari pubblici, e che interelTano tutto lo Stato ( a). I faggi Romani erano ben lontani dal perfeguitare un uomo per la fua credenza , eligendo eglino baiamente che nulla fi toccafle di quanto fpetta all’ordine pub¬ blico. 1 §■ 134. Oggetti delle fue cure , e mezzi cui egli dee adoperare . La credenza, ovvero le opinioni de’ privati , i loro fentimenu verfo la Divinità , la Religione interna in fomma , farà, in quella guifa che la pietà, l’oggetto delle attenzioni del Principe. Egli nulla traforerà" per lar conofcere la verità a’ ludditi fuoi e riempierli di buoni fentimenti ; ma non adoprerà a tal fine che mezzi dolci e paterni ( b ). Qui non può egli coman¬ dare ($.128.). Rifpetto alla Religione efterna e pub¬ blicamente efercitata potrà fpiegarfi la fila autorità . L ufficio fuo è di conlervarla , di prevenire i difordi- m (a) Qui fecus faxit , Deus ip[e vìndex erit . Qui non paruerìt, capitale eflo . De legib. lib. II. (l> ) jQuas ( religiones ) non meta , [ed ea conjunciìone qu che U divertiti di Religione può cagionare, è uns univerfale tolleranza di tutte le Religioni , che niente hanno di pericolofo o per li ceffoni i , o per lo Staro Lafciamo declamar t Sacerdoti imereffati, che non con¬ culcherebbero le Leggi dell'umanità e quelle dello fttf* fo Dio , per far trionfare la lo.ro dottrina , fe fiueth non fofle il fondo della loro ricchezza , del loro fjftc c della loro potenza . Rintuzzate foltanto fo fpin« persecutore, punite (everamente chiunque oferà turbai gli altri per la loro credenza : vedrete tutte le Setti vivere in pace nel Terso della puri a connine > e fo ■rn vivere in pace tw* inm desia paina comune , e io re lo Stato a gara di buoni Cittadini, L 1 Olanda è Stati del Re di Pi li Uh ne fommini/trano la provi Riformati , Luterani > Cattolici , Pietìfii , Socinian Giuda , tutti colà vivono m pace , perchè fono su egual- delie Gemi . 139 <5gMi Infante protetti dai Sovrano » nè vi fi pumicono che i perturbatori dell 1 altrui tranquillità, (a) 156. che far debba il ^Principe , quando la cambiar voglia di Relig ioti e, Se malgrado le follecìtudini del Principe* onde con- fervare la Religione (labilità , la Nazione Intera o la maggior parte fe ne (lanca e vuol cambiarla, non può il Sovrano far violenza al foo Popolo , nè cofrrignerlo in fimìlc materia. La Religione pubblica è (labilità pel vantaggio c per la ialine della Nazione. Oltre effetti è lènza efficacia, quando non regna ne elioni, non ha il Sovrano a tal uopo altri Diritti che quei che rifui' 1 tana dalle cure , che la Nazione gli ha affidate : e gli ha quella foltanto addottiti quella di proteggere la Re¬ ligione, che ad efia parrà bene di prof e (la re, §. 137. La differenza della Religione non priva il 'Principe della fu a Corona , Ma è giudi filmo altresì che il Principe fu lìbero di rimanere nella fu a Religione , fenza perdere la fua Co¬ ro- t- vjC-J t- (a) I Gentili dell' Indottali fono affai tolleranti. £' dicono che tutti gli uomini iti generale fono accetti a Dio; che tutte le loro preghiere lano egualmente ammette e fantifecate dalla Sincerità deli' intenzione ; che La verace Religione ani veri ale e la Religione del cuore * e che quelle varie forme di culto tono accattoni indifferenti ^relativi ai tempi, ai luoghi T a:I educa* zione, alla nalcica. Grotte > Piaggio alle Indie Ostentati. Ch* felicità pel mondo , fe diventar potette generale quella maniera di parlare ! Elia niente toglie alia vera Religione, che abbrac¬ ciar fi può col mede fimo amore , (opporrà rido caritatevolmen¬ te uomini , che (èguono un altro culto creduto il migliore * 140 11 Diritto non r r pr0te p. h Keì 'V° n ' deI!o Stato, ah» non fi p U0 efigere da Ini . I„ generale la di.xrto o Kcl g one non può far perdere ad alcun Principe i futi D itti aUa Sovranità , purché una Legge fondamentale non appongane altramenti. I Romani Pagani non cef- cTil°r ■£ 3 Untino , quando%gli abbrac- cZ Cnftianefimo ; e i Criftiani non fi ribellarono contro Giuliano , dopo che gli ebb 1 egli abbandona- §■ 1$S. Conciliazione dei Diritti e dei Doveri de' Sovrani con quelli de' fudditi. Abbiamo /labilità per li privati la libertà di ce¬ ro fa 2 ' ^ lZ -^' ^ nr,n orante abbiamo pur fa?- vedere che il Sovrano ha Diritto ed anzi obbligo proteggere e di mantenere la Religione dello Stato, ,J 10 . n ?! rl !". c cbe alcuno tenti di alterarla o diftrug- 1 a, eh egli può inoltre, fecondo le circofianze, non ^ rrn ^. ttcr ?., ln tutto il paele che un folo pubblico cui* fri ; ° nC ,- Iam ° , C ! uerti Dov eri e quelli Diritti diverlì, vare omlrL aCCader P ° trcbbe » chc credeffe di oflfcr- n U ii,\ M S J " p “ s r P “ i r btam , importante. F matcn * si dilicata c sì Se „(*) Allorché Ja maggior nar^ A r» Ncuchatcl e Valangin abbraccia del Principato di cimofefto , Giovanna di Hochbere- ° i nel fecolo de¬ vivere nellaReligione Cattolica Rorl ° ro ^°vrana , profegui a meno tutti i Tuoi Diritti. I Corni 1 ~ e non conlcrvò però Gofhtuzioni eccleliafticàe limili a n,Ìii° , S f ato fecero Leggi e «egli Svizzeri, e la Pnncipella die1 Sovrano permettere il pubblico efer- azio dì una ftelfa Religione , non obbligi egli al cuno a far ««Ha contro la fui coibenza; verun fuddiro non fìa affretto a prender parte aun culto, che da luifidi- iapprova , a profetare una Religione, eh * ci crede fai- la; ma il privato dal canto lbo fi contenti di non ca¬ dere m una vergognofa ipocrifia ; ferva Dio fecondo i U 101 lumi m fegreto ed in fua Cafa , perfuafo che la 1 rovvidenza noi chiama a un pubblico culto , poiché j ccollcjcaro in circofhnze , nelle quali non potrebbe adempierne il dovere lenza perturbare lo Stato. Dio vuole che per noi li ubbidifea al noflro Sovrano , che ichiviamo tutto ciò ch’effer potrebbe pernicìofo alla .melerà : quelli fono precetti immutabili delia Legge Naturale. Quello del pubblico culto è condizionale? e dipendente^ dagli clfctti,che quello culto può partorire. J1 culto intèrno è necefiario per fe Hello ; c deefi a quello reftngnerfi in tutti i cali, in cui effo è il più conveniente . II pubblico culto è de Ili nato alla edifica¬ zione degli uomini, glorificando Dìo. Il medefimo va contro quello fine , c ceffi d’effer lodevole nelle occa- itont , m cui non produce che il tumulto e lo Randa- io. Se alcuno lo ctede di un’affoluta neceflltà , abban¬ doni ,1 paefe , in^ cui non fi vuole permettergli di a- (lempierne le funzioni fecondo i lumi della fua cofdcn- 21 , C vada ad unirfi a quelli , che profeffino la fieffa di lui Religione . $■ iJ9- Il Diritto 14Z §. 139. il Sovrano aver dee ifpezione fu gli affari della Religione, c autorità fu quelli che la infegnano . La eftrema influenza della Religione lui bene c fili¬ la tranquillità della Società, prova invincibilmente che il conduttore dello Stato aver dee ifpezione filile ma¬ terie che la concernono, e autorità fu quelli che la in- legnano, fopra i fuòi Miniftri. Il fine della Soderà c del governo civile eiige necefTariamente, cnc quegli che efercita 1*impero ila riverito di tutti i diritti, lenzai quali non può efercitarlo nella maniera più vantag¬ giosa allo Stato: fono quefti i Diritti di M.teflà( $. Jf.) da cui non può alcun Sovra no di partir fi lenza un po¬ liti vo affenfo della Nazione . Li ifpezione fólle mate" rie della Religione, e l’autorità fui Mini/ìli 5 formano dunque uno de’più importanti di quelli H>iritti J poi¬ ché fenza un tal potere un Sovrano mai non farà in grado di prevenire le turbolenze, che può la Religioni produrre nello Stato , nè di applicare quello potente mezzo al bene e alla tallite della Società. Sarebbecer-* tamente affai forano che una Nazione , che una molti¬ tudine d’uomini , che fi unifeono in Società civile pel comune loro vantaggio, perchè poffa ciafcuno tranquil¬ lamente provvedere a - ' fuoi bifogni , attendere alla fua perfezione e alla fua felicità , c vivere ficcome convie¬ ne a un Ente ragionevole; che una limile Società , di¬ co , non avelie Diritto di feguire i fuoi lumi nell’og¬ getto più importante ; di determinare ciò ch'effa ere- de più conveniente rifpetco alla Religione, e di veglia¬ re, acciocché nulla \i fi mefcoli di pericolofo odi no¬ civo. Chi oferà contendere a una Nazione independen- te il Diritto di regolarli in tal articolo , ficcome in qualunque altro , fecondo i lumi della fua cofcienza ? E quan- delle Genti . *43 E quando una volta ha ella fatto fcelta di una Reli¬ gione e 1 un culto , tutto il potere che le appartiene per mantenerlo, regolarlo , dirigerlo e farlo offervare, non ha forfè potuto conferirlo a! fuo conduttore? Nè (lavi chi dica che la cura delle cofe facre non appartiene ad una mano profana : quello difeorfo non è che una vana declamazione al tribunal della ragione. Niente v’ha fopra la terra di più aiigufto e di piu fa- ero di Un Sovrano. E perchè Dio, che lo ehiama per fua provvidenza a vegliare alla fallite è alla feliciti dì tutto un^ popolo , dovrebbegli poi levare la direzione della piu potente filila, che taccia muovere gli uomi¬ ni ? La légge naturale gli aflicura un tal Diritto cori tutti quelli, che fono ellenziali a un buon Governo5 nè fi vede nulla nella Scrittura, che cambii quefta difpo- fizione. Appo i Giudei nè il Re, riè alcun altro pote¬ va innovare un apice nella' legge di Mosè ; ma il So¬ vrano vegliava alla fua confèrvazione-, e reprimere fa- peva il gran Sagrificatore , quando egli fcòlbvali dal fuo dovere . Dove fi troverà nel Nuovo Teftamento , che un Principe Criffiano nulla non abbia a dire in materia di Religione (*). La fommiifìone e l’ubbidien- za (* ) Il Principe ha da dire e anche da fare in materia di Re¬ ligione , ma mente ha da dire, nè da fare, che non fa degn® di un Principe Crmiano . O vuolfi una Religione politica ed urna- na , o pure la rivelata e divina . Nel primo calo può il Pria- C T e j n e ^ arC tutt0 c ^ e sii piace: nel fecondo bifogna eh’ egh di (tinga a gli elfenziali confiitutivi della Religione dai fuoi l C | CC j 1 ^ 1 ’ ^ dogma dalla dilei piina , ciò che ellcr dee invaria¬ bile ed eterno per voleie dei Sovrano legislatore , da ciò che variar può coi variar de’ tempi e delie efreoftanze • Ecco il di - ritto , che la legge naturale gli ajjìcura per la direzione della [»+ fio. della Religione quanto ai fini della vita prefeme , rimanen¬ done direttrice la mano di Dio quanto all’altra vita . II gran Sagrificatore poi veniva reprefio dal Re della Giudea , perchè n era 144 // Diritto za alio poterti fupcriori vi c chiaramente e Qirnv mente prdcrina* In vano reiempio opporrebbe dep ApoftoJd che annunziarono il Vangelo malgrado i So* vrani. Chiunque vuol allontanarli dalle regole ordina¬ rie > ha mcttierì di una m fittone Divina , e bi fogna che confermi coi miracoli la facolti ricevuta * Non il può contrattare al Sovrano il Diritto di ve¬ gliare > acciocché non fi mefcolino nella Religione tofe contrarie al bene e alla fa Iute dello States e pcrciugli appirtiene di e fi minar la dottrina , e di prefenvert quello 3 eh* cfTer dee Infognato * e quello eh* effet ice taciuto « §. 140, B*e impedire che non fi abufi della Religione ricevuta . Il Sovrano dee ancora vegliare attentamente, accioc¬ ché non fi abufi della Religione ttabifita , o fervendoli della difcipjjm per appagar Podio fuo , la fui avafi- zìa , o le fue altre piffloni , o prefentando la dottrini lotto un afpecto pregiudicicvole allo Stato, Immagina¬ zioni (travolte , devozioni ferafiche , fu Mi mi fpeciib- zioni, q U ai frutti produrrette voi nella Società , tt n™ vi trova fte che fpiriti deboli e cuori docili ? Rinunzia ai Mondo , abbandono generale degli a fifa ri e del la¬ voro ancori : quefta Società di prete fi fimi diverrebbe h predi facile e Scura del primo vicino ambizioni a fc folle laidata in pace, non fopravviverebbe alla pri¬ ma J. f ^ h A n'ei-a egli il Sovrano Co«; osgi ^ un „„ Sagritì, tore , che ha proprio dominio n > u c j i r 1 fla bene eh;: Principi noti»Cca™ I ‘ llddl , cod ' alc T j «ff«r di una pedala , di C l £ \f ‘“W- , ]of ° Scat «*■> ¥'*, '»•» “'»> iHiiràdsS'sJ/i.’ssf 4 I delle Genti. i4j ma. generazionei i due fedì, coalàerando a Di 1 la lo¬ ro verginità, verrebbero meno ai dilegui del Creatore , alla Natura ed allo Stato* E 1 dolorofo p& Mìffiona- rii, che fcorgafi evidentemente, dalla Storia ftefla del¬ la Nuova-Francia del R Charlevoix, che i loro trava¬ gli furono la principil cagione della rovina degli Ufo¬ ni , L'Autor dice efpreDfamente che affaldimi di que 5 Neofiti non volevano piti peniate che alle cofe della Fede i che dimenticarono la loro attività e il loro va¬ lore i che $* imrodufTc la difeordia fra loro e il rima¬ nente della Nazione ec* Quello Popolo fu tolto diftrut- to dagl" Irochefi , eh' era egli flato avvezzo a battere per 1’ addietro (a). 141. ^Autorità dei Sovrano fu ì Minili ri della Religione * Alla ifpezione del Principe fopra gii affari e le ma¬ terie della Religione, abbiamo congiunta l'autorità fu à Miniflrì, Senza quefl'ultimo Diritto il primo è va¬ no ed affai inutile 1 V tino e 1* altro di Rendono dagli fi e ìli pr incipit . E’ affurdo e contrario ai primi fonda¬ menti della Società , che Cittadini fi pretendano inde- pendenti dall'autorità Sovrana* in funzioni sì impor¬ tami a! ri polo , alla felicità e alla fa Iute dello Stato* E* quello uno fhbilire due pndeflà independenti in li¬ na fteffa Società : princìpio certo di difeordia , di tu¬ multo e di rovina. Non v'ha che un poter fupremo nello Stato, le funzioni de' Tuba Itemi variano fecondo il loro oggetto : Ecclefiaftici , Magi finti, comandanti delle truppe, tuta fono officiali della Repubblica, cia- feu- (a) Vedi la Storia dilla Nawa*Frami*> Lib* V, VI. e VIL K i 46 11 Diritto fcuno nel fuo dipartimento; tutti fono egualmente oli 4 bligati a render conto al Sovrano. (*) §. 142. datura di quefta autorità. Per verità il Principe non potrebbe con giudizio obbligare un Ecclefìaftico a predicare una dottrina > a feguire un rito , che quelìi non credette grato a Dio. Ma fe il Miniftro della Religione non può a quell’ uopo conformarli alla volontà del Sovrano, abbandonar dee il fuo porto , e confiderarfì come un uomo, die non è chiamato a foftenerlo j ettendo perciò due cofe necettarie , infegnare e procedere con (inceriti, fecon¬ do la fua cofcicnza, cd uniformarfi alla intenzione del Principe cd alle Leggi dello Stato. Chi non fi adire- (*) E’ parere di giallo Enningio Boemero ( Introd• Ad fa Pubi. Univerf Lib. il. Cap. V de Jur Imper. circa SdCr^ 5. 17. ) e di molti altri Eterodottì , che il Sovrano in quanta di fedele fi a membro , ficcome tutti gli altri laici, di un Collegio eguale , figlio , fuddito e difcepolo della Chiefa. Pollo un tal principio non ha egli alcuna autorità (opra le cofe , nè f°P r3 le perfone Ecclelìaftiche relativamente alla ettenza della Reli¬ gione , che ha per oggetto 1’ eterna beatitudine , ma folamente per gli tfletti civili , che riguardano la terrena felicità . giova T opporre che vi faranno due podeftà independenù in un& fiejfa Società, purché non ci fieno nel medejìmo genere di coje e rapporto a un mede fimo fine , Le cofe della Religione, in 3 uatv# to etta abbraccia le verità rivelate e la maniera di culto , on¬ de Dio vuol e fiere adorato, non ammettono veruna direzione, e gli Ecclefiaftici non tono fubalterm , che debbano render con¬ to al Sovrano, ficcarne i Magiftrati e i Comandatiti , quando e- glino fi reftringano nell elercizio delle loro funzioni , che f° n .° d’inlegnare il Catechiimo c di amminifirare i Sacramenti. bero ed immune è il loro minifiero a ma libere però non fono ed immuni le loro perfone , foggecte egualmente che gb alti» luciditi alla Sovraaa automa - de Ih Genti . rebbe a vedere un Vefcovo refirterè audacemente a.ll ordn.i del Sovrano, ai Decreti de’ Tribunali fupremì e dichiarar {biennemente eh’ egli non fi crede obbliga¬ to a render conto che a Dio folo del potere , che *Vi e affidato? & $• 143 * Regola da offervarfi rifletto agli EcclejUjlici, . -^. 3 lln a l tro canto, fe il Clero è avvilito, farà fuo¬ ri di flato di produrre i frutti, a cui è deflinato il fuo miniftcro. La regola , che deefi a tal uopo feguita- re, può eflere concepita in poche parole; molta flima , ridimi Dominio c ancora meno independenza , 1, J[ Clero , ficcome ogni altro ordine , fia fotromeffo nelle fue funzioni e in tutto il rimanente alla pùbblica po- defta ed obbligato a render conto della fila condotta al Sovrano. 2. il Principe abbia cura di rendere i Mi- mfln della Religione oggetti di riverenza al Popolo ; loro confidi il grado di autorità neceflàrio per adem¬ piere con frutto !e loro incombenze , e li foflcftga all’ uopo col potere , che ha nelle mani . Ogni uomo in carica effer dee munito di Un’autorità, che corrifponda alle fuc funzioni 3 alzamenti non potrà convenientemen¬ te esercitarle. Non veggo alcuna ragione di eccettuare il Clero da quella regola generale : foltanto il Prin¬ cipe veglierà piu particolarmente, acciocch’egli non a- oufi della fua autorità , elfendo la materia più delicata infieme c di pericoli più feconda . S’ egli rende il ca-> ratteie aegli EcclefiaAici rifpettabile, avrà cura che que¬ llo ri (petto non giunga fino a una fuperftiziofa vene¬ razione , fino a riporre nella matto di un Sacerdote ambiziofo redini potenti per condurre tutti gli {piriti deboli a fuo talento. Toflo che il Clero fa un Corpn a parte , elfo è formidabile. I Romani C IpeiTo flotti K 2 cite- 14 & li Diritte citerem- ) i faggi Romani prendevano nel Senato il Sommo Pontefice e i principali Miniflri degli altari; Eglino ignorarono la (Minzione di Ecclefiaftici e di Laici : tutti i Cittadini erano della fìclla profeflion?. < 5 . 144. R ccapitolacùone delle ragioni , che [labilifcoM 1 Diritti del Sovrano in fatto di Religione ,, con autorità e con efempi. Togliete al Sovrano qu do potere in materia di R- el " gione, e multa autorità lui Clero} conte veglierà e® 1 acciocché nella R' ligior, e nulla lì mefcoli di contrario bene dello Stato? Come far; in tpodo che venga * n c ? n j^ ta c praticata Tempre nella guifa piu conveniente a P u • blico bene? E foprattutto come andrà incontro alle tur bolenze , clt’effa può cagionare, o per li dogmi , 0 1 '^ la maniera , onde verrà la difciplina elcrcitata n , quelle altrettante follccitudini ed altrettanti D‘* vei ‘ ? che non p ffono convenire die al Sovrano 5 ® nulla varrebbe a dilpenfarlo. , Però veggi 'ino noi che i Diritti della Corona) le materie Eccita adiche , furono fedelmente e an .^ temente foderivi ti dal Parlamento di Francia. I {frati faggi ed illuminati , che compongono quette 1 ' luftri Compagnie, fono penetrati dalle ni affi me ) cae J fana ragione detta fu tale quidione . Sanno eg lin0 ‘ qual momento da il non permettere che {attragga*'1 y la pubblica autorità una materia sì delicata , sì dtel1 nelle fue conneffioni e nelle fue influenze, e à ‘^P 01 ? tante nelle fue confeguenze. E che! gli Hcclefiaftict I* avviferanno di proporre alla Fede de’ Popoli . quale» punto ofeuro, inutile, che non fa parte ciTenziale et la Religione ricevuta; fepareranno dalla Cbiefa, di« a * meranno quelli che non moflreranno una cieca crocili 1 * 1 > negheranno loro > Sacramenti , perfino la ippoltura» c il I delle Genti , * 4 9 H Principe non potrà proteggere i fudditi fuoi, e pre¬ ferva re il Regno da «no fcifma pericolofo ? I Re d’Inghilterra hanno accurati i Diritti della loro Corona ; fonofi fatti conofcere Capi della Reli¬ gione ; ed un tal regolamento non è meno approvato dalla ragione che dalla fana politica . Lffo è ancora conforme all ufo antico . I primi Imperatori Cri fila ni efercitavano tutte le funzioni di Capi della Chiefa : facevano Leggi circa le materie ad effa concernenti O); congregavano i Concilii, cui preludevano; eleggevano e . deponevano i Vefcovi ec. Hinnoci negli Svizzeri va¬ rie Repubbliche , i cui Sovrani tutta conofcendo la e- ftenfione della fuprema autorità , hanno l'aputo fotto- porvi i Mi ili fi ri della Religione, fenza inquietare la loro cofeienza. Hanno eglino fatto {fendere unFormo- laiio della dottrina , che debb’elTere predicata, e pro¬ mulgate le Leggi dell’ Ecclefìaftica difciplina , tal qua¬ le vogliono vederla efcrcitata ne’ paefi della loro ub¬ bidienza , affinchè quelli che non Vorranno conformarli a tali ftabilimenti , fi aftengano dal confecrarfi al fer- vigio della Chiefa . Tengon eglino tutti i Mini (tri del¬ la Religione in una legittima dipendenza, e la difcipli- nà non lì efercita che fotto la loro autorità. Non v’ ha apparenza che li veggano mai in quelle Repubbli¬ che tumulti prodotti dalla Religione. (*) §■ 145. (a) Vedi il Codice Teodojiàno . (*) Ma non vi ha n'e pure apparenza , che colà fi vegga la vera Chiefa , alla quale e non ai Principi è prom ella da Crilìo la infallibilità , e di cui elfenzial carattere e d' edere una. Ca¬ lla offervare che nell’ Inghilterra , dopo la infaufla epoca dello Sciima d’Arrigo Ottavo, fonofi ftranamente moltiplicate le Set¬ te, e che in generale tra i Protellanti , che non hanno centro di unita , lono tante le Religioni , quante le tede di coloro che le profilano . La fapienza de’ Principi Cattolici , per con- K j tene ' Il Diri lift 150 §. 145 . Tcrniciùfe confeguenz? del fenCitmm contrario . Se Gonfiammo c 1 ilici Succcffori fi fodero fimi nofeere formalmente ficcarne i Capi della Religione, fé i Re e i Principi Cri (Ha ni avellerò Imputo nerfi a tal Uopo i Di ri r ri della Sovranità , fa rabbonii ni 3 i veduti gli orribili di Cordi ni , cui prodtiflcro l^r foglio e r ambizione di alcuni Papi e degli Eccidi^ ìlici animati dalla debolezza de 1 Principi e foflenut* dalla fLipcr(liz.ione tic Popoli i Rivi di fanguCj ' c V l to per contro ve rii e fra te le he y per qui filoni fpctubTurt fpeffo inintelligibili , e quafì fempre sì imitili m Iute delle anime, come per fe me de fi me indifferenti a bene della Società ; cittadini , fratelli , armati g» * n contro gli altri; i fiuidìtì levati a feditone; l^ xl c Regi balzili dal loro irono : tantum rc!liji Q fuaderc malotum 1 E' nota la Storia degl Imperiò Arrigo J V. , Federigo L ? Federigo IL, Eoduvico Eavaro ♦ La ipdependenza degli Ecrlefiaftici ed p ; ma , nel qual fi fot rum et tono gli affari della a una Potenza llranicra , non Immerfe forfè U i " ian " negli orrori della Lega , e non la privò quali de glume e del più grande de’ fuoì Re? Senza un ^ itrr no e pericoloso fittemi farebbefi mai veduto un ^ ef °’ LI Pontefice Si fio V. > tentar di violare U Légge fondi' mentale del Regno > dichiarare un legittimo erede u 1 - ca- *■ -*^>.^ 5 - « tenere in officio gli Ecc fejRaHici , non ha meftieri ni dell efljj pio di Arrigo V1IL, nè del Formolano degli Svizzeri* aY - , p èli a trovato tl giouo mezzo per (cibar di eia la prerogativa Sacerdozio > a cui e raccomandato jj iacro deporto delta r Os todoiia , lenza pero compì ometter punto i Dirirt* della Sovranità . ditte Genti. t y i capace di portar li Corona ? Sa re b beli mai veduta , in altri tempi e in altri luoghi (a) y la Succhione refi incerta pel difetto di una formalità 3 di una difpenfa di cui agiravafi la validità 3 e che un Prelato ftranicr j pretendeva che a lui fpcttaiTe il Diritto di accordare? ftircbbefì veduto lo ftranidro fteflo arrogarfi il porci e di pronunziare fulla legittimità de 1 figli di un Re? Si- rebbonfì mai veduti Re trucidati per le confegnenze di una deteftabile dottrina (bji una parte della Fran¬ cia non ofar di riconofcere il migliore de 1 luci Re (c)i prima che Roma V a verte profeiolto; c molti al¬ tri Principi fuor di flato di dare una iodi pace al loro Popolo 5 perchè nulla potè va fi decidere nel Regno fonia condizioni 5 che intereffavano la Religione (i)? (**). & 146. » +J5ut- -fc ^ ■>, „ n ttf) Nell 3 Inghilterra fot co Arrigo Vili, il) Arrigo III. e ArrigoIV. trucidati da fanatici, che crede- Vanii di fervir Dio e la Chiefa pugnalando ii loro Re, (r ) Arrigo IV, Sebben rientrato nella Chiefa Romana ailàif- fimi Cattolici non ofavano ricouofccrlo * prima che avdshegli ricevuta V affoluzione dal Papa. [d ) Parecchi Re di Francia nelle guerre civili di Religione. (’**) NelP ultimo Articolo del i il N, A. afìerifee contro V a uteri fa degli Storici monumenti, che i primi Imperatori Cri - fiimii cffrettavano tutte te farnioni de Capi delia Chi e [a ; c in quello egli dice che le Co fantino e i juaejjarì juci fi foffere fatti conojeere far mai mente ficcarne capì delta Religione , non I irebbero pati i tanti di tordi ni 3 che va egli enumerando, SegueBa non c, qual altra mai tara aperdfTìnis contraddizione ì quando pur Vcfcr- citar tutte le funzioni di Capo delta Chi e fa T non folle colà diverta dal tarfi per tale riconofcere formalmente . Noci fi vcgiion già ne¬ gare gli a bufi fatti della podeftà delle Chiavi ; ma ni un Diritto larebbe (alvo, dove ad infermarlo baOalfe V abufarne. DJ che non hanno mai gli uomini a bufato ma film a mente in fecofi bar* bari e tenebrofi ? Non abufaron fori e anche 1 Sovrani della ec¬ cella loro prorogati va ? La Clnefa fola non ha abufa co m alcun tempo , ne abuUr può dell autorità a lei data da Cri Ito. ; U Chi e là che il fonte fi c d’ogni fpirituale giuri fdz ione, la Clùefà chedetelUc riforma gli abjlfi. e delitto capo e delle ine membra * li Diritto *4 6. Efpofizione degli abufi . 1. La potenzi de * Tapi. Tutto ciò cine? di fopra abbiamo flabilito , difcendc sì evidentemente dalle nozioni d’indipendenza e di So** vranità , che non farà mai rivocato in dubbio da un uomo di buona fede , e che voglia coerentemente ra¬ gionare. Se regolar non fi può definitivamente in uno Stato ogni cofa fpettante alla Religione , la lvcligi° nc non è libera, ed il Principe non e Sovrano che a me¬ tà . Non v’è fcampo : o ciafeuno Stato effer dee p' drone in cafa propria per quello contò , ficchine ptf qualunque altro ; o farà d’uopo accettare il fìflema d* Bonifacio Vili., e riguardare tutta la Criftianità Cat¬ tolica Romana ficcome un folo Stato, di cui il P 01 ) 1 ^ fice farà il Capo fu premo , e i Re faranno ilratori fubordinati del temporale, ciafeuno nella hu Provincia , in quella guifa appreffo a poco che furono da principio i Sultani fono 1 * Impero de’ Calila* / noto che quello Papa osò fcrivere al Re di Fianci- Filippo il Bello, Jcire te volùmus , quod in fp ir ittiah* bus & temporalibus nobis fubes {a): Sai che tu k a noi foggetto sì pel temporale che per lo fpirituale* B fi può vedere nel Diritto Canonico (b) la fua Bolla t Inani fanffam , nella quale egli attribuifee alla Chiefa due fpade , ovvero una doppia podeftà , fp’ n " male e temporale , e condanna quelli che penfano al- tramenti , liccome uomini , che ad efempio de Mani¬ chei, (a) Turrentino , Htft. Eccle/iaft. compenditi™. , pag. i8*., °°“ ve li potrà pur vedere la vrgorola rilpoda del Re di Francia- . ( b ) Extravag. ccmm. lrb. i. t ,t. de majontatc & obedicn- di Ih Genti. elici, ftabiiifcono due principili dichiarando per ulti¬ mo eh’è un articolo di Fede , necessario alla falute , il credere ebe ogni creatura umana è fottopofla al 'Pontefice di Roma ( a ) . Noi conteremo 1 * enorme Potenza de’ Papi pel pri¬ mo abufo prodotto da quefto fiftema , che fpoglia i Sovrani della loro autorità in materia di Religione, Quefta Potenza di una Corte ftraniera è affolutamente contraria alla independenza delle Nazioni c alla Sovra¬ nità de* Principi . Uffa è capace di feonvolgere uno Stato , e dovunque è ricoriofeiuta è imponibile che il Sovrano eferciti l’Impero nella maniera più falutare al¬ la Nazione, Ne abbiamo già addotta la prova in mol¬ ti tratti notabili , precedente : la Storia ne offre fenza numero. Avendo il Senato di Svezia condannato Trolie , Arcivcfcovo d’Upfal , per delitto di ribellio¬ ne 3 ( a ) Gregorio VII. tentò di foggettare tutti gli Stati delP Eu¬ ropa a pagargli tributo. Pretendeva egli che V Ungheria , la Dal¬ mazia , la RulTìa , la Spagna, la Corlica gli appartenessero pro¬ priamente , in qualità di Succedere di S. Pietro ; che follerò Feudi dipendenti dalla S. Sede. Gregor* epifi . condì, toni. VL edit. Hardum. Citò f Imperatore Arrigo IV. a comparire alla fua prelenza per dilcolparfì d .Ile accule di alcuni de’ ludditi fuoi ; e llante la dilubbidienza deli’ Imperatore ei lo depole. Finalmente ecco il dilcorlo da lui tenuto al Concilio congregato in Roma per tal affare : yigixe nunc quecfio , patres & principe $ fanèiiffimi , ut omnis mundus inlelligat & cognojcat , quia fi po m tefiis in cesio ligare & johoere , polefiis in terra imperia , regna , principati , ducatus , marchiai , comiiatus & omnium hominum poffejjìones prò mtritis tollere umeuique C7 concedere • Natal. A** iexand. dilfert. hift. eccl. (eft. Xi. & XII. pag. v Il Diritto Canonico chiaramente decide che 1 impero e iot- tornello al Sacerdozio . Imperìum non p ree e fi [acer dotto > efi & ei obedire ienctur . Rubr, cap. VI. de major. & °^d. Et efi multum allegarle , aggiugne con compiacenza l autor delia rubrica. k// Diritta ine , a dar la fui dcmiflìone e a finire i fuoi giorni in tin Monaftero , il Papa Leone X. ebbe l’audacia di fcomimicare 1 * amminirtratore Stenone e tutto il Sena¬ to e di condannarli a rifabbricare a proprie fpefe una fortezza dell'Arcivefcovado, eh* eglino aveano fatto de¬ molire, e ad un’ammenda di cento mille Ducati verfo il Prelato deporto (a). Il BarbaroCriftierno, Re di Da- ni marca , fi munì di un tal Decreto per defolarc laSve- 2Ìa e per verfar il fangue della fua più illuftre nobil¬ tà . Paolo V. fulminò un interdetto contro Venezia > per Leorgi fa pienti ili me di buon Governo, ma che di- ^piacevano al Pontefice , e pofe la Repubblica in un impaccio, da cui durò fatica a liberarla tutto il fenno e tutta la fermezza del Senato . Pio V. nella Bolli Carnei Domini dell* anno 1567. , dichiara che tutti i Principi , che mettono nei loro Stati nuove gravezze > di qualfivoglia natura fieno , o che aumentano le anti¬ che , purché non abbiano ottenuto l’ approvazione della S. Sede, fono fcomunicati ipfo fatto. Non c forfè que- ^ fto un attaccare la independenza delle Nazioni c un rovinare l’autorità de* Sovrani? Ne’ tempi calamitofi, ne* fecoli di tenebre, che p^ cedettero il riforgimento delle lettere e la Riforma ? 1 Pap?^ pretendevano di regolare gli andamenti de vrani fiotto preterto ch’etfì intereffano la coficienza, gÀ u- fe iti oltre non gli vengono [pedice Bolle lunghezze ebbe ad incontrare Ar- ssai'ii ri° ts&Sust.*■**"<&>*> «*"**- T wau V ■ 7 p a , re al * Arci vef co vado di Sena K" naido dt Baune Arc.rdcovo d t P Hlrges , che avca lavatala franc ta ricevendo q B eiio g ran Re )ld dg[ia Chic f a R 0 . ■ delle Genti. 157 Società e dimenticarli 1 primi dementi dell’arte di re¬ gnare? Un Sovrano prudente riceverà mai uomini, che predichino maffime fomiglianti ? Di più non occorfe per £ar tutti diacciare i Millionarii dalla China. §. 149. 4, Celibato de' Sacerdoti , conventi. Per alfiicurarfi tanto meglio la devozione del Clero è flato introdotto il celibato degli Ecclefìaftici. Un Sacerdote , un Prelato , già Areno alla Sede di Roma dalle fue funzioni s dalle fue fperanze , trovali ancora difta.ccato dalla fua patria in grazia del celibato,ch’egli c sfl-rzato ad oflervare . Non è unito alla Società col vincolo di una famiglia : i fuoi grandi intereffi fono nella Chiefa ; purché abbia il favore del fuo Capo , mon fi piglia briga di cos’ alcuna ; in qualunque paefe fia nato , Roma è il fuo rifugio , il centro della fua patria d'elezione. Ciafcuno fa che gli Ordini Religiofi fono a guifa di altrettante milizie Papali, fparfe fopra la fu perfide della terra , per {ottenere e promuove¬ re gVinterelfi. della loro Monarchia. Ecco, non v ha dubbio , un abufo Arano , uno fconvolgimento delle prime Leggi della Società. Quello non e tutto i fc i Prelati follerò ammogliati , potrebbero arricchire lo Stato di un gran numero di buoni Cittadini , P°f cl ^“ che i pingui lor beneficii fomminiftrerebbono ad efli i prezzi di dare ai loro figli legittimi una convenien¬ te educazione . Ma quale moltitudine d’ uomini nei Conventi {otto manto di divozione conficcati al ozio. Egualmente inutili alla Società e in pace e 10 ? non la fervono nè colle loro fatiche ne e pio e lon neceffarie , nè col loro coraggio negli eferem ; e non¬ dimeno godono rendite irnmenfe : infogna che ri del popolo fupplUbano al mantenimento di quelli feiami di sfacciati. Che direbbe!! di un colono, che prò- 11 Dirittè proteggere inutili eilabroni per far loro divorare i! miele delle fue api? (a) Non è colpa de’ fanatici pre¬ dicatori di una fantità tutta celefte, fé tutti i loro de¬ voti non imitano il celibato de’ Clauftrali . Come mai i Principi hanno potuto foffrirc che fi cfaltaffc pubbli¬ camente per una fublimc virtù un’ufanza egualmente contraria alla natura e perniciofa alla Società? Appo i Romani le Leggi tendevano a feemare il numero de celibatari! e a favorire il Mitrimonio ( b). La fcper- ftizione non tardò ad attaccare sì giulìe e sì fa vie di- fpofizioni : gl’Imperatori Crifliani, perfuafi dagli Ec- clefìaftici ? fi cedettero obbligati di abrogarle (c)> Di' verfi Padri della Cbiefi centrarono quefte Leggi? fat m te certamente , dice un grand’uomo (ci), con uno zelò lodevole per /’ altra vita ; ma con pocbifjtma cognizione degli affari di qucfla. Quello grand’uomo vivea nell* Chicfa Romana : non ha egli però ofato dir chiara- mente che il celibato volontario fa condannabile ? che relativamente alla cofcienza e agl’interelH di un altra vita. Conformarli alla natura , adempiere i dife* gru del Creatore , cooperare al bene della Società, ec¬ co, non v’ha dubbio, una condotta degna della vera p * a . Se alcuno è in grado di mantenere una famiglia > {ì ammogli 7 dia una buona educazione a’ fuoi fgb 5 fa- (<0 Quefta rifleflìone non riguarda le cafe Religiofe , dove fi colevano Je lettere. Stabilimenti, che offrono ai dotti un pia* gSL nt ««V t ? tt S , 0 Z c°. e tutca la tranquillità , cui richiede lo itudio profondo delle Scienze , f 0n0 l em p r e dégni di lode , e poflono eiiere molto utili allo Stato, P ® La Legg e Papi a-Poppa a „ Q) Nel Codice Teodoiìano. Le u i d > 11 si S‘ 10r ^fidente di Montefquieu nello Spirti» delle delle Genti . {irà il filo dovere , e farà veramente nel fentìero della fallite. (*) §. ifo. 5. Tretenftonì enormi del clero 5 preminenza . Le enormi e perì col afe pretenfìoni del Clero fono incora una conferenza di quello fi firma , eli e fot trae dalla podeftà civile tutto ciò che {petta alla Religio¬ ne. Primieramente gli Eccìefìaftiei furto preteflo della fantità delle loro funzioni hanno voluto innalxarfì al di fopra di tutti gli altri Cittadini, eziandìo de' prin¬ cipali Magidrati ; c contro l’efpreffo divieto del loro Maeftro, che diceva a’ fuoì Apoftoli, non cercate i pri¬ mi i* ) Cosìi ben difcùiTa dà unti Scrittori b fiata la quiftiorac del celibato degli Ecclefiaftici, che non fi ha piò a temere che facciano fuco le vane declamazioni * Nifiìmo è sforzai» ad ofo forvt'C il celibato t perche nifTuno è sforzato ad abbracciare la Stato Ecclefipftlco j e chiunque fra i tanti celibi abbraccia per smpullo di vera vocazione lo Stato Ecctcbaflico * non ha pun¬ to a dolerli , anzi e contento appieno della Legge della Coirai- nionc Cattolica , che lo vuole celibatario . 1 pretefì ine ori ve- nienti poi addotti dal N. A. contro il celibato fono tutti car¬ nali T quali che politica eller dovefìe la nofìra tenta Religione » é non lolle il Sacerdozio jfìituito pel miglior fervigio Divino e per V utilità eli un 1 altra vita * Sebbene ancor temporale mente quanti Stati Cattolici farebbero defedati (fimi lènza i! Celibato degli EcdeJìafHci / Moltiplicare di lovertbio la popo¬ lazione dove non abbondi la indaflria > dove non abbiali una vada marina 3 dove non fi tengano in piedi Eterei ti numero!! * dove manchino le miniere , le colonie ec, farebbe fi colmo del¬ ia infelicità agli occhi di una politica non rutena * che quadrar non voglia ad ogni paefe , ad ogni clima un ^articolar ifitema di Governo , ottimo per avventura alla Nazionej che per fe fi ha creato , e peifimo per un altra che votefle subita rto «ieca- mente ec< itfo 11 Diritto mi pijfli iìt' conviti, IVn li iir «/ .co qinfi per ogni do- ve i! primo feggio. Il laro Cipò nella Chicfa Il r vm^ m f fa baciare i piedi dai S -vrani i gl’ Tipperafori «n* nero già la briglia del fu > cavili j e le i Vefcovi 0 filmati Ài c]-di ' , I ‘pofi spiatimi di rilevare e lc ' dare quel etto irti bacillo j che li altri bui Tee all raror Tcodofi*» L , ^ fibromi j m'ha infrgmtù diftanza, eh? pafsi dall'Imparo al Sacerdozio ! L* abbiam già dtrrrn, gli Lede battici dt-bbon tffrre Qm norati $ ma la mode fin , ,j 71 ruralità loro convita » e loro flà firte bene per fé m ed eli mi dimcritk^m mentre che la predicano agli iltu? Non parlerei ^ ia vano ceremooiile , le non avelie conseguenze troppa reali per V orgoglio che ifpira a molti Siceojoo, per le imprefU inj, che fjr pud lullo fpirito de P^P?. Il* E f cofa cfTcnziale al buon ordine , che \ ^ non veggano nulla di sì rispettatile nella SotK[ a . me il loro Sovrano s e dopo hii quelli 7 a cui c & 5 affida ima parte della fu a autorità. $- 1 5 *■ , immunità, cali P rrlefh fliri non fnn/»fi ir*, nn d b?I {41 TtfH#»*» qi tantum' homo tifi* ’ S A f flislaio Onchovius. /mie ( ribbeLbov. Exere, j. ad BarOiv nu nàì. Sere/. 2*, & Pii ornai. ^ Lance il. / dxIle Gerir L i^i loro funzioni» aiutati dalla Corte di Roma» Iranno in- olnc tentato di fewtrarfi totalmente c per ogni conto alla politica autori^. Sì videro tempi, in cu? non po - tevafì per quali]voglia caufa far comparire un Ecdefia- [beo davanti a un tribunal feeolarè (a), lì Diritto Canonico lo decìde formalmente così: E' indecente , ftà icritto in cflu , che i lai&i giudichino un homo di Chic- fa (b). I Pontefici Paolo IIL 5 Pio V.» Urbano VIIL» icomunicano i Giudici Laici » che oleranno arrogarli di giudicare Ecclcfiaflici. I Vefcovi Pelli dì Francia non hanno temuto di affé ri re in più deca Goni che mn difendevano da ver un ‘Principe temporale . Ed ceco i rei mini » di cui gìq valerli ] Aflembltea generale deì f Jero di Francia nel 1^56^* Efjendo finto letto il Deere* 1 f Con figlio y fu difapprovato dalla Compagnia ^ per¬ chè Inficiava il He giudice de Ve [covi , e ficmbra che fot- ^ La Congregazione dell Immunità ha dccifo che tocca al Giudice Ecciefkfiico la cognizione del delitto di lei a Mae fi a * anche contro gli EcclefiaPici : Cognitio tanfi* cantra Ealefwfti* co* , etìam prò delia* Ufi* ma fi fimi ì , fieri debet a j udire Ec- eie fi; api co „ A pud Ricci, Synopfi, Darci. <& refioh S, Cenere?. Im¬ munità pag. ioj, Una Collimatone di Urbano VI. chiama [acri leghi i Sovrani ovvero 1 Magi!traci , che efilieranno un Eccldiaifico dalle loro terre 1 e dicniara che Innoo incorda la {comunica ipfio Ja3a - Gap. ìT , de foro compet. in VII, Aggiugnere a quella immunità la indulgenza de’ tribunali Eo clefiaftici verfo i Cherici , che da loro non mai li punivano fé nc n con pene leggiere per li più gravi delitti * Gli orribili di- fordjni , che ne derivavano , prodiero dualmente ii rimedio in Trancia , dove ii è lòttopoflo il Clero alla giuri fd irtene fè¬ ccia re per le colpe che offendono la Società. Vedi Papon, de* cren notabili, hb. 1. tit. V. aci, 34. 1 h ) _ Indecornm e fi Lai coi homines idrù. r Ealefiiàfiieos judiear? a Gap* iu nova anione n. XVI, quaelL 5 . L 16 z il Diritto fottmetta a fitti Giudi;: U Ur.■ immutiti (è). H»^ noci Decreti di Papi , che fcotnuTtieauo chiunque avrà porto in prigione un Vcfcovo. Secondo le miitiaie ci Koma , un Principe non ha pndclte di punire capital¬ mente un LLccIetlaftico ribelle o ma 11 et tare ; eh egli fi riva lgi alla Podctla tccUfiaitica 7 c cjudti confegneri, fc le piicé^ al btaccio fecola re dopo aver lo degradato (b). Veggcmfi nella iloria mille (d) Vedi tradizione di fatti fui fifitma d mdfpttdwZ* éci j/ /' Vi) -L'anno ijij- avendo un Curato del Cantone di ^tr¬ ita riddato di comparire davanti ai Cordiglio Supremo, _ listo da! Cantone per U ina dilubbidicnza- Il vC ^ 0V ° ] vfl fi anza Dioceiano osò bene (crivere a quel ( r. rreho o* , violata 1 immunit'a Eccidi affici! , eoe non c ?( ,!o - 1 '' , Minijin dette Divinità ai giudìzio dette Pfdtf* empìrei • * ■ provate furono quelle lue pretei,toni dal Nunzi- - £{i;) dalla Corte ci Roma . ma il Conimi o di Lucerna lo finn* ^ fermezza i Diritti della sovranità , e lenza entra rein veilia col Vefeovo , io che non larebbe convenuto a a ^ gf.it a , gli rifpnle . ,, V. A. Revercnddltma otatao t P^ ( , SS. Padri , che nor pur allegar potremmo a nolfrt , re c(m qualor fi trattane di ciò, o che folle d uopo conati ^ d _ citazioni. V, A. R fia certa che no; abb'amo.Duttto le ^ „ tare alla nodra preftnza un Prece , noi Ire iuddirc n« nC1B . „ che uiurpa » noli ri Diruti, per ammonirlo delia bbdifD . „ JJ, sferrarlo a corregger!;, e (fante una otturata d.W . „ za , dopo una citazione reiterata, (cacciarlo dai n °’ rre ,‘ n M,- .. Non dubitiamo ancora che quello Diritto non et a Pf‘! - 0 'Ad; „ e riioluri fian-.o a difenderlo Ed in verità non , on . s, proporre ad alcun Sovrano di comparire come p & rCC .. ,; 3 „ tronco di un tal iuddtto diluir laidi cu ce , di rimetterle ,, „ derilione di un terzo .qualunque ita . c di efpQrf- , 2 t,l V ,, elìe v condannato a iuftnre ne iuoi 5 rati un iuddito _ it carattere 3 di qualii voglia; dignità egli fot le > Il Veicolo di Colfanza- era per fin giunto ad sferrare 1 iua lettera al Cantone del giorno iS. piceno bie f ■ ' ,, sii Ectieliaflici 5 toiio chi hanno ricevuto gli ordini w ct T ^ ce!- delle Genti» j65 pi dì Vefcovì , che fono rimarti impuniti, o che flati fono lievemente gaftigati , per delitti che coftavano la vita ai più eccelli perfonaggi. Giovanni di Braganza , Re di Portogallo, fece foffrir giufti fupplicii ai Signo¬ ri ? che aveano congiurato contro di lui $ nè ofò far morire 1’ Arcivescovo di Braga, Autore di una sì dete- rtabile cofpirazionéc (rt) Tutta una clafTe nnmerofa e potente , fottratta dalla pubblica autorità e refi dipendente di una Corte ftra- niera , è uno Sconvolgimento d’ordine nella Repubbli¬ ca , e ima maniferta diminuzione delta Sovranità „ £° quello un mortai colpo Scagliato alta Società la cui efienza è eh’ ogni Cittadino fia fottomeffo alla pùbbli¬ ca autorità. L’immunità, che il Clero fi arroga a tal uopo , è talmente contraria al Diritto naturale e ne~ cclìario della Nazione , che nè pur il Re ha potere di accordarla. Ma ci diranno gli EcclefiaIlici eh’eglino riconofeono da Dio rteffo quella immunità . Intanto ch’eglino ne arrechino la prova, ci terremo noi a que¬ llo infallibil principio , che Dio’ vuole la falute degli Stati, e non ciò che dee ad etti partorire il tumulto e la dirtruzione o §. 152. 7. Immunità de beni Ècclefiaflici< La fteffa immunità viene pretefa per li beni delta Chiefa. Lo Stato potè certamente efentar quelli da o- gni gravezza , ne’ tempi in cui elìì ballavano appena ai 44* , -SOrOC- -9 mettono il celino a qualche-cola ne .14F * Il decimoterzo iccolo nc vide eiempi fi repudi! £r ^ ver voluto foftenerc i Diritti dell' imparo fopri var Provincie dell’Italia , Ottone IV. videfi fcomupiaw , fpogliato deirimp-.ro dal Papa Innocenzo IH.» * fudditi (boi fciolri dnl giuramento di edtltj. r donato dai Principi quello i\emumo . co fi retto a cedere la fna Corona a Feerico 1 * . vanni fenza tivy* , Re d ' Ingiù he rra y joantcnn 1 do i Diritti del ino Regno, nella elezione di un a ctvefcvvo di Cantorbcry, videi! cipero alle ^ „ traprefe dello (Ic-flo Papa. Innocenzo fcomutnca J fulmina un interdetto topi-a tutto il Regno , 0 - 1 ‘ thiararGiovanni indegno del mino, e fcioglic rf 1 u . dici fuoi dalla fedeltà a lui giurata ì lcllcva c °p I j 0 . 1 lui il Clero, provoca il popolo a ribellione; lp cc ‘“ il Re di Francia a prendere le armi per cacciar dal lu ' glio quello Principe , pubblicando una Crocia» ceu«° di Itti', li eco me avrebbe potuto fare contro i Sarete» ■ Parve che a principio volcfTe il Re d*Ingfcilt«® f®, ' nerfì con vigurcs ma tolto, perduto il coraggio) *> 3 feto ddle Genti, \Cy feiò indurre lino a queiTecceffo d’infamia* di rafie-gin- re 1 Cuoi Regni tra !e mani del Papa, onde riprender¬ li da lui , e tenerli ficcomc un Feudo della Chicli > forre la condizione di un tributo (a), I Papi non furono foli colpevoli di tali attentati * offendo fi trovati Concili!* che vi prefero parte, Qu elio di Lione, convocato da Ipnocu-zo IV.* l'anno 1245, > ebbe )' audacia dì citare V Imperatore Federico IT, a comparire 5 per giu Iti fi cari! dalle accnfe intentate con¬ tro di lui, minacciandolo de 1 fulmini della Chiefa , le non ubbidiva * Quello gran Principe non fi preie molta briga di una procedura sì irregolare. Egli diceva ,, che » il Papa voleva farla da Giudice e da Sovrano; men- > tre che dalla più rimota antichità gli fteffi Imperatori -, aveano convocati i Condili* dove i Papi c i Prelati ,> loro predavano * ficcome a lor Sovrani * il rifpctto *> e V ubbidienza dovuta (b ). u Ciò non oda me l'Im¬ peratore qualche co fa accordando alla fu pcfti zinne de’ tempi * li degnò fpedice Àmbafciaton al Concilio per trattar la fui caufa > lo che non ri mafie il Papi dallo fconiun icario e dichiararla (caduto dall* Impero. Fede¬ li co fi fece beffe * da uomo fu peri or e * di quelli vanì fulmini 5 c confervar teppe la tua Corona > malgrado la eiezione di Arrigo , Landgravio di Turingh 5 else gli Elettori Ecclesia Ilici e molti Vefcovi o faro no di¬ chiarare Re dei Romani * ma a cui qucfla elezio¬ ne altro non prc^ufle che il titolo ridicolo di l>[e dei tp reti . Più non la finirci * fé accumular volefiì gli efempi , Eccone ancor di fovérchio per l’onore dell 1 umanità , L LI- 'Vi* (a) Matteo Paris; Tur retili. Comp, hrft , ccaìtf. jxcttL Xilh i ò } HeiO, Stona dell imnero, iib. 11. cap. XV1L L 4 '-T 168 II Diritto umiliintc il vedere a. qual eccedo di fciotcliezzi la fuperftizione avclTe ridotte le Nazioni dcH’Enropi in que* tempi calamitofi (a), $■ 155. io. ]l Clero che trae tutto a fe> c turbi lordine della giuflizia* Per mezzo delle ftefic armi fpirituali il Clero trae¬ va tutto a fé , ufurpava 1*autorità de’ tribunali e tur¬ bava l’ordine della giuftizia. Egli pretendeva di pren¬ der -À^v-c-, c ** ia) Trovavan/ì talora Sovrani , che favorivano gli attentati de’ Papi , allorché potevan effì tornar loro vantaggiofi tea prevederne le conleguenze pel tempo avvenire. Lodovico Vili.' Re di Francia , dehderando d’invadere gli Stati del Conte di Tolofa , lotto preteflo di far la guerra agli Albigefì , domanda¬ va al Papa fra le altre cole, che fpedir Jaccjfe una Bolla , colla quale di chiar affé che i due Kaimondi , padre e figlio e i lo yo di , furono e Jono efclufì da tutte le loro pofjefjioni , ficcorne pai tutti i loro partigiani , affociati 0 alleati . Storia di Francia dei Velly , Tom. IV. pag. 33 . Ecco ancora un fatto della flefifa natura deI precedente e ben degno di ©nervazione . Il Papa Martino IV. feomunicò Pietro, Re di Aragona , lo dichiarò {caduto dal luo Regno e da tutte le lue terre, eziandio dalla Reale dignità e i fuddici fuoi ti dal loro giuramento di fedeltà . Scomunicò pur quelli , che Re lo nconofcercbbero egli prederebbero alcun omaggio. Die® egli pofcia 1 Aragona e la Catalogna al Gente di Valoi$ , ^ condogenuo di Filippo 1 Ardito , a condizione ch’egli e i Tuoi fucceflori fi riconolcerebbero vallali* della S Sede gli P refìe ‘ rebbeto giuramento di fedeltà e gli pagherebbero’ un annue renio. Il Re di Francia congregò i fuoi Baroni e i Prelati del Regno , per deliberare intorno 1’offerta del Papa e gli confi- giu remo di accettarla .Strano accecamento dei Re- e del loro Confolio! efclama con ragione uno Storico moderno , non ve¬ devano che accettando cos, de regnj ^ del Papa, lo cor eh- sAi - fólle Genti * s 69 der cógnizione di tutte le caufe , a morivo del peccato3 di c#/ uomo dì buon fenfo, diceva il Pontefice In¬ nocenzo III. ( in cap. novit . de judiciis ) wotz può igno~ rare che In cognizione appartiene al voflro miniflero ò L’anno 15-9* i Prelati della Francia ofavano dire ai Re Filippo di Valois , che Poffare che non fi portaffe ogni forte di caufe davanti a’ Tribunali Fede fia dici 5 era un togliere tutti i Di ritti delle Chiefe, omnia Ec - clefiarum )ura tollere ( a ). Però volevan eglino giudi¬ care di tutte le controverfie . Offendevano coftoro ar¬ ditamente P autorità civile * e facevanfi temere proce¬ dendo per via di fcomunica . Accadeva pure che noni trovandofi leDiocefi Tempre mifurate fui territorio po¬ litico , un Vefcovo citava dranieri al fuo Tribunale per caufe meramente civili, ed accignevafi a giudicarle con un manifedo attentato al Diritto delle Nazioni - Il difordine andava tant* oltre , fono già tre o quattro fecoli , che i nodri faggi maggiori fi credettero obbli¬ gati a prendere le più ferie milure per arredarlo. Sri— puiaron eglino ne’ Trattati che ninno de’ confederati non farebbe convenire davanti i fori Jpirituali , per de A biti di danaro, poiché dee ciafcuno eontentarfi della giu - Iìizia del luogo (&). Vedelì nella Storia che gli Sviz¬ zeri reprefsero in molte occafìoni le intraprefe de’ Ve- (covi e dei loro Officiali . Non v’ha nulla in tutti gli affari della vita , fopra di che non edendedero la loro autorità , fotto pretefto che vi fi trova intereflata la cofcienza . Faccvan eglino pagar a contanti ai nuovi Spofi la permiffìone dì gia¬ cere ( a. ) Vedi Leibnitii Cedex juris geni* diplomai* Dipi. LXV1I. 7* ib) Ibidem Alleanza di Zurigo coi Cantoni d Uri , di Sck- vveitz e d’ Undervvald, del primo Maggio 7* iyo 11 Diritto cere colle loro mogli le ire prime notti dopo il Jta* tri monto (a). f, i ytì, ri. Danaro che cola a Roma, Quella burlefca invenzione cl conduce a notare Ufi altro a bufo miai fella mente contrario alle regole dì ti¬ ni Cavia politica e a ciò, di che lina Nazione è ne medefima debitrice- Voglio parlare delie formile «fór- Incanti» clic la. riedizione delle Bolle , le difpenfcj^ tirano ogni anno a Roma da tutti i paefi della ItàCo' munione. E che non potremmo noi dire del Commerce fcandalofo delle Indulgenze? Ma diventò elio te rovinofo alla Corte di Roma : per aver troppo W luto lucrare, ella fece perdite irreparabili, (*} 157. Leggi e pratiche contrarie al bene deilo Stato* Per ultimo qucfF autorità independente , affidata ai Eccle Piallici 5 fpetto poco ani a conofcere le vere mar fime dei Governo, o poco preranrofi d" iftruirfrflc ? e ab- Ca ) Vedi Regolamento dd Parlamento , Decreto del giorno i?- Narzo 1*09, Spirito ddte Uggì . Eran ben quelle le notti , cu¬ ce il Signor dj Moacdquieu , che do. eanf] icegfieie, perCM farebbe*! cavato per le altre molto danaro (*) Un Proteflante dee parlati .. .e Indulgenze colf della ina Setta , e poi dobb.^mo t , n> da Carolici coidor- me meute alla dottrina 1 piegatici da! Sae refan to Concilio 01 Ireneo Se U Corte di !, ^ avene anche abuisio dd te* loro delle Indulgenze , non ha r rj d , , buiu0 U Chu- U ; e le la prima deplorai* n, : ; :i perd ira dd daiiaro , noa deplora certamente la leco..,u .. . t * Jle a »,me ia«» ne ia ieparazione dal Ino lem, J, taji: . Pr0villde pet le e«ne delle Genti . 1 71 abbandonati a fanatiche vilumi , alle vote fpccuiazioni di una punta chimerica ci eccctttva ; quell’ autorità , dico, ha partorito , Cotto prptefto di Cantiti, leggi e pratiche perniriofe allo Stato. Ne abbiam noi accenna¬ te alcune. Grozio ne adduce un efempio beri degno di offer vazione. ,, Nell antica Chiela Giccz , die egli „ enervò per lungo tempo un canone, in vigor del ” quale coloro , che avevano ncciCo qualche nemico , qualunque Coffe la guerra, erano {comunicati^ per un triennio (a). “ Bel guiderdone decretato a-t eroi , difc'S della Patria , in vece de' trionfi, di cui de- coravali Roma pagana! Roma pagana divento 1 arbi¬ tra del Mondo; ella coronava i Cuoi più prodi guerrie¬ ri . L* Impero divenuto Cri Ilio no fu tofto de' Barbari li preda ; ì fudditi Cuoi procaccia vanii , difendendolo , ruta umiliante {comunica : dedicandoli ad una vita e- ziofa, credettero battere la via del Cielo, è fi vioeio in effetto iti quella della grandezza e dell’ opulenza • (tri Diritto della p terra e dell a pace , lib. IT-, Cap. mi fine. E&li cita Ba/H. ad Amphitoc. X. 13. Znt^ » Cfpb. PboCé Tom, HI. CU- 1 7 * II Diritto CAPITOLO XIII Della Giuftizia c del buon Governo, §. ijS* Una fazione de* far regnare la Giuftizia - D Op3 la curi della Religione uno de’ principali veri di una Nazione è JaGiuftizia. Bili tlec tiiE- ic rivolgere le Tue folkcitiidini a farla regnare nello Staro, a prender giufte mifnre, perchè fa a tutti am- unni(ìrata nella maniera più ficiira 5 più pronta e mm onerofa, Quella obbligazione deriva dal fine c dal par- to ftdTb della Società civile* Abbiamo veduto 3 §■ M-* che gli uomini non fonofi legati coi vincoli della So¬ cietà , e non hanno confcnmo a fpogliarfi in Aio fa¬ vore di ima parte della loro liberti naturale fuorché colla idea di goder trancili Ila mente di ciò, che loro ap¬ partiene e di ottener Giuftizia con ficurczza* La Ni- zione verrebbe dùnque meno a fe medefima ed infu¬ nerebbe i particolari * fe non lì applicate ella fellamen¬ te a far regnare una dima Giuftizia, E* la m cJefinia debitrice di qtiefta attenzione alla fin feliciti ? a‘l fuo ripofo e alla fin proferirà. La confitene, il difordò nc 3 1 abbattimento nifcono tofto nello Stato , quandi i Cittadini non (nno certi di f ottener proti nolente t facilmente Giuftizia in fatte le loro liti * le virtù ci¬ vili fi di ingrano, e s'indebolìfcc li Società. §, 159 , Stabilir nuove Leggi. La giuftizia regna con dtie mezzi; con buone Leg- g" > c coli attenzione de' fu peneri a ferie offerire * Al- dille Genti, r75 Allorché noi trattavamo della CofHtuzionc dello Stato ( Cap. IH- ) abbiamo già fatto vedere che la Nazione dee /labili re Leggi giu (le e fagge , e abbiamo indica¬ te le ragioni , per le quali non polliamo entrar qui nella minuta efpofizione di quelle Leggi . Se gli uomi¬ ni fodero tempre egualmente giudi , equi y illuminati, le Leggi naturali baderebbero certamente alla Società), Ma l’ignoranza, le illnfiom dclf amor proprio, le paf- foni a rendono troppo fpeflb impotenti quelle fa ere Leggi. Però reggiamo che tutti i popoli colti han¬ no (entità la neceflìtà di far Leggi poGtive. Fa medie- ri di regole generali e formali , perche ciaftuno cono- fca chiaramente il fuo diritto lenza farfi illufionci bi¬ sogna pur talvolta allontanarti dall’ equnà naturale s onde prevenir fa bufo t la frode , per accomodar^ alle circòftanzci e poiché il feneimemo del dovere è si im^ potente nel cuor dell'uomo , è neeeflarìo che una fan- 2,ìone penale dia alle Leggi, tutta la loro efficacia . Ee- 40 il cóme la Legge naturale lì cambia in Legge ci¬ vile ( a ). Sarebbe pericolofo il commettere gl' inte- retfi de 1 Cittadini al puro arbitrio di quelli , che deh- j-i mìo a rumini lira r L Giu Ili zia; il legislatore ajutar dee Y intelletto de' Giudici, sforzare 1 loro pregìudicii e le loro inclinazioni , fotiomettere la loro volontà con re¬ dole (empiici , (labili c certe ; cd ceco ancora le L^g" gl civili, §- 160. Fa ri e ùfjì r va re „ Le Leggi migliori fono inutili, fc non lì oflcrvano. La Nazione dee dunque applicar fi a mantenerle, a farle ri- fpot- fic », pag, 71. e fluenti* s 74 il Diritto Ipaure ed efeguire appuntino* ned ella pctrebbe preti: derc a tal uopo mifurc troppo p;ìiiftc^ troppo ertele e troppo efficaci. Quindi in gran parte dipendono li fui felici tà 5 la lui gloria e la fu a tranquillità. §. 161 . Funzioni e Doveri dei Vnncìpe in tdt materia , Abbiamo già offervato y §. 4T, , che il Sovrano, il conduttore che rapprefenta una Nazione ? che rivèftira è della fui 3 li tori tà y è pur incaricato de'Tuoi Doveri, La cura di far che regni la giufHzb farà dengue m delle principali funzioni del Principe. Niente c più de¬ gno della Sovrana Mieli,. L'Impera co r Giu ftlniàità in* comincia così il fuo libro delle iffitute : Jmpentmuni majtfiat era non fohm .rmì, decora tara » [ni aim Hi- bus opraci effe armatami tu hi raniqite terapia j & bri* lorum tfr patii > reBe p'ffit mari II grado ài tenza r affidato dalla Nazione al Capo delio Sito , A- rà altresì la regola de 1 Tuoi Doveri e delle Aie funzio¬ ni neiramminiftrazione della Giuftizia. In quella gui- fa che la Nazione può rifcrbarA il potere legislativo > o conferirlo a un Corpo feelto, ella ha parimente Ai- ritto di fb bili re 3 le lo giudica opportuaoj uff friÈtìnil fa prema > per giudicare di tutte le controvedie Intit- penden rem ente dal Principe . Ma il conduttore delle? Stato dee naturalmente avere una parte notabile Ala legislazione s e può anche eterne il foto depnfitarì'o ; In quefF ultimo cafo toccherà a lui di fhbffir hèggi dettare dalia fapienza e dall equità . In iurte le con¬ giunture e? dee proteggere le Leggi, vegliar fu quelli, che rivediti fono del 1 * autorità , e contenere eia faina nel fuo dovere. 16 if delle Gemi . *7$ §. 161. Come debba esercitar la Ciujlìziac La podeftà efecutrice appartiene naturalmente al So- vano 5 ad ogni conduttore della Società ; ed egli né vien riputato munito in tutta la fu a ampiezza , qùandò non gliela reftringono le Leggi fondamentali. Allor¬ ché dunque le Leggi fono fhbilite , tocca al Principe di farle efeguire. Mantenerle in vigore, farne una giu- fta applicazione a tutti i cali che fi prefentano , è ciò che fi chiama amminiftrar la Gìfcfiizia : queftó è il Dovere del Sovrano, che è naturalmente il Giudice del fuo popolo. Sonofi veduti i Capi di alcuni piccioli Sta¬ ti farne eglino medefimi le funzioni : ma quell’ufo diventa poco dicevole , imponìbile anzi , in un gran’ Regno. §. 16 3. Egli dee fiabilire Giudici integri e illuminati. il migliore e più ficuro mezzo di diftribnire la Giu- 3 (tizia , è di ftabilir Giudici integri ed illuminati per informarli di tutte le liti , che inforger poffono tra i Cittadini- E’ imponìbile che il Principe fteffo fi ad¬ domi una sì grave fatica : non avrebb* egli nè il tem¬ po neceffario per illruirfi a fondo di tutte le caufe ,• c nè pur le cognizioni richiede per giudicarne. Non po¬ tendo il Sovrano fupplire in perfona a tutte le fonai©-* ni dei Governo, dee ritenere per fe quelle, ch’ei può ben adempiere, e confidar le altre ad Officiali, a Ma¬ gi (Irati, che le efercitino fotto la fua autorità. Non v ha alcuno inconveniente a confidar il giudicio di una caflfa* ad una Compagnia d’ uomini faggi > integri e il¬ luminati $ ed ha egli foddisfatto per tal uopo a quanto dee al fuo popolo, quando gli ha dati Giudici ornati MI ' I ài tutte le qualità convenienti ai Miniftrì della Gmfilt zh ì nè gli rimine che vegliare ilillà loro condotti, ifi finche non fi rilafsino* ^ 164 . I Tribunali ordinarti debbono giuditm delle efflfe del Fifco . Lo {labilimento de Tribunali di GiufHssi 1 è pim- colarmente necefiaria per giudicare le caule del Fìlio, cioè tutte le qui fiumi * che pofluno in forge re tra, quel¬ li, che esercitano i Diritti utili del Principe, e i fui- diti. Sarebbe difdiccvole che un Principe efTcr volefffc Giudice nella Tua propria caufa ; nè poerebb' egli effe* mai troppo all’erta contro le illufioni delTintcreffe e dell'amor proprio; c quando po ceffo prc fc r ver Tene, éf- por non dee la Tua gloria ai fi ni Ziri giudi eli della mol¬ ti tu dine. Quelle importanti ragioni debbono ancora te¬ nerlo dal deputare il giudici® delle caule, clic io I0fc * reflano , ai Mimfìri e ai Cordiglieri attaccati alla Ini per fon a. In tutti gli Stati ben regolati , nc fitii eh fono uno Stato vero , e non il patrimonio di un de- fpota, 1 Tribunali ordinarli giudicano le liti del Pm 1 -" cipc con pari libertà che quelle de* privati . Si debbono flabilire Tribunali che giudichino definitivamente - Lo feopo de* giudicii è di terminar con giuftizia le contcfc , che inforgono tra i Cittadini . Se dunque le caute fi trattano davanti a un Giudice di prima ito 1 " n, che ne efamim tutte le particolarità, e verifichi le pruove,è ben conveniente , per maggiore ficurczza, eh la parte condannata dal primo Giudice, polla appellar* ne a un Tribunal fuperiore, che rivegga la fenteaaa e la rifornii > le la trova mal fondata": ma bi fogli a che dille Genti. 177 dhé quello Tribunale fupremo abbia 1 *autorità di prò-* riunziare definitivamente ed inappellabilmente : in altro modo vana farà tutta la procedura , nè potrà termi- narfi la controverfia . La pratica di ricorrere al Principe (ledo , portando la querela appiè del trono , quando la caufa è Hata giudicata * fembra foggetta a grandi inconvenienti. E’ più facile il forprendere il Principe coti ifpeciofe ragio¬ ni che Una Compagnia di Magidrati Verfati nella co¬ gnizione del Diritto ; e V efperienza moltra pur trop- po quali fieno in una Corte i vantaggi del favore e del raggiro. Se quella pratica è approvata dalle Leggi dello Stato, il Principe dee fempre temere che le querele non fieno formate con idea di tirar in lungo un procedo e di ritardare una giuda condanna. Un Sovrano giudo e faggio non le ammetterà fe non con grandi cautele; e fe annulla un Decréto, giudicar non dee la caufa égli fteffo, ma come fi coduma in Francia, commetterne la. cognizione a un altro Tribunale. Le lunghezze rovi- noie di quede formalità ci danno fondamento ad ade¬ rire che è più conveniente e più vantaggiofo allo Sta-* to di dabilire un Tribunal fiipremo 5 i cui Decreti de¬ finitivi elìer non podano dal Principe medefimo infer¬ mati. Baila per la ficurezza della gitidizia che il So¬ vrano vegli fulla condotta de’ Giudici e de’ Magiftra¬ ti , fìccome vegliar dee fu quella di tutti gli Officiali dello Stato, c che abbia il potere d*inquifire e di pu¬ nire i prevaricatori. 1 66. Il Trindpe dee cuflodir le forme della Gìuftizia * Dacché quello fu premo Tribunale è fta bili to , il Prin¬ cipe non può toccare i fuoi Decreti * in genera e e affolutamente obbligato ad odervare e mantenere le or¬ ivi me i 178 11 Diri tto me della giuflizia. Il tentar di violarle è un cadcra nel domìnio allibrano, a cpi non fi può mai prelude¬ re che Nazione veruna abbia y oluto folto metterli. Allorché le forme fono viziofe, fpetta al legislatore il riformarle. Quéfìa operazidne fatta o procurati fe¬ condo le Leggi "fondamentali , farà imo de più fallita¬ vi beneficai, che il Sovrano poffa fpargere fopra il fao. popolo. Prefcrvarc i Cittadini dal pericolo di rovinarli per la difefa dei loro Diritti, reprimere, fpegntrc il moftro della cavillatone , t un'azione pili gioriofa a- gli occhi del faggio che non lono tutte le più predi¬ re geflc d’ un con ed il favore diftribudee tutti gl 5 impieghi, §. 169. Tuvi^ioni de' colpevoli ; fondamento del Diritto di punire . La punizione de 5 colpevoli fi riferì dee ordinariamen¬ te alla giuftizia attributiva , di cui effa è in effetto li¬ na diramazione , in quinto il buon ordine domanda M 2 che iSo 11 Diritto che s 1 infligano ai rmlii i ii le pene di lor merita- te. Mi le vogliali fi abili rj a con evidenzi l'opra i fóci veri fondamenti, ri fili r Infogna ai principi). Il Dirit¬ to di punire , che nello Statò di natura appartiene 2 ciaftun particolare > è fondato fui Diritto di finitezza. Ogni uomo ha il Diritto di prefervir fi da Lina ing'm- ria , c Ji provveder c 1 li forza alla propria fìcurezzi contro quelli , che Daffalgono ingiuftamente * Per ts! effetto può egli infiggere una pena a colui , che gli fi ingiuria , tanto per merterlo fuor di flato di nuocere in progrefTo >0 per correggerlo, quanto per tener 3 fre¬ no col Aio efempio quelli , clic temati follerò d imi¬ tarlo, Ora, quando gli uomini fi unifeono in Società 7 ficco me la Società è per 1 innanzi inca ricala di pro^- vedere alla {Scurezza de* Tuoi membri, tutti fi fpogln- no in fuo favore del loro Diritto di punire, Tocca dunque ad offa il vendicar le ingiurie particolari prò* reggendo i Cittadini. H Acrome delta è una perfora morale, a cui fi può altresì far ingiuria 3 ha dintro 1 mantener la propria ficurezza, gafiigan do coloro c.e offendono ; cioè hi diritto di punire i pubblici deJu- xi , Beco donde procede il Diritto di ipada > 3 P pimene ad tini Nazione o al fuo Conduttore , Quinto ne ufi contro un’altra Nazione , fi la guerraf fe ne ferve a punire un particolare , eferdta A giu L tx- zia vendicativa . Due cofe hannofi a confiderai m quefta parte di Governo; leLeggi c la loro dedizione, §• 17°- Bette Leggi Criminali . Sarebbe pericolnfo 1 * abbandonar totalmente la F 1im " zione de 1 colpevoli alla diferezionc di quelli , che nan¬ ne in mano V autorità ; la paffione potrebbe franimi' fichi a r fi in una cola , che eflfer rù g 0 hti dalla loia giufìizia e dalla faviczza. La p Cila anticfpitamente al- dille Genti. 181 legnata a una mala azione , ritiene piu efficacemente ì per ver fi che non un timor vago, fu cui poflnno farfi ìHufione. Finalmente i popoli, per lo più commolfi alla vi ila di un reo , fono meglio convinti della giuftizia del fuo fupplicio, quando lo comanda la Legge. Ogn; Stato ben governato dee dunque avere le fue Leggi Cri- minali. Tocca al Legislatore > qualunque egli fia , lo ftabilirle con gniftma c con fapienza. Ma non è qui luogo di porgerne la generale teorìa : reÙrigniamoci a dire che ciafcuna Nazione ha da fceglierc in tale materia , ficcomc in ogui altra 3 le Leggi che meglio convengono alle circafhnze* §. 17 1. Della mi fura dilli pene. Faremo noi foìtanto una oflervazionc -, che propria è del noflro argomento : riguarda effa la mifura delle pene. Col fondamento pur del Diritto di punire 3 coi Ime legittimo delle pene bifogna ritenerle entro a' loro giu fri confini * Poiché fono le medefime desinate a procurar la fi cu re zza dello Stato e dei Cittadini 7 non deggiono mai eflendcrfi oltre ciò ch’cfjge una tale fi- ciirezza. Dire che ogni pena c guitta, quando al col¬ pevole noto era anticipatamente il gaftigo^a cui efpo- nevati , c tenere un linguaggio barbaro , contrario alf umanità e alla legge naturale, che ci divieta di far al¬ cun male agli altri, purché non et riducano eglino al¬ la neccfSrà^ di loro infiigerlo per la noftra dìfefa c per la noflra ben rezza , Ogni qual volta dunque una fpe¬ ci e di delitto non fi fa aliai temere nella Società, quan¬ do rare fono le oceafioni di commetterlo s nè vi fono i fudditi proclivi cc. non conviene reprimerlo con pe¬ ne troppo Tevere* Dee fi ancora far attenzione alla na¬ tura del delitto , t punirlo in proporzione di ciò che il inedefimo i n te r e fifa la pubblica tranquillità * la fi- Ni 3 Iute 18 2 , Il Diritto Iute delia Società, c del grado ai malizia, che annurH zia nel delinquente. Non fole la giurtizia e l’equità dettano quelle maf¬ fline ; la prudenza e l’arte di regnare non le racco¬ mandano con minore energia . La efpcrienza ci fa vede¬ re, che la immaginazione fi rende familiari gli ogget¬ ti , che vengono ad effa frequentemente prefentati. Se moltiplicate i fupplicii tremendi v i popoli ne faranno di giorno in giorno meno fico ili ; contrarranno eglino alla fine, ficcome i Grapponcfi, un carattere d’indomi¬ ta atrocità : cotali fpettacoli non produrranno più 1 ef¬ fetto > a cui fon deftinati s non Spaventeranno più i malvagi . Avvien di limili efempi non alzamenti che degii onori ; un Principe che moltiplica all eccello i titoli e le dirtinzionì , torto le avvilisce; fa egli un il¬ io poco avveduto d’ una delle più potenti e delie p»u comode furte del Governo. Quando fi confiderà la pra¬ tica criminale de’ Romani, quando fi rammenta a ferii poi ofa loro attenzione a rilparmiare il fanguc e Cittadini, non fi può a meno di rtupirfi della facilit ? con che oggi fi verfa nella maggior parte degli Stati> Era dunque la Repubblica Romana mal £ oV ^ na * a * Vcggiamo noi piu ordine, più ficurezza tra noi- Np rj tanto 1‘atrocità delle pene, quanto Y efattezza ad inni- gerle ritiene ognuno in dovere. E fc punir vogliali ca¬ pitalmente il furto femplice, qual pena fi ri fervere pet xaettereSn falvo la vita de’ Cittadini? §* 172. Delta efecuzione delle Leggi ^ La efecuzione delle Leggi appartiene al Conduttori della Società . A lui è querta cura addogata ? c indi- fpenfabilmente obbligato egli è a foddisfarvi con fa- ■vìezza . Il Principe veglierà dunque 2 far olTervar le 'ieggi criminali » ma non s 5 ingerirà egli fteflb nei giu- dille Genti, 185 di ciò ie* colpevoli. Oltre tutte le ragioni , che abbia¬ mo allegate parlando de’ giudicii civili , e che hanno più forza ancora rifpetto alle caùfe criminali, la figu¬ ra di Giudice contro un delinquente non conviene in veriln conto alla Maedà del Sovrano 5 che dee in ogni cofa comparire il Padre del fuo popolo. E* una ma fi- fi ma fapientifilma e comunemente ricevuta in Francia , che i\ Principe dee riferbarfi tutte le materie di gra¬ zia, ed abbandonare ai Magi Idrati i rigori della giufH- zia : ma queda giudizia efiercitar fi dee in fuo nome e fiotto la fu a autorità. Un buon Principe veglierà at¬ tentamente fittila condotta de' Magidmfo gli obblighe¬ rà ad o{fervare fcruptrlofa mente le forme iìibilite > e fi guarderà egli medefimo dall offenderle giammai . Ò- gni Sovrano> che trafeura e che viola le formalità giu- diciarie nella inqùifizione de 5 rei ? va a gran palio alla tirannia i non v’ha più libertà per li Cittadini 5 fodo che non fono eglino certi di non poter edere condan¬ nati che fecondo le Leggi, nelle forme dabilite, e da' loro Giudici ordinarli. L’ufo di dar a un accufato Commidarii (celti a beneplacito della Corte 3 è una in¬ venzione ti rannica di alcuni Minidri 5 che abufa vano- dei potere del loro Padrone ; Con un mezzo sì irre¬ golare ed odiofo un famofo Minidro veniva fernpre a capo di far perire i fuoi nemici. Un buon Principe non vi prederà mai il fuo adenfo, $’egli è abbadanza illuminato 5 onde preveder Pabtifo, che potrebbero fari¬ ne i (uoi Minidri o Se il Principe non dèe giudicar in perfona, per la deda ragione aggravar non può la fen- tenza da 9 Giudici pronunziata» §. 173. Del Diritto di far grazia. La natura deda del Governo efigé che 1 efecutor delle Leggi abbia il poter di difpen farne , allorché la M 4 P U(Jr 184 M Diritto può lenza far danno ad akuno , ed in certi cali parti¬ colari , in cui il bene dello Stato efige una eccezione, Quindi procede che il Di ti eco di far grazia è un attri¬ buto della Sovranità . Ala il Sovrano in tutta la fua condotta, ne* Tuoi rigori come nella fua mifericordia , non dee prefiggerli che il maggior vantaggio della So¬ cietà . Un Principe faggio conciliar faprà la giu (tizia e la clemenza , la cura della pubblica Scurezza e la ca¬ rità dovuta agl’infelici. §. J74. Del Buon Governo . Il Buon Governo confìtte nell* attenzione del Princi¬ pe e de’ Magiftrati a mantener tutto in ordine. Saggi regolamenti prescriver debbono tutto ciò che meglio conviene alla ficurczza, a IT utili tà calla comodità pub¬ blica ; c quelli che hanno l’autorità nelle inani , etfer non potrebbero troppo attenti a farli offervare. Il So¬ vrano > con h vie regole di buon Governo, afluefa I popoli all’ordine c all’ubbidienza i conferva la tian- quillità, la pace c la concordia fra i Cittadini. Si at* tribuifcono a* Magifirati Olandcfi talenti Angolari pe Buon Governo: le loro Città e per fino i loro, [bolli¬ menti nelle Indie , fono generalmente fra tutti 1 P 1C ’ del Mondo quell: , ove fi vegga elio megli 0 ec¬ citato. §, 175. Del Duello ovvero de 1 Conflitti fmgoUrit State effondo le Leggi c l’autorità de* Magiftrati fa- ftituite alla guerra privata, il Conduttore della Nazio¬ ne non dee permettere , che uomini privati tentino di farfi giuftizia da fe medefimi , quando poffon eglino ricorrere a* Magifirati . Il Ducilo 5 quel fingolar con¬ flitto 3 nel qual due ^ impegnalo per una privata cor dille Genti. I gj refi, c un d! Cordine ni amiti tamerice contrario allo feo- po della Società . Ignoto era un tal furore agli antichi Greci e Romani , che tatù'oltre portarono Ja gloria delle loro armi : ne fiam noi debitori a popoli Bar¬ bari , che altro diritto non conofcevano che la loro Ipada . Lodovico XIV. merita le maggiori lodi per gli sforzi da lui fatti, onde abolire un ufo così feroce 5 - 176. Mezzi di riparare a un tal difordine , Ma come non fi fece mai a quel Principe oiTervare che le pene più Tevere infufficicnci erano per guarire la mania del Duello ? Non andavan effe alla radice del male. E poiché un ridicolo pregiudizio avea per- diafo a tutta la nobiltà e ai militari , che l’onore ob¬ bliga un uom di fpada a vendicar colle fue mani li menoma ingiuria da lui ricevuta, ecco il principio, fu cui bifognerebbe travagliare. Diftrnggcte un tal prc- gìudicio , <3 infrenatelo con un motivo della (leda na¬ tura. Finché un Gentiluomo, ubbidendo alla Legge , riguardar fi farà da' Tuoi eguali come un vile , come un uomo difonorato ; finché un Officiale nello fkffo calo farà corretto ad abbandonar il fervigio, lo ri mo¬ ve rete voi dal batterli minacciandolo della morte? fi¬ gli riporrà all’oppofito una parte della Ina prodezza nell’efporre doppiamente la vita per lavarli da un af¬ fronto. E in vero, mentre che il prcgiudicio fnflìfie , mentre che un Vjentiloomo o un Officiale non può urtarlo fenza fparger d’amarezza il rimanente de’ fuoi giorni , non io fe con giuflizia fi potta punir colui , che sforzato è a fot tome tee rfi alla fua tirannia , nè $’ egli fa troppo colpevole in buona morale . L’ onor inondane , fallo e chimerico quanto v’aggrada , é per lui un bene rea li filmo c neretta rii Ili mo ; poiché fenza quelV onore non può vivere co’ fuoi pari, nè efe r - cita- i %6 li Dirittè aitare una profeflìnne, che forma fipeffo 1‘unico fuo Ìo= fteiua mento, A 11 orchi: dunque un brutale vuol rapirgli ingiufbfrientc quella accreditata c sì neceffkria chimera, perche non potrà egli difenderli ficcome difenderebbe contro un ladro la roba c la viti? In quelli guifa eh? lo Stato ncu permette a un privato di feaedare a mi" no armata Pufurpatore della roba fu a * pofciicW ' Ma|iftrat« può fargliene gi urti zia? fe non vuole il So¬ vrano che quello privato sfoderi la fpada contro chi w infoiti , dee neccflariamente far per modo che la p* ziema e V ubbidienza del Cittadino infunato ^ non gli rechino verun pregiudicio La Società non può toglu re ali* uomo il fuo naturai Diritto di guerra contro im aggrdTorfc Divo che fommi ni Arandogli un akro mezzo di fchermirfi dal malè 5 che fi vuol fargli n tutte le cèca fio ni 5 in cui la pubblica autorità mnfW preftarfi al nnftrò fioccorfo , rientriamo nm ne Diritti nortri primitivi di naturale difefa ■ Così un viaggm^ re può uccidere, fenza difficoltà? il ladro che o 2 ì tz folla pubblica ftradai poiché implorerebb eg 1 Jn - no, in quel momento 3 la protezion delle i.eggJ e Magiftrato, Cosi una donna carta Drà lodata. ? e F Ya di vita un brutale , clic volefie tifarle violenti- Fini tra ntochè gli uomini non fienfi tolta di ^ ec quella gotica idea , che fon ore gli obbliga a ^l 1 dkar colle proprie mani le ingiurie loro perforiali sa onta pur della Legge* il piu ficuro espediente pci'J® pèdir gli effetti di querto pregiudicio farebbe Dd c ùi far una di (finzione intera deli' offefo e deUDgg^ 0 ^ di accordar lenza difficoltà la grazia del primo? quam do apparilfe che flato fiveramente attaccato nell o- nore 5 e di punir lenza mifericordia chi favelle olrrag" giaco. IL coloro che impugnano la fpada per bagattel¬ la ^ per puntigli? per brighe, o frizzi che non intere " fiano r onore ? vorrei che fodero leverà mente gafligati - In delle Genti . in tal modo fi riterrebbero nomini riffofi e brutali , che fpc/To riducono ì piu prudenti alla neceffità di re¬ primerli. Ciafcuno farebbe all’erta per non effere con¬ siderato come aggreiTore $ e volendo procurarfi il van¬ taggio di batterli, fe fa d'nopo, fenza incorrer le pe¬ ne dalla Legge fta bi li te , fi cercherebbe di moderarli da una parte e dall’altra , la quiftione cadrebbe da fe medefima e non avrebbe confeguénze. Spello un bru¬ tale è pufillanimo neH’intima del cuore 5 fi mortra ar- rogante, infulta , colla fperanza che il rigor delle Leg¬ gi obbligherà a foffrire la fua tracotanza : che accade allora? Un uom coraggicfo fi efpone a tutto piùttofto che lafciarfi ìnfultarej V aggreffore non ofa dar addie¬ tro? ed ecco un conflitto, che non farebbe mai fegui- to, fc quell’ ultimo avelie potuto penfare, che la Leg- ge 11 e Ha, che lo condanna, aflol vendo* l’offefo, non gli toglie il Diritto di punire la fua audacia. A quella prima Legge , di cui non dubito che Te- fpérienza non moflfarte torto Tcrtìcacia, gioverebbe ag- giugnere i feguenti regolaménti : 3. Poiché la confile- tildi ne vuole che la nobiltà e i militari vadano Tempre armati , in pièna pace , bifognerebbe almeno vegliare alTefatta offervanza delle Leggi , che non permettono che a quelli due ordini di portar la fpada . z* Sareb¬ be opportuno di ftabilire un Tribunal particolare , per giudicare folti ma ri a mente di tutte le caule di onore tra le perfone di quelli due ordini. Il Tribunale de’ Ma- refcialli di Francia è già in portello di qtìerte ftinzio- ni; fi' potrebbe adeguargliele più formalmente e con più eflenfione. I Governatori delle Provincie e delle piazze col loro Stato Maggiore , unita-ménte Coloni stelli e Capitani di ciafcun Reggimento, farebbero ? per tal uopo ? luddelegati de’ Signori Marefciaili. Quelli Tribunali conferirebbero foli , ciafcuno nel fuo dipar¬ timento 3 x\ Diritto di portar la fpada. Ogni Gentil¬ uomo, *88 II Diritto uomo, in etì di ffJicj o iUKitto anni , o£fni uomo)/ fuo ingreffa nel Reggimento , farebbe obbligo a cnm* pari re davanti al Tribunale per ricevere ii t pitia. 3 - Qui* vi , con regnandogli la fpada > gli fi farebbe eouofcere eh'dia non gli è affidata che per la difefa della Pa¬ tria, e fi potrebbe titillargli fané idee intorno V 030- rc, 4. Sembrami i m por tanti ili ino il corti tu ir pene di natura diverfa per il variì cali , Potrebbe^ degradare dalla nobiltà e dille armi 3 e punire corporalmente chiunque mancarti al Tuo dovere fino ad ingiuriar con fatti o parole un uomo di fpadas decretar ancora li pena di morte , fecondo Parrocità dell’ingiuriai tondo la mia primi oflfervazìone 5 non fargli alcuna gra¬ zia > fe n’c fegiuto il duello 5 nei tempo fiefTo cheli filo avverfario farà da ogni pena affi luto. Non vorrei condannare a morte quelli, che ba tronfi per bevi mo* rivi, fuorché al più nel cafo , Jn cui 1 autor della con tefa * inrendo quegli che V ha inoltrata Imo a fguainar la fpida o fino 1 far la disfida , avelie uccìfb d M avverarlo. Si fpera di fortrarfi alla pena 3 quando edi è leverai c d’altronde la pena di morte , in fimi! n io , non vien riguardata fico me una infamia . Sien t glino ignominiofii mente degradati di nobiltà c privati per fempre , e fenza fperanzi di perdono 5 de Diritto dì portar la fpada : c quefiì la pena p 1u 3 contenere uomini di coraggio. Ben $ intende chea* vrebbefi fomiti a avvertenza a metter dirtinzipne tra 1 colpevoli > fecondo il grado della loro colpa. Per quch lo che fpetta agl'ignobili , che non fono militari , \t quirtioni fra loro effer deggiono abbandonate alla g w riedizione de’ Tribunali ordinarli , e il (angue eh eglino verteranno , vendicato fecondo le Leggi coimn ni contro la violenza e romicidio. Sarebbe delle comete* che inforger potrebbero tra un plebeo e Un Ughi di fpada : tocca al Magi rt rato ordinario a man- delle Genti . 1^9 mantener 1 ordine e la pace ira pcrfone , che non po- trebbero aver infieme quiftioni d* onore . Proteggere il popolo contro la violenza degli uomini di fpada ? e feverameme gafligarlo, fe ofaffe infultarli, farebbe que- fìo ancora j ficcome è pur oggidì y V officio del Magi¬ ara ro. Ofo credere ebe quelli regolamenti e queft*ordine , ben affermi , fpegnerebbero lui moftro , ebe le Leggi piìì Tevere non hanno potuto imbrigliare* Vanno effi alla radlèe del male , prevenendo le riffe * e contrap¬ pongono il vìvo fèti ri mento di un onor vero e reale * al fi Ho e puntigliofo onore , che fa verfar tanto fa ti¬ gne. Sarebbe cofa degna di un gran Monarca il farne lo 1 peri mento : il buon clho immortalerebbe il nome fuo j e il fole tentativo gli meriterebbe Tamore e la gratitudine del fuo popolo. CAPITOLO XIV. Terzo oggetto di un buon Governo^ fortificarti contro gli attacchi elle r ni. 177 . Una Trazione die fortifìcarft contro gli ? {terni al] alimenti „ N Oi et fiamo diffufi fu ciò die inrereffa la vera fe¬ licità di una Nazione : la materia è ugualmente abbondante c compii cara . Venghiam’ ora a un terzo Cap° de' Doveri dì una Nazione verfo fe m ed dima > a un terzo oggetto di urt buon Governo. Uno de noi Jcila Società politica è difenderli a forze riunite da ogni j 5>o H Diritte ogni in fu Ito offa violenza eterna, $* M- Se la Socie» ù non è in grado di refpignere un aggrdTore 5 eili ì imperfettiflima ? vico meno alla fua principale de/bpfc zio ne j e non può fuiìl fiere lungamente La Nazioni dee metter fi in i flato di refpignere e di domare un in- giufto nemico : è queflo un imporrante dovere^ che la cura della fui perfezione > delia fui conicrvaziont Usi* (à f a lei impope ed al fuo Conduttore . § 17S. Ddl& Totcnza di una fazione* Colla fui propria potenza una Nazione può refpjgto* re aggrefTori , afficurare i fuol diritti , e renderli ri* fpetubile per ogni dove * Tutto la inviti a non in* curar nulla per metterti in una si felice flruaziotie- 1 potenza di uno Stato confifle in tre cofe 7 nel niniicrD de 1 Cittadini * nelle loro virtù militari e nelle ricche zz t Si poflono comprendere lotto quefl ultimo artico lo le forze 5 le artiglierie > le armi, i cavalli > l c ^ ni zi nni e genera Indente tutto i'imrncnfo apparato, c lC oggi è neceflario alla guerra ì poiché tutto ciò p u0 F ru cacciarla col danaro. 179, Moli pi unzione de* Cittadini* Lo Stato > ovvero il fuo Conduttore, dee dunque ap- pii cari! primieraméote a moltiplicar il numero de Cit¬ tadini 7 per quanto è polli bile t conveniente, EgH vi riti 1 eira facendo regnar V abbondanza nel picfe ? com t T obbligo fuo; procurando al popolo i mezzi di £ 13 ^’ daguar colle fu e fatiche di clic alimentare una fairJ' glia, dando buoni ordini perchè i 1 additi deboli e fa prattutto gli agricoltori nop fieno angheria^ eu cp prefli colla percezione delle impoftej governando con dolcezza c in un modo > che \ [} vccc d'irritare i futi di' u delle Genti . XC)l u e aifpèrderli né invia piuttoilo di nuovi ; per ulti- mo animando il Matrimonio ad efempio de’ Rimani Abbiamo già olTcrvato, $. i 49 . c he quel popolo sì at¬ tento a tutto ciò che. accrefcer poteva c foftenere la ua potenza , fece favie Leggi contro i celibatari!, c d accordo privilegi ed efcnzioni agli ammogliati, princi¬ palmente a quelli , di cui numerofa era la famiglia : Leggi non men gipfte che favje , poiché un Cittadino c c eva Sudditi per lo Stato, ha diritto di afpettar- ne pm favori di quello, che non vuol viverci che per le medelimo (a). l _ Tutto ciò che è contrario alla popolazione è un vi¬ ri 0 In Stato, che non foprabbondì d’abitanti. Ab¬ biami nos già parlafo de’ Conventi e del celibato de’ Sacerdoti. E’ ftrano che ftabilimenti, direttamente con- trarn ai Doveri dell’uomo e del Cittadino, al bene c pila Ialine della Società, abbiano trovato tanto favore, e che i P i nei pi, jn vece di opporvi!!, coni’ era lor do¬ vere, gli abbiano protetti ed arricchiti. Una politica de (tra a profittar della fuperfìizione per ampliare il Tuo potere , traile in errore le Potenze e i fudditi intorno i veraci lor doveri , ed accecar feppe i Principi anche fui loro intere (fi. Pare finalmente che P efperienza apra gli occhi alle Nazioni e ai lor Conduttori., Il Papa me- ***** ? o ^ 0 . S a ì ^°. n ’ ^ enza provare una (pccie di fdegna ciò che alcuni Padri della Chiefa hanno Icntto contro il Ma¬ trimonio e in raccomandazione del celibato . Tertulliano dice¬ va : Vi detur effe Matrmonii & ft H p r ; di ferenti a , {ed utrobique e fi communio ano . Ergo , inquis , <£r primas nuptias damnas ? Nec immeritQ , quoniam & ipjce conftant ex eo quod eli {iuprum „ Tertull. de exbort. caftit. E S. Girolamo, tìanc tantum effe differenùam inter uxorem & [cortum 7 quod tolerabilius fit uni ejje profili ut am quetm piut* rimn • i yi U Diritto m e definì o , diciamolo a gloria dì Benedetto XIV ., 11 Papa cerca di correggere a poco a poco un a buio si manifefto. Hi egli comandato che non lì ammetta pi¬ antino ne’ fuoi Stati a far voti prima dell'eri d'anni venticinque. Ouefto dotto Pontefice porge ai Sovra¬ ni della fui Comunione un fa lutar efempioj gl invita a rifcuoterfi finalmente fopra la falute de’ loro Starr , a reflrigncre almeno gir aditi dell abifìo , che 1 tclì fuma, fe non poffon eglino chiuderlo interamente. Sa¬ rete la Germania , e in contrade d'altronde patiti- mente fintili, vedrete gli Stati Prore (fanti due volle pi popolati degli Stati Cattolici : paragonate la Spagna .-tic - Ja all’Inghilterra che ribocca d’abitanti : vedete di MI Provincie, ancora in Trancia , che mancano di colti tori» e diteci fe miglia ja di Ctauftrali dell uno e l altro fello non fervirebbero infinitamente mèglio W c la Patria , dando lavoratori a quelle pingtli caj fine? Vero è ebe la Svizzera Cattolica non lift» fere »1 ta» |X>P°1»H> ™ na pace profonda e fopra aiuto la natura i ' ripara abbondantemente 1= perdite cagionate di ¬ venti. La libertà è capace di rimediare *t mUV gravi : cfla è ì’aninia ti uno Stato * e bene * ^ i Romani la chiamavano alma liberta J * 180. Del Calore* Una moltitudine codarda e indifdplinata è di refpìgnere un nemico agguerrito : li forI J V Stato non tanto confitte nel numero, quanto nei tu militari dei Cittadini. Il valore, quella ernia tù, che infilila i pericoli per la falute della Patria, il più fermo appoggio dello Stato ; etto Io rende midabile ai fimi nemici, e gli rifparmia P er(inù briga di difenderli. Un popolo, di cui la riputa*^ delle Genti . *53 tal uopo fia una volta bene fhbilita , farà di rado at¬ taccato * fc non provoca alcuno colle lue intraprefc. Di due e più fceoli in poi gli Svizzeri godono una pace profonda , mentre intorno ad erti rimbomba lo ilrcpito delle armi 5 e va h guerra defedando il ritìn¬ gente delf Europa . La natura dà il fondo del valore; ma varie caute pofiono infiammarlo , o indebolirlo ed anche diftmggcrlo , Una Nazione dee dunque ricercare c coltivare quella si utile virtù , ed il Sovrano prudeu- te metterà rutto in opera per ispirarla a 1 fuoi fuddJtL l i fapienza gliene indicherà i mezzi. Quello bel fuo¬ co anima la nobiltà Francete; acceia per la gloria e per li patria effa vola ai conflitti , e ver fa il fangue allegramente nel campo cT onore. Dove non giugnereb- hero le lue conquide, fe quel llegno fólle da popoli mcn bellicofi circondato ? L' Inglefe , gcnerofo ed in¬ trepido, è un Leone nelle battaglie; ed in generale le Nazioni dell'Europa funerario in bravura tutti i popo¬ li del Mondo. §• iSi. Delle altre s virtù militivi . Mi ìì folo valore non riefee Tempre alla guerra; le collanti profperità non iono dovute che alla riunione dì tutte E virtù militari. La floria c ? in legna di qua- le importanza fieno i lumi de 1 Generali , la militare di fui piina , la frugalità y la ri bu He zza del corpo , fa- ftuzia, 1 induramento alle fatiche ed al travaglio. So¬ no quelle altrettante partì , che una Nazione dee col¬ tivare con premura. Ecco ciò che tane*alto foilevò la gloria de’ Romani , e li refe padroni dei Mondo. Sa¬ rebbe un errore il credere die il fémpiice valore ab¬ bia prodotto le azioni ilrepitofe degli antichi Svizze¬ ri, te vittorie di Morgarten , di Seinpach, di Lanpen, di Morat , c tante altre. Non folo gli Svizzeri cernì- N bat- 1^4 // Diritto battevano con intrepidezza, (Indiavano la guerra» sin** callivano alle fue fatiche , formavanii alla efecuziunc di tutte le militari evoluzioni * c V arbore fteifo della libertà fotrommevali a una di lei pii na , che foli poteva loro aflicurare quello reforo e faIvar Ja patria. Le lo-» ro truppe non erano men celebri per la loro difcipli— na che per la loro bravura. Meieray, dopo avere ri¬ ferito ciò che fecero gli S vi azeri alla battaglia di Drcux ? aggiugne quelle notabili parole- giudicio di tut¬ ti i Capitani di una parte e dell’altra, che coli ri¬ trova ronfi , gli Svìzzeri fi acquattarono in ^etla giornata 5 con ogni lotte di prove ? contro la Fante- „ ria e la Cavalleria, contro i F rance fi : i Tedcfcu, „ la palma della militare dìfcipUna e la nutazione Jf d’effere i migliori finti del mondo (rf). §. i-8 Delle ’R.iechctxe. Finalménte le ricchezze di una Nazione fanno una parte ragguardevole della lua potenza , oggi pi incipa niente che la guerra efige fpefe immenfe Non g;a ioltanto le rendite del Sovrano , o il pubblico eT * r ' ibrmàno la ricchezza di una Nazione ; la i^a za fi calcola altresì dalle ricchezze dei privati ^ mali comunemente una Nazione ncca quella» c ' vcr . tT ^ 5 > v-anfi io copia Ì Cittadini agiati c potenti- l beni de privati aumentano realmente le forze dello Statoì F 01 " chè quefli privati fono capaci di contribuire grolle ioJB- xne per li pubblici bifognì 7 ed anzip in una Hh^^ ]ra f il Sovrano può impiegare tutte le ricchezze de' ledili alla difefa o alla falute dello Stato r in virtù, d £l Dùm $nì~ O) Storia di Francia > Tom. IL pag. 8^8, delie Genti. i hìnio eminente y che gli appartiene, ficcome faremo ve- 5 dère in progrcflb. La Nazione dee dunque applicarfi ad acqui (tare quelle pubbliche e private ricchezze, che le fono sì utili? ed è quefta una nuova ragione di col¬ tivare il Commercio alterno 5 che n è la Tergente; un nuovo motivo pel Sovrano di aver 1 ' occhio aperto fu tutti i traffici ilrànieri , che il luo popolo può eferci- tare, affin di follenere , di proteggere i rami vantag- giofi, e di troncar quelli 5 che fanno ufeire l'oro e l s argento, $. 183. Rendite dello Stato ed imposizioni. £’ neceffario che Io Stato abbia rendite proporziona¬ te alle fpefe , ch’elio è obbligato a fare e Si pofTono formar tali rendite in piu modi; col patrimonio, che la Nazione gli riferba, colle contribuzioni , con diver- fe impofizioni cc. Tratteremo altrove quefta materia, 184. La Trazione non dee aumentare con mezzi illeciti la fua potenza , Ecco in che confili* quella potenza, che la Nazione dee aumentare cd accrefcere. E* forfè neceffario r oller- vare eh’effa non può applicarvi fuorché per vie guifte ed innocenti ? Un fine lodevole non balla per legitn- mare i mezzi : quelli effer debbono legittimi P^ r le medefimi » La ragione fi è che la Legge naturale non può contraddirfi ; fe proferive ella un* azione ficcome ingnillì o difonella in fe ftefla 5 non la permette mai per qualfivoglia oggetto polla idearli. È nei cali , m cui non fi polla pervenire a un fine sì buono e si lo¬ devole > fenza impiegar mezzi illegittimi > deefi^tener quello fine per impolfìbile ed abbandonarlo. P ei ° n0i faremo vedere, trattando delle giu Ile caufc della guei^ ipó 11 Diritto ra 5 che non è lecito ad una Nazione l’attaccarne un* altra colla mira d’ingrandirli fottomcttendola alle pro¬ prie Leggi. E’ lo ftelTo che le un privato volc/Te ar¬ ricchirà col rapir la roba altrui. §. i8j. La Totcnza di una fazione è relativa a quella d'altrui. La potenza di una Nazione c relativa : deefi mi fu¬ rarla fu quella de’ luoi vicini, o di tutti i popoli, da cui effa può aver qualche cofa a temere „ Lo Stato è abbaftanza potente , allorché è capace di farli rispetta¬ re e di refpignere chiunque volclTe attaccarlo. Può e- gli procurarti quella felice fituazione o colle fue pro¬ prie forze, tenendole del pari o anche al di {opra del¬ le forze de’ fuoi vicini , o impedendo che quelli non s innalzino ad una potenza predominante e formidabi¬ le. Ma non polliamo indicar qui in quai cafi c con che mezzi uno Stato polfa con giuftizia metter limiti alla potenza di un altro Stato : bifogna prima fpiega- re i doveri di una Nazione verfo le altre, per combi¬ narli pofeia co’ luci doveri verfo fe mcdclima. Dieta- mo foltanto per ora che leguendo a tal uopo le regole della prudenza e di una faggia politica non fi debbio mai perder di mira quelle della giuftizia . CJ- a 197 delie Genti, CAPITOLO XV. Della gloria di una Nazione. $. iSG Quanto fa van&aggiofa Li gloria, A gloria di una Nazione è intimamente congiunta I ' alla iua potenza, di cui fauna pane nocabiliilìma . Quello fplendido va Tiraggio le acqui fi a la confiderà zi Li¬ ne degli altri popoli, e la rende ragguardevole a* fini vicini. Una Nazione, di cui la riputazióne é bene {la¬ bilità j e principalmente quella , di cui lummofa è la gloria, vedefi ricercata da tutti i Sovrani, che defide- rana la Aia amicizia c temono di offenderla r i Ai d amici e quelli che afpìran© a divenir tali, favoréggir- ]io le fur imprefe , c i fuoi emuli non ofano mani tèi*, (lare la loro mala volontà . '§* i S7. Dovere della 'inazione t Come fi dequifìi U vera gloria . E" dunque vantaggi'fftUmo a uni Nazione di flabi- lire la Aia riputazione e la fin gloria ì e quella cura diventa uno de” più importanti doveri verjfo le mede- (ima. La vera gloria confìffe nel giudici*) vaotagmfo degli uomini fi£gì ed illuminati : fi acquifh efl* colle virtù o colle qualità dello fpirìtò e del cuore, e colle belle azióni, che Amo i frutti di tali virtù- Una Na-. zinne può meritarla a doppio titolo 5 1- con cu ? c ^ ie fi in qualità di Nazione, colla condotta di quelli che afximiniftrano i funi affari, e die hanno in mino 1 au¬ torità ed il Governo ; 2, col merito de privati , che compongono la Nazione, N 5 & 188- j 9 $ Il Di f i tto §. 188. D»vere del "Principe , Un Principe , un Sovrano qualunque ha,che dee tutto intero confccraifi alla Aia Nazione, è certamente obbli¬ gato, per quanto da lui dipende, ad ampliarne A &l°* rii . Abbiam veduto che il Aio dovere c di applicarli alla perfezione dello Stato e del popolo a lui Agget¬ to : con ciò gli farà egli meritare la buona riputazio¬ ne e la gipria. Dee fempre tenere un tal oggetto da¬ vanti agli cechi , in tutto ciò che intraprende e nell ufo cui fa del fuo potere . Faccia egli rifondere la giuftizia, la moderazione , la magnanimità in tutte le Aie azioni; procurerà egli a fe medefìmo e al Aio po polo un nome rifpettabile ncll’uniyerfo , e non meno utile eh? gloriofo. La gloria di Arrigo IV. Alvo lì Francia : nello Stato deplorabile , in cui trovo gli at- fa ri, le fu e virtù animarono i fudditi fedeli, J*P iraI ^ no agli (trani eri 1* ardimento di fuccorcrlo 5 1 c0 ® garfi feco lui contro Fambiziofo Spagnuolo. 1 Un P cipc debole e poco (limato farebbe (lato ab an da ognuno5 farebbefi temuto di aflociarfi ala - ua Oltre le virtù , che formano la gloria de Principi ^ f eco me quelle delle perfone private , barinoci una i gnità e certe convenienze, che appartengono pa ruc0 ar mente al grado fupremo , e che il Sovrano dee con fomma attenzione offervare. Non può egli traicurai- le lenza avvilir fe medefimo e fenza imprimere una nota {opra lo Stato. Tutto ciò che emana dal trono > portar dee un carattere di purità, di nobiltà è di gian- Jezza . Quale idea fi prenderà di un popolo,, qual°i t ne vegga il Sovrano moftrare in atti pubblici una bai- Pezza di fentimenti ? da cui un particolare credit' beli difonorato? Tutta la niacflà della Nazione ribe e nella delle Genti. ipp fiella perfonz del Principe ; e che farà di quella, s ei la proflituifce o fe permette che proftituita fi a da colo¬ ro, che parlano ed operano in fuo nome? Il Miniflro che fa tenere al fuo padrone un linguaggio indegno di lui, merita d’efTere ignominiofamente difcacciato. §. 189. Dovere de' Cittadini . La riputazione de’ privati ridonda o in lode o in biafimo della Nazione per una maniera di penfare e di parlare egualmente comune e naturale. Generalmen¬ te fi attribuifee una virtù ovvero un vizio a un popo¬ lo , quando quello vizio o quella virtù vi fi fanno più frequentemente offervare, Dicefi che una Nazione e bellicofa , quando produce un gran numero di prodi guerieri ; ch’effa è dotta > quando hannoci molti lette¬ rati fra i fuoi Cittadini; eh’è nelle arti eccellente , quando ha nel fuo feno molti artefici valorofi : all’op- polito vien chiamata codarda , pigra , llupida, quando je perfone dì quelli caratteri vi fono in maggior nu¬ mero che altrove , I Cittadini obbligati a cooperare a lor polla al bene e al vantaggio della patria, non fo¬ la mente fono a fe medefimi debitori della cura di me¬ ritare una buona riputazione 5 lo debbono ancora alla Nazione , nella cui gloria la loro è sì capace d'influi¬ re. Bacone , Newton , Cartello , Leibnizio , Bernulli, hanno fatto onore alla loro patria , e l’hanno fervju utilmente cplla gloria da loro acqui fiata, I g ran niilri , i gr^n Generali, un Oxenfliern, un Ttirenna, un Marlborough > un ICuiter , fervono doppiamente la patria e colle loro azioni e colla loro gloria . Da un ^ltro canto un buon Cittadino troverà un nuovo mo¬ tivo di afle.nerfi da ogni azione igno.miniofa pei tema dei difonore , che potrebbe ridondarne alla fin patria . XL il Principe non dee permettere che i fuciniti fuoi N 4 d ia ufi ^00 II Diritto uianli in preda a vizii capaci d’infamar la Nazione* o di offufeare foltanto lo fplendore della fua gloria i ha egli diritto di reprimere c di punire i fatti fc an¬ dai o fi ^ che fanno un torto reale allo Stato. §. 190. Efcmpio degli Svizzeri. L’efempio degli Svizzeri è ben atto a far vedere di ! quale utilità elfer pofia la gloria ad una Nazione. 1 / alta riputazione di valore , che fonofi eglino acquie¬ ta ? e che fofiengono gloriofamente, li mantiene in pa¬ ce da due e più fecoli in poi, e li fa ricercare da tut- j te le Potenze dell’Europa. Lodovico XI., ancora Del¬ fino, fu teftimonio de* prodigii di valore da loro ope¬ rati alla battaglia di S. Jacopo, prefio a Bafilea, e for¬ mò fin d’allora il difegno di renderli benaffetta una si intrepida Nazione (a). J nulle dugento Campioni , che attaccarono in tal incontro un efercito di cinquan¬ ta in fefianta mille uomini agguerriti , batterono pri¬ mieramente la vanguardia degli Armagnachi , forte di ben diciotto mille uomini ? ed avventando.fi con troppa audacia addoflb al miglior nerbo dell’efercito perirono preffochè tutti fenza poter compiere la loro vittoria. (h) Ma oltre ch’eglino atterrirono il nemico e prefer- varono la Svizzera da una rovinofa invafione , la fer- virono utilmente colla gloria fegnalata , che acquifta- rono (a) Vedi le Memorie di Comminés. (*) Di queffo picciol efercito „ fi contarono mille cento cin- „ quantotto morti e trentadue feriti . Non fi falvarono che y> dodici uomini , che riguardati vennero dai loro compatrioti yj ficcomc codardi , che anteporla avevano una vita ignominio- y> fa alla gloria di morire per la loro patria . “ Storia delfa ;Elvetica , del Signor di VVacterilie, tornai e iegg. Tfchudi pag. 425* delle Gemi: i 0J reno alfe fué armi. La riputazione di una inviolabild fedeltà non è meri vantaggiofa a quella Inazione : pe¬ rò fu ella in ogni tempo golofa di confervarfela . Il Cantone di Zug punì capitalmente quell’indegno foì- dato , che tradì la confidenza del Duca di Milano e feoprì quello Principe ai Francefi , quando , per Sfug¬ gir loro dalle mani , erafi introdotto nelle file degli Svizzeri , che fortirono da Novara , veftito come uno di loro, (a) §. 191. Attaccare la gloria di una fazione e farle ingiuria , Poiché la gloria dì una Nazione è un bene realifii- mo , ha ella Diritto di difenderlo non meno degli al¬ tri fuoi vantaggi. Chi attacca la fua gloria, le h in¬ giuria 5 ed ha ella per ciò ragionevól motivo di efige- re colla forza delle armi una giuda riparazione. Con¬ dannar dunque non li pollone) le mi Ture, che prendono alcuni Sovrani per mantenere o per vendicare la digni¬ tà della loro Corona . Soro effe egualmente giufte e ncceflaric. Quando non procedono da troppo alte pre- tenfioni , Y attribuirle a un vano orgoglio è lo fteiTo che ignorare craflamcnte l’arce di regnare, e deprezza¬ re uno de' più fermi appoggi della grandezza e della ficurezza di uno Stato. {a) Vogel, Trattato Siorico e politico delle Alleanze tra la Francia e 1 tredici Cantoni y pag. 7$, 76. C A- r Il Diritto CAPITOLO XVI. Della protezione ricercata da una Nazio* ne, e della Tua fommiifione volontaria ad una Potenza ftraniera. 191. Della protezione . O Uando una Nazione non è capace di preservar le medefima da infulto e da oppreffiope, può acqui- Piarli la protezione di uno Stato più potente. Scila ottiene obbligandoti foltanro a certe co-e, anche a pa gare un tributo, in riconofcenza della ficurezza ade- fà procurata, a fomminifirardelle truppe al fuo protet torc , e perfino a far caufa comune con lui in tutte le lue guerre, riferbandofi del rimanente i! diritto di vernarfi a fuo* piacere , è quefto un Templi ce Trattato di protezione , clic non deroga alla Sovranua ? e c non fi àilontana dai Trattati d alleanza ordinarli e non per la differenza, eh’effo mette nella dignità c elle pat r ti contraenti. §. 193. Somminone volontaria di una Trazione ad un altra • Ma fi va talvolta piu oltre ; e benché una Nazione debba ftydiofa mente conferva^ la libertà e la in depen¬ denza , ch’ella riconofee dalla natura, quando non ba¬ lta a fé medefima , c lenccfi fqor di fiato di refifiere a’ Tuoi nemici , ella può legìttimamente fottpmetterjì ad una Nazione più potente > a certe condizioni , ul cui elleno converranno; ed il patto ovvero Trattato eli fommiifione farà in progreffo la mi fura e la regola dei Di- delle Genti. Bintt! dell 1 una e deli'altra. Imperocché quella che fi fottomette cedendo un diritto che le appartiene, e trai- mettendolo nell’altra, c alToluta mente arbitra di appor¬ re a firn ile traslazione le condizioni che le faranno In grado $ e l' altra accettando in quelli termini la foni- miiSone, fi obbliga ad ofTcrvatne religiofamente tutte le claufole^ §. ùivtrfe fpeeie di Quella fommifiìone pyo variare all 1 infinito, feconda la volontà de*contraenti i ovvero lafcierà ella fullìftsre in parte iafbvranità della Nazione inferiore, refirignen- iioU follante per certi conci ; o pure Y annienterà to¬ talmente, dimodoché la Nazione inferiore diverrà fo- vrana dell T altra j o per fme la minore larà incorporata nella maggiore per non formare con dia per Y innanzi t lì e un fo ì o e jjnedcf i m o $ ta to , ed a 11 ora L fu ai Citta- dilli avranno gli ftelfi Diritti che quelli , a cui fi ti¬ ni Cecina. La Storia. Romana ci porge efempl di quelle tre fpecie di fammi filone* i Gli alleati del popolo Ro¬ mano, qual furono lungamente i Latini, che dipende¬ vano da Roma per vani capi, e nel rimanente gover¬ na vanii fecondo le loro Leggi, e coi loro propri! Ma¬ gi lira ti . z, .1 paefi ridotti in Provincie Ropape , ficco- irte Capua, i cui abitanti fi fiotto midcro affo luta mente 3L Romani O)* 3. Per ultimo i popoli , a cui Roma accordava il Diritto di cittadinanza * Gl* Imperatori diedero in progne (lo quello Diritto a tutti i popoli (a) Itaquc popuhm Campanum r uvhmquc Capu^m ^ # J dtl&bra dmm , divini humanaqut omnia. f m dj jV re riferì pii, poptdìqu: RQnwni ditimem dcdimus - 11 v iu cap* n. 2,04 // Diritto fbggccti all’Impero, e tiasformarono cfcsì tutù 1 fudcii'! I ti in Cittadini. §. 195. Diritto dei cittadini , quando una Adirne fi fot totnette ad una ‘Potenza firaniera. Nel cafo di una vera foggczionc a una Potenza ftra- 1 niera , i Cittadini che non approvano tal cambiamento, non fono obbligati a foitorfrettervifi $ deefi loro per¬ mettere di vendere i loro beni, e di ritirarci altrove: pofciachè per edere entrato in una loderà , nonf fon io obbligato a feguire il Aio delfino , quando ella fi difeioglie per fottometterfi ad una dominazione (Lanie¬ ra. Sonomi fottomeffo alla focietà qual’era, per vivere in quella focietà, e non in un’altra, per elfer membra di uno Stato fovrano. Deggio ubbidirle, finche effa ri¬ mane focietà politica; quando fi fpoglia di tale quali¬ tà per accettar la Legge da un altro Stato , fpezza 1 vincoli, che tengono uniti i fuoi membri, e gli fcioglrè dai loro impegni * 19 Ci Qjiefii patti annullati per difetto dì protezione i Quando una Nazione fi è mefTa fiotto la protezione di un’altra più potente,- ovvero fi è fottopo/ìa adefTa, con mira d’efferne protetta, fe quella non la protegge effettivamente ali’oceafione, è manifido che mancando* agli obblighi fuoi, perde tutti i Diritti, che avevalc acquiflati la convenzione, e l’altra fciolta dalldmpc^ gno, che avea contratto, rientra in tutti i fuoi Dirit¬ ti , e ricupera la Aia indipendenza o la Aia libertà/ Bifogna enervare che ciò ha luogo anche nel cafo, in cui il protettore non manca ai Aioi impegni per mala fede, ma per mera impotenza , Imperocché non effe ndofi la Nazione più debole fottomefla che per e fi- fere ddle Genti. fere protetta > fe l’altra non trovali in grado dì adem^ piere quefta effenziale condizione, il patto è annulla¬ to la più debole rientra ne’fuoi Diritti, e può. Telo giudica a propofito, ricorrere ad una piu efficace pro¬ tezione O). In tal guifa i Duchi d’Aulirla, che acqui¬ sito avevano un Diritto di protezione, e in certo mo¬ do di fovranità filila città di Lucerna, non volendo o non potendo proteggerla efficacemente, quella città fe¬ ce alleanza coi tre primi cantoni ; ed avendo i Duchi | portate le loro doglianze all’Imperatore, i Lucernefi rifpofero, che avean eglino tifato il Diritto naturale e i comune a tutti gli uomini , che permette a ciafcuno di cercar la fua propria fieurexsza , quando è abbandonato ! da quelli , che obbligati fono a foccorrerlo ( b ). §. 197* E per la infedeltà del protetto . La Legge è uguale per li due contraenti : fe il pro¬ tetto non adempie i fuoi impegni con fedeltà, il pro¬ tettore è fgravato de 5 fuoi i può negare la fua protezio¬ ne per l'avvenire , c dichiarare il trattato infranto , cafo lo giudichi opportuno pel bene de’fuoi affari, § 19*- (a) Parliamo qui di una Nazione, che fi e refa fossetta di un altra, e non di quella che iì foflè incorporata in un altro Stato per farne parte. QiiofF ultima è nei calò di tutti gii altri Cittadini: ne parleremo noi ai Capitolo ieguente. ( b) Vedi gli Storici della Svizzera . , r r 1 Emendo fiate le Provincie unite obbligate a difenderli loie i contro gli Spagnuoli, non vollero dipender più dall Impero , da cui ricevuto non avevano alcun foccorfo. Grozio 3 itona delle turbolenze dei Paefi Baffi , iib. xvi. pag« fa* 7 * Il Diritto Ò.QÙ §. 198 . E per le ufurpacioni tisi protettore . In virtù dello fleffo principio, che feioglie un® de contraenti, quando l'altro manca ai luoì impegni ,fe la Potenza fupertore vuol arrogarli (uIla debole pui Di¬ ritti che non gliene dà il trattato di protezione; o di fonami filone > quella può riguardare il trattato lìccome infranto ; c provvedere fecondo la fua prudenti ani propria ficurezza. Se 1.1 cofa folle altramente, a n " 2ione inferiore troverebbe la fua rovina in una conven¬ zione, alla quale non fi t deffa rifoluta che per blia falutei e (e folfe ancora legata da’luoi impegni, quan¬ do il fuo protettore ne abufa, e viola apertamente! fòca , il trattato diverrebbe per la me de finii un 1D " fidia Ciò non ottante, ficcome alcuni preteradono che in quefìo cafo la Nazione inferiore ha f^Uintn e 1 Diritto di refiftere, e d'implorare un loccorfo M* ro, ficcome loprattmto 1 deboli prender tropi? ctoU conm. S poK«n ro ufurpazioni, il piu ficuro Lfpédient ■ ■ cì)e quefta fpeci e di trattato una claufoJa comn - or( . vor . lo dichiari nullo, tofto che la Potenza fup; ' rà arrogarfi più Diritti, che il trattato non g Éfpreflamente. / 199. Come il Diritto della ‘inazione protetti p perda pel fuo filenzio , Ma fe la Nazione protetta ■; o fottornefìa * ccr ™ condizioni, non refifle alle ufurpazìoni di a , 1 cui ha ricercato l'appoggio, 9’ella non vi fa alcuna oppofizionc, fe olferva un profondo filenzio , allottile dovrebbe e potrebbe parlare, [ a fui pazienza, dopo im tempo notatile 5 fbrn^ un tacito confcjilo 3 clic iegitu ma dille Genti. sua il Diritto dell* ulurpatdge. Non a farebbe miJÉi dì ftabile tra gli uomini 5 e fopramutó tra le Nazioni* fc un lungo p offe Ilo s accompagnato da] fienàio degl' in erettati > non produce He un certo Diritto , Ma bi fo¬ gna ben offa vare > che il fìlenzio-, per indicare un ta¬ cito confenfo s effer dee volontario. Se la Nazione in¬ feriore prova che la violenza è il Timore haùno impe¬ dite le protette della Ina oppcfzioncnon fi può nien¬ te conchilulere dal fuo jBknzio , e run dà etto verun Diritto all'ufurpatore. CAPITOLO XVII : Come un popolo feparare fi pofla dallo Srato, di cui è membro^ o rinunzia¬ re all’ ubbidienza del fuo Sovrano quando non è protetto. § t ioq. Differenza ira il cafo preferite 5 è quello del Capitolo prediente, A Bbìamo detto che un popolo in dependente ? che lenii diventar membro di un altro Stato 5 le n è rcio volontariamente dipendente o' fuddito> affine d ette in e protetto ? rimane libero da'fuoi impegni ? tettò die gli manca una tale protezione ? avvegnaché per impotenza del protettore , Non bifogna pad conchiu¬ derne ché tta preci fam ente lo fletto di ogni popolo, iche dal Sovrano feto naturale o dallo Stato 5 di cui è Cembro 5 non può proteggerli prontamente ed efficace¬ mente , I due cafì Jono aliai diverfi ■ Nel primo una Na- oS Il Diritto Nazione libe' i non è farromcfla a un altro Stato ptf partecipare a tutu i luci vai, 1 aggi > e tue a Volutameli' te caudt romiti ' c-c-vi lui : fir queir® volcfle farle un tanto fui,re, Ivi V ' cfìa incorporata, e non fogge ta- ta. Snprifi.-. la nv definì a la fu a libertà colla fola mira d’effer proietta, lenza Iperare altro contraccambici. Al io re!: è dunque vieti meno, ir qualunque manieri ciò addivenga, Ja condizione unica e ncceifària della ina firn erezione, e- libera da’fuoi impegni, e i luci doveri ve rio fc medefima FobbUpano a provvedere con nuoti mezzi alla fua propria Ccurezza . Ma i vani membri di uno itefio Stato partecipando tutti eguali»ente ai vantaggi che quello procura , debbono coftinieiii,nic fotte n e rio : fonolì eglino proni elfo di rimanere uniti, di far in ogni occahone caufa comune . Se quelli elm fono minacciati o attaccati , foteffero fcgrcgarfi dagli alni per ifeanfare un pericolo prelente, ogi" ‘ t3tI5 ,'j rebbe tolto duìipato c diflrurte - L’ dunque elìcmi alla falute della focictà, c al bene ideilo di tutu f £<>■ membri , che eufemia parte relitta con tutte le lue ‘ zc al nemico comune , piuttolbo clic alitaceli 1 . altre; ed c quella per confeguenza una delle condii ^ ni neceflarie dell’ Affocìazione politica. I luddKi 0*™ rali di un Principe gli inno attaccati fciiz aura n u ,■ che l’oflcrvanza delle Leggi fondamentali ; debbono m man ergi» fedeli in quella gitili ch’egli dee premaci a cuore di ben governarli ; i loro interelG tono comunii non Anno eglino c >n luì che uno ftelfb tutto, che una ftdla tccictà ; è dunque ancora una condUi™ 6 f leti¬ ziale e neeeffaria (iella focictà politica , che_ i iudait, re Ili no uniti al loto Prìncipe, quinto è ciò in ' 01 P 0 * cere. §■ «»■ dille Geriti¬ lo? io i. Dovere dei membri di uno Stato , o dei [additi di un Trincipe > che fono in pericolo . Allorché dunque una Città , una Provincia , è mi¬ nacciata o attualmente attaccata , non può ella , per fottrarfi al pericolo , fepararfi dallo Stato , di cui è membro , o abbandonare il fuo Principe naturale , nè pur quando non è in poter di lui il dar un foccorfo prefente cd efficace. Jl fuo dovere, i fuoi impegni po¬ litici l’obbligano a fare i maggiori sforzi, per man- vienerfi nel fuo flato attuale. Se cede effa alla forza, la neceflità , quella legge irrèfiflibile , la feioglie da’ fuoi primi impegni., e le dà il Diritto di trattar col vincitore per migliorar le fue condizioni più che le farà poflìbile. Se fa d’uopo fottometterfi a lui , o pe¬ rire , chi dubiterà ch’ella non pofTa e non debba anzi appigliarli al primo partito? L’ufo moderno è confor¬ me a quella decifione : una Città fi arrende al nemi¬ co, quando afpettar non può la tua falute da una vi- gore fa refiftenza : effa gli preda giuramento di fedel¬ tà , nè il Sovrano fuo accula fé non la fortuna. §• :o2. loro Diritto , quando eglino fono abbandonati . Lo Stato è obbligato a difenderfi e a confermare tut¬ ti i fuoi membri §. 17., ed il Principe è debitore a’ fudditi fuoi della medefma affiflenza. S’eglino ri- eufano o trafeurano di {occorrere un popolo , che tro¬ vali in un pericolo imminente , quello popolo abban¬ donato diventa affolutamente il padrone di provvedete alla- fila ficurezza e alla fua fallite , nel modo che a lui meglio converrà , fenza verun riguardo per quelli, O che ti o II Diritto thè fono flati i primi a mancargli. Il paefe di Zugo attaccato dagli Svizzeri nel 1352., fpedì al Duca cT Auflria , fuo Sovrano , per ottenerne foccorfo . Ma queflo Principe , occupato a parlar de’ fuoi uccelli j quando a lui fi prefcmarono i deputati , degnò appena di afcoltarli . Queflo popolo abbandonato entrò nella Confederazione Elvetica (a). La Città di Zurigo eralì veduta un anno innanzi nello ftefTo cafo. Attaccata da cittadini ribelli, foflenuti dalla nobiltà de’ contorni e «dalla cafa d'Auflria, s’indirizzò ai Capo dell’Impero? ma Carlo IV. allora Imperatore , dichiarò a’ fuoi de¬ putati che non poteva difenderla. Zurigo trovò nell alleanza degli Svizzeri la fua falute (/>)• Li flefTa ra¬ gione diede agli Svizzeri in generale un fondato titolo per diflaccarfi totalmente dall* Impero , che in verun incontro non li proteggeva , e di cui più non ricono- fcevano da gran tempo l’autorità, quando nel Tratta¬ to di VVeflfalia dall’Imperatore e da tutto il Corpo Germanico fu riconofciuta la loro indepcndcnza. (<*) Vedi Ecterlin , Simler , e il Signor di WattcviUe* u ^ì \b) Vedi gii Storici c Bullingcro , Stumpf* Tfsbudi , Ssettier, C A- delle Genti. % ? t CAPITOLO XV III Dello Inabili mento di una Nazione in un Paele, §■ 304 . Occupazione di un Taefs [atta dalla 'Ha'z.ìonz , A Bbiamo fin qiu confiderà ra [a Nazione puramente in Te raedefima fenza riguardo al Paefe per effe occupalo. Vergiamola ora ftabilica in una contrada > che diventa proprio di lei pofTefFo c domicilio. La ter¬ ra appartiene agli Uomini in generale i desinata dal Creatore ad effe re la connine loro abitazione e Ja Io- ro mitri ce j tinti dalli natura riconofcono il Diritto dì abitarvi e di ricavarne le cofe neeefTarie alla loro fuf- filtcnza c convenienti a* loro hifogni. Ma eflettiofi il genere umano e lire ma mente moltiplicato > la terra non era piu capace di provvedere da le (eia e fenza col- tara al inameni mento de’ luoi abitatori } e non avrebbe potuto ricevere una coltura conveniente da popoli vaga* tondi , a cui foffe fiata di comune pertinenza- Di-" vento dùnque uccellano che que' popoli pianta fiero in qualche^ parte la loro dimora > c che lì appropria Acro porzioni di terreno * affinchè non effendo mole fiati ne' ]or lavori 5 nè defraudati del frutto delle lo io fatiche, fi applicaffero a render fertili quelle terre , per trarne la l° ro fffffifienza . Ecco ciò che dee aver dato luogo ai Dxcirri di proprietà e dì dominio , lo che ne giu- fiifici lo fiatili mento. Dopo la loro introduzione > il jjirilto comune a tutti gli uomini è ri ftret to in parti- colite a quella y che ciafcuiio legittimamente poifiede. Il Bacie da una Nazione abitato, a ch'ella hafi ivi O % tras- 2,ii li Diritto trasferita, e eh* le famiglie che 1»' compongo^ , trS va mio fi inart-: in quella contrada » fienviii formate in corpo di Società politica, un tal paefe, dico, c lo iU- bilimento della Nazione, che vi ha un Diritto proprio ed cicli!fivo. 104 . Suoi Diritti fui paefe da cfta occupato. Quello Diritto comprende due cofc 1. il OoW tW» in virtù del quale può la Nazione ufar lo a dJtd paefe pe‘ Cuoi bifogni , difporne c r,cav2in “ J' ere ij comodo, a cui dio e adattato. 0. I- Diritto del Sovrano comando, per < in <’ j , ne a fuo arbitrio di tutto ciò che accade nel F aelc. §. 205 . Occupazione dell'impero di un paefe •vacante . Allorché una Nazione s’impadronite & che non appartieni ancora ad alcuno , g ^ Vi occupi ella V Impero o la Sovranità nel tempo che il Dominio. Poiché della. e libera J ^ dente, non può efferc firn «unzione, fobilenj- - r.a contrada, di lafciarvi ac, altri il DilUW c - dare, nè alcuno di quelli che coflituifcono 11 ' , -, tà . Tutto lo fpazio, nel quale una Natene lt L - fuo Impero , forma la sfar a della lvia giurimi 1011 ’ r, Aiimi il fuo Territorio. §. 20 6. elitra maniera di occupar l'lWf er6 in un paefe Ubero. * Se molte famiglie libere , iWtfc in un P^tfe \ nt ‘ E penderne * vengono ad \inirfi per formare n 1 ! Inazione ovvero uno Sia co ? occupano e He infifjjK 1" irnp tr0 11 t Ut© delie Genti. tutto il paefe di loro abitato. Ne poiTedevmo dUnrf già j cìafcuna in fua porzione, il Dominio j e pokiè vogliono forni si' ìnfcrne una Società politica e fhbilire un'autorità pubblicai , alla quale Ognuno farà tenuto d'ubbidire 3 è bèll mamfello die la loro intenzione e di attribuire a quella pubblica autorità il Diritto di comandare in tutto il paefe, §• 20J, Coìti? una Trazione fi approprii un paefe deferto . Tutti gii nomini Lamio un Diritto eguale all? co- ft 7 che non fono ancora cadute ridia proprietà di al¬ cuno 5 e quelite cofe appartengono al primo occupante* Allorché dunque una Nazione trova Un pad e di fa Lu¬ tato e fenza padrone, può efla legittimamente impadro¬ nì viene ; e dopo che ha ella Tuffi ci ente mente a tal uo¬ po bonificata, la l'uà volontà, un’altra non può fpp- glianiela* Per Matta gitila i navigatori, andando alla {coperta 5 muniti di una Commiffìone del loro Sovrano ed incontrandoli 5 11 ìfole od altre terre deferte , ne hanno prefo polle (To' a nome della loro Nazione 5 é co¬ munemente quello titolo è flato ri {gettato , purché vi fa tenuto dietro immediatamente un reai goffe ffo. ±0$. Qui filane in tal prùpofito , Ma è una qiiilUonc i! Sapere , fe una Nazione goffa t cosj appropriarli » con un femplice atto poffcflbrio * paefi eli' effa non occupa realmente c rifervarfenc in tal modo affai piu clic non c atta a popolarne c a col¬ tivarne. Non è diffìcile il decidere che una limile pre¬ tensone farebbe affolliti mente contraria al Diritto na¬ turale ed eppofia alle mire della natura, che desinan¬ do tutta la terra ai bilogni degli uomini in generale , x 1 14 // Diritta non dà a chfcun popolo il Diritto di appropriarli un pacfc fuorcLc per gli un che ne ricavale non per im? pedire che altri ne tragga profitto . Il Diritto delle Genti non riconofcerà dunque la proprietà è la fovra- vitiì di una Nazione falvochc fui paefi vacui , che a- vrà effa realmente occupati e di fatto , nc’ quali avrà formato uno ftabilimento, o da cui trarrà un ufo attua¬ le. In effetto, quando navigatori hanno incontrati paci- li deferti , in cui quelli delle altre Nazioni aveano e- retto paffando qualche monumento , per dinotare il poffeffo da loro prefo , non fonofì pigliato penfiero di quella vana cerimonia niente piu che della difpofizio- nc de’ Pontefici, che divifero una gran parte del nuo¬ vo mondo tra le Corone di Cartìglia e di Portogai? lo (rf). $• , - atti tanto fingolari non trpvanfi inferiti che ìq (a) Quelli libri molto rari flr BoSa di Aleflandro VI., colla quale egli da a Ferdinando e ad Ifabeiia , Re e Regina di Cartiglia e d* Aragona , u nuovo mondo fcoperto da Criiìoforo Colombo. ,, •. Motu proprio , dice il Papa , non ad vefirarn , vet ^ prò vobis J'uper hoc nobis oh lai.-e petit ionis infiantiam , Jcd■ c n (tra mera libvralit aie & ex certa fci enti a , ac de Apoftolica V ' J - « '• - - r , inventar Cz tefìatic plenitudine , omnes iajular C7 terras firmai, inveniendas , deteftas & detegendas r verjus occidentcm (J mer } m dìem ( tirando una 1 nea da un polo all'altro, trecento miglia ponente delle Àzore ) auciontate onnipotenti^ Dei j no u in onde non lara dilcaro il vederne qui un e- ìpato Vetro conce fa , atvicariatus Jefu ’chrifii , fi“ a f un £ im “! in tems , cum omnibus iILirum Dominiis, cirntaubur fj 0 bécredibujqne & fucc fi ori bus yeftris CafielU & Legionis re & bui ' in perpetuum tenore pr<*Jcntium donamus , concedimi * a JJign mus , Twfque & harredesac [ucceffores praefatos iliarar» domi* nos , cum piena , libera omnimoda potè fiate , aucforitate W jurifdi Rione facimus , conpitmmus & deputarne. Il Pap* eccet T tua foltanto ciò che un altro Principe C.irtiano poeelie avervi occupato prima deli’anno 1493 -, quali che a lui comperale un nn* delie Gemi. tl S $, zo*)> Se lecito fta occupare una parte di un paefe > in cui non ft trovino che popoli erranti e in piccini numero. V’in Waltra celebre quiftmnc* a cui ha prìncipal- inerre dato luogo la fcopem del nuovo mondo. Si dommda fc una Nazione può legittimamente occupare qualche parte di una valla contrada * nella quale noti trovsnfi che popoli erranti 5 incapaci per lo fcarfo lo¬ ro numero di abitarla tinta intera* Abbiamo già cfTcr- varo > $, 2 1., ftabilendo P obbligazione dì coltivar la serra , che que* popoli non poffona attribuirli cfclufi- vamente più terreno dì quel che loro abbi fogna e che fono in iflato di abiure e di coltivare. La loro abi¬ tazione in quelle numeri fé regioni non può paffete per un vero pofieffo legittimamente prefo; ed i popoli deli* Euro- -fcJXxr- miglior Diritto di dare ciò che non apparteneva ad alcuno e foprattutto ciò che pofìeduto era dai popoli Americani . Indi coii egli proli egli e : ac quìhtfcumque per fonie cumfcmnque dìgnì- tati* , eiiam impenafis CV regalia f finta s , gradus , ordini* , vel tonditionii , fuh excommunicat ionie lai or J intentieC paena a quam- €0 ipjo T fi contra fecerìnt , incu/rant y difiriHius inhibemus ne aè in fatai ér terra* firma* , inventai ìnvenìendas t deteff a* CT de legenda* * 'vtrfas occidente^ 0 merìdiem . prò me rei bus faalèndis t *vel quavis alla de caufa , accedere ptecfamant , alfa qde ve firn ac h&rcdum & faccef}ontm ^efiromm pr^diffomm h centi a fpedali &C* DaUw , apud 5 - Petrum , énm j4 9ì f nonas Maji t P§nìific* no fi ri anno primo , Lei bruti i Co* ffex furi* geni, diplomai. Di plora. zqi. Vedi ilid. dipkm. io$ : Patto a con cui il Pontefice Niccolò IV. dìi ai Re Alfonfo dì Portogallo e all intante Enrico P Impero della Guinea ed il potere di foggiogare le Nazioni barbare di quelle contrade, ini¬ bendo a tuu 1 alai P andarvi lenza la perniinone ari Portola!- lo- L atto è iti data di Roma lotto il giorno VI. delle idi dà Gennaro O 4 % i G Il Diritto- Europa , troppo riftretti nel loro p3efé , trovando ari terreno , di cui i felvaggi non aveano alciih b: foglio particolare, e non facevano alcun ufo attuale e colta li¬ te, poterono legittimamente occuparlo e ftabilirvi Co¬ lonie. L’abbiamo già detto, la terra appartiene a ge¬ nere umano per la fua fulfiften». Se ciafcuna Nano- ne avelie voluto (in dal principio attribuirli un vitto paefe , per non viverci che di caccia , di pelea e _ uu . , poffefli • Ogni qual volta dunque le Leggi 1 ° . ovvero i Trattati non v’introducano alcuna dine ^ tutto ciò che dicefi del territorio di una N aZ1011 ' , deefi parimente intendere delle fuc Coione. ÌJt“ («) Storia delle Colonie Inglefi dell’America Settentrioni. delie Genti ; 117 CAPITOLO XIX Delia Patria e delle varie materie 2 che vi hanno relazione* §, 211. C$fa fi a la Tatria > L A totalità delle contrade occupate da lini Nazione e lottomcfìe alle fu e Leggi , forma , fi eterne ab¬ biamo deno, il fino territorioi ed è pure la Patria co¬ nnine di tutti gl’individui della Nazione « Siamo flati obbligati ad anticipare la definizioni del termine di Tatria , §. m, perchè avevamo a trattare dèli’amor della Patria : virtù sì eccellente e sì neceiTaria in una Stato . Supponendo però nota una tale definizione , ci rimangono a fpjegire diverfe cofe relative alla mate^ rh ? e a dilucidare le qmftioni eh* effa preferita. 211* Dei Cittadini e dei naturali, I Cittadini fono i membri della Società civile : ti¬ ni ti a quella Società mediante certi doveri > c fotto- niefft alla fiia autorità * eglino partecipano con egua¬ glianza a 1 funi vantaggi. Naturati ovvero indigeni , fi dicono quelli che nati fono nel pnefe da genitori Cit¬ tadini . Non potendo fa Società fbflenerfi e perpetuarli fuorché per mezzo de 1 figli de 5 Cittadini , quelli figli vi feguono naturalmente la condizione dei loro padri , ed entrano in tutti i loro Diritti . La Società vicn giudicata così volere per una eonfeguenza ai quanto dee alla propria fu a confai* nazione ì e prefumeli dì dritto che ogni Cittadino entrando nella Società , ri- fcrbi a 1 fuoi figli il Diritto d*diurne membri. La Pa¬ tria 2,i 8 // Diritta tria de padri è quella dunque de* figli 3 e diventano quelli veri Cittadini mercè il femplice loro tacito con- fenfo. Vedremo tolto fe pervenuti all* età di ragione rinunziar pofTano a; loro Diritti , c ciò che debbano alla Società, nella quale fono nati. Dico che per effe- re di un paefe bifogna eller nato di un padre Guadi? no; pofciachè fe voi nato vi liete da uno (tramerò, quello paefe farà foltanto il luogo della voftra nafeita fenza elTerc la vollra Patria. §. 213. Degli abitanti . Gli abitanti , a diftinzione dei Cittadini , fono lira-, nieri , a* quali fi permette di Itabilirfi a foggiornar nel paefe. Legati dalla loro abitazione alla Società, fono foggetti alle Leggi dello Stato , finche vi riman* gono ; c debbono difenderlo , poiché ne fono protetti, febbene non partecipano a tutti i Diritti de Cittadi* ni. Godono foltanto de’ vantaggi, che loro dà la beg- gc o la confuetudine. Gli abitanti perpetui fono que li, che hanno ricevuto il Diritto di perpetua abitazio¬ ne. H’ quella una fpecie di Cittadini di un ordine in feriore , che fono legati alla Società, fenza partecipale a tutti i fuoi vantaggi. I loro figli feguon 0 la con i» jaione de* padri : per ciò ftefTo che lo Stato hi dato a quelli la perpetua abitazione, paffa il loro Diritto nel¬ la loro poflerità. $• 21 4 * 'Haturalizx.azione . Una Nazione , ovvero il Sovrano che la rapprefen* ta , può accordare ad uno Uranici*© la qualità di Cit¬ tadino , aggregandolo ai corpo della Società politica. Que(l*atto fi chiama naturalizzazione. Hannoci degli Stati , dove non può il Sovrano accordare tutti i Di- delie Gemi. zi9 Sit:i ai CiCtaclini i per eiempio quello dì pervenire agli offici!, e dove per confeguenza non hall poter di dare che ima imperfetta naturalizzazione. Una difpofizicme della Legge fondamentale limita il poter del Princi¬ pe. In altri Stati , ficcarne in Inghilterra cd in Po¬ lonia > il Principe non può naturi li zzare alcuno, lenza si conceria della Nazione rappre fintata di' funi depu¬ tati- Ce n'ha finalmente, come l'Inghilterra, dove la Templi ce nascita nei piefc imma lì zza ì figli di uno {Laniero. §. 21$. Dei figli dei Cittadini nati in paefe Iir Altiero* SÌ domanda fe i figli nati di Cittadini , in paefe fi ramerò > fieno Cittadini l Le Leggi hanno deciiV la qui Pinne in molti paefi j ed ivi bì fogna fluitare le j n o difpofizioni . In virtù della Legge naturale fola ì figli feguono la condizione dei loro padri , ed entrano in tutti i loro Diritti, m. j il luogo della nafeita niente fa in tal proposto, e non può fornai niftrar per fe Iddio alcuna ragione di togliere a un figlio ciò , che gli dà la natura. Dico per fe fteffo , poiché la Legge civile o politica può difporre altrimenti per mire particolari. Mi iuppongo che il padre non abbia totalmente abbandonata ia fui Patria per ifìabilirfi altro¬ ve, Se ha egli fermato il fuo domicilio in un paefe /La¬ rderò, vi è diventata membro dì un 1 altri Società , al¬ meno come abitante perpetuo* ed i fuoi figli ne farina no anch 1 eifi. §. il 6 * Dei figli nati in mare. Quanto a 1 figli nati in mare, fe nati fbno nelle par^ ù dei mare occupate dalla loro Nazione , fono nati nel 2.ZU Il Diruto nel paefie : Te in al co mare , non v* hi alcuni ragion? per diftingue.rli di quelli, clic nafcono nt! pacfe > pò- feiachè non già naturalmente il luogo cidi 3 rafcira uà i Diritti , ma i'effrazione ; e fc i figli fi 3110 i n un Va feci lo della Nazione , piattono riputai fi iuta nel territorio; pofeiachè naturai cola e con fiderà re 1 \ a- fcelli della Nazione ficcarne porzioni de! Ino ttmto- rio, maliima mente quando elfi navigano fapra un mar libero , poiché lo Stato conferva la fin gnidi Jizirn in quelli Vafcdli. E ficccme fecondo l'ulo comune- mente ricevuto, quella giurifdjzione fi conferva lai Va feci h , ancor quando trova fi in parti del mare log- ge-rte ad una dominazione ffraniera > tutti 1 figli nat in Vafcelli dì una Nazione , faranno giudicati nati nel fiio territorio. Per la fletta ragione quelli che naltcno fio pra un Vafcello fi ramerò, faranno riputa» n*« 111 paefie ftraniero, purché non fia ctt avvenuto nel pma fletto della Nazione; polciachc il porto e piu F larmente del territorio; c la madre per fr momento nel Valccllo ftrinieio, non e uoit ‘ * ft. Suppongo ch’ella e fino marito non attuano abbaa donata la patria per ifiabilirlì altrove. 2.1 j. De' figli tìnti negli sfociti dello SMo, 0 nella cafa del /no Minifiro appo !in efisra Corte. Per le fi effe ragioni ancora i figli de’ Cittadini, n±- ti fuori del paefie negl* eferciti dello Stato , ov¥£, ° nella cafa del fino Miniftro appo un’ e fiera _ Corte, re- putapfi nati nel paefie ; pofeiachè un Cittadino anieme colla fina famiglia , pel fervigìo dello Stato , e fo re ' fi; nella fina dipendenza e folto ia fina giuri Ni?, ione , non può e fiere confidente) ficcarne ufeito dal territo¬ rio; §. ai*- delle Genti. 218. Dd domicilio. Il J Il domicilio è r abitazione Tubile in qualche luogo * con intenzione di rimanervi tempre. Un uomo non ifhbilifk dunque il fu o domicilio in un par fé , pur¬ ché non faccia ba [ira n te mente con orcere o tacita mente , o con una e fp Li cu a dichiarazione la fu a intenzione di piantarvi la fui dimoia - Dei rimanente quefta dichia¬ razione non ofia , che s' egli in progréffo cambiali dì parere non potfa trafportar altrove il Tuo domicilio. In quello feti lo chi fi ferma, anche lungamente in un luogo per Tuoi afhrì , non vi ha che una fenvplicc a - bit-azione lenza domicilio. Quindi 1 inviato di un Prin¬ cipe Ria ni ero non ha il tuo domicilio alla Corte, dov egli rifiede. Il domicilio naturale, a d'origine è quello che ci dà li n afe ira colà, dove no (Irò padre ha il funi e fi giti- L ; i a che lo ritenghiamo > finché non t f abbandoniamo per ifceglietne un altro. Il domicilio acquiti™ ( adfei- i'iflum ) è quello che ci ftabiUarao colia noitra pro¬ pria volontà. $ P 219. D ?i v&igahondi . I vagabondi fono perfone lenza domicilio. Per confi-- fftienza quelli che nafcoixn da genitori vagabondi non riau- no patria? poiché la parai di un uomo c il luogo, dove al tempo della fui inficiti i fuoi genitori avevano u io- 10 domicilio, §. ] 22, 5 ovvero lo Stato, di cui fu 0 pa~ drc allora era membro , lo che torna aim udTo ? po¬ ltra eh è ftabiiirfi per lempte appo una Nazione e di¬ ventarne membro , almeno come abitante perpcii- ^ i£ non con tutti ì Diritti de' Cittadini* Ciò non qlUnre fi può riguardare la patria dì no vagabonda ficcarne quel* V il Dirìtìrè quella di fuo figlio , finche fi giudichi che quello va¬ gabondo abbia a fio linamente rinunziato al fuo domici 0 lio naturale o d‘origine. §. 220. Se abbandonar fi pofsa la fua patria. Bifogna neccflariamente ufar molte difiinzioni 3 pèt ben risolvere quella celebre qwiftione, fe un nomo ab¬ bandonar polla la Aia patria c la focietà > di ctii c membro, i. I figli hanno un 'attaccamento naturale al¬ la focietà , nella quale fono nati. Obbligati a ricono- fcerc la protezione , ch’ha effa accordata ai loro pa¬ dri , le vanno debitori in g*an parte della loro naAi¬ ta e della loro educazione. Debbono dunque amarla s iìccome fabbiam fatto vedere §. izi., dimoflrarle li¬ na giulta riconofccnza , renderle, per quanto è ih lo¬ ro , bene per bene. Abbiamo olfervato, §. hanno eglino diritto d’entrare nella focietà > di cui ì loro padri erano membri. Ma ogni uomo nafee libé* ro i il figlio di un Cittadino , pervenuto all età. c | ! gione , può efaminare fe gii convenga di urwh a i focietà, che !a fua nafeita gli deftina. Sei non nova che fiagli vantaggiolo il rimanervi , è padrone eh a bandonarla , rifarcendola di ciò eh’ ella potrebbe aver fatto in fuo favore (a), e confervando per effa > per quanto gliel permetteranno i f U oi nuovi impegni , i lentimenti di amore e di gratitudine a quella dovuti. Del rimanente gli obblighi di un uomo verfo la fua patria naturale poflono cangiarli ^ alterarli > ° f van ^ rc > fecondo che 1 * avrà egli abbandonata legittimamente e coli (. a ) Tal e il fondamento de ^Trattati foranei , dei Di ritti chi fi chiamavano in Latino cenfiti emiirationis . delie Genti . g jl j con ragìoue per eleggerne un’ altra , o fecondo che ne farà flato meritoriameri te efclufo o contro Ja g i*- fiizia, nelle forme o per violenza (a). 2. Toflo che un figlio di un Cittadino divenuto uo¬ mo opera ficcome Cittadino, ne prende tacitamente la qualità; le fue obbligazioni, ficcome quelle dì qualun¬ que altro 3 che 5 impegna elpreflamente e formalmente verfo la focietà , divengono più forti c più f ft e fe : il cafo È affatto diverfo da quello , di cui abbiamo par¬ lato. Allorché una fodera non è fiata contratta per un tempo determinato , è permeffo 1’ abbandonarla , quando quella feparazione può aver luogo ferì za fat¬ toi ir danno alla focieta. Un Cittadino può dunque ab¬ bandonar lo Stato, di cui c membro, purché noi fac¬ cia in congiunturein cui non potrebbe abbandonarlo fenza recargli un notabile pregiudi do. Ma bi fogna di- fliuguer qui ciò che può farli a rigore di dritto da ciò che è on e fio e conforme a tutti 1 doveri ; in bre¬ ve la obbligazione interna dall’ obbligazione eterna . Ogni uomo ha il Diritto di abbandonare il fuo pae- fe , per iflabflirfi altrove, quando con un tal palio non compromette il bene della fina patria. Ma un burnì Cit- (ó) Carlo XIÌ. condannar fece a morte e giufti*iare il Gene¬ rale Patkul, Invernano d'origine ,iì qual fu prefo m un fatto d* armi . Queffa morte ìu ingiufìa . Patku! era ver amen ce nato fu(N (dito del Re di Svezia; ma avea abbandonato la Livonia in era dì dodici anni , ed effendo fìaìo promoilo nelle truppe dì Saffo- mia , avea venduto , colla pennitflone del Re , i beni da luì poffeduti in Li venia * Àvea egli dunque laicista la fua Patria per eleggerne un 1 altra ; lo die è permeffo a un uomo libero , purché ciò non avvenga ? ficcan e abbiamo qui ofTervato , in un tempo critico j in cui Ja patria ha bffògno di tutti i iuoi h~ ®li ; C il Re di Svezia permettendogli di vendere i fuoi beni , avea accorrtene ko alla iua trai migra a ione * Storia intcrejante dd Settentrion?! pag. no. II DlTtitO Cittadino mii non \i fi determinerà Anzi nerclliii , ovvero fenzi firtiliime ragioni . C ■ p -0 ontfh è : abufare della fui libertà , per abba mi,.. mr con leggerezr 2a degli aflfociati, dopo aver da Krj navali conftde- rabili vantaggi ; ed è qtiefìo il calo d'ogni Cittì dine colla Aia patria. , , ... Quinto a coloro, che !' abbandonano_ vilmente „cl J nericato, cercando di metterli in Alvo, in vece m difenderla, violano manifefhmcr.tc il patto di inciela , col quale fi obbligarono a difènderli tutti injeme d intelligenza : fono pero infami dilerton , che Jo auco ha Diritto di punire ìcveramente, §. zzi. Come f l pofoa (lame lontano ptr un tempo . Nei tempi di pace e di tranquillità , quando la pa¬ tria non ha vertm bitogno attuale di if * J ^ * P li, il bene fteffo dello Stato e quello de Cittadini e h K e che fa permetto a alcuno di viaggiare I>« J‘ fui)i affari, purché tempre fa pronto al ,ltor " ^ fora ìo ri eh in mi il pubblico mrereffe * Non P che alcun uomo (Ufi obbligato verfo la p era ’ . è membro , a non poter ufcìre rial pad- ? t h; a 1 ^ e furerà il bene tic’ fuoi affari , e allorché p otra * Iecl r*rfene fenza nuoce* e alla fua patria- § t :u, yariaT.io®e delle Leggi politiche # td Bifogna ad cjse ubbidire. Le Leggi politiche delle Nazioni variano mo ’ L ° d tal uopo - Appo le une è permeilo in ogni tempo* fuorché nel cafo di una guerra attuale , ad og nl ^ ]Uu : dir,o fabfantarfì , ed anche l'abbandonar totalmente i pacftr, quando lo trova opportuno y c fenza renderne delle Genti. iz$ alcuna ragione* Quefh licenza» cantraria per fé mede- inni al bene e alia fallite delia loci età , non può tol¬ lerarli che in un paefe > dove manchi la folli ften za » e che { ì 3 l incapace di provvedere i bifogni degli abitan¬ ti Non v s ha in un tal paefe che una fodera imper¬ fetta ì pofciachè bifogna che la foci età civile pollò met¬ tere i fu dì membri in affato di procurarli colla loro fatica, e colla loro iridurtela tutto ciò che loro è ne- cellario : fenza di che non ha Diritto d* efigere che fi dedichino ad erta affo luta mente. In altri Stati ognun può viaggiare lìberamente pe* ilio! affari 5 ma non ab¬ bandonare interamente h Patria , lenza la clpreffa per- milione del Sovrano, Finalmente ce n T ha, dove il rì- ■rri del Governo non permette bufar del paefe a chiun¬ que non fi a munito di pali a pòrto in ferma , che indi- -rc non rt accorda che eoo una fonimi difficoltà. In tlI tti queftì cab bifogna conforrparf! alle Leggi » quan¬ do fono erte fatte con una legittima autorità- Ma nell' ultimo il Sovrano abufa del fuo potere» e riduce * fud- ,p lt i in una infopporlabile fchiavitu » fc loro niega Li nei-mìflSIne di viaggiare per la loro utilità » quando potrebbe loro accordarla Lenza inconveniente e lenza perìcolo per lo Stato, Vedremo anzi che in certe oc- ofioni non può ritenere » lotto alcun pretefto , quell che vogliono andarfene per fempre. §. zi3. jDl 1 cafi » in cui un Cittadino ba Diritto di abbandonare la fui Patria. Hannoci dd cab , ne* quali un Cittadino Li aiTohi tamente Diritto , in forza di ragioni prclc dal patto iWfo della foci età polìtica» di rinunciare al fa lui Pi- tr ] a c di abbandonarla . x. Se il Cittadino trovar non può la fuiffrtenza nella tua Patria » gli è certamente permeila il cercarla aiti ove 5 politiche non ertendo ia * 15 fari:?-* ni II Diritti fbcictà politica i (litui-a che colli mira di agevolare i ci a felino ì mezzi di vivere é di farli una Ione fehtè c ficura 5 farebbe affondo il pretendere che un mem¬ bro s a cui non potrà ella procurare le cole più netef- farle* non avrà Diritto di abbandonarla* ». Se il Corpo della Società > o chi lo rappre&ttfii ? manca affo) un mente alle lue obbligazioni verfo un Cit¬ tadino , può quelli ritirarli > pofciaehè fe 1 uno de contraenti non offerva i Tuoi impegni * 1 altro non e tenuto a II* adempimento de* funi > e il contratto è re¬ ciproco fra la focietà cd i fuui membri. Su ra 4 fonda 4 mento fi può ancora fcacciar dalla Società un membro* che ne trafgredifee le Leggi. j. Se la maggior parte della Nazione* o il Sovrano che la rapprefénta * vuole ItabiJir Leggi fu coft ? ri' fpctto alle quali il patto di focietà non può obbligare ogni Cittadino a fottometterfi * quelli a cui quelle Leg¬ gi difpiacciono , hanno Diritto di abbandonare b fo¬ cietà per ifitabilirh altrove. Per efetnpio fe il Sovrana o la maggior parte della Nazione non vtiol Mtne che una Religione fola nello Stato, quelli che «demo e profe{fano un'altra Religione* hanno Diritto d* orli* di portar l'eco i loro averi e vìa condirne j- 0 ro famiglie. Imperocché non poterono egHno mai nt toni ette rfi all'autorità degli uomini in affar di coi eteri" za (rf)ì e fc la foci età (offre e s'indebolire F er ^ Q ** ro partenza, U colpa è degl*intolleranti, che mancano al patto della Società* Io infingono c sforzano gb al¬ tri a fepararfì. Abbiamo indicati altrove alcuni altri efempi di qucfto terzo cafo : quello di uno Scafo po¬ polare* che vuol eleggerli un Sovrano* §. jjo € c I ltC ^ S*) Vedi fopra il Capitolo MU Religióne, d?,lk Genti, %zj lo di Una Nazione independente, chd prende la ri ioli?- ioni di fottometterfi ad una Potenza ftraniera* $.195; §. 224. Degli emigranti* Quelli clic abbandonalo la lorb Patria pei- qualche ragione legittima, con intenzione di ftabilirfi altrove^ fi chiamano emigranti . Eglino portarlo beco tutti i lo- jro averi, e via conducono le loro famiglie. ■§. 225. Sorgenti del loro Diritto . Il lord Diritto d’ emigrazione può venire da di- verfe {'ergenti, 1. Ne' cafì che abbiamo accennati, §* 723., è quello un Diritto naturale, che loro e cer¬ tamente riferbato nel patto ftefio di aflociazionc cN vile. 2. L’emigrazione può venir affi. Cu rata ai Cittadini $ 311 certi cali, con una Legge fondamentale dello Stato. I Cittadini di Ncuchatél e di Valangino negli Svizze¬ ri , abbandonar poffono il paefe c portar feco i lo'rcy 2.veri, come loro piace, fenza pur pagare per ciò al¬ cuna gravezza. 3. Può cfTer loro accordata volontariamente dal So** vrano. 4.1 Per ultima quello Diritto può nafeerè da qùaE che Trattato fatto con Una Potenza ftraniera , in virtù del quale un Sovrano avrà promeflo di lafciare ogni libertà a quelli de’ fudditi fuoi , che per certa ragio¬ ne? a motivo di Religione per efempia, vorranno tras¬ ferir fi nelle terre di quell: a Potenza .• Ha nuoci fintiti Trattati fra i Principi di Germania ? P C 1 * n P ai T ticolare , in cui trattafi della Religione. Nella lidia gin fa negli Svizzeri un Cittadino di Berna, che vuo tras ferirli a Friburgo * e reciprocamente un^ Cittadino \ P * Frl ~ ì,i B II Diritto Friburgo* che vuole ttabiliriì a Berna, per ivi profefr tiir la Religione del paefe* ha Diritto di abbandonar la fua Patria c di portar fcco tutto ciò che gli appar¬ tiene » Raccogli eli da vari! tra ni della Storia , in particola¬ re dalla Storia degli Svizzeri e nella quale i popoli erano allora ridótti. Un Principe, un Signore, contava i {ridditi foci nella cteffe de funi proprii beni 7 calcola vane i! numero, {lecerne cjucf io delle fue gregale ; e per obbrobrio dell* umanità un a flranp a buio ancor non c per ogni dove diflrutto* §, 226. Se il Sovrano viola il loro Diruto* loro fa ingiùria. Se il Sovrano pretti me d’inquietar quelli , efie Man¬ lio il Diritto di • migrazione * loro fi ingiuria# e por fon eglira legittima n eme implorare la protezione de r la Potenza , che vorrà riceverli Per fiffatta guda e veduto il Kc di Pruflia Federico Guglielmo accori ai e la fua protezione ai Proiettanti emigranti da Sfìt V* teurgo * §> 127 , dH fuppiichevoli- Chiaminfi fuppluhrvUi tutù i fuggitivi? che implo¬ rano la ps '■ * 1 ut di un Sovrano contro la 3 ovvero il Principe > clic hanno eglino abbandonato . Non po h imo noi (odamente ftabiiire ciò che il Di¬ ritto delie Genti decide rifpi^cco a loro , prima di a- ver delle Genti. ver trattato dei Doveri di una Nazione verfo le al*' tre. $>. 218. Z>N f/Hio e bando * L*f/S/o per ultimo è mi 4 altra maniera di abbando- mare la Patria* Un efule è un uomo Tracciato da! 1 ne¬ go dei Cito domicìlio 5 ovvero coltrettò ad ufcirne , ma lenza nota d'infamia* 11 bando è una limile efpulfione accompagnata da nota d infamia (a). L J uno e P altra polle no eli ere per un tempo limitato , ovvero a perpe¬ tuità „ Se un efìliato , o pur un bandito 9 aveva domici¬ lio nella fu a Patria * egli è éfìliato o bandito dalla fui Patria- Del rimanente giova o Oc r va re che nei Tufo or¬ dinario fi applicano altresì Ì termini d* sfitto e di ban¬ do alla efpulfione d’tino ftraniero 3 fuori di un pàefe > dove non aveva domicilio 3 con divieto a lui di rien¬ trarvi o per un tempo * □ per Tempre. Potendo un Diritto cjmtuntjuc Ti venir tolto a un uomo per maniera dì pena > V efiliù che lo priva del Diritto di abitare in cèrto luogo ^ può effe re una pe¬ na : ri bando tV è (empie una ; pofeiachè non h può notare alcuno cT infirmi fuorché colia mira di punirlo di una colpi reale o prete fa * Quando la feti età recide uno de* Tuoi membri con un bando perpetuo 3 egli non è bandito che dalle terre di ouefta focictà* ed elfi non può impedirgli di abita¬ re 4 ~^-*^***~ 1 €.a) L’ufo non ripugna al fin fa , che noi diamo n tpefìi due termini, L’ Accademia Francete dice : bando non di refi eh e del¬ le condanne fatte tHgiuftìzia } rr/efilìo ?ton è cbf **fi ahuntanam^n- io cagionato da qualche di*grazi* della Corte* Ciò vuol cure c.ve un a limile condanna latta in g [uffizi a c inumante j e che *on ^ ordinariamente una difgrazia delia Corte- L> 1 5.30 Il Diritto re in qualunque altro luogo gir piacerà . Ciò non 0? fìante può aver luogo il contrario in forza ci con veni zioni particolari fra due o più Stati. Di quello modo ciafcun membro della Confederazione E .1 velica può an dire i fuoi proprii fudditi da tutto il territorio degli Svizzeri : il bandito non farà allora tollerato in alcu¬ no de’ Cantoni, o da ioro alleati. . L* efdio fi divide in volontario ed involontario. hta è volontario , quando un uomo abbandona il iuo 0- micilio per fottrarfi ad una pena , o per evnare qu * che calamità ; ed involontario , quando e 1 effetto di Talvolta ^1 preferivc ad un efule il luogo itegli dee rimanere per tutto il tempo del fuo efilio >, _ ro gli s’ indica un certo fpazio , in cui gl» d’entrare. Quelle diverfe circoftanse e modificaz» pendono da chi ha il potere d’efihare. §. a 2 9. Oli efiliati e i banditi hanno Diritto di abitare in qualche parte . Un uomo , per effere cfiliaro o bandito , la fua qualità di uomo, nè per confeguci. „ : rono f ce di abitare in qualche parte fopra la terra ■ 1 , . eali un tal Diritto dalla Natura, ovvero P iutt . . fno Autore, che ha detonato la terra agli yoHiuii loro abitazione 5,e la proprietà non ha potuto in - durfi con pregiudicio del Diritto, che ogni uomo f ta {eco nafccndo , all’ufo delle cofe aflolutamente nc ceffarie. 230 . datura di queflo Diritto• Ma fe quello Diritto c neceffario e perfetto nella Tua generalità > bifpgna ben ofTervare che C c * ie ina per- àtlh Genti , z$i imperfetto relativamente a ciafeun paefe in particola¬ re. Imperocché da un altro canto ogni Nazione ha Diritto di ricufare ad uno ftraniero Tingreflo del fuo paefe, allorché non potrebbe egli entrarvi fenza efpor- la ad un evidente pericolo, o fenza recarle qn notabi¬ le pregiu di ciò . Ciò ch'ella dee a fé medefima , la cu- ra della propria conferva zi one > le dà un tal Diritto, £d In virtù della fui libertà naturale , tocca alla Na¬ zione il giudicare, fa ella fia o non fia nel cafo di ri¬ cevere quello Urani ero (Vrdim. §■ 16J Non può egli dunque {labilirfi di pieno Diritto, e come gli piacerà, nel luogo da lui feelto ì ma dee chiederne la permif- fione al fu peri ore dei luogo i c fe gli vieti denegata 3 gli conviene re {legnarfi* §. zji* Dovere delle 'fazioni ver fa loro. Ciò non offerite 3 fi c come la proprietà non potè in¬ trodurli che riferbando il Diritto acquilito ad ogni u- r( una creatura, di non etfere à {Tota tana ente privata del¬ le cote accedane , alcuna Nazione non può v inda re > fico za buone ragioni, l'abitazione anche perpetui a un nomo fcacciata dalla fui dimora* Ma fe ragioni par* ti co Li ri e lode non le permettono dì dargli un a fi Io , queft’unmo non hi più alcun Diritto di e fi gè rio > P°~ feiachè in fimil cafo il paefe , che la Nazione abita , non può fervile nel tempo fteffo ad ufo dì lei e. a quello del prefitti (tramerò. Ora, qtifpd anche fi lup¬ poli effe che tutte le cole fono ancora comuni, non può alcuno arrogarli V ufo di una enfi , che ferve acaul¬ mente ai bifogni di un altro. Però ima Nazione , le cui terre battano appena ai bifogni de Cittadini , non c obbligata a ricevervi una mafnada dì _ fuggii Chi o i funrnfeiti . Però ella medefima dee rigettaui sflolu- temente 5 le infetti fono di qualche morbo contagialo. P 4 Pcro i r iìilli ! ! 1 II 2.32. 7/ Diritto Pero ha Diritto di rimandarli alcrove , fe ha un giu- fio motivo di temere che corrompano i coflumi de Cittadini , che turbino la Religione , e che produ¬ cano qualche altro difordine contrario alla pubbli¬ ca fallite . In breve ella ha Diritto , ed anzi è ob¬ bligata di feguitare a tal uopo le regole della pruden¬ za. Ma quella prudenza efler non dee fofpetlofa , ne condotta a fegno di negare un afilo a fventurati pei lievi ragioni e per timori o frivoli o poco fondati. Il mezzo di temperaria farà di non perder mai di villa la carità e la commiferazione , che fono dovute agl infelici. Ricufar non fi poffono tai [entimemi nè pure a quei, che fono caduti nell infortunio per loro colpa, odiar lì dee il delitto ed amar la perfona, poiché tut¬ ti gli uomini debbono amarli. §. 231. Una 'inazione non può punirli per colpe commefse fuori del fuo Territorio . \ Se un efiliato ovvero un bandito è flato {cacciato dei fuo Territorio per qualche delitto > non appartiene alla Nazione, preffo cui egli fi ricovera, il punirlo P c ™ JS fatto commcfìo in un paefe flramero . Imperocc e u natura non dà agli uomini e alle Nazioni il Duetto di punire fe non per la loro difefa e per la loro Acutez¬ za, §. 169.> donde fegue che punir non fi poffono che quelli, da cui fiamo flati lefi* $. 233. Salvochè per quelle che interefsano l& ficurezza del genere umano < Ma quella ragione medefima fa vedere, che le la gìuflizia di ciafcuno Stato dee in generale reftrignerfi a punire i delitti commeffi nel fuo Territorio , eccet¬ tuar bifogna dalla regola gli fcellerati, che per la qua¬ lità . delie Genti. lai é per V abituale frequenza de* loro delitti ^ viola¬ no ogni pubblica ficurezza > € li dichiarano ì nemici dell*uman genere. Gli avvelenatori , gli affafìini 5 gl' incendiarli di prò fedone y effer poflono terminati do¬ vunque fien prefi i pafciachè attaccano coloro ed ol¬ traggiano tutte ìc Nazioni , conculcando ì fondamenti della comune lord fi cu re z za . Quindi i pirati li man¬ dano alla forca dii primi, a cui vengono a cader nel¬ le mani. Se il Sovrano del paefs 5 ove delitti di que- fib natura fono Rati commeffi , ne reclama gli Autori per farne la punizione 5 fi dee refti tu irglieli y ficcome a quello 7 che è per ifpecìal modo intere flato a punirli efemplarmente * E ficcome conviene convincere i rei s far loro il procella con rime le formalità * è qyefb li¬ na feconda ragione 5 per cui fi confegnano ordinaria¬ mente i malfattori di que/t 1 ordine agli Stati ^ die fu¬ rono il teatro dei loro delitti „ 4 fi CAPITOLO XX. Dei beni pubblici 3 comuni e privati. §. I34, Di ciò che i Ròfnani chiamavano res coirmmnes. ^ FEggiam ora eguale fiat Ja natura delle divèrfe co- \ h fé, che racchiude il pade occupato dalla Nazio¬ ne , e procuriamo di ftabilire ì principi! generali del J>iritto^ clic le governa. Qticfta materia è trattata da’ ^ a ir e con fui ti fotte il titolo , de rerwffl divi fimi e . Han- noci cofe 5 che di loro natura dfer non pedono occu¬ pate : ce n ha > di cui ninno fi artribuìfee la proprie- i 1 2,34 17 Diritto tà, e che rimangono n c ! ! a com unione primitiva, quatw da lina Nazione s'impaci rotti Ice dì un P a( fi e ' I ri giu recoti filiti citi amano quelle cole rcs emmunis , cofe comuni: tali erano appo loro l’arh, 1 acqua cor-t (■cuce , il mare, i pelei > le beftie iuvagge* $. 2 -• 5. Totalità dei beni della Trazione > e loro divi fune . Tutto ciò che è fijfeettibile di proprietà , vi « gro- dicaco appartenere alla Nazione, che occupa il F e ‘ e > ■ forma la malfa totale de’ limi beni. Ma la “ I0 ™ r.on poMede tute! quelli beni nella fteffa gui a. Qm che non fono di vi fi tra le comunità pamcolar , g individui della Nazione, fi chiamano be>n Gli uni fono riferisti per li b. fogni deho S»«M« formano il patrimonio della Corona, gli ■ . »»«»■■ * A no fecondo i iuoJ bifofrni, e fecondo Je L gg regoUr.0 l'ufo, « fi q"'»‘«« ''* f0 nocene altri , che appartengono a qmiche P ^ ro comunità : chiama ufi eflS beni di f omini .''\ m c j a l'srfitarìs ì e fono per quello corpo in F* r . p 0 . che fono i beni pubblici per tutta la ^ tendo la Nazione «pere confederata ficcomc ui I comunità fi poffono chiamare indifferentemente « munì quelli, che ie appartengono iti comune, , 1 che tutti i Cittadini poffono farne ulo , c £ I Ul ', 1 fono parimente poffeduti da un corpo ovvero ua tira comunità : le ftefle regole hanno luogo per g- L un , per gli altri. Finalmente i beni poffeduri da privati chiamano beni particolari) Y es fingulorum - $■ 2J*- delle Genti , MI §, 1^6' Due maniere di acquiftar beni pubbli ci . Allorché una Nazione in corpo $' ìm pad reni feci dì Un paefe > tutto ciò che non fi divide tra i fuoi mem¬ bri ? retta comune a tutta la Nazione* e diventa bine pubblico. V'ha una feconda maniera y in cui la Nazio¬ ne e in generale ogni comunità può acqui(lar beni * cioè per la volontà dì chiunque giudica a proposto dì trasferire in dia , a qual fi voglia titolo * il dominio o U proprietà di ciò clv eg li poffiede, §. 237. Le rendite de' beni pubblici fono naturai* mente alla difpofizione del Sovrana . Tofto die la Nazione rimette le redini dello Stato yo le mani dì un Principe ? vicn giudicato ch'ella nel iLjupo fletta gli rimetta ì mezzi dì governare. Poiché dunque le rendite de' beni pubblici * del patrimonio bello Stato ^ fono de Iti nate alle fpefe del Governo > tro vatìfi le medeiìmc naturalmente a ila dii poli zicne del Principe , c fi dee {empie giudicarne così ? purché la Nazione non abbiale formalmente eccettuate rimetten¬ do l’autorità iuprenu 5 e non abbia provveduti) in qual¬ che altra maniera alla loro ammini(trazione , alle fpe* {c ne ce Ha rie dello Stato c al mantenimento della per* ftìna fletta dei Principe c della fu a caia. Ogni qual volta adunque l’autorità fu prem a c rimetta pura mèri te c (empiicernente al Principe a efia porta (eco il poter lìberamente difporre delle pubbliche entrate. Il dovere del Sovrano l 1 obbliga veramente a non impiegar que¬ lli danari che ne’ bifogni dello Stato ; ma tocca a lui fo(o il determinarne V applicazione conveniente> ed egli n on dee renderne conto a dùccbeilìi- f *38. I i)6 li Diritto §. /,.! Nix ione può cedergli l tifo e la proprietà dei beni cornimi . Li Nazione può attribuire ai fuperiore folti 1 ufd dt funi beni comuni * ed aggnignerli cosi al patrimo¬ nio dello Stato E {fa può inoltre cedergliene la pro¬ prietà Ma ejuefl-o trafporeo d'ufo ovvero di propria efige un atto cfpreflo dei proprietario ? che è Ia Nazio¬ ne. E’ difficile di fondarlo {opra un caci co confenfo j perchè il timore ritiene ti ppo fpefio i fumiti da Ire- eia ma re contro le ingiurte in tra prole del Sovrano. §. 239 , Mff$ 'può coprirgliene il dotiti ilio > e riferbarfene C tifo . il popolo può nella ftetfa gui(* attribuirci al prio¬ re i! dominio delle cole , ch’egli polfiedc in comune , e riierbarfene l' ufo in nitro n in parte. Quindi il 00- mimo di un fiume , per efempio > può ci lei J- C zun a Principe* mentre che il popolo le ne ri/erba u 0 P- r la navigazione , per la pelea, pei abbeverar i e mi ec, Si può ancora conferire al Principe mio J 1 ritto di pefeare in quel fiume , cc In foni ma 1 popo¬ lo può cedere al fuperiore qual Diritto più gli piccia fui beni comuni delia Nazione s ma tutti quelli ^ inr “ tì particolari non derivano naturalmente e p eC ^ dalla Sovranità, & *4°- Impofitaiont * Se la rendita de beni pubblici } q del regio patrrfì'io- nio non balda a pubblici bifogni > lo Stato vi fuppli" Ice con Impofizioni. Debbono e (Ter quefte regolate in modo* die ogni Cittadino ne paghi la fu a quota * in prò- proporzione delle fue facoltà e de’ vantaggi , ch’egli ricava dalla Società. Effendo tutti i membri della So¬ cietà civile egualmente obbligati a contribuire , fecon¬ do la loro forza , al fuo vantaggio e alla fua fallite non pottono ricufare di pretta r i fufiìdii necettarii alla foia confervazione, fecondo che parrà bene d’efìgerli ad una legittima podettà „ 241. la fazione pub riferbarfi il Diritto di flabilirlc . Molte nazioni non hanno voluto commettere al Prin~ ppe loro una cura sì dilicata , nè affidargli un potere , di cui c si facile di abufare . Cottituendo un patrimo^ pio pel mantenimento del Sovrano e per le fpefe ordi¬ narie dello Stato , fonofi elleno riferbato il Diritto di provvedere per fe flette o per mezzo dei loro Rappre- i c n tati ti 5 ai bifogni ftraordinarii , imponendo gravezze pagabili da tutti gli abitanti. In Inghilterra il Re ef- pone i bifogni dello Stato al Parlamento , e quefto Corpo rapprefentativo della Nazione delibera e fiatisi- f ce , col concorfo del Re , intorno alla quantità del iuffìdio e intorno alla maniera di levarlo ; e 11 fa di più render conto dell’impiego, che il Re n’ha fatto. §• 242. Del Sovrano che ha quello potere . In altri Stati, dove il Sovrano pofììede l’Impero pie¬ no ed affoluto ^ egli folo ftabilifce le impofizioni re¬ gola il modo di raccoglierle, e ne fa l’ufo, che trova a proposto, fenza renderne conto a chiccheffia . Il Re gode oggi di quella autorità in Francia, colla fempli- ce formalità di far verificare i fuoi editti in Parlamen¬ to : e quetta Corte ha il Diritto di fargli umiiiffime rimoftranze , fe trova inconvenienti nelia impofizions or- * II Diritto ordinata dal Principe. Saggio ftabilìméfito p?r far giti- gnere la verità e le grida del popolo fino alle oiec- chie del Sovrano, e per mettere qualche limite alle file diffipazioni, o alPavidità de’ Miniftri e degli Appalta* tori l (a) II Principe ? che riveftito è del potere di metteie impofizioni fopra il fuo popolo, dee guafdarfi dal con- (ìderare i danari , che ne provengono , come fuo pro¬ prio bene. Non dee mai perder di villa ii fine, p cui quefto potere gli è flato affidato : la Nazione !... voluto metterlo in grado di provvedere, fecondo la u fa pi e n za , a’ bifogni dello Stato. S egli converte qu-u danari in altri nifi* fe li con*urna in lutto frivolo, per li fuor piaceri , per faziar V ingordigia delle ine c e e de* fuoi favoriti, ofiam dirlo ai Sovrani ancora capa ci di afcoltar la verità, egli non è mcn colpevole, anzi lo è mille volte più di un privato , che fcivcfi. c ~ roba altrui per foddisfare le lue fregolate paffionK * ingiù- -' ( a ) Non fi può tener l’occhio troppo attento alio fiabi im n to delle impofte , che una volta che fieno introdot » , . continuano, ma ancora fi moltiplicano con tanta ra i • fonfo Vili., Re di Gattiglia, afiediando contro 1 . ? r ‘ j 0 . di Conchana, urbem in Celtiberis , e mancando di an 5 ' mandò agli Stati di poter imporre i’u ciafeun uomo li capitazione di cinque maravedis d'òro. Pietro, ^ on ^ e 1 *’7-J ( Lara Comes ) vi fi oppofe vigorolamente : contractaque . lium manu ex consentii difendit , armis inerì para*®* p armis & virtute a majoribus immuni tatem ; ne V ue tf a " Url P x an da firmans nobilitatis opprimendo atqae novis f° - . eh eo adita initium fieri : Mauros opprimere non ejje n , %r avieri Jervitute rempublicam implica ri finant • 9 r f, permotus , ab ea cogitatione defiftit . Vetrum nobile* confi w ■ 0 manicato quotannis convivio accipere decreverant > ip\ UYrl fieros , navata opera mercedem , rei gefta bonae pofieritai m numentum ,documenttimqtie, ne quavis occafionc ju* libertit* 1 minai p ati untar * Mariana, ibid . Cap. Vili. delle Genti l t j ^ ingiùftj'zia j, perchè rimanga impunita, non è però me* no obbrobriofa . $. 243. Dovere del Principe rifpetto alle imposizioni* Ogni ccTa dee tendere a! ben comune nella focietà politica; e fe la pedona fletta de’ Cittadini è fogget- ta a quella regola, i loro beni noti pottorio etterne ec¬ cettuiti. Lo Stato non potrebbe fuffiitere, o ammini- llrar fempre gli affari pubblici nel modo più vantag¬ gi ofo , fe_ non avette la podeftà di difporre all’occafic- ne di ogni forte di beni fottopoftj ab futi Impero. Si dee anzi prefumere che quando Ja Nazione s’impaJro- mfce di un pacfe, la proprietà di certe cofe hort ven¬ ga abbandonata ai particolari fe non che a quella con¬ dizione. Il Diritto che appartiene alla focietà, ovvero ai Sovrani , di difporre in cafo di neccilirà e per la pubblica falute , di ogni bene coihprefo nello Stato; li chiama Dominio eminente. £’ cofa evidente che que¬ llo Diritto e necettario , in certi cali , a chi governa ; c che per confeguenza fa parte dell’Impero, ed effer dee annoverato tra i Diritti di Maeftà ; §. 45'. Allor¬ ché dunque il popolo deferifee l’Impero ad alcuno, gli attribuire nel. tempo fletto il Dominio eminente, pur¬ ché non fel riferbi efprettàmente . Ogni Prìncipe vera¬ mente Sovrano è riveftito di queflo Diritto, quando la Nazione non 1 abbia eccettuato, in qualunque mod© fia pei aiti 1 conti limitata la fua autorità# 144. Del Dominio eminente anneffo alla Sovranità. Se il Sovrano difpone dei beni pubblici in virtù del fio Dominio eminente , l’alienazione è valida ficcome quella die fi è fatta con sin poter fuiKciente. Al- 2,40 // Diritto Allorché difpone egli nella fletta guifa de’ bèni di una comunità © di un privato , 1 alienazione fara va* li da per la medefima ragione. Ma la giuftizia doman¬ da che quella comunità o quello privato venga rifar¬ cito coi danari pubblici; e fé l’erario non è in iflato di farlo, tutti i Cittadini fono obbligati a contribuir¬ vi ; pofciachè gli oneri dello Stato effer debbom) por¬ tati con eguaglianza o in una giuda proporzione. Non è di ciò alzamenti che del getto delle merci > che d fa per falvar la Nave. §. 245. Dell'Impero foprd le cofe puubliche. Oltre il Dominio eminente, la Sovranità dà un Di¬ ritto di un’altra natura fu tutti i beni pubblici , co muni e particolari; ed è l’Impero, avveio il di comandare in tutti i luoghi del paefe , eoe 2 PP a ^ tiene alla Nazione. Il poter fupremo fi edcnac a tu to ciò che accade nello Stato , in qualunque *uogo * la feena; e per confeguenza il Sovrano comanda m ni ti i luoghi pubblici, fu i fiumi, nelle {iraaf niae r ’ nei deferti cc. Tutto ciò che ivi accade, e fogg-tto la fua autorità. 2 46. il Superiore può far Leggi f°P r(l ^ dei beni comuni . In virtù della fletta autorità il Sovrano può fai gl, che regolino la maniera , con che fi dee ufare beni comuni, tanto di quelli delia Nazione intera^, tt uan N to de’ beni de’ corpi ovvero delle comunità. hon pu° egli in vero privar dei foro Diritto quelli ? che hanno parte a tai beni; ma la cura , che dee prende** 1 pubblico ripofo e del vantaggio comune de Cittadini» gli dà certamente Diritto di ftabilir Leggi» che tenc.1 dille Genti . M r no a qucftó Tcópo , e di. regolare per confegnenza lì manieri , onde lì dee godere de’ beni comuni. Quella materia potrebbe dar luogo ad abiifl, fufeitar tumulti, rhV importa allo Stato di prevenire , e contro i quali il Principe è obbligato a prendere gittffie mifirre. Quin¬ di il Sovrano può ftabiiire un faggio regolamento nel¬ la caccia e nella pefea ; inibirle ne’ tempi della moiti- olicaziònè ; vietar l'ufo di certe reti, di ogni metodo liftrpttivo, ec. Ma fiamme in qualità di padre comu¬ ne,' di Governatore e di tutore del filo popolo, il So¬ vrano ha Diritto dì far quelle Leggi, non dee mai di¬ menticare i fi' i, che a ciò lo chiamano; c le fa a tal uopo editti con qualche altra mira fuorché quella del pubblico bene, egli abufa del fuo potere. §. Z47. udì'alieinix,ionc se’ beni Ai Comunità. Una Comunità, Accorile ogni proprietario, ha il Di¬ ritte dì alienare e d’ ipotecare i fuoi beni i ma quelli che la compongono prò tempore non debbono mai per¬ dere di vifta la degnazione di queftì beni comuni, ne alrramcnti difporne che pel vantaggio del corpo o ne, cab di uccelliti. Se li diftraggono con altre mire , y bufano del poter loro, peccano contro quello, che deb¬ bono alla loro Comunità e ai loro poderi; e il 1 ' lnc1 ' cipc , in qualità di padre comune , ha Diruto di op¬ porvi fi . D’altronde P intereffe dello Stato richiede che non fi di Rapino i beni delle Còmtmitì , 0 che dd at Principe , incaricato di vegliare alla pubblica fallite , un nuovo Diritto d’impedire l'alienazione <- ^ A beni. E* dunque con ve nien tiffiurto -f ordinare tn un Stato, che l’alienazione de’ beni diC»* fa» «-■ valida , fe non v'intervenga il conferito del p Però le Leggi civili danno a tal uopo a e IjmlI ^E Diritti de’ pupilli. Ma e quefta_mu Legge T u.amante * 4 *- // Diritto civile i e il fe fui Sdento di q u . M i , che in Diritto natu¬ rale colgono a una Comunità il poter d'alienare i funi bersi fenza il conferì fa del Sovrana * mi fembra defti- tuto di fondamento e contrario alla nozione della prò* prietà Vero e che una Co mimici può avere ricevuta beni o da’ fu. i predecc-flbri o da gualche altro., a con¬ dizione di non poter alienarli ; ma in tal cafo ne hi ella folca neo il perpetuo u fu frutto s e non l'intera e li¬ bera proprietà. Se alcuni de 1 iuoi beni fono flati dati per la confervazione del corpo > è roamfeflsf che la Co¬ munità non ha il potere di alienarli . fuorché nel cafo di una cftrema neccflìtà, c fi prefume che fewtì di ta¬ le natura tutti quelli 5 che può aver dia ricevuti dai Sovrano. $. 248, Dell" ufo dei beni comuni. Tutti 1 membri di una comunità hanno un eguai Diritto all* ufo de*fuol beni comuni Ma il corpo del¬ la Comunità può f ?re fulli maniera di goderne i rego¬ lamenti 5 che giudica opportuni^ purché qtiefti regola - ■* O li i _ * , ’j menti non offendano in verno conto 1 eguaglianza, cns regnar dee in una comunione di beni Per Affata' gui¬ darti i membri,, fecondo il loro bi fogno 3 o aflegnan- 4 one una porzione eguale a ciafcùno ? ma non ha efla fì Diritto di efcluderne alcuno ^ o di diflioguerlo, de- binandogli una parte inferiore a quella degli altri, 249 , Manie?# r ende ciajcuno dee goderner Avendo tutti i membri di un Corpo eguai Diritte# a" fuoì beni comuni , ciafcùno dee profittarne per mo- do? che non pregiudichi in vcrun conto alPufo comu- de ih Genti. me Secondo giiefta redola non c lecito a u n primato lì far iopra un fiume, che è un ben pubblico, alcuna o- pera.opjce di renderlo men ateo all’ufo di tuta, co¬ llie farebbe il coftruirvi moli ni,-il farvi una folla, per condurne le acque fupra ì fuoi forili, cc. Se la tentai fé, fi arrogerebbe un Diritto particolare , contrario al Diritte comune di tutti * 250, Dei Diritto di prevenzione nd loro ufo ! il Diritto di prevenzione ( jus praventionis ) effer dee fède!mente nfTervato nell'ufo delle eofe corrioni s che fervir non podono nel tempo, fteffq a più perfori** Si chiami cor; tal vocabolo il Diritto del primo entra¬ to nell 1 ufo di fimi li co fc. Per e fero pio , le io traggo attualmente dell* acqua da un pozzo comune ovvero pùb¬ blico un altro che fopravvenga non può {cacciarmi , per acrigqernf egli fi c fio , c dee affettare che 10 abbia terminato? pofciachè ufo del mio Diritto attignendo di quelVacquig ninno può turba micio ; un fecondo, che ha un Diritto eguale, non può farlo valere io pregiudico del mìni farmi ceffate col fuo arrivo {.irebbe un attri¬ buir fi maggior Diritto del mio, ed offendere la Legge dell' eguaglianza. 2 51: Delio fleffo Diritto in un altro eafo. La flefTa regola effer dee ofiervata rifpetto a quelle c nfe comuni, che fi confammo nell'tifo : appartengono effe al primo, che vi porge la ma rio per fervi ri •me i e ini fecondo, che fopravvenga, non ha alcun Diritto ai spagliamelo. Ta mi reco ad una fore (la comune, inco- jiiincio dell* afferrare un arbore i voi fcipra|gmgnete e vorrefte avere l'arbore ftelTo : non potete levarmela } poiché farebbe un arrogarti ito Diritto lupe ri ore al * Q 2 mio, *44 Il Diritta mio, e i nofuì Diritti fono eguali. Quella regola e la ftefla, che il Diritto della natura prefcrive nell ufo de' beni della terra , prima della introduzione della pro¬ prietà . 151. Della confcrvazione c della riparazione de’ beni comuni. Le fpefe , che può cfigere la con ferva zione o la ri¬ parazione delle cole, che appartengono al pubblico ov¬ vero ad una Comunità , elfer debbono fop por tate con eguaglianza da tutti quelli, che hanno parte a tali co- fe , o uagganfi le fonarne necelfarie da caffè comuni , o ciafeun privato vi contribuifca la fua ungente. La Nazione , la Comunità ed ogni corpo in gemme può inoltre fbabilire gravezze flraordiuarie , ovvero impo 1- zioni, annue contribuzioni, onde provvedere a tali Ipe- ie ; purché non fenvi angherie , c le fonarne ri co e vengano fedelmente applicate al loro defiino. Per c l ue '' fto fine ancora , fkcome abbiamo offervato , >• 10 i Diritti di pedaggio fono legittimamente ltabilm. Iliade , i pomi , gli argini , fono cofc pubbliche , cui profittano tutti quelli che vi paffano , ea e y che tutti i paffeggeri contri bui fcano al loro mantcn ■» mento. c.53. Dovere e Diritto del Sovrano a tal uopo. Yedrem ora che il Sovrano dee provvedére alla con- fcrvazione de’ beni pubblici. Egli „ 0 n è mcn obbliga¬ to, ficcomc conduttore di tutta la Nazione > 3 vegliai fu quella de’ beni di una Comunità. Tutto lo Stato e intereffato , acciocché una Comunità non cada nell in- Aisrenza per la mala condotta di quelli , che la com- tm fl - fólle Genti < 14$ }1 Diritto, fenza cui non fi può adempierla, il Sovra¬ no ha Diritto di mettere a tal uopo la Comunità nel fuo dovere. Se dunque egli fi accorge eh’e (fa laici de¬ teriorare edificii neceffarii, che pregiudichi alle fu e fa¬ re fi: e , ha Diritto di prefcriverle ciò che la medefima dee fare, e di metterla in regola. §. 2 . 54 . De ’ beni particolari* Non ci rimane che un breve cenno a foggingnere de’ b'Mii privati : ogni proprietario ha Diritto di go¬ vernare i fuoi averi e dìfporne come gli parrà bene , finche il Diritto di un terzo non vi fi trovi interefla- to. Ciò non oftante il Sovrano * ficcome padre del fuo popolo 2 può e dee ritenere un dilli patere, ed impedir¬ gli di correre alla fila rovina , foprattutto fe quella dilfipatore è padre di famiglia. Ma bilogna ben guar¬ darli di non e (tendere quefto Diritto d’ ifpezione fino ad incomodare i fudditi nell* amminiftrazione de' loro affari ; lo che non offenderebbe meno il vero bene del¬ lo Stato che la giufta libertà de’ Cittadini. La parti¬ ta trattazione di quella materia appartiene al Diritto pubblico e alla politica . 5 $. 2*55. ìl Sovrano può fottoporli a un regolamento. Convien offervare ancora che i privati non fono tal¬ mente liberi nella economia o nel govèrno, de loro beni , che non rimangano foggetti alle Leggi^ e ai te¬ gola menti di buon ordine fatti dal Sovrano . Per elem¬ pio fe le viti li moltiplicano troppo in un paele, e vi ’fi pentirli di frumento, il Sovrano può inibire di piantai viti ne’ campi atti all’agricoltura; pofciache cosi 11 chieggono il ben pubblico e la fa Iute dello Stato, lorchè una ragione di quella importanza lo efige , 1 Q 3' So * *46 II Diritto Sovrano o il Magi fi rato può coitrignere un particolare i vendere le fue derrate , di cui non ha Infogno per la fua fufl 3 (lenza , e flabilirne il prezzo. La pubblica autor irà può c dee impedire i mono polii , reprimere mtte le operazioni tendenti a rincarare ì viveri) lo che dai Romani chiamavafi annonam incendere, compri ■r mere , ve x are §. 2 Jd. Delle eredità, Ogntinó può natitralmènte fcegiiere la perfora , a cui vuole lafdare il fuo dopo morte, per quanto il firn Diritto non è limitato da qualche indifpenfabile ob¬ bligazione, come per efempio quella di provvedere al¬ la fullì Renza de’ fuoi figli. I figli hanno pur natura _ mente il Diritto di fuccedere con eguaglianza ai b_ e "* del padre loro : ma tutto ciò non offa , che Raul ut non fi pollano in uno Stato Leggi particolari fu I Ila menti c folle eredità , rifpettardo nondimeno i Di¬ ritti cfftnzialt della natura. Di oucfòo modo, per lo- ftener le nobili famiglie , è flabilito in molta largii, che il primogenito fia per Diritto l'erede princ/pa e 1 filo padre. Le terre forti tutte in perpetuo al primoge rito di una cafa , gli pervengono in virtù dì un altro Diritto , il qual ha la fua forgente nella volontà di chi e (Tendo padrone di quelle terre ic ha foggiate a un tal de 11 ino • CJ.- É delle Genti . 2.47 CAPITOLO XXL Dell’ alienazione de’beni pubblici 5 ovve¬ ro del Regio patrimonio e di quella di una parte dello Stato. ^57. Zft $l?iz,ÌQttc può -alienare li [noi beni « E Sfendo h Nazione fola, padrona de 1 beni da cita poffeduti » ella può dlfporné come le piace » alie¬ narli o ipotecarli validamente* Que^o Diritto c una ne ce (Tarla confegnenza dd Dominio pieno ed a fi obito ; Ve fé rei zio n t ibi a mente limitato dal Diritto naturale» i i uardo a v proprierarii 3 che non hanno Tufo della ra- gi i p ^cccffario per la condotta de* loro affari? io che r .on è il calo di una Nazione- Quelli che penfino aU tramanti 1 allegar non puilbno alcuna feda ragione del loro fencimento 5 e $\h tei irebbe dai loro prìncipi! > eh* non fi potefTe ma! contrattare fictiramente con alcuna Nazione; lo che attacca dai fondamenti tutti ì pubbli¬ ci Trattati. Doveri di una « tal uopo . Ma è veri limo il dire che una Nazione dee conferà vare gelofa mente ì Ilici beni pubblici * farne un ufo consentente» non difporne che per buone ragioni ? non alienarli o ipotecarli fc non per fuo mansfèfto vantag¬ gio o nel cafo di Uni urgènte tKc^tfuà - l utto ciò è nna evidente confluenza de" Doveri di una Nazio¬ ne verfo fc ftefla. I beni pubblici le fono utiiiillmi ed Q 4 anzi 4 Il Diritto arili neccflarii : ella non può diftiparìi mal a propofitd lenza far fi corto e mancare a te mede firna vergognofa- mente, E 1 un ragliar i nervi al Governo il levargli le fu e rendite* Quanto ai beni comuni a tutti i Cittadi¬ ni 5 la Nazione fa torto a quelli , che ne profittano , ie gli aliena fenza neccllìcà o fenza buone ragioni , lilla ha Diritto di farlo come proprietaria di quelli beni » mi non dee difporne te noti in un niodo convc* niente ai Doveri del corpo vedo i fuoi membri* §. Quelli del 'Principe. Gli flefiì Doveri fpcttano ai Principe , al conduttore della Nazione. Egli dee vegliare alla conlervazione e alla faggi a amminifl razione de T beni pubblici , anela¬ re c prevenire la loro diilipa zio ne > e non perni enei e •§. 16 o, Egli non può alienare i beni pubblici * non offendo naturalmente che V amm ini Aratore e non i. proprietario dello Stato, la fua qualità di Capo deli;.* Nazione, di Sovrano, per fc ftefTa non gli dà il Dirit¬ to di alienare o d J ipotecare i beni pubblici - La rego¬ la generale è dunque, che il fijperiare non pud difpor- 1 re de 1 beni pubblici quanto alla fuftanzai offendo que- Diche fi fto Diritto ri ferbato al folo proprietario , P 3 dcfìnifce la proprietà pel Diritto dì difpoire di ina colà quanto alla fuftanza. Se il fopcriorè i limiti ol- trepafla del lua potere in ordine a tai beni , 1 aliena - alene che nc avrà egli fatta , è invalida , e può eflere ferapre rivocata del fuo JticceiTore o dalla Nazione. E' quella la Legge comunemente ricevuta nel Regno di Fra n- delie Gentil 449 Jrancia; e fu tal principio il Duca di Sully (a) con- figliò Arrigo IV. a ricuperare tutte le parti del patri¬ monio della Corona , che fiate erano alienate da’ fuoi predeceffori. 2,61. La Inazione può dargliene il Diritte Avendo la Nazione la libera difpofizione di tutti i beni, che le appartengono, §. 257., ella può trasferi¬ re il fuo Diritto nel Sovrano, e conferirgli per confe- guenza quello di alienare e d’ ipotecare i beni pubbli¬ ci . Ma non effendo quello Diritto necelfario al con¬ duttore dello Stato, per governare felicemente, non fi prcftime che la Nazione abbiaglielo conceduto ; e s’ ella non abbiane fatta una Legge efprefla, dee tenerli, che il Principe non liane riverito , purché non abbia ricevuto 1 ’ Impero affolutamente illimitato, pieno ed affoluto. §. z 6 -x. Regole fu tal propefito per li Trattati da fazione a Trazione. Le regole, che abbiamo flabilite , concernono le lienazioni de’ beni pubblici , fatte in favore de’ priva- ri. La quiflione cambia, quando li tratta di alienazio* ni fatte da Nazione a Nazione ( b ) altri principii bi- 1 fognano per deciderla ne’ variì cali , che pofTono pre- fentariì. Proviamoci dì darne la teoria generale. 1. E’ (a) Vedi le fue Memorie. ....... „ „ ( b ) Ouod domani* regnorum inalienabili* & femper revoca* bilia dicuntur , id refpectu privatorum intelligitur ; nam contra alia* %cntes divino privilegio opus foret . } praetat# aw Cod . jur. gent, diplomata %j © // DlYÌttQ i. E’ necelfario che le Nazioni poflano trattare < tranfigere validamente fra loro, fenzachc non avrebbe¬ ro elleno alcun mezzo di terminare i loro affari , i\ metterti in uno Stato ficuro c tranquillo. Donde fegue che quando una Nazione ha ceduto qualche parte de’ Tuoi beni ad un’altra , la ceffione effer dee tenuta per valida ed irrevocabile, com’è in effetto, in virtù del¬ la nozione di proprietà. Quello principio effer non può fovvertito da alcuna Legge fondamentale, mediante cui pretendere una Nazione di togliere a fe fleffa^ il pote¬ re di alienare ciò che le appartiene; pofeiachè farebbe quello un volerli interdire ogni cotratto con altri po¬ poli, o pretendere d’ingannarli . Con una Legge fomi¬ gliarne una Nazione non dovrebbe mai trattar de fuoi beni : fe a ciò 1- obbliga la necelfità, o ve la determi¬ na il proprio fuo vantaggio , tollo eh entra ella in trattato, rinunzia alla fua Legge fondamentale. Non fi contende già alla Nazione intera la podeflà di a.rena¬ re ciò che le appartiene; ma fi domanda fe il fuo Con¬ duttore , fe il Sovrano, abbia un tal potere ò La qui- ftionc può cfferc dccifa colle l eggi fondamentali. Le Leggi non dicono effe nulla direttamente fu quello par- ricolare? Ecco il no (Irò fecondo principio* . x a. Se la Nazione ha conferito la piena Sovranità al fuo Conduttore, fe le ha ^corri meffa la cura e dato (cn- Zi riferbo il diritto di trattare e di contrattare cogli altri Stati, fi giudica che l’abbia ella riverito di tutti i poteri neceffarii per contrattare validamente* Il Pnn-? cipe è allora V organo della Nazione; ciò. ch’egli fa fi reputa fatto da lei fteffa ; e benché non fia egli il prò- prietario de* beni pubblici 3 gli aliena validamente 5 aven*: done la debita facoltà. §• *6y delie Genti, % ^ t t ‘ §. 3 * Dell' alienazione di una parte dello Stato. X,a quifHone diventa più difficile , quando fi tratta p Qn dell 1 alienazione dì alcuni fieni pubblici, mi delio fin e mb rasento della Nazione ftefli o delio Stato, della ecfficme di una Citta, o di mia Provincia, che ne fac- eia prete. Nondimeno fi rìfolve e fa Sodamente coi me- defimi principi! P Una Nazione dee confervar fe medefi- ma. 5 §* x6. ? dee con ferva r tutti ì funi membri 3 non pud abbandonarli, ed è obbligata verbo loro a mante¬ nerli nello Statò loro di membri della Nazione, $.17, |Ula non fia dunque Diritto di trafficare dello flato loro e della Joro libertà > per alcuni vantaggi , elvella fi ri promettere da una, limile negoziazione* Son eglino yn in alla i eie là per pflcrnc membri 5 fi autorità rico- ^ofeono dello Stato, per cooperare d b intelligènza al be- m t alla fallite convi ie , e non per edere alla tua di- p, fi zi one, come un podere o copie una greggia d* ar- ri1 rnr.i * Ma Li Nazione può legittimamente abbando¬ narli nel cab di lufeftrenu necetfnà , ed ella ha Di^ r Ì [F ;o di reciderli dal corpo , fe la pubblica fallite lo ,pfige. Allorché dunque infimi! cafo lo Stato abbandona un % Città ovvero una Provincia ad un vicino, o a un potente nemico ^ la ceifìonc dee valida rimanere quan- LO allo Stato , perchè aveva egli Diritto dì farla i ne può egli piu pretender nulla, poiché ha ceduto tutti 1 pifitti» che poteva avervi* § m zóq* Diritto di quelli y che f vogliono fm ombrar e * |i|l quella Provincia , o quella Città , cosi abbando¬ nata e {membruta da fio Stato, non c obbligata a riceve¬ re il nuovo padrone , che fi vorrebbe darle. Separata dalla 2 j-2 II Diritto dalla focietà, di cui èra membro, ella rientra in tutti i fuoi Diritti ; e le le è polii bile difendere la fui li¬ bertà contro chi voi effe fottometterla , ella gli r edite legittimamente. Effendofi Prancefco I. Re di Francii obbligato col Trattato di Madrid a cedere il Ducato di Borgogna a IT Imperatore Carlo V., gli Stati di quel¬ la Provincia dichiararono, ,, che non effendo mai /h- „ ti fudditi che della Corona di Francia, eglino mor- ,, rebbero fotto queffa ubbidienza; c che le il Re gii „ abbanddnafsc, prenderebbero le armi, e fi sforzerei)- ,3 bero di metterli in libertà , piuttoffo che poffare ci 3, una in un’altra Soggezione (a). £C Vero è che dt rado i fudditi fono in grado di refiftere in tali occa- Foni; c d’ordinario il miglior partito, cui abbiano ad appigliarli , è di fottometterfi al nuovo lor padrone j a quelle migliori condizioni, che da loro fi po-Tona ottenere. $.265. Se il Trincipe abbia il potere lo Stati. Il Principe, il fuperiore , qualunque fia, ha fo r.e 1 potere di fmembrare lo Stato? Rispondiamo come ab" biamo fatto di fopra rifpetto al regio patrimonio. Se la Legge fondamentale vieta al Sovrano ogni fmembramen- to , egli non può farlo fenza il concorfo della Nazio¬ ne o de’ fuoi Rapprefenranti. Ma fe la Legge tace, e fe il Principe ha ricevuto l’Impero pieno ed affollato'j è allora il depofitario dei Di ritti della Nazione e Por¬ gano della fua volontà. La Nazione non dee abbando¬ nare i fuoi membri fuorché nella neceflìtà o in grazia dei- ^S.y~£c- O) Mezerai, Suri» di Francia, Tom. II. p. 4;8. delle Genti. 3 ' ^ella pubblica falute, onde prefervar fe lìcita dalla fua totale rovina. Il Principe non dee cederli che per le fteffe ragioni : ma poiché ha egli ricevuto 1 * Impero a ffoluto, tocca a lui il giudicare del cafo di neceffità , e di ciò che domanda la falute dello Stato . In occafione dello fteffo Trattato di Madrid , di cui abbi amo favellato, i notabili del Regno di Francia, con¬ gregati a Cognac, dopo il ritorno del Re, conchilifero tutti unanimemente, „ che la fua autorità non fi eden- deva fino a fmembrar la Monarchia O). cc II Trat¬ tato fu dichiarato nullo, ficcome contrario alla Legge £ J ndamentale del Regno. E veramente efifo era fatto ^ en za le facoltà fufficienti ; la Legge ricufava formal¬ mente al Re il potere di fmembrare il Regno ; il con- c °rfo della Nazione era perciò necefiario , ed ella dar poteva il fuo affenfo per P organo degli Stati generali. Cario V. rilafciar non doveva il prigioniero , prima che gii fteflì Stati generali aveffero approvato il tratta¬ to j ovver piuttofto, tifando della fua vittoria con più generofità , dovea egli impor condizioni meno dure , che (late fodero in potere di Francefco I., e di cui quel Principe non avede potuto difdirfì fenza ignomi¬ nia. Ma oggi che gli Stati generali non fi adunano piu in Francia , rimane il Re il folo organo dello Sta¬ to vcrio le altre Potenze : hanno elleno però il Dirit¬ to di prendere la fua volontà per quella della Francia intera? e le ce dio ni , che il Re potede loro fare, va¬ lide refterebbero in virtù del tacito confenfo , con cui la Nazione ha affidato ogni potere nelle mani del fuo Re, per trattare con loro. Se la cofa foffe in altri ter¬ mini , non potrebbe!! contrattar ficuramente colla Co¬ rona *"*-*-*- -3 Ca) Mezerai, ibid> 2,54 // Diritta i ora di Francia, Spello > per una maggiore precludo cc, le Potenze hanno richiefto che i loro Trattiti fot fero regi fi rari nel Parla memo di Parigi 3 mi oggi fcmbra pur andata in dsfufu una tale formalità. CAPITOLO XXII Vt fi ami > delle riviere e de’ laghi. §. z66* Di un fiume 3 che fepara due Teratoni * O Uando una Nazione s J impadronifce di un pscie^ per farne la Ina abitazione > ella occupa tutto ciò che il paefe rinchiude 5 terre 5 laghi 7 riviere 5 Ma può accadere che qucflo paci e terminato fia c {epa rato da un altro per mezzo di un fiume- Si domanda Ku quello fiume debba appartenere? IV inaniTeflo^ per u principi] ^ che abbiamo (al Gap. XVIIIJ ■Jhbili«p d,c appartener dee alla Nazione 5 che fe n è impadroniti k prima. Quello principio non può negarli3 ma h di '* f coita Uà nel farne 1 “ applicazione Non è agevole il decidere quale delle due Nazioni vicine fa data la pn ma ad impadronirti di un fiume, che le, fonavaBeco le regole=, che i principii del Diritto delle Gemi fom J nani Urano per definite q.ùiftioni di fimH fatta - ^ Quando una Nazione $ iin padroni (ce di im terminato da un fiume ? fi giudica di' ella fi appraprii ancora il fiume fletto > pofdachè un fiume è di un sì grand 1 ufo 3 che non c a prefetture * che h Nazione non avelie intenzione di rìTcrE^a r feJo , Per confeguenza il popolo j che prima ha Ila bilico il fuo dominio fo- pra P una delle laonde del fiume , vien giudicato il P rN delie Genti. -Si primo occupante ài tutta la parte di quel fiume die termina il fuo Territorio. Quelli prefunzionc è in¬ dubitati, quando fi tratta di un fiume eftremamen- ae largo ; almeno per una parte della fui hrohtz- 2a ; e h forza della prefunzione fi aumenta o frema nfpettp al unto > in ragione invèrfa della larghezza del fiumei poiché quanto piu il fiume è rifletto, tan¬ to nifi h ficu rezza e la comodi fé, A di’ ufo domanda che fia unto intero fottorncfl'o all’Impero ed alla pro¬ prietà . r 2. Se queflo popolo ha fatto qualche ufo del firf- " le » come F er « navigazione o per la pefra , fi pre _ iume tanto più ficuramepte che abbia egli voluto ap- propnarfelo^ r 3* Se nè I uno, nè J'iJno’ dei due vicini al EumtÉ lihjn può provare ch'egli medefijiìo od altri ■> da cui ab- b>a h Diritto , fi è «abilito' il primo in quelle con- uade » hipponefi che entraùibo fieno giunti nello fi c ffo tempo poiché mudo ha ragioni di prelazione; ed in tal calo il Dominio dell'uno e dell'altre fi e (tende fi- no al mezzo del fiume , 4; Un lungo polTeffo non contraddetto fìabilifce il i Diruto delle Nazioni ; altramend non farebbe vi pace , pe aJcuna cola labile fra effe; e i fatti notorii provar debbono il poffeffo . p erò quando da un tempo imme- morabfie tfe Nazione efercita fenza contraddizione i I DVitti di Sovranità fopra un fiume , che gli ferve di' miti j ninno può contendergliene l’Impero. _ J er u timo fe i Trattati definifeono qualche colà circa la quifticme, Li fogna' offervarli. Il più ficuro ef- pc itnre e il deciderla per mezzo di convenzioni ben e prede; ed in fatti è quello, a cui oggi fi appigliane & maggior parte delle Potenze. . 5 - *$ 7 - Il Diritto Il Diritto ■S, zCl. Od Utto di una riviera , che fi afe tuga o che prende iì fuo corfo altrove. Se uni riviera abbandona il firn Ietto, e ! afeiughi o che dirigi altrove il fuo corfo, l j mane il Padrone della mitri; Kenche il l«™ 1 parte fi lifci ; e quegli che fi è appropriato il fi è ncceflariamente appropriate te lue para- i&%. 0:1 Diritto di alluvione. Se il TirittoVìò_‘,-'-che mette capo a trofo, rum Ha altri limiti eie 1 yer „ i n deter- vera - i Territorii di confini «^UraU m ^ ^ minati ( Territori* arafinta ) , efinflntvili a Inviane; cioè gl interra menti, c. p accrei ' c i me nti in- poto a poco pd corfi del fi /' , 0n0 le con- fenfibtli! fono di quel Territorio « *8* dizioni ed appartengono a o ■ e o P dichiarando c hè fe io m’ 1 mpadromfeo di un terre ■* 0 fe j»i ebe voglio per limiti il C J- f d ? ftef fo artici- vien dato in ni termini > t5CCU P _ f _ con { e gucMi, natamente il D’ritto'dl alluvione, P j corrente Colo IO puffo appropriarmi timo co, che ^ dell’acqua ay,gnagnera mfenfibilmentc at rn fi Dico in fenfio il m nt , per clic nel calo ia ’^, ai- nomiti” avulfone, allorché h violenza dell 9 fiacca una notale porzione di un f ondo e» . un altro, dim' Otite ancora (la «conofcib^ pezza di terra m Ih naruralmente- al Ino P rI ' P ne. Da privato a ornato le Leggi civili b a,ltl P’ ditto e deci Co ouo .. debbono i privati co» equità, col bene dello Stato e colla premura di alle lìti* j n m dette Genti . zjy In cafo dubbiofo ogni Territorio, ebe mette capo a un fiume, fi prefume non aver altri limiti che il fiu¬ me fieffo i pofcÌ 3 chè è cofa naturaliffima il prenderlo per confine da chi fi ftabilifce lungo le fue fponde ; e nel dubbio Tempre fi preiume ciò che è piu naturale e più profittevole - £.269. Se r alluvione produce qudlche cambiamento ne' Diritti fopra il fiume , Pollo che fia {labilito che un fiume faccia feparazio- ne di due Territorii, o ch’erto rimanga comune al due opporti pofleffori , o eh' eglino lo dividano per metà , o che finalmente il medefimo appartenga tutto intero alluno dei due, i diverfi Diritti fui fiume non {offrono alcun cambiamento per l'alluvione. Se dunque accade, per un effetto naturale della corrente, che l’u¬ no dei due Territorii riceva dell’ accrefcimcnto, mentre che il fiume corrode a poco a poco la oppofta fpon- Ja , il fiume rimane il naturai confine dei due Terri¬ torii , e ciafcuno vi conferva i Tuoi fteflì Diritti, mal¬ grado il fucceflìvo fuo allontanamento} di modo che per efempio fe il medefimo è divifo per mezzo tra i due confinanti , quello mezzo , benché abbia cangiato luogo , continuerà ad eflere la linea di feparazione del due vicini. L’uno perde , è vero, mentre che l’altro guadagna} ma la natura fola fa un tal cambiamento : e fia diftrugge il terreno dell’uno , mentre che ne for¬ ma un nuovo per l’altro. La cofa non può effere al¬ tra menti , da che fi è prefo il fiume foia per eoa-* fine o R. alcuna opera pregiudiciale; al Diritti altrui. Se una riviera appartiene ad una Nazio¬ ne , ed abbiavi un’altra incontraffabilmente il Diritto di Navigazione , la prima non può coftruirvi una di¬ ga ovvero molini , che la fa ce fiero celiare d' effere na¬ vigabile : il fuo Diritto in tal cafo non è che una proprietà limitata , ed ella non può efercitarlo che ri- fpettando i Diritti altrui. $.273. Hegole in proposto di due Diritti» che fono in contraddizione. Ma quando due Diritti differenti fopra una cofa fief- fa trovatili in contraddizione , non è fempre facile il decidere qual debba cedere all’altro. Non lì può riu- feirvi fe non fe confiderando attentamente la natura Ari Diritti e la loro origine. Per efempio una riviera mi appartiene, ma voi ci avete Diritto di pefea : pof¬ fe io coftruire nella mia riviera modini, che rendereb¬ bero la pefea più difficile e men fruttuofa ? L’afferma¬ tiva fembra dedurli dalla natura dei noftri Diritti. Ho io, come proprietario, un Diritto cffenziile fuiia cola ftefla > voi non ci avete che un Diritto di ufo , accef- forio e dipendente dal mio : voi avete foltanto in ge¬ nerale il Diritto di pallate come potrete nella mia ri¬ viera , tal quale ella farà, nello fiato che mi conver- K 1 % Co Il Diritto ri di poffederia. Non vi tolgo il volito Diritto co-' fruendo i miei mulini ; Indille clTo utili lui generi" ìitii c fe vi diventa meno utile , ciò avviene acciden¬ talmente, e perchè dipende elio dall c ferri zio del mio, Non c così del Diritto di navigazione , di cui ab¬ biamo parlato. Quello Diritto jupponc nctcflariaiuen-! re che la riviera refìerik Ubera e navigabile ; cfclude dio ogni opera , che interromperebbe affo! ma mente la navigazione. .... r . L'antichità e V orìgine dei Diritti non tetvono nic- no della loro natura a deridere la quilUane, Il Dirit¬ to piti antico fe è affollo , fi eferrita nr lutti a lei eltenfone , e l’altro Solamente quanto può. eftendetfi, feri zi pregiudicio del primo; pofeiachè non h effe po¬ tuto flabilirli in altri termini , purché il pofTelToie del primo Diritto non abbia efprdWntc aderito alla \m limitazione, . _ t ^. * ij Nella fletta p.tiifa iDiritti ceduti dal proprietario de.- la cofa fi giudicano ceduti lenza pregiudicio negli a- tri Diritti, che gli competono, e Italamente quanta potranno accordarli con quelli; purché ma c piu i c esarazione o la namrz mcJdimi Je. » ridano altramenti. Se ho ceduto ad im alno ^ . to di pefea nella mia riviera , è mamfetto tue U ceduto fenza pregiudicio de miei altri Diritti , c cn io rimango il padrone di cofruire in quella nvmz 1 lavori che io troverò a propofìto , quand’anche elft incomodaffero la pelea , purché non la dillruggano in¬ teramente. Un lavoro dì quefi’ultima fpccic, “* r elite una diga , che impedì (Te al pefe di polire , non potrebbe coftruìrfi che in un calo di neceluta , c fecondo le circoftanze , indennizzando chi ha Diritto di pefea. § 2 74' delle Genti . hGl * §, 174. j&fj Quello clié detto abbiamo de' fiuiriì e delle riviere, pnò e fife re facilmente applicato ai laghi. Ogni lago in¬ teramente ri fichi ufo in un paefe appartiene alla Nazio¬ ne padrona del paefe , la quale infigno rèndo fi di tm Territorio , vien giudicata efferfi appropriato tutto ci che in efTo comprendefi j e liceo mè quali mai non a e- cade che la proprietà dì un lago alquanto notabile ca¬ da nelle inaili di privati , refìa però comune alla Na¬ zione. Se quello Iago è lituano fra due Stati , fi pre- fumé dì vi lo tra loro pel fu0 mezza * qualora non da¬ vi nè tìtolo , nè ufo collante e mani fello per decider¬ ne altra menti - $. 175. Begl'incrementi di un lago. Quello che è (lato detto del Diritto di illuvione , parlando delle riviere , deefi intender è parimente de 1 laghi. Quando un lago, che termiria Uno Stato gli appartiene tutto intero 3 gl*increménti di quello lago Seguono la forte del tutto i ma bil egna che fieno in¬ crementi infenfibili * ficcome quelli dì un terreno nell 7 alluvione > é di piu incrementi veri , collanti e coniti^ ixiatì ; mi fpiego 1* Io parlo d* incrementi infenfibili . B' queflo il rovefeìo dell 1 alluvione ? tratta fi degl'in¬ crementi di un lago 3 come colà tratta va fi di quelli di Un terreno. Se quefli incrementi non fono inlenfibil* , fé il lago 7 far montando le lue Iporidc > inonda Ite d im prowifo un gran pi e (e , quella nuova porzione del lago 3 queflo paele coperto d'acqua apparterrebbe an¬ cora al ftio antico padrone. Sopra di che le ne fonder rebbe mai F acqui (lo pel padrone del lago ? fp 3:210 è facUUEmo z rkunofeerfi y benché abbia cangiato ita- K 3 tara , Ì. 62 . Il Diritte tura , e tinto notabile che non può prefumerfi che il padrone non abbia avuto intenzione di conferva rfelcP malgrado i cambiamenti, che potettero fopravvenirvi. Ma 2. fc il lago corrode infenfibilmente una porzio¬ ne del terreno oppofto , la diftrugge, la riduce in ifta- to da non poter più ctterc riconofciuta , ftabileniovili ed aggiugnendola al fuo letto, quella porzione eli ter¬ reno perrfee pel fuo padrone, più non efif le, e il lago così accrefciuto appartien femprd allo fletto Stato, nella fui totalità » 5. Chtf fe alcune terre vicine al lago vengono Sol¬ tanto ' inondate per una eferefeenza di acque, quello accidente patteggierò non può apportare verun cambia¬ mento alla loro dipendenza . La ragione, per la quale il fuolo , che dal lago a poco a poco s’invade, appar¬ tiene al padrone del lago e perifee per 1 antico pio- prietario, da Stato a Stato fi è, che quello proprietario non ha altri confini che il lago , ne altri fogni che ie fue fponde , per riconòfcere fin dove fi eflenda la fui poffeflione. Se T acqua s’inoltra infenfibilmente , egli perde 5 fe ritirali otta parimente, egli guadagna : tale effer dovette la intenzione de' popoli , che fenoli ri- fpettivamente appropriato si lago c le terre vicine? n fi può altra in loro fupporne. Ma un terreno inonda¬ to per un tempo non è confufo col rimanente cel la¬ go; il medefimo è tuttavia riconofcibile , e il padrone può conservarvi il fuo Diritto di proprietà. Se folle h cofà altra menti , una Città inondata da un lago cam¬ bierebbe dominio , finché dura la inondazione , per tornarfene all’antico luo padrone al tempo della fic- cità. 4. Per le flette ragioni fe le acque del lago pene¬ trando per un' apertura nel paefe vicino , ne formano una baja , o in qualche maniera un nuovo lago con¬ giunto al primo per un canale, queflo nuovo concorfo d’ ac- delle Genti. z C - jd s acqua c il canale appartengono al padrone del pae* jr e ’ in cui fonofi formati . Imperocché i limiti fi pof- lono affai facilmente riconofcere , e non fi prefume V intensione di abbandonare uno fpasio sì notabile, fe v j en ad effere invaio dalle acque di un lago vicino. Offervi'amo ancora qui che noi trattiamo la quiftio- nc da Stato a Stato , e che fi decide effa con altri principii fra i proprietarii membri di un medefimo Sta¬ to. Qui non i limiti foli deh'fuolo ne determinano il poffeffo j ma la fua natura altresì cd il fuo ufo. Il privato che polffeae un campo alla fponda di un lago, non può più goderne come di un campo , quando è inondato 5 quegli che ha per efempio il Diritto di pe¬ lea in quello lago , efercita il fuo Diritto in quella nuova cftenfiprre : fe le acque fi ritirano , il campo è reftituito >dr ufo del fuo padrone. Se il lago penetra per un’ apertura nelle terre baffe del vicinato , e le forum erge per Tempre , quello nuovo lago appartiene al pubblico , perchè tutti i laghi fono di pubblica ra¬ gione. §. 27 6 . Degl' intpry/cwienti formati fulla e (ir e - mità di un lago. Gli fleffl principi! fanno vedere che fe il lago for¬ ma infenlìbilmente delle alluvioni Copra le fue direnai- , o ritirandoli*, o in qualunque altra maniera, limila alluvioni appartengono al paefe , a cui fi unifeono , quando quello paefe non abbia altri limiti che si la* go. E’ quella la (Iella cola, che l’alluvione falle cllre- jnità di una riviera. 'V ‘ ' * Il Diritto 277. Del letto di un lago difettato Mi fé il lago venilTc di répentc a difeccarfi , nell* totalità > o in gran parte 1 , il Ietto remerebbe a! Sovrano del Iago , legnandone {ufficiai cernente i limiti h natu¬ ra sì ri cono (ci bile del fondo, §> 278* Della giurifdizione fopra i laghi e i fiumi. L'Impero o fa la giurifdmane fopra i laghi e r fiumi * fegue le fieli e regole che la proprietà rn tutti i cali che abbiamo efaniinati* Effe appartiene naturai-™ mente a cìafcuno Stato folla porzione o lui tutto ? di cui ha il dominio. Abbiamo veduto ? §. 245., che b Nazione ovvero il fuo Sovrano comanda in tutti i ber ghi da dia pofTeduti CAPITOLO XXIII Del Mare. $■ -79- Del Mare p del fttò ujo. F .r terminar di efporre i prlncìpii del Diritto delie Genti riipetto a ciò , cJie ima Nazione può pofle- derc , cì rimane a parlare dell’alto Mare. L’ufo dell alto mara confifte nella navigazione c nella pelea; lun¬ go le colle ferve elfo di pài a ]l a r j cerc a delle cofe , die fi trovano vicino alle corte o fu Ha /piaggia* ficco- me le conchiglie , le perle, l’ambra ec. a piantar feli¬ ne j ■ delle Gentil . ire , 2 per ultimo a ftaóUmc ricettacoli e luoghi di fi* durezza per Ji vafcclli - zio. Se il Mare ejfcr poffa muftì* e faggeta ti dominio D L'alto Mare non è cola di tal natura eh’efTer poffa i «senapata , non potendo alcuno ftabilirvifì in modo * che gli altri impedifea di paifarvi. Ma una Nazione potente hi Mare potrebbe vietar alle altre i! pefearvi c il navigarvi , dichiarando ch'ella fe ne appropria iì dominio che diftruggerà le Navi , che fife tanno com¬ parirvi fenza Tua permiiiione. Veggsamo s elh avrebbe Diritto di farlo. a8i* Taluno ha Diritto di appropriar fi il dominio dell* alto Mare. B* manifefto che Tufo dell aitò Mare, i! qual confi- ffe nella navigazione c nella pefea, è innocente ed ine- fauftoi cioè che quegli che naviga o pefea in alto Ma- | re, non fa danno ad alcuno, e che il Mare per quelli due conti può provvedere ai bi fogni di tutti gli uo¬ mini. Ora la natura non dà agli nomini il Diritto di appropria rfi le cofe , di cui l’ufo è innocente, ine fau- fio e fufficiente a tutti ; poiché potendo eia forno tro¬ varvi , nello fiato loro di Comunione > di che foddlsfa- re a (noi bi fogni y il tentare di rcrìdcrfene fole padró¬ ne ed efebiderne gli altri , farebbe un voler privarli feri za ragione de 1 benefici i della natura. Non fom mi¬ ni brando più la terra lenza cultura tutte le cole ne- ceffi ri e o utili al genere umano , e fi re mairi en re molti¬ plicato, diventò conveniente d'introdurre il Diritto dì proprietà > affinchè ci alcuno poteffe applicarli con mag¬ gior profitto a coltivare ciò che gii era toccato in por- zio- a r 6Ì& Il Diritto afone y e a moltiplicare colle fu e fatiche le diverfe co- fe utili alla vira. Ecco perchè la Legge naturale ap* prova i Diritti di dominio' e di proprietà 3 che hanno importo fine alla comunione primitiva. Ma quella ra¬ gione non può aver luogo rifpetto alle cole > di cui I' ufo è inefaurto , nè per contagile n za diventare un giu- ilo motivo di appropriarfdcv Se il libero e comune ti¬ fo di ima cola ui quella naturi forte notevole a peri- colofo t 1 uria Nazione, la curi della fui propria lìcu* rezzi !* in cui fi può navigare e pefcjre * fenza recar pregiudizio i chìcchcrtii, e lenza cfp^re alcuno a pericolo* Veruna | Nazi ne non. hi dimmi il Diritto d* impadronirli dell alto Mire o di attribuìrfene V ufo ad efebi fio ne delle abre. i Re di P. rtogalo vollero già tempo arrogarli f Impero de' Miri di Guinea c delle Indie Orientali ia)> ma le altre Potenze marittime fonofi dato poco penfiero di una fiinbc pretensone* §. i$ 2 . La l^a^ionc > che vuoi efcludcrne un altra , le fa ingiuria . Il Diritto di mvirare e di pcftare in alto Mare ert fendo dunque un Diruto ce nume a tutti gli uomini > la Nazione che tendili e Cc inde re un’altra da un tal vantaggio , le fa ìnguini c le dà un giufto motivo di guerra i poiché la natura autorizza una Nazione a ref- F l ~ (a) Vedi Grazio, Mare libcrutn: e Seideno , Marc claufum > lib* L Cap* J7* delie Genti . 5,67 .mgnere ['ingiuria, cioè aè opporre !i forza a chiun- q ue vuol privarla dei fuo Diruto . § m - g3. Mjfa fa pure ingiuria a tutte te fazioni' à ", !' Diciamo di più ; una Nazione clic vuoi arrogi rii Senza titolo un Diritto efclufivo fui Mare , e fcftcner- lo colla forza , fa ingiuria a unte le Nazioni , di cui efla viola il Diritto comune, e tutte hanno fondamen¬ to di riunirli conno di lei a reprimerla. Le Nazioni hanno il maggior in ter effe a hr uni ver fai mente rifpet- tare il Diritto delle Genti , che è la baie deila loro tranquillità. Se alcuno lo conculca apertamente, tutte portano e debbono in forge'e contro di lui' 5 e riunendo le loro forze 5 e per gailigi re quello nemico comune , :i lem pi ranno cileno i loro doveri verfo fc mede fine e ve rio la Società, di cui fono membri ('Prelim, §. 22.) C 284. Tuo acquili are un Diritto efelufìvo fKr via di Trattati* Ciò non odante ficcarne ognuno è in libertà di ri¬ miro! ire al fuo* Diritto , tira Nazione può acquiftar Di il ili e fc In {ivi dì navi gaz ione e di pelea per mezzo di Trattiti j ne’ quali altre Nazioni rirmnziino ai Di¬ ritti , che hanno cileno ricevuti dalla natura. Quedc obbligate io no ad oflervare a loro Trattati , e la Na- 5 ione , cui cili favnriiconn * La Diritto di mantener fi colla forza in porte fio de* luci vantaggi- In tal modo li Caia d’Àuflria ha rinunziato, in favor JeglTtigkfi c degli Olandefi , al Diritto di fpedirVa feci li dai Pae- fi-Baiti alle Indie Orientali. Veder fi partono in Gra¬ zio de jure belli & pacis , L IL C- 1 IL §• 15., moki efempi di Umili Trattati. £ 285, ■ m t£& H Diritto Ma non in forza di preferitone e di un lungo ufo- I Diri ed di navigazione * di pelea ed altri , die fi poffono efercitare in Mare i dfendo di que* Diritti di pura facoltà ( jum mer# facilitati* ) die fono impre- i cri tri bili 5 9 5*> non fi pedono perdere per la dcfirc- indine* In confeguenza quand'anche urta Nazione 1 } trovale, fola da un tempo immemorabile, in pofMt di navigare o di pefeare in certi Mari , non porrebbe fu tal fondamento attribuir fieni il Diritto efclitfrvo , Imperciocché dal non aver le altre fatto ufo del Di¬ ritto comune 7 eh’cileno avevano in que* tempi sili navigazione ed alla pefea 5 non fi deduce cV abbia no voluto rinunziarvij e fono arbitre di rifarne, ogni qual volta loro farà in grado, Sh 286* SalvQcbè in viriti di un patto tacito. Ma può accadere che la defuetudine rive fra la natu¬ ra di un eptrfenfo o di un parrò tacito f e diventi così un titolo in favor di una Nazione -contro un'altra. Quando una Nazione in poffellb della navigazione e della pefea in certi tratti di Marc , vi pretende un Diritto efclufivo e inibifee ad altre il prendervi parte, fc quelle ubbidifeono a tale inibizione , con inficienti indizii di afTenfo * rinunzia no tacitamente al loro Di'* ritto in favor di quella, c gliene ftabllifcono uno, ch ! «Ila. può legittimamente j n progreffo contro loro folle nere * foprattutto quando il medefimo è da una lunga, confucmdine confermato. £ a»7- delle Genti. 2,69 §. 2S7. ^ Mare preffo le cofte può ejjere [oggetto alla proprietà . I divertì ufi del Mare pretto alle cofte lo rendono capacittìmo di proprietà. Vi fi pelea , fe ne traggono conchiglie, perle, ambra ec. Ora per tutti quefti conti si fuo ufo non è inefaufto > dimodoché la Nazione, a cui appartengono le cofte , può appropriai un bene , di cui è a portata d’impadronii, ed approfittarne, in quella guifa che occupar potè il dominio delle terre per ctta abitate. Chi dubiterà che le pefche delle per¬ le di Bahrem e di Ceylan non poffano legittimamente cadere in proprietà? E febbene la pefeagione del pe- f ce fembri di un ufo più inefaufto , fe un popolo ha tulle cofte una pefea particolare e frmtucfa , di cui poffa renderli padrone, non gli farà forfè permeilo di appropriarti un tal benefizio della natura , ficcome una dipendenza del paefe da etto occupato i c fe v’ha pe- fee abbaftanza per fomminitirarne alle Nazioni vici¬ ne, di riferbarfi i gran vantaggi , che ne può ricavare mediante ii Commercio? Ma fe, non che impadronir- fene , ha egli una volta riconofciuto il Diritto comu¬ ne degli altri popoli di venirvi a pefeare , non può più efcludernelì ; ha lafciato quella pefea nella tua co¬ munione primitiva , almeno rifpetto a quelli che fono in poffetto di profittarne. Non effendofi gf fnglefi im¬ padroniti a principio della pefea delle aringhe filile loro cofte, etta è loro divenuta comune con altre Na¬ zioni . 288. filtra ragione di appropriarfi il Marc vicino alle cofte . Una Nazione può appropriarti le cofe , di cui 1 ufo libero e comune le farebbe nocevole o pèricolofo. E * qué- o 11 Dìruto. quella una feconda ragione, per cui le Potenze dilatano il loro dominio in M.re, per quanto fpazio protegge¬ re pofTono il loro Diritto, Importa alla ficurezza e al bene dello Siato loro ? che non fa in libertà d’ognuno l'accollar fi tanto ai loro poffeffì , marinamente con vafcelli da guerra > 1 ’ impedirne V adito alle Nazioni trafficanti e il turbarvi la loro navigazione. Nelle guer¬ re degli Spagnuoli colle Provincie Unite , Jacopo I, Re d’Inghilterra ^ fece da per tutto lungo le coffe; legnar limiti , ne* quali dichiarò che non permettereb¬ be che alcuna delle Potenze belligeranti incalzale i luoi nemici , e nè pure che i fuoi vafcelli armati vi fi arreflaffero per offervare i navigli, che voleflcro en¬ trar ne’ porti ovvero ufeirne (a). Quelle parti del Mare , così foggette ad una Nazione , fono comprefe nel fuo Territorio ; nè fi può navigarvi fuo malgrado. Ma ella non può ricufarne 1 * accollo a Vafcelli non fo¬ lletti , per ufi innocenti , lenza peccare contro il Aio dovere? effondo ogni proprietario obbligato ad accor¬ dare agli firanieri il palle,' , anche per terra , purché fenza detrimento e fenza pericolo» Vero è che a lei tocca il giudicare di ciò che lar può in ogni caffi par¬ ticolare che li prelenti, e fe giudica male, ella pecca; ma le altre debbono foffrirlo. Non è già lo {letto de cali di neceffìtà , ficcurne, per efempio, quando ini Vafcello è obbligato ad entrare in una fpiaggta , che vi appartane per metterli in falvo dalla tempera. In quello calo il Diritto di entrar per ogni dove , non cagionandovi danno veruno o riparandolo , è come fa¬ remo più diflefamente vedere, un refiduo della Comu¬ nità primitiva, di cui alcun uomo non ha potuto fpo- Sclden } May e claufum lib. Ir. delle Genti 0 %.jt gliarfi ; ed il vafcello entrerà legittimamente voftro malgrado ? fe voi gliene licitiate ingiufiamcntc 1* in» gretto o §. 289. Sin dove poffa eflenderfi queft# pof~ fejjìone . Non c agevole il determinare fino a quale diftanza una Nazione eftender potta i fuoi Diritti fa ì Mari 9 che la circondano. Bodino ( a ) pretende che fecondo il Diritto comune di tutti i popoli marittimi 5 il do¬ minio del Principe fi eftcndz fino a fetta nta miglia dalle cofte. Ma quefta determinazione precifa non po- treblf effere fondata che fopra un confenfo generale delle Nazioni ? che farebbe difficile a provarli Ciafcu- no Stato può ordinare a tal uopo ciò che troverà op~ portano? per quanto fpetta ai Cittadini fra loro o al loro affari col Sovrano. Ma' da Nazione a Nazione tutto quello? che può dirli di più ragionevole? è che in generale il dominio dello Stato fui Mar vicino fi allarga quanto è neceflario per la fua ficurezza , e che può farlo rifpettarej poiché da un lato egli non può appropriarfi una cofa comune? qual è il Mare? fe noti in quanto ne abbi fogna per qualche legittimo fine 5 281. s e da un altro lato farebbe ima vana e ridicola pretenfione f attribuirli un Diritto? che non fi foffe per vermi conto in iftato di far valere - Le forze na~ v&ii dell 5 Inghilterra hanno dato luogo a* fuoi Re di attribuirli 1 ’ Impero de* Mari ? che la circondano fino fopra le oppofte fpiagge (h). Seldeno riferifee un atto fo- (a) Della Repubblica , lib. 1. cap. io. (b ) Vedi il Trattato di Seldeno, Marc claufum. * tjL II Diritto Solenne (tf), da cui Scoi geli che juefFimpero, al tempo di Odoardo I. , era riconofciuro dalla maggior parte de' popoli marittimi dell*Europa ; c la Repubblica delle Pro* viride Unite lo riconobbe in veliche modo col tratta¬ to di Breda , nel 1667. , almeno quinto agli onori della bandiera. Ma per ift.ibilirc Sodamente un Dirit¬ to sì eftefo 1 bifognerebbe mrffrare ben chiaramente il confenfo efpreffo o tacito di tutte le Potenze intereffa- te . I Francefi non hanno mai ceduto a queffa preten¬ sone dell’Inghilterra > e nello fteffo Trattato di %c- 1 da, di cui abbiamo parlato, Lodovico XIV. non volle nè pur Soffrire che la Manica foffe chiamata Canale à’ Inghilterra o Mar Britannico. La Repubblica di Vene¬ zia fi attribuisce S Impero del Mar Adriatico ; e nota è a ciaScuno la cerimonia , che fi pratica ogni anno in tal particolare. Si adducono , per confermar quello Dirit¬ to , gli efempi dj Uladislao Re di Napoli , dell Impe- rator Federico III., c di alcuni Re d Ungheria , che domandavano ai Veneziani la permiffìone di far palla- , re in quel Mare le loro Navi (6). Che 1 Impero ne appartenga alla Repubblica fino ad una certa, diftanza dalle Sue coffe , ne' luoghi , di cui ella può impadro¬ nirli , e che le importa di occupare e di cuffocure per la Sua Scurezza , quefto mi Sembra innegabile; ma du¬ bito affai che oggi alcuna Potenza foffe difpofta a ri* conofcerc la Sua Sovranità Sul Mar Adriatico tutto in¬ tero. Quefti pretefi Impcrii f on o ri Spettati , finche la Nazione che Se gli attribuisce è in grado di foftcnerli colla Sorza ; cadono effi poi colla Sua potenza. Oggi tutto lo Spazio di Mare , a cui può giugnere il tiro del (а) Ibid. Lib. II. cap. ^8. (б) Seiden , Mare elmum , Lib. C ap. 16. 1 del Cannone , lungo le coite, vien riguardato ficcarne parte del Territorio; e per quella ragione un vafcello prefo fiotto il Cannone di una fortezza neutrale non di buona preda « ^90. Dilla [piàgge c de * porti . Le fpiagge del Mare appartengono incontra {labilmen¬ te alla Nazione padrona del paefe, di cui fanno parte, e fi annoverano tra le cofie pubbliche. Se i giurecon- finiti Roman* le ripongono tra le cole comuni a tutti ( res communesj ) lo fanno rifpctto folranto ai loro il¬ io ; e non detfi conchiuderne che le riguarda fiero fic¬ co me indipendenti dall* Impero ; il contrario apparifee da una moltitudine di Leggi, I porci fono ancora mi¬ nile ftam ente una dipendenza e una parte anzi del pae- fie , c confeguentementc appartengono alla Nazione in proprietà. Si può loro applicare, quanto agli effetti ilei Dominio e ddl’Impero, tutto ciò, che dicefì del¬ la ren a fletta , 291, Delle baje e de ’ poni, # Tutto ciò che detto abbiamo delle partì del Mare , vicine ai le cotte 7 di cefi più particolarmente, e con mi¬ glior Diritto j delle haje , delle rade c degli /fretti, iicCome pm atti ancora ad e fiere occupati e più impor¬ tanti alla fieli rezza del paefe, Ma io parlo delle baj 6 c degli flrètti di poca ettenfinne , e non di que gran¬ di fpazii di Mire, a cui danno fi talvolta quelli nomi, quai fono la baja d* Hudfon , io ttretto Magellani¬ co , fu cut T Impero non potrebbe eftenderfi e meno poi la proprietà. Una bnp , di cui fi può vietar T in- gre fio , può c fiere occupata c fottopofta alle Leggi del Sovrano; ed imporra che così pur fu, poiché ii pie- S le i 7 4 11 Diritto fe potrcbb’ effe re molto più facilmente in fui tato in que- fto luogo che fu corte aperte ai venti e all impeto de flutti. §. 292. Degli ftretti in particolare. Bifogna óflervare in particolare, riguardo agli Urei» ti, che quando fervono alla comunicazione di due Ma¬ ri , di cui la navigazione è comune a tutte le Nazioni >1 o a molte , quella che poffiede lo Tiretto , non può kj negarvi alle altre il pa(faggio , purché quefto palfaggio 1 fia innocente e fenza pericolo per clTa. Negandolo leu- za giulìa ragione effa priverebbe quelle Nazioni di un 1 vantaggio , che loro c accordato aalia natura» e r /P e | tiamolo un’altra volta il Diritto di un tal palfaggio c un refiduo della Comunione primitiva. Solamente la cura della fua propria licurezza autorizza il padrone dello lìretto a ufar certe cautele, ad efigere formalità flabilite d’ordinario mercè la confuetudme delle Na¬ zioni. Può egli ancora con fondamento imporre una difereta gravezza lui vafcelli che padano e per ineo j modo , eh’ eltì gli cagionano obbligandolo a ltar ai erta e per la licurezza che loro procura piotegg#n contro i loro nemici > allontanando i pirati , e a l ' mendolì di mantenere fanali, palizzate ed ^ tre ,.:° £ nccelfarie alla falute dei navigatori. Così il R- e di DJ' nimarca elìge un pedaggio allo Tiretto del Sund. i' snili Diritti effer debbono fondati fulle lìèlfe ragioni e fottopofti alle Ile Ile regole che i pedaggi Habimi P e ; terra o fopra una riviera. ( Vedi li ■§§. 103- e I 0 4 ' ’ §. 293. Del Diritto di naufragio. E’ forfè neceffario che fi parli del Diritto di naufra¬ gio , malnato frutto della barbarie , e che per buona for- delle Genti. 2^ forre è qua fi dappertutto fparito infìetn con c ffa > L* ffiuttizia e r umanità non ftoffjlao dargli luogo che nel folo cafo, in cui i propri euri i degli effetti falcati dii naufragio non potettero affolutamcnte effere concitimi Qitetti effetti fono allora del primo occupante , o dei Sovrano j fc la Legge i lui li riferba. §. 294. Di un Mare compreso nelle terre di una K^azione. Se un Mare fi trova totalmente ferrato nelle terre ti* una Nazione , comunicando foltanto all’Oceano per un Canale, di cui quetta Nazione può impadroni, li , le mura che un fi fruì Mire non tta meno fufcettibilc di occupazione e di proprietà che la terra; étto dee M^ì r V a i tC W f lefJ » c ^ e lo circondano. Il Ma¬ re Mediterraneo eia già attolutamente rinchiufo nelle t^n-e del popolo Romano*. Quello popolo rendendoli padrone dello fi retto , che Io unifee all’Oceano, po- ti.va 1 ottorn cttcrlo al tuo Impero cd attribuirfene il Domimn^ Non offendeva egii con ciò i Diritti delle altre Nazioni , offendo un Mar particolare maftifefia- ™ enre defhnatrt all’ufo de’ paefi c de’ popoli , che lo circondano j D'altronde vietando l’ingreffo del Medi- terraneo ad ogni vafcello lo Ipetto , i Romani mette¬ vano con un folo atto in tteuro tutta la immenfa e- lenitone delie lue coflci ragione che ballava per dar loro un titolo d i m padroni r Tene. E fìccolne il mede fi* ino non comunicava affolli rumente che coi loro Stari , eglino erano ì padroni di permetterne o di vietarne T ìngreffo niente meno che dejia loro Città e delle loro Provincie - S 2 * 9 y* Il Diritta PRELIMINARI* Idea e principi! generali del Diritto delle Gemi. j. s~nofa Ila una nazione ovvero uno Stato- P a 6' V_y Ejjà è una perforiti morale. , 1V ! a Definizione di Diritto delle Centi . 4 . Come li confiderino in elfo le fazioni ovvero git Stati. , l 5. A quali Leggi le 'Nazioni fieno [ottopode . j 6 . In che confida originariamente il Diritto < Genti. n . < 7. D finizione del Diritto delle Genti necejjmo . } g. £ ]o è immutabile, q. Le 'Niz.ioni non vi pofjono cambiar nullat né U- fpenfarli dalla obbligazione , che U ntedefim» w- Jr : ’ ivi ni impone * i r * V 10. D r lU Società ft ab Hit a dalla atura fra tutti gii uomini. ^ 11 . £ fra le Unzioni. 9 12. Qu^’-l fta (d feopo di qucjht Società delle Hazio' ri Tav. de Cap. 5 e de’ Paragr. Z79 13. obbligazione generale, eh' offa impone. ivi 14. Spiegazione di quefla obbligazione. ivi ij. Libertà e independenza delle Trazioni : Seconda Legge generale. T1 x6. Effetto ti/ tfKe/k libertà. ivi 17. Diflinzione della obbligazione e del Diritto interno ed eflerno, perfetto ed imperfetto. x8. Eguaglianza delle Trazioni . 13 19. Effetto di quella eguaglianza. ivi 20. Ciafcuna è arbitra delle fue operazioni , quando effe non intcrefflno il Diritto perfetto delle al¬ tre , . ivi 11. Fondamento del Diritto delle Centi volontario. 14 22, Diritto delle Tffazjoni contro i violatori del Di¬ ritto delle Genti < } 5 23. Regola di queflo Diritto. 1V1 14 Diritto delle Genti convenzionale , ovvero Diritto dei Trattati. 15. Diritta -delle Genti confuetudinario . ivi z 6 . Regola generale intorno queflo Diritto . fi 17. Diritto delle Genti pofltivo. lvl 18. Maffima generale circa l’ufo del Diritto necefsario , e del Diritto volontario. LIBRO L Delia Nazione confiderata in fe ftefla. CADITOIO 1 - Delle Nazioni 3 ovvero Stati Sovrani. §. 1. y\Qj,l9. Sfato e della Sovranità. f 9 2. JLa Diritto del corpo f opra i membri. ivi 5. Diverfe fpecie di Governo. ' ie> S 4 $- 4 - i8o Tavola de' Capitoli'^ !§'* 4- Qu&i fìnta 1 fi/ S’ati Sovrani. ij J- Digli Stati collegati da aticcnz.c ineguali. hi 6 . Ovvero da Trattati di protezione. 12 j* Degli Stati tributarli. (S- Degli Stati Feudatarie * j vi 9* Di due Stati [oggetti al medefinto 'Principe . 10* Degli Stati , che firmano una Repubblica feden¬ ti va. m 11. Di mw Stato > cb' è pafiato fitto il Dominio dì un altro , 1 4 1% * Oggetti di quello Trattato* svi C U T I T o L I IL Principi! generali dei doveri di ana Nazione? verfo fe medefima. 5 - IJ- T Trazione operar dee convenientemente \ _ ! la fua natura * 2 S 14. Della confcrvazione^ e delta perfezione di una Jfi- %iorìt _ * 5 - Qual fi et lo feopo della Società Civile . i6 f ÌJna frazione è obbligata a confirvarft . 2 7 17. £ fT confervare ì [mi membri. jg* Lfatf diritto a tutto cib 7 che nttefsa* rio è alla jua confirvazione. Efsa dee fchivare tutto ciò y che può cagionare U fua diftruzione* ivi *0* Del fuo diritto a tutto ciò, che può fcrvin a tal fine, yO ti. lina fazione dee perfezionar fi medefma y e lo flato fuo , ivi ?-■ £ [chinare tutto ciocche è contrario alla fua per* lezione* jr De Diritti ? che le danno quejle obbligazioni ■ ivi e de' Paragrafi ; t g t 24. Efempi ; 25. Una fazione dee conofcere fe ftejja c^ìtitqlo in 3 1 3?i Della Corti tuzione dello Stato, dei Doveri 6 dei Diritti della Nazione a tal uopo. §. z6. 27. 28. 29. 3°- 3 1 - J2. S 3 - 34- 33. 37 - D ElU pubblica autorità. Cofa fta la Coflituzione dello Stato '. ivi La fazione dee [cogliere il meglio . 3 j Belle Leggi politiche y fondamentali e civili, ivi Bel mantenimento della Coftituzione * e della uh-? bidienza alle Leggi . 37 Diritti della fazione rifletto alla [uà Coflituzio - e /#o Governo . ^g •Ejffa riformare il Governol ivi E cambiare la Cojlituzione . Z)W/a podeflà legislativa , /è /wà fjflfa Cangiare U Coftituzione , fazione dee in ciò operare cautamente . 41 -Eifa ^ giudice di tutte le controverfie intorno al Governo . ivi Alcuna firanicra Totenza non ha diritto ài iw££- rirfene . ^ C UVÌTOLO IV §■ ? 8 - 39 - 40. Del Sovrano, delle fu e obbligazioni e de’ fuoi Diritti. D EI Sovrano. ivi Egli non è coftituito che per la falute , e pel 'vantaggio della Società. Del [ho carattere rappresentativo. 43! 4 ?. 41. zS% Tavola de’ Capitoli, $. 41. £’ incaricato delle obbligazioni della fazioni, f rive fi ito di' fuoi Diritti - $ 4;, Suo dovere rifletto alia con fervanone e alla p- fezionc della Trazione. ivi 43. Suoi Diritti a tal uopo. _ 47 fi, Egli dee covofccre la fisa fazione. ivi TT Ampiezza dei [no potere. Diritti di meflà. ivi 46. il 'Principe dee rifnettare e Mantenete le U$i fondamentali. $ rV ; e/f ca mbiar pofsa le Leggi fondamentali. ji fi# mai-, r"re ed ofservarc quelle , che fttffip- no,. ', - ■ 49. m qual fenjb fi a [oggetto alle Leggi . <0 La firn per fona è [aera ed inviolabile. t> ; T fio non oflante U nazione può reprimere tm ti¬ ranno, e fottrdrf dalla fna ubojai ima. 5 «. Compromfso tra il -Principe e i Judditi jm. 5 l, Vbbidiem a dai («Aditi dovuta al Sovrano . 7 54. in quai mfi a lui fi pofsa. refifere. 55* De'Miuìjirì C Jt V I T 0 L o y- Degli Stati elettivi, fuccefflvi ovvero eremitani : e di quelli che fi chiamano patrimoniali. §. p,. Stati elettivi. M ; <"v. A s Se i Re elettivi fieno veri Sovrani - . 5k! Degli stati fuccefflvi ed ereditarli r origine . Diritto dì fucceffone ■ - i; j y). Mtra origine , che torna alla fefsd. . ( j Co jtltre Sorgenti, che tornano ancora altaftepit- 61. La Umazione pub cambiar P ordine di fuittr- ne * Belle rinmizk. f. 6i- e de’ Paragrafi. $ lvl Tocca a ciascuna Trazione il vedere corri ejja vo¬ glia esercitare il Commercio. 97 Come fi acquifli un Diritto perfetto a un Comma- ciò ftraniero . # 7 . Della femplice permiffiotie del Commercio * m Se i Diritti intorno al Commercio vicino jagget- ti alici preferitone „ # 99 Imprefcrittibilità di quelli 3 che fono fondati fopra un Trattato. 10r Del Monopolio e delle Compagnie di Commercio ej- clufivoi 101 Eilancia del Commerci e ; attenzione del Governo a tal uopo. I0 $ De] Diritti d entrata v *°4 e de* Paragrafi. ’jt titolo 2.8$ ix. Della cura delle pubbliche Strade e de Diritti di Pedaggio. K 100. T T Tilità delle Strade maeflre , de’ canali ec. 1 05 101. Doveri del Governo a tal uopo. 102. Dei fuoi Diritti fullo ftefjo particolare, 103. Fondamento del Diritto di Tedaggio. 104. utbiifo di quejlo Diritto, C Jl T 1 ? 0 L O X, Della Moneta c del Cambio. avi lO£> ivi 107 f. 105. 106. S T abilimento della Moneta . I0 ^ Doveri delusione, e del Trincipc rispet¬ to alla Moneta. - 1V1 107. De fuoi Diritti a tal uopo. ^ 110 *©$. Ingiuria, che una fazione può far all altra in proposto della Moneta. 109. Del Cambio e delle Leggi del Commercio. IO ivi C ^titolo XL Secondo oggetto di buon Governo 3 procut^rc ^ vera -felicità della Nazione. * no. f T'H* 'nazione dee applicarfi alla propria fé- licita. 11 ^ 114 ivi 115 11 6 licita. ni. irruzione. m. Educazione delia gioventù • 113. Delle Scienze c delle jLrti 114. Della liberta di filofofare . , , 11 5. Si dee ifpirare V amor della virtù, e l orrore e ” J . . 119 VIZIO. „ , §. Il 6. iS6 Tavola do* Capitoci s $ r ii 6 * La 'Unione comfccrà in ciò la intenzione ir I q udii i he / a govc rn anp* noi if - '. I S.ato ovvero la per fon a pubblica ice jwmVo- larmente perfezionare il / ito intelletto e U fin volontà. ni 118* £ dirigere al b*ne della Società i lumi e le uìy- tù dei Cittadini* iti 119, dtmor della Patria - ivi izo. privati: nj in* *}{ella fazione offia nello Stato fiefso e nd $ ■ ' Vrano < ivi 122, Definizione del vocabolo 'Patria. Jl 4 123* Ottanta fi a cofa turpe e rea il nuocere alla pro¬ pria "Patria * Ì2 Ì Ha.* Gloria de* buoni Cittadini y efempi - lvl .CAPITOLO Ìli Bella Pietà e della Religione. & s iy, yxEi/a Pietà * i2 7 -L/ Ha da efsere illuminata . * - 7 * Della Religione ì interna , e/ìertfd. JVI uè* Diritti de privati , libertà eofaenze- ì z 9 129* Twièh'co flabilimcntù della Religione > Doveri e Diritti della fazione* * 5 ° 130. £##^0 aga ancora Religione autenticamen¬ te ricevuta. * *|# 131. Oliando ve n ha una f abilità dalle Leggi* 133 131* Dei Doveri c dei Diritti del Sovrano rif petto alla Religione, 134 133* Xd ca f° > in cui favi una Religione dalle Leg¬ gi fi abilità. 135 M 4 - Oggetti delle fue cure, e mezzi cui egli àie con autorità e con efempi , x 4 ^ Tenticiofe confeguenze dei Pentimento contra¬ rio * fj 0 * Efpofizione degli abufi . i , La potenza de pa¬ pi- . y 1 2. Gli officii importanti conferiti da una Po¬ tenza ftrantera . * 55 3, potenti dipendenti da una Corte fra niera . 1 5 ^ 5. dd C/m 3 ■ M 5 - 6. immunità . 160 7. immunità de' beni Ecclefiaflici. * S. Scomunica delle per ione cojiitnite in dignità , 9, E degli (lelfi Sovrani* l6 ^ $- M 5 - 1.88 Tavola de’ Capitoli, <$. 155 . io. il Cirro e 1 ' l'Ciz tutto a fc , e turba lordi-* ne della giujlizia . 168' 156. 11. Danaro che cola a Roma. x70 157. Leggi c pratiche contrarie al bene dello Sta to. ivi CjiTiro LO XI IL Della Giuftizia c del buon Governo. m *75 1» tale mate - 174 £ illuminati $.158. T T'ty* fazione dee far regnare la Giuftizia i LJ I 7 1 * 159. Stabilir nuove Leggi . 160. offervare. 161. Funzioni c Doveri del Principe ria. 162. Co/?2£ debba efercitar la Giuftizia. 163. Egli dee Jlabilire Giudici integri ivi . 164. iTribunali ordinar ii debbono giudicare delle cau - /> dd Fìfco. ' . l l^ 165. Si d l'bono Jlabilire Tribunali Supremi, che giu¬ dichino definitivamente. 3W 166. il Principe dee crflodir le forme della Giu) 1- 177 zia. t 167. 1 / Trineìpe dee mantenere V autorità de Giu ici e far e figliare le Loro fentenze • # * 7 ^ 160. Dilla giuftizia attributiva i diftribuzione degl. impieghi e àule ricompcnfe. # . 3Vi 169. Punizioni de colpevoli ; fondamento del Diritto di riunire " , * 7 192, Trotezimc * . *95. I / Somminone 'volontari* di una fazione ad un altra. 1V1 194 Diverfe fpccie dì fiommifjìonc . 10 y 195. de; 3 quando una Azione fi fittemele? ad una Totenza ftraniert i> “°4 19 6. Qtieftì patti annullati per difetto di protezione. ivi . 197. £ per la infedeltà del protetto * z0 5 19S. £ per le usurpazioni del protettore. 199. Come il Diritto della Trazione protetta fi perla pel fino fdenzio . CU V ITOLO XVlL Come un popolo fcparare fi porta dallo Staio > di cui è membro > o rinunziare all 1 ubbidienza del fuo Sovrano 7 quando non è protetto- §. zoo. T differenza tra il rafia preficnte > e quello dd LU Capitolo precedente. zo 7 aoi. Dovere dei membri di uno Stato y ® fiudditi di un 'Principe > che fiono in pericolo * 202. Lari Diritto ? quando eglino, fiono abbandonati* ivi e de* Paragrafi 2 >i ad effe ubbidire • ivi De' enfi y in cui un Cittadino ha Diritto di ab- b andana re la fu a Patria * 22$ Degli emigrami, 227 Sorgenti del loro Diritto « , *vi 216* Se il Sovrano viola il loro Diritta > loro fa m- giuria . 2 t *jt rìjfc 1 jivi 228. Dell' £01 io e del bando * 219 ziy. Gli efìttati e i banditi hanno Diritto di abita¬ re in qualche parte , 230 230* Diritto . ivi 251. delle fazioni verfo loro. ~5 l 232. Vn.t Trazione non può punirli per colpe tuftrmef- fe fuori del fuù Territorio . 2 5 2 233. Salvochè per quelle che interejfanù la fkurczza del genere amaro . ÌVt C Ji ? I T 0 l 0 XX. Dei beni pubblici, co numi e priva tir §. 254. rxJ ciò che 1 Rumant c in am (ivano com * n JLx niun.es 2 3 Totalità de' beni di Ila TJxz ione y e loro divi fioM ■ 2 34 2 3 6. Due maniere di acquifiav beni pubblici. *H 237. De rendite de beni pubblici fono natUTahfteMt alla dtfpofi&ione del Sovrano* * v \ 2}%* La Azione può cedergli l'ufo e la 'proprietà de beni comuni- 2j6 249, Efja può conferirgliene il dominio, e riferbmfelle l'ufo. ivi § 240* X I -H §. 24 ° M 1 ' i 4 l- 243. 244. 245. 146. 247. 248. 244. 250. 251. -?"• - 53 - 254. 2 5 5 - 256. e de’ Paragrafi. 293 Impofìzioni. zij> La Trazione può riferbarfi il Diritto di flabi - Urie . -37 Dd Sovrano che ha queflo potere • ivi Dovere del "Principe rifpetto alle impofiziohi . 239. De/ Dominio eminente annefjo alla Sovranità . ivi Dell impero [opra le cofe pubbliche. 240 il Superiore può far Leggi foprà l'ufo de beni Comuni c 3Vl Dell' alienazione de' beni di Comunità . 241 Dell'ufo de ’ fcewi comuni . Maniera, onde ciafcuno dee goderne. ivi Del Diritto di prevenzióne nel loro ufo • 243 Dello fìejfo Diritto in uri altro cafo< ivi De//tf confervazione e della riparazione de 9 comuni . • 244 Dovere e Dir itto del Sovrano a tal uopo, ivi De’ freni particolàri . 245 il Sovrdno può fottoporli a un regolamento '. ivi De//e eredità . C ^ T 0 L Ù XXL Dell’alienazione de’ beni pubblici, ovvero del R e gio patrimonio e di quella di una parte dello Stato, & 2 57 - 258. -59 ^ fazione può*alienare li funi beni I_z Doveri eli una Trazione a tal uopo. Quelli del Principe . 247 ivi . . j _ 248 260. Egli non può alienare ì beni pubblici, ivi 2(Si. La fazione può dargliene il Diritto . 249 262. Pegole fu tal proposto per li Trattati datazio¬ ne a fazione. ivi £ 263. a-94 Tavola de’ Capitoli i §.i6$. Deli'alienazione di una parte dello Stato ', * 264. Diritto di quelli, che fi 'vogliono fmernbrare. ivi 265. Se il 'Principe aibia il potere di fmembrare h Stato. CAPITOLO XXII. De’ fiumi, delle riviere c de’ laghi * f §. z66. r\Z un fiume, che fcpara due Territorii. 154 267. Del letto dì JtltOZ / t 1 /lei tt 5 che fi aficìnga n chr prpvde il fuo corfo altrove . 256 16 8. Del Diritto di alluvione. ivi 269. Se l y alluvione produca qualche cambiamento ni Diritti /opra il fiume . 2 ^7 270. Di’ ciò c/h? accade 3 quando il fiume cambia il fuo corfo. -5# e71. Dc//c cjw? tendenti a torcer altrove la corren¬ te. _ ivi ty2. Ovvero in generale pregiudicievoli ai Diritti al - frwz. 2 59 *7$. Regole in propofito di due Diritti > che fono in contraddizione « 1V1 274. Dei Laghi. 2 ?.\ 275. Degl incrementi di un lago . lvl 276. Degl* interramenti formati fulU efìremita di un lago . 2 ^3 277. JDc/ /c/to rfz lago difeccato. % 2 fj 272 , Della giurifdizione f^pra i Ughi e i finwi * * v * : < XXIII. & de’ Paragrafi.' *9S cucitolo xxiii. Del Mare. 5. 279. Mare e del [no ufo* 2^4 i$o> O Se il Mare effer po/fa occupato e foggetto ti dominio * Z 6 % 281. giunti hi1 Dirìgo di appropriar fi il domìnio ddl\ alto Mare* ivi 282. La Trazione y che vuol {[eluderne un altra 7 le fa ingiuria * 383. Effa fa pure ingiuria a tutte te fazioni , 267 2S4. Tuo acquiflare un Diritto efcluftvo per via di Trattati. ZS5. Ma non in forza ufo . zS 6 . Salvaci?è in virtù z$l. Il Mare prcjfo le proprietà * m dì prefenzione e di un lungo 2 68 di un patto tàcito * . ivi cojìe può efjere foggetto alla z €9 aS8. filtra ragione di appropriarft il Mare vicino al¬ le co fi e 2 S9. Sm dove poffa ejlenderft quefia pofseffìone . 290. Delle fpiagge e de porti* 1 9 1 ■ Delle bajc e de* porti* 1C,Z. largii Areni in particolare * 29 3 * DjZ Di>mo rf* naufragio* 294. Z>£ ara Mir? comprefo nelle terre di una l^azio- Tl e m 37^ 295. Le parti del Mare occupate da una Potenza Jono di fua gì urifdizione * 276' ivi 271 273 ivi 2 74 ivi F l N E. N 0&Z~, . ^ /*? JpieJcZ, 'l&y'uS'' gty^ ’f<^U ' Jfl< 5 <^J*<-*-^ C^-rl 4j isAJ cJ-^fi cJaj ÀCZKk #c io 6 li Diritta §' 101 • &*i fttoi Diritti fallo ficjjo particolari . La Nazione intera dee certamente contribuire a ta* fe , che le fono di tanta utilità . Allorché dunque la co finizione e la riparazione ddle Strade maeftre , de 1 ponu » de canali > fotte di troppo aggravio alle rendi¬ te ordinarie dello Stato , il Governo può obbligare i Popoli a lavorarvi > o a concorrere alle fpefe . Sonofi veduti paefani di alcune Provincie ddh Francia mar- no rare a tigion de' lavori , che loro imponeva ntt per la cofìruzionc degji argini ima non hanno eglino tarda* io a benedire gli autori delP ira prefa ,i torto che la ef* per lenza gli ha illuminati intorno a* loro veri iute reffi (ii). §, va3. Fondamento dd Diritta di Pedaggio* Eligendo grandi fpefe la coftnizione e jI jnantem* mento di tutte quefte opere, una Nazione può giuflif (imamente farvi contribuire torci quelli , che partecipa no alia loro ini lira : è quella la furgone legittima del Diritto di Pedaggio* E* giu fio che un viaggiatore) c fopnnutto un mercatante , che profitta di un cattale 3 di un ponte o di un argine , per far fu a cammini > per trafporcare più comodamente le fuc merci ? ef1t ^ con una modica contribuzione a parte delle "* quelli utili llabilimenti i c fe uno Stato giudica a prò- po- (a Ma de!.borio attenerli i Sovrani da! comandar lavoo pubblici ptr iervirr folranto alia loro vanità, e le cui 1 petti iiftio di sr 11 11:15» Iproporz oiijte al prohtto , può mai ritrarre lo Suro. N. del f- delle Gmi . *07 pofito di efimerne ì cittadini , alcun motivo non 1"ob¬ bliga a gratificarne gli Armieri . §< 104 . lAbufo di queflo Diritto Ma un Diritto ù legittimo nella fu a origine fpetto degenera in grandi abufi . H Pinoci patii, in cui non pigliali vernila cura delle Strade , e dove noli fi 1 .iteli di efigere pedaggi ragguardevoli. Un Signore, che i rk una 1 ingiù di terra, che mette capo a un fiume , vi Tu¬ bi li fee un Pedaggio , quantunque noti il penda un pic¬ colo al mantenimento del fiume , e alla comodità del¬ la navigazione * Una patente eflorfione è codetta , e contraria al Diritto delle Genti Naturales polciache la divifionc e la proprietà delle terre non ha potuto le¬ vare a chicche Sia il Diritto di pa (faggio, alle rei. c non fi nuoce in ver un conto al padrone del territorio , per cui fi patta. Ogni uomo riconofce un tal Diritto dal¬ la natura , nè fi può con giudizi a farglielo comprare* Ma il Diritto delle Genti arbitrario , ovvero la con - [mudine delle Nazioni , tollera oggi quello abufo , finche non giunga ad un eccetto capace di dirtruggere il Commercio * Ad ogni modo non fuolfì al me- ddimo forco metter fi fenza difficoltà falvochè per li Diritti ftabilitì da un ufo antico t la impofiziozc di nuovi Pedaggi è fpeifo una farge tire di litigi . Gli Svizzeri fecero anticamente la guerra ai Duchi di Mi¬ lano per angherie di limile natura, SÌ abufa inoltre del Diritto di Pedaggio, allorché fi efige dai pa legge¬ ri una contribuzione troppo forte , c poco proporzio¬ nata a quello, che corta il mantenimento delle pubbli- che (brade. Oggi le Nazioni fi accomodano tra di loro a tal uopo con Trattati, per i Tea n fa re ogni venazione cd ti¬ gni difficoltà * jÉ>* . , |ini|i i m ] m i ■ 11 m 1 111111111 1 mi 11111111111111 h | II * € A- ►T« *rite colorchecker